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Messaggi Don Orione
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Nella foto: Lorenzo Perosi e Don Orione nell'agosto 1931.
Autore: Antonio Lanza, fdp
Pubblicato in: Messaggi di Don Orione, n.107, 2002, p.59-81.

Concittadini, coetanei e compagni di seminario, partirono da Tortona e percorsero strade di vita diverse, arricchendo la Chiesa con la bellezza della caritā e con la caritā della bellezza musicale.

DON ORIONE E IL MAESTRO LORENZO PEROSI

Antonio Lanza



Riferendosi alla sua amicizia col Maestro Lorenzo Perosi, Don Orione la definiva “antica”(1). Nel fissare, però, da quando datavano i loro primi contatti personali, i due più qualificati biografi orionini non mostrano identità di vedute. Mentre il compilatore del primo volume di Don Luigi Orione e la Piccola Opera della Divina Provvidenza fa sapere, senza alcuna incertezza, che Luigino Orione conosceva il maestro Giuseppe Perosi e i suoi figliuoli: Carlo, Renzo e Marziano “prima ancora d’andare fraticello a Voghera” (2) - quindi prima del 1885 -; una ventina d’anni dopo, don Sparpaglione - che certamente era al corrente di quanto si era portato a sostegno di tale affermazione - non mostrava uguale sicurezza, e scriveva: “Non risulta che (i due) si conoscessero personalmente prima del 1889”(3), prima cioè dell’entrata di Orione nel seminario di Tortona.


La prima conoscenza a Tortona

La prudenza di don Sparpaglione potrebbe essere pienamente giustificata, tenendo presente, oltre la diversità di condizione sociale fra il piccolo studente di città e il povero garzoncello di borgata, anche i sette chilometri che distanziavano Tortona, patria del primo, da Pontecurone, dove era nato e, all’epoca, vi abitava il secondo. Ma ci sono delle testimonianze che aiutano a superare queste considerazioni e confortano a collocare i primi incontri negli anni 1883-85.
Nella famiglia del cav. Giuseppe Perosi, maestro di Cappella del Duomo di Tortona, sia i tre figli maschi, come le loro tre sorelle, avevano iniziato a studiare musica fin dalla prima fanciullezza, e sapevano cantare e suonare strumenti di chiesa, tanto da formare una piccola schola cantorum familiare, spesso invitata nei paesi del circondario, in occasione di feste religiose. Il pontecuronese don Giovanni Battista Fornari, ad esempio, attesta che, per solennizzare il centenario aloisiano (1891), furono invitati a Pontecurone i Perosi. “Il padre dirigeva la schola cantorum, Carlo sedeva all’organo e Renzo era tra i cantori”(4). Da una testimonianza del fratello di latte di Don Orione, Alberto Colli, veniamo a sapere che di esecuzioni musicali della famiglia Perosi, ce ne dovevano essere state, a Pontecurone, anche negli anni precedenti il 1891. Lo deduciamo da una sua osservazione sul timbro di voce di Renzo messo in confronto con quello di Luigino: “Lorenzo Perosi cantava bene da soprano; però cantava quasi meglio Orione: aveva una voce fina”(5). Questo particolare, sul timbro della voce, conferma che il confronto canoro fra i due, era avvenuto qualche anno prima del 1899. In quell’anno infatti i due coetanei, diciassettenni, non potevano più avere la voce fina da soprano(6). Conoscendo l’intraprendenza di Luigino, presente a tutte le funzioni parrocchiali – chierichetto e cantorino(7) - faremmo fatica a pensare che non si fosse interessato a conoscere quel suo fortunato coetaneo, il quale si era, forse, fatto ammirare non solo per il canto, ma anche perché già sapeva suonare, con maestria, l’organo.
Accennando al Renzo “organista”, torna alla mente quanto Don Orione raccontò ai benefattori di Genova, alla vigilia della partenza per la sua seconda visita al Brasile. Parlando delle vicende storiche di quella Nazione, e del suo ultimo imperatore, Dom Pedro II, ricordò un particolare di una delle sue visite in Italia. “Un giorno Dom Pedro, di passaggio a Tortona, volle entrare nel Duomo di quella città per visitarne le opere d’arte. Appena entrato, egli udì suonare. Essendo musico valentissimo, ebbe l’impressione che l’onda sonora, che invadeva il tempio, si sprigionasse dall’organo perché una mano magica ne toccava i tasti. Dom Pedro si fece condurre sull’organo e tutti videro là, seduto, un fanciullo di forse dodici anni(8), che si sforzava di arrivare coi piedi ai pedali per suonare. Dom Pedro, meravigliato, prese una moneta d’oro e, porgendola al piccolo organista, disse: ‘Prendi! Ti voglio dare il mio ritratto’. Continuando a parlare a quel ragazzo, gli domandò: ‘Come ti chiami?’. Pronto quegli rispose: ‘Renzo’. Allora gli accompagnatori dell’augusto visitatore soggiunsero: ‘Egli è figlio del Maestro di Cappella, Giuseppe Perosi”(9).
Erano passati quarant’anni dall’avvenimento, ma Don Orione lo ricordava ancora con l’affettuosa simpatia, che aveva suscitato in lui l’esordiente genio a Pontecurone, quando ambedue erano ragazzini dodicenni.

Prescindendo dagli incontri fuggevoli nella prima adolescenza, Renzo fu, in realtà, il primo della famiglia Perosi a intrattenere relazioni col chierico Orione. Non subito, dopo l’entrata di questi in seminario (ottobre 1889), perché lui non era ancora chierico, ma seguiva, per corrispondenza, i corsi di musica del Conservatorio di Milano, alternandoli con qualche periodo di permanenza presso il Monastero benedettino di Montecassino per il perfezionamento della conoscenza del canto gregoriano. Tuttavia, prima di assumere l’ufficio di custode del Duomo ed entrare, quindi, in relazione con il Maestro Giuseppe e i suoi familiari, Luigi dovette fare delle uscite settimanali dal seminario, che gli fornirono l’opportunità di incontrare Renzo. Le uscite erano motivate dalla partecipazione ad “una specie di servizio premilitare, al tiro a segno, per il volontariato”(10). I due coetanei si avvicinavano ai vent’anni e all’obbligo del servizio militare, la cui ferma era, allora, di tre anni. Si poteva ottenerne la riduzione ad un anno, con un corso di esercitazioni – il cosiddetto volontariato – e il superamento di un esame di cultura. C’erano anche altri chierici interessati a quegli esercizi e “ogni domenica, al pomeriggio”(11) uscivano e andavano al Castello per il tiro a segno, mentre il Rettore del Seminario, “Monsignor Daffra - ricordava Don Orione, quasi a sottolineare la rigida disciplina seminaristica nei confronti dei contatti con gli esterni -, aspettava sempre alla porta quando uscivamo e quando rientravamo”(12). “Con Renzo Perosi – continuava Don Orione - siamo compagni di leva, siamo tutti e due della stessa età e abbiamo dato insieme l’esame di volontariato al distretto di Voghera(13), che consisteva in un tema di italiano e un problema di aritmetica. Quell’anno eravamo due soli: Perosi Lorenzo ed io. Fatto il tema, ce lo siamo letto a vicenda, e poi lo abbiamo consegnato”(14). L’intesa era dunque già perfetta e la spontanea simpatia di adolescenti era maturata in un sentimento di reciproca stima e fiducia.
Nel dicembre 1891, scelto a completare, come terzo elemento, il numero dei chierici addetti alla custodia del Duomo, Luigi Orione ebbe finalmente un contatto diretto con l’ambiente esterno. Non più legato agli orari di seminario, poté dividere il suo tempo, oltre che fra i doveri di scuola e l’impegno in Duomo, anche per mettere alla prova i suoi sogni di apostolato, frequentando i giovani e i poveri. Ebbe la fortuna di poter avvicinare, allora, il cav. Giuseppe Perosi, maestro di cappella del Duomo e fondatore e presidente della Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli. Stendendo il suo programma d’azione, Luigi aveva inserito, fra i primi propositi, quello di andare fra i Paolotti, di iscriversi cioè alla Conferenza di San Vincenzo de’ Paoli(15). Di questa faceva parte anche il giovane Lorenzo che, nel frattempo (aprile 1892), aveva superato l’esame di ammissione al Conservatorio di Milano e ne frequentava i corsi. Nei brevi ritorni in famiglia, e durante le vacanze, seguiva l’attività della Conferenza, con l’opportunità d’incontrare nuovamente Orione. “Assieme andavano ogni settimana sui bastioni della vecchia città, per le catapecchie, e su, nelle povere stamberghe dei sottotetti, a cercare i poveri, a confortarli, a distribuir loro i sussidi della Conferenza di S. Vincenzo, di cui essi erano i membri più giovani”(16). Assieme., i due giovani si recavano anche a servire la Messa all’abate Ambrogio Gatti, nella sua villa sulle pendici del Castello(17). La loro impegnata frequentazione stava per coinvolgere nell’avventura orionina l’intera famiglia Perosi.


Collaboratore di Orione nel primo Oratorio

Con l’inaugurazione del primo Oratorio festivo a Tortona (3 luglio 1892), entra in scena, fra i collaboratori del chierico Orione, il terzo figlio del Maestro, Marziano, divenendone subito “il primo aiutante di campo”(18). La parte principale, tuttavia, continuò a recitarla Renzo, il quale “di quei giorni, e pel primo, scrisse dell’umile e povera Opera della Divina Provvidenza sull’Osservatore Cattolico di Milano”(19). Il 7-8 luglio usciva infatti, su quel quotidiano, un servizio da Tortona: ‘Inaugurazione dell’Oratorio festivo’, nel quale veniva ricordato anche “il chierico Luigi Orione, alla cui industriosa operosità moltissimo si deve se il pensiero di S. Ecc.za di fondare un Oratorio ha potuto felicemente attuarsi”(20). Renzo fu anche il primo benefattore dell’Oratorio. L’inaspettato e gradito suo intervento avvenne in occasione del Pellegrinaggio diocesano a Monte Spineto (11 settembre 1892), al quale era stata decisa la partecipazione anche dei ragazzi dell’Oratorio.
Era una buona opportunità per far conoscere il nuovo movimento giovanile sorto in diocesi, e si era in una vana ricerca di trovare un distintivo che potesse caratterizzare il loro gruppo da quelli di altri partecipanti. “Era la mattina della vigilia – scrive Don Orione -. Renzo Perosi viene giù dall’organo della Cattedrale e trova che si faceva un po’ di capitolo per la dimane. – Oh, dice lui, sono giunto ieri da Vigevano, sono stato dalle Saramentine e porto un bel regalo per i figli dell’Oratorio. Ecco sessanta Cuori di Gesù da porre sul petto di quelli che vanno al Pellegrinaggio a Stazzano(21). Immaginatevi! Contenti come pasque, prendiamo a nolo tre carretti, e poi via col nostro bravo Sacro Cuore sul petto”(22).
Per qualche mese, i due fratelli aiutarono ”per l’assistenza e l’istruzione dei ragazzi. Spesso erano essi che distribuivano i marroni o le caldarroste; dirigevano l’altalena o il passo volante, il gioco di ‘bandiera’ o di ‘barra rotta’”. Ma, da amici un po’ burloni, mentre aiutavano Luigi, quando era nel cortile con i ragazzi, si divertivano a disturbarlo quando si ritirava nella sua cameretta per un po’ di riposo. Don Lorenzo raccontava di sé che, “dalla finestra della sua camera – che si trovava di fronte a quella del chierico Orione sui voltoni del Duomo -, spesso, manovrando uno specchietto, faceva riverberare la luce negli occhi dell’amico, per abbagliarlo e non permettergli di riposare”(23).
All’apertura del collegetto di San Bernardino, l’apporto della famiglia Perosi si mostrò quasi indispensabile per l’avvio della nuova Istituzione. Nella lista degli insegnanti, presentata al Provveditore agli Studi di Alessandria per ottenere il permesso di aprire la prima classe del ginnasio, come secondo nominativo, dopo quello del Direttore Orione Luigi, figurava quello di Marziano Perosi(24). Un aiuto ancor più delicato e impegnativo lo dava il fratello don Carlo, che fu il “confessore assiduo dei giovani” collegiali; mentre il padre, Maestro Giuseppe, “era di casa”; andava ad “insegnare musica e a fare la lettura durante il pranzo (…). Si può ben dire - concluderà più tardi Don Orione - che i Perosi siano quelli che hanno tenuto a battesimo i Figli della Divina Provvidenza”(25).


Il decollo artistico

Il non trovare proprio Lorenzo nel numero dei collaboratori della famiglia Perosi, agli inizi della Piccola Opera della Divina Provvidenza, potrebbe destare meraviglia, se non si tenesse presente che, quasi contemporaneamente, all’inizio dell’attività di Luigi nel campo della carità, iniziava anche quella di Lorenzo nel campo dea musica. Durante l’estate, che precedeva l’apertura del collegio a San Bernardino, gli era stato offerto. dal vescovo di Imola, l’incarico di insegnante di musica nel locale seminario diocesano. Sicché quando Orione, a metà ottobre. apriva il Collegio a San Bernardino, lui era già legato all’insegnamento nel seminario di Imola, dove, nella primavera successiva (26 aprile 1894), vestiva l’abito talare e riceveva la tonsura, entrando così nello stato clericale, come era sempre stato suo vivo desiderio(26). Nel contempo, aveva un prestigioso riconoscimento per la carriera musicale con la nomina a Maestro di Cappella della Basilica di San Marco, che dirigeva la prima volta, a fine anno (25 novembre 1894), in occasione dell’ingresso del card. Sarto, come Patriarca, a Venezia.
Durante la permanenza veneziana di Don(27) Lorenzo, dopo un anno di silenzio nelle relazione fra i nostri Due, una situazione alquanto insolita, provocò un intervento del chierico(28) Orione, che ce lo racconta così: “Quando don Lorenzo si trovava già maestro di cappella a San Marco di Venezia, il maestro Giuseppe Perosi si sfogò con me. Era un uomo austero, diceva che le ambizioni artistiche avrebbero montato la testa al suo Renzo. Dalle lettere che questi gli mandava, seppe che il Patriarca Sarto lo aveva preso a ben volere, e aveva spinto la sua dimestichezza fino a fare qualche partita a tarocchi con lui. Il maestro Perosi mi disse che il suo Renzo fumava, che quindi temeva per la sua virtù. Anche a me sembrava che quel mio compagno corresse pericolo di perdere quella sua bontà, solleticato dai trionfi artistici e dalla vita comoda; dissi perciò al Perosi che lasciasse fare a me, che mi sarei incaricato di scrivere una buona lettera al Patriarca. Scrissi infatti una lettera di quattro pagine; una lettera molto diplomatica, almeno così mi pareva, ma anche forte (…). Appena spedita, subito mi pentii di averla scritta; io chierico scrivere, e in quella forma, ad un Cardinale! Fortunatamente avevo già molto da fare per il primo Collegio di San Bernardino, e poi dovevo prepararmi all’ordinazione sacerdotale… Ma ecco che, prima dell’ordinazione, mi giunge da Venezia un taglio di stoffa per un abito talare, che indossai quando dissi la prima Messa. Ringraziai del dono don Lorenzo. Ma solo dopo alcuni anni, parlando con lui, seppi che quel dono anonimo, era del Patriarca stesso”(29). A cinque mesi dall’ordinazione sacerdotale di don Luigi a Tortona, seguiva, a Venezia, quella di don Lorenzo, la cui fama e le ispirate composizioni musicali toccarono, in quel periodo, il loro apice, e gli meritarono una adeguata promozione: la nomina, da parte di Leone XIII, a direttore perpetuo aggiunto della Cappella Sistina (15 dicembre 1898).
Don Orione non mancò, nel coro di quanti osannavano alla rapida ascesa del nuovo astro nel cielo della musica. Nel Bollettino dell’Opera dedicò il numero del 10 gennaio 1899 alle Glorie Tortonesi, riservando al ricordo dell’Amico l’intera quarta pagina. Sotto una sua foto, in grande evidenza, seguiva una calorosa presentazione, dal titolo: ‘E’ il nostro Renzo’. Si celebravano le benemerenze, sue e dell’intera famiglia Perosi, nei difficili inizi della Congregazione.
Gli assillanti impegni di Don Orione, come Fondatore, e la frenetica attività del Maestro, che l’obbligava a fare la spola tra Venezia, dove dirigeva ancora la Cappella Marciana, e Roma, diradarono gli incontri tra i due. La situazione venne alquanto semplificata all’inizio del 1902, quando il Perosi lasciò definitivamente Venezia, per dedicarsi completamente alla Cappella Sistina, della quale, ai primi dell’anno successivo, divenne direttore perpetuo unico.

Con l’ascesa di Pio X al Pontificato, riprendono i contatti. Don Orione – che aveva già divisato di pubblicare una rivista mariana per il 50° anniversario dell’apparizione della Vergine a Lourdes -, nei giorni in cui si trovava a Roma per i funerali di Leone XIII e l’elezione del nuovo Pontefice, s’era interessato per trovare dei validi collaboratori ed aveva chiesto anche al Perosi un suo contributo. Il 23 agosto 1903 scriveva, con il solito entusiasmo, a don Ravazzano, a Tortona: “L’8 gennaio uscirà un periodico mensile intitolato ‘La Madonna’. Porterà in fronte un rescritto autografo del S. Padre. Vi scrivono le migliori penne d’Italia, e sarà una cosa tutta nuova. Anche Don Lorenzo Perosi ha già musicato divinamente qualche cosa, che uscirà nel primo numero”(30). Gli arrivò una breve composizione, con la seguente dedica: “Al carissimo D. L. Orione, perché ricordi sempre alla Vergine SS. il compatriota suo D. L. Perosi”(31).
Il Perosi non si sentiva ancora a tutto suo agio nell’ambiente romano. Don Orione si era sentito in dovere di avvertirlo: “Quando vieni a Roma non dire che sei piemontese, perché ti diranno che sei un ‘buzzurro’ e ti guarderanno con occhio sinistro, come nemico della Chiesa”(32); e, per tranquillizzare i familiari, incontrò più volte il Maestro, facendo assicurare don Carlo, che lui era stato ”molto con suo fratello Renzo” (33). Le incertezze della situazione vennero risolte da Pio X, il quale, un mese dopo la sua ascesa al Pontificato, “chiamava a Roma il don Carlo”(34). Il Perosi dovette ritenere un poco merito anche di Don Orione l’invito a Roma di quel fraterno ‘angelo custode’, e “appena ricevuta la prima copia della ‘Missa Sancti Gregorii I Papae’, volle offrirla a Don Orione, in segno della sua particolare benevolenza”(35). Parimenti, con altro gentile gesto d’amicizia, il 7 luglio faceva eseguire, “dai cantori delle principali Cappelle romane, per la prima volta, la ’Missa Benedicamus Domino’”, nella Colonia orionina S. Maria di Monte Mario(36) .


La crisi del Maestro

Segue un periodo di stasi per la produzione musicale perosiana, anche perché il Maestro non è sempre assistito dalla salute. Durante tutto il 1907, “è afflitto da un’oppressione nervosa”(37). Stante quella situazione, l’intera famiglia Perosi, ad eccezione di Marziano, è decisa a trasferirsi nella Città Eterna. Don Orione non fece mancare la sua piena assistenza in quel trasloco(38). L’anno successivo sorge una nuova preoccupazione per Don Lorenzo, il quale, “in seguito della morte del padre (25 novembre 1908), resta così addolorato da cadere in preda di gravi turbamenti nervosi e vorrebbe ripudiare tutta la musica scritta fino a quel tempo”(39). Don Orione, in quell’occasione era stato, si può dire, il perno di sostegno della famiglia. Aveva assistito l’estinto nell’ultima malattia, ne aveva raccolto l’estremo respiro e accompagnata la salma al Campo Verano. Per scuotere dal torpore il Maestro, nel 1911 si fermò a Roma anche Marziano. Col suo incitamento gli fece riprendere un po’ di attività, ma solo per dirigere esecuzioni delle proprie opere, non per comporne delle nuove.(40)
Nel 1914, per il Congresso Eucaristico a Tortona, si desiderava che il grande concittadino musicasse l’inno d’occasione. Don Orione, che in quei mesi si trovava a Roma, se ne interessò seriamente presso il Perosi; il 18 maggio scriveva a don Sterpi: “Vi dico in confidenza (Non ne sono ancora certo, quindi…) che il Maestro Perosi mi darà da portare giù un inno pel Congresso. Badate che, se lo fa, è, dopo Dio, per la mia insistenza”(41). Ma… “erano tempi di aridità per il Maestro”(42); aridità dovuta principalmente allo stato di salute. Nella corrispondenza di Don Orione si incontrano più volte accenni a sue andate a Firenze(43). Il 4 agosto 1915, ad esempio, scriveva a don Sterpi: “Dovrò andare un giorno a Firenze per vedere il Maestro Perosi, che ne ha bisogno”(44) e possiamo dedurre che il motivo di quei viaggi era il bisogno di confortare e consigliare l’amico. Altra interpretazione invece potrebbe avere uno scritto di tre mesi dopo: “Sono a Firenze e vado ora dal Maestro Perosi”(45); potrebbe, cioè, riferirsi ad un tentativo di fare qualcosa per rilanciare la fama dell’artista.
Ultimamente, la morte di Pio X, l’ascesa al trono di Benedetto XV e lo scoppio della prima grande guerra mondiale, si erano succeduti con tale drammaticità da risvegliare anche un genio intorpidito; e il Perosi aveva espresso la sua reazione a quegli avvenimenti componendo un Oratorio dal titolo molto significativo: ‘In diebus tribulationis Ecclesiae. L’opera avrebbe goduto di maggiore notorietà, se fosse stata presentata come un omaggio al nuovo Pontefice. Prima, però, bisognava accertarsi se Benedetto XV avrebbe accettato la dedica. Per assolvere a questa missione, Don Orione. ottenne un’udienza pontificia per il 16 aprile 1916. Preparò un promemoria degli argomenti da trattare in 7 punti, il 3° dei quali recitava: “Perosi - nuovo Oratorio, che si vorrebbe dedicato a Sua Santità”(46). Che l’omaggio sia stato accettato lo arguiamo da uno scritto di cinque giorni dopo: “Oggi vado a Firenze a prendere da Perosi il nuovo Oratorio: In die (sic) tribulationis Ecclesiae”(47), e da una testimonianza scritta dell’avvenuta consegna al Pontefice(48).
Continuava dunque l’amicizia e la confidenza che correva tra i Due. Don Orione, infatti, scriveva ad un suo chierico sotto le armi, ammalato: “Sento che sei all’ospedale militare di Firenze. Scrivo oggi al Maestro Perosi, che sta vicino a Firenze, che ti venga a trovare in vece mia. Per quanto celebre musico, egli è tanto alla buona che, se appena le condizioni di salute glielo permettono, certo verrà”(49). Ma le condizioni di salute non miglioravano: nel dicembre 1918 il Maestro si ritirava presso i Fratelli della Misericordia di Piazza Pia a Roma, affidava l’esecuzione delle sue opere al fratello Marziano, al quale, nel febbraio del 20, pensò di cedere anche la direzione della Cappella Sistina.
In quei momenti di confusione mentale, Don Orione si preoccupò di assicurare la conservazione di manoscritti perosiani pervenuti alle sue mani. Scriveva a mgr. Carlo Riccardi: “La ringrazio tanto tanto di avermi mandato il manoscritto di L. Perosi: ‘La Risurrezione di Lazzaro’. Mi voglia usare la gentilezza di cercarmi anche l’altro: ‘La Risurrezione di Cristo’. Della Trilogia sono in dubbio, ma della Risurrezione di Cristo sono sicuro. Nella Risurrezione di Cristo, a un dato punto, si vede che il Maestro ha sospeso di scrivere, alla dolorosa notizia che gli giunge della morte di un giovanetto, che gli doveva essere molto caro, e rivolge al piccolo amico parole piene di affetto”(50).
Nel maggio 1922, la malattia nervosa del Maestro si acuisce e “sfocia in una vaga crisi religiosa; lascia intendere di voler passare, prima fra i protestanti, poi fra i valdesi; è soggetto a penose confidenze e colloqui che ne rivelano l’intricato stato di malattia mentale”(51). Don Orione, che nel periodo delle prime avvisaglie dello sbandamento del Maestro si trovava in Argentina, avuta notizia che Marziano sarebbe andato a Buenos Aires per delle esecuzioni musicali, “e che già avevano fermato un teatro”, lo incoraggiava: “Vieni con Renzo – gli scriveva -, e vi troverete bene in Argentina”(52). Pensava di offrire così all’Amico l’occasione di togliersi da un ambiente e da una situazione, che stava facendosi pesante. La cosa non ebbe seguito. Tornato in Italia, Don Orione venne a conoscenza di certe interviste concesse dal Maestro alla stampa liberale. Approfittò, allora, della sua ricorrenza onomastica e, alla vigilia di S. Lorenzo, gli indirizzò una lunga e sofferta lettera.
Stese una prima minuta, di quattro facciate, che iniziava: “Con tutto l’antico e immutato affetto in Cristo, io ti abbraccio fraternamente”, e continuava senza però toccare l’argomento che più gli stava a cuore. Passò ad una seconda minuta, pure di quattro facciate, e, dopo gli auguri iniziali, affrontava lo scottante problema: “Ed ora mi pongo ai tuoi piedi - scriveva – e ti parlo con umile e sincero amore di fratello”. Ma anche il secondo tentativo non lo soddisfece. La terza volta, espressi gli auguri, entrò con coraggio nel vivo della situazione, riempiendo ben 29 facciate di fogli formato lettera(53):
“Permettimi, caro Maestro, che con umile amore di fratello in Cristo, io ti dica il dolore che ho provato quando m’è stato riferito che tu nel parlare ti lasci, talora, trasportare oltre i limiti della carità del Signore, e rompi la carità sino a trascendere, a giudicare e lacerare il seno della Chiesa di Cristo nostra Madre. Or che è questo che fai, caro Don Lorenzo? Se ciò che mi fu detto fosse vero, deh! Io ti prego di non voler fare così, di non erigerti mai più a giudice della Chiesa di Gesù Cristo. Oh, guai a chi irride, denigra e leva la mano contro la Madre sua! (…)
Caro Maestro e Amico degli anni più belli, perché ci scandolezzeremo e scandolezzeremo colle nostre chiacchiere i fratelli, specialmente i più semplici? Non pensi tu, caro Don Lorenzo, che bene spesso, chi si erige a Maestro e va sentenziando e condanna la Chiesa su questo o su quello; chi s’impanca a riformatore della Chiesa non potrà durare molto nel bene: cederà alla tentazione e presto darà dentro alle reti del diavolo? (…). Maestro e fratello dolcissimo in Xsto, non ti chiedo scusa di scriverti così, perché sento che ti offenderesti, se l‘antico amico così non ti parlasse. Se io così non facessi, sento che verrei meno cristianamente al dovere della fraterna carità (…).
Ed ora, caro Don Lorenzo, lascia che ti abbracci
in osculo sancto, ed abbimi sempre, quale sono, per l’amico sincero e antico della tua vita e per tuo fratello in Xsto e nella Vergine Santa”(54).
Le condizioni di salute non accennarono a migliorare, e il Maestro cadde vittima di strane fissazioni. “Divenuto vegetariano irremovibile, adotta una personale ortografia (alla c e alla q sostituisce la k, abolisce il suono gn), vagheggia la riforma del calendario”. La drammatica vicenda tocca il suo culmine il 15 dicembre1922: “Il Tribunale Civile di Roma emana la sentenza di interdizione di Lorenzo Perosi; suo tutore viene nominato il fratello don Carlo. Gli viene proibito di celebrare la Messa”(55).
Don Orione, avendo in programma di tornare presto in Argentina, con P. Semeria(56), rinnovò il tentativo di offrire al Maestro una possibilità di superare quel momento in un ambiente meno stressante, lontano da Roma. Il 20 dicembre gli inviava il seguente telegramma: “Caro Don Lorenzo, vieni con me, in Italia o in America, dove preferirai. Ti troverai contento. Ti abbraccio con amore dolcissimo, fraterno. Tuo Don Orione(57). Ma l’invitato rispose “che ha deciso di recarsi a Londra e di fermarvisi fino al 1926”(58).


La lenta ripresa artistica

Il 1923 è ancora un anno di crisi per la produzione artistica del Perosi, il quale, nel settembre, fece addirittura “voto di non comporre più musica!”(59). Don Orione, invece, nel suo piccolo, cercò qualcosa per tenere desto il ricordo del grande musico: inserì sue canzoncine nei Testi di Religione, che stava preparando per i tipi dell’Emiliana(60), e organizzò l’esposizione in Tortona del manoscritto della Risurrezione di Cristo, in suo possesso, per la festa nazionale del 4 novembre(61). Così, fra alti e bassi , passarono anche il 1924 e 1925.
A smuovere un po’ l’apatia del Maestro, a metà 1926, ci fu l’elevazione al cardinalato del fratello Don Carlo, il quale accettò subito, e ben volentieri l’invito di andare a Tortona per la benedizione della prima pietra del Santuario della Madonna della Guardia. Don Orione, sperando che, per l’occasione, salisse al Nord anche il Maestro, fece un bella propaganda della notizia(62). Quando però, a fine ottobre, il Cardinale partì per Tortona, Don Lorenzo lo accompagnò fino alla stazione Termini. Interrogato perché non vi andasse anche lui, diede una spiegazione in tono con l’eccentricità del vocabolario da lui usato in quegli anni di smarrimento: “Abbiamo i buddisti” spiegò, , alludendo “ai primi cinque vescovi cinesi che dovevano essere consacrati dal Papa la domenica seguente, mentre a lui toccava dirigere la Cappella Sistina”(63).
Pochi mesi dopo, il neocardinale cadde ammalato in modo da destare serie preoccupazioni. Il Maestro seguì con apprensione il decorso della malattia e mostrò di comprendere la delicata situazione. Don Orione, accorso a Roma, scriveva di lui. “Ogni mattina, prestissimo, un po’ dopo le cinque, serve lui, con molta pietà la S. Messa che viene celebrata nella Cappella dell’appartamento del Cardinale. Poi accompagna con divozione e portando il cero, la SS. Eucarestia, che recano a Sua Eminenza; s’inginocchia ai piedi del letto del Fratello, e il Cardinale, ricevuto Gesù, alza la mano e lo benedice”(64). Risoltosi tutto in bene, il Maestro scrisse al Vescovo di Tortona “ringraziando per l’interessamento e le preghiere indette in diocesi per la guarigione del fratello Cardinale. Il che – continuava Don Orione – dimostra che Don Lorenzo va meglio”(65), e concludeva, in altro scritto: “Il Maestro Don Lorenzo Perosi ha ripreso il suo nome, che da anni aveva lasciato, dicendo che egli non era Perosi, ma Pietro Piolti. Quando lo chiamavano Maestro Perosi, rispondeva: ‘Il Maestro sta a Milano’, alludendo a suo fratello Maestro Marziano Perosi, che sta a Milano”(66).
La vita riprendeva lentamente il suo ritmo, concedendo qualche soddisfazione a don Lorenzo. Nell’ottobre 1928 Pio XI lo confermava alla direzione della Sistina, nonostante avesse raggiunto l’età massima (55 anni); il che aumentò in lui la voglia di lavorare. L’8 gennaio 1930 dirigeva le cappelle musicali romane per il matrimonio del Principe ereditario Umberto di Savoia con Maria Josè del Belgio. La ripresa, però, il mese dopo ebbe subito un arresto. Il 22 febbraio 1930 moriva il fratello Cardinale, al quale era molto legato. Era stato il suo ‘tutore’. Vicino a lui, si era sentito protetto, ed ora si ritrovava smarrito ed indifeso.
Don Orione, come era accorso per la prima malattia del Porporato, era tornato ad assisterlo “sino alla fine”(67), assicurandolo, fra l’altro, di adempierne il desiderio di essere sepolto nel Santuario della Madonna della Guardia(68). Anche il Maestro esprimeva lo stesso desiderio, e Don Orione comunicava a don Sterpi: “Vi autorizzo a far conoscere che anche il Maestro Lorenzo ha disposto di essere un giorno sepolto a Tortona presso il fratello cardinale, nel nuovo Santuario della Guardia”(69). Un mese dopo, il Maestro lasciava la sua residenza romana presso i Fratelli della Misericordia, a Piazza Pia, e si stabiliva, con le sorelle, nell’appartamento del defunto Cardinale, nel Palazzo del Sant’Offizio”, in una solitudine accresciuta dal ritorno a Milano del fratello Marziano(70).
In quei tristi giorni, forse anche per sollevarne lo spirito, ammiratori e amici, con alla testa Pietro Mascagni, si prestarono perché gli giungesse il più ambito riconoscimento della sua carriera artistica, con l’elezione ad Accademico d’Italia. La città di Tortona, fiera di quella elezione, per onorare il Figlio suo più illustre e rivederlo fra le sue mura dopo 30 di assenza(71), prese come occasione propizia, per il desiderato ritorno, l’offerta di un pianoforte. Ma non si riuscì a far muovere il Maestro dalla Città Eterna, e la solenne consegna dello strumento dovette esser fatta nell’aula magna della scuola dei Fratelli della Misericordia, in Roma(72).


Il faticato e trionfale ritorno a Tortona

All’impresa di far tornare il Perosi a Tortona, Don Orione si era già accinto da qualche tempo. Il Santuario della Madonna della Guardia stava per essere terminato e, fra qualche mese, sarebbe stato aperto al culto. Perché non solennizzare l’avvenimento con l’esecuzione, sotto le sue volte, di un Oratorio del grande Tortonese, da poco eletto Accademico d’Italia? E aveva incominciato a Roma le manovre di aggiramento per vincere la resistenza di chi aveva la responsabilità di controllare il Maestro e, principalmente, di Felicina, la più anziana delle sorelle. Già nel mese antecedente la consegna del pianoforte, scriveva a don Sterpi: “Quanto a venire il Maestro a Tortona per agosto, la cosa si mette bene. Ci verrebbero anche la sorella Felicina e Fratel Damaso”(73). Dopo l’incontro a Roma, in occasione della consegna del pianoforte, si sentì in grado di dare la notizia per certa: “Per le feste della Madonna della Guardia verrà a Tortona Sua Eccellenza il Maestro Don Lorenzo Perosi, Direttore perpetuo della Cappella Sistina e Accademico d’Italia”(74).
Sicché, il 20 agosto chiudeva il commosso manifesto alla Città, per l’inaugurazione del Santuario, con un soddisfatto accenno al ritorno del Figlio desiderato: “Alla cara, diletta Città. – Tortona, canta a Dio un canto nuovo: l’inaugurazione del tuo Santuario non è che un’alba radiosa. Non essere tarda a comprenderlo, o Tortona, cara città diletta, Città del mio pianto e del mio amore. Il tuo Santuario Votivo si apre a Dio e alle genti che, sitibonde di fede, di pace e di bene, verranno a Te. – Ed ecco, anche il tuo grande Renzo viene a Te!”(75).
Ma le difficoltà, poste alla venuta per le celebrazioni di fine agosto. furono insormontabili. Si dovette tramandare tutto a settembre, fissando la data delle due esecuzioni dell’Oratorio ‘La resurrezione di Cristo’ nei giorni 26 e 27. Ad evitare ulteriori sorprese, Don Orione si affidò ai buoni uffici di fratel Damaso e il 15 settembre gli telegrafava: “Preghi caro Maestro Perosi venire Tortona, compiacere Autorità, popolazione. Faccia un piacere a Don Orione, una carità miei orfanelli”(76), e faceva seguire, contemporaneamente, una lettera: “Come le ho telegrafato un po’ fa dal gabinetto del Podestà, viene appositamente a Roma, inviato da tutte le Autorità, il signor Riccardi – già allievo del padre dei Perosi – per conferire in merito alla venuta del nostro Maestro, Sua Eccellenza Perosi, che qui è atteso come il Messia. Per carità, caro Fratel Damaso, ora, che tutto è pronto pel 26-27 settembre, bisogna che Egli venga. Le esecuzioni si daranno nel nuovo Santuario Votivo, del quale pose la prima pietra il compianto Cardinale, e dove ne trasferiremo la salma benedetta, insieme con le salme dei genitori del Maestro. Veda Lei di eliminare, nella sua delicata abilità e saggezza, ogni possibile difficoltà, e dia a Tortona - che ha sempre seguito con amore e orgoglio di madre, il suo più grande Figlio –, dia la gioia di salutare e di accogliere, anche per brevi giorni, tra le sue mura gloriose, il più glorioso dei suoi figli”(77). Faceva inoltre sapere, per sottolineare il suo impegno: “Io dovevo venire con lui (sig. Riccardi), ma verrò presto”(78). Otto giorni dopo, scriveva al direttore dell’Istituto di via Sette Sale, don Silvio Parodi: “Mando appositamente il ch. Cardona a portare una lettera per Fratel Damaso con altra pel Maestro Perosi. Tu dovrai subito subito portare a Fratel Damaso le due lettere. Vedi che sono urgentissime. Ti terrai continuamente al corrente per sapere se io devo venire a prendere il Maestro o no”(79). Nello scritto a Fratel Damaso, rispondendo, forse, alle obiezioni per l’affaticamento del Maestro, chiariva: “Veda che qui non chiedono altro che di rivedere il Maestro. Egli, il Maestro, ha detto di venire a consegnare ufficialmente alla sua città la Suite, cui ha voluto dare il nome di ‘Tortona’. Le Autorità e la cittadinanza, sapendo dell’antica amicizia, mi hanno dato il gradito incarico di venirlo a rilevare. Ella, caro Fratel Damaso, veda un po’: nessuno chiede che il Maestro diriga, ma solo di averlo qui tra noi sabato e domenica, dacché tutte le onoranze sono preparate”(80).
Venerdì, 25 settembre, Don Orione era a Roma per gli ultimi accordi e, ritenuti superati tutti gli ostacoli, telegrafava a Tortona: “Si partirà in treno questa sera”; la città è invasa da volantini e da strisce murali che invitano la cittadinanza alla stazione per le ore 8 di sabato. Invece, i contrattempi non erano finiti: le tre sorelle del Maestro non se la sentirono di fare il viaggio in treno, e il Maestro non sarebbe partito se la comitiva non era al completo. Don Orione dovette arrabattarsi per trovare un macchinone capace di almeno otto posti e rimandare la partenza a sabato mattina. Lasciando finalmente Roma, poté far partire un nuovo telegramma: “Maestro Lorenzo, Damaso, tre sorelle, partiamo auto. Giungeremo stasera. Ore sudatissime”(81). La notizia, tradotta in termini più entusiastici, comparve subito sui muri della città: ‘In serata Tortona avrà la gioia di salutare Perosi(82)’. Alla sera, all’ora d’inizio della prima esecuzione, il Santuario era strapieno; ma, invece del Maestro, arrivava un ennesimo telegramma. La comitiva si era fermata a La Spezia; avrebbe ripreso il viaggio l’indomani, domenica mattina. Don Sterpi doveva provvedere a far trovare i chierici schierati ai bordi della strada, per fare scorta d’onore all’attesissimo Ospite, che sarebbe giunto verso le 11. La paziente ostinata attesa dei chierici si protrasse fin verso l’una; poi, delusi, andarono a pranzo. Il Maestro arrivava poco dopo, con discreto margine di tempo per un po’ di riposo e presenziare, alle 16, 30, alla seconda esecuzione di ‘La Resurrezione di Cristo’(83).
Questa volta l’orario venne rispettato e, all’ora stabilita, il Maestro, in abito prelatizio, con larga fascia paonazza, faceva ingresso nel Santuario, fra un interminabile scroscio di applausi. Con passo giovanile andava a prendere il suo posto, in prima fila, circondato dalle più alte autorità della città e della provincia. Ma la folla, che assiepava il tempio, non si rassegnò a vederlo seduto lì, e a gran voce lo invitò a salire sul podio. Il Maestro non poté resistere alle affettuose sollecitazioni e salì a dirigere il finale della prima parte dell’Oratorio. Le cronache del tempo ci hanno lasciato una entusiastica descrizione di quel momento: “ Orchestra e coro – leggiamo – assecondano la bacchetta del Maestro, che ritrova e riesprime la piena dei sentimenti sgorgati in un attimo di felicissima ispirazione. Quando le ultime note del coro si spengono in un pianissimo ammirevole, la folla scatta in un delirio di applausi, mentre il Perosi si inchina commosso, a ringraziare”. I frenetici applausi del pubblico si ripetono, moltiplicati, alla fine dell’esecuzione, a sottolineare l’immenso giubilo per la pace fatta col ritorno del Figlio, riconciliato con la sua città(84). Le difficoltà poste per il ritorno del Maestro a Tortona, infatti, non erano dovute tanto alle sue condizioni di salute, quanto alla resistenza delle sorelle, che non avevano dimenticato qualche passato torto della città nei confronti della loro famiglia. Esse “non ricevettero neanche le antiche amiche e non entrarono in Tortona”; si erano fermate nella Casa delle Suore al Groppo, e la mattina successiva all’esecuzione dell’Oratorio, “senza far nulla sapere, accompagnate da Marziano, andarono alla stazione di Serravalle e proseguirono in treno per Roma”(85), mentre il Perosi si fermava altri quattro giorni in città e se ne partiva “contento”(86).
Una riflessione riempiva giustamente di soddisfazione Don Orione: quanto non era riuscito ad ottenere il peso di persuasione del potere e dell’autorità ufficiale, l’aveva ottenuto il calore e la sincerità di una solida amicizia personale. Condotta l’impresa in porto, Don Orione riconosceva che gli era costato meno fatica tirar su il Santuario che condurvi il Perosi in quella memorabile circostanza(87). Non aveva, tuttavia, prezzo l’intima persuasione di aver procurato all’Amico qualche momento di intima serenità(88), fornendogli l’occasione di chiudere felicemente un capitolo, che aveva lasciato una profonda amarezza nella sua vita.


Un “Requiem” di riconoscenza a Don Orione

Due anni dopo Don Orione partiva per l’Argentina, e vi si fermava tre anni. Non abbiamo notizia di particolari relazioni personali fra i Due durante quel periodo, solo la conferma della grande stima che Don Orione continuava ad avere per il Maestro. Nel radiomessaggio ai devoti della Guardia, del 29 agosto 1935, lo elencava fra i grandi Geni amanti della Vergine: “Dante, Petrarca, Tasso, Raffaello, Michelangelo, Manzoni e il nostro Perosi ispirarono il loro genio a Maria!”(89). Nel dicembre del 36 si premurava di raccomandare a don Sterpi la sicura custodia dei cimeli perosiani: “Mettete al sicuro i manoscritti di Perosi”(90). Il 1936 fece un bel regalo al Perosi: il 4 dicembre Pio XI gli concedeva di poter nuovamente celebrare la Messa, confermando così il ritorno alla normalità dell’equilibrio mentale del Maestro.

Pure scarsa è la documentazione di ulteriori rapporti. Per l’ultimo loro incontro personale dobbiamo accontentarci di quanto è rimasto nella memoria di chi fu presente all’avvenimento, dopo averne provocato, in qualche misura, l’occasione.
Una domenica primaverile del 1938 un gruppetto di chierici tirocinanti presso l’Istituto S. Filippo Neri di Roma aveva messo in programma una visita alla chiesa di S. Maria d’Aracoeli. Giunti sulla via dei Fori imperiali – allora si chiamava Via dell’Impero – scorsero, di lontano, il Perosi che, accompagnato dal maestro Bonaventura Somma, avanzava lentamente verso di loro. Incontrare, di persona, colui che per loro, educati a Tortona, rappresentava l’incarnazione della musica sacra fu la cosa più emozionante che potesse capitare. Giunti vicino al Maestro, gli si serrano attorno, cappello in mano, intimiditi, senza parola. Fu lui a rompere il silenzio e, puntando l’indice verso i loro cappelli: “Voi siete di Don Orione – disse e completò, scherzoso: perché avete il cappello senza pelo”(91) . Saputo che venivamo dal San Filippo Neri, aggiunse: “Don Luigi mi aveva invitato per l’inaugurazione dell’Istituto(92). Allora non potei partecipare alla cerimonia, ma verrò presto a fare una visita”.
Fu di parola. Nel pomeriggio di qualche domenica dopo – e, precisamente, il 15 maggio(93) – arrivò al S. Filippo. Don Orione, che si trovava all’Istituto di via Sette Sale, avvisato della presenza dell’illustre Ospite, si precipitò a raggiungerlo. Intanto erano arrivati anche i confratelli di Ognissanti e i chierici studenti a Roma. Per la visita ai locali, si formò una piccola processione. In testa, il Perosi e Don Orione parlavano affabilmente tra di loro, visibilmente felici di trovarsi insieme. Giunti alla sala-teatro e scorto, vicino al palco, il pianoforte, il Maestro fu pregato di suonare qualcosa di sua composizione. Non si fece pregare; appariva commosso, e quasi euforico, per l’entusiasmo e l’ammirazione da cui si sentiva circondato. Si sedette e, chinatosi sullo strumento, premeva i tasti con tale foga da mostrare quasi il disappunto di avere solo dieci dita per far sprigionare contemporaneamente tutte le note che gli fluivano, in quel momento, dal cuore. Don Orione, con un gomito poggiato sul pianoforte, appariva semplicemente estasiato. Erano visibili: la commozione nel gustare quelle toccanti armonie e l’ammirazione per il grande Genio, del quale si sentiva, non solo coetaneo e concittadino, ma fraterno amico.
L’addio fra i Due fu un lungo affettuoso abbraccio, che sembrava non volersi più sciogliere. C’era il presentimento che quello sarebbe stato l’ultimo loro incontro?

L’ultimo scritto Don Orione glielo indirizzò tre mesi dopo, nel giorno di San Lorenzo: “A Voi, Maestro, genio dell’arte, caro alla Chiesa nonché all’Italia, auguri onomastici fervidissimi”(94).
E quando, il 12 marzo 1940, si sparse da Sanremo la dolorosa notizia che il cuore dell’Apostolo della Carità aveva cessato di battere, il cuore del Genio della Musica ebbe uno dei rari, allora, stimoli all’ispirazione e compose – estrema espressione di stima e di affetto - un Requiem(95), quale eloquente fiore da collocare sulla tomba dell’Amico, a testimonianza che nemmeno la morte aveva troncato la lunga e fraterna amicizia(96).

*Don Antonio Lanza, orionino, storico e archivista

N O T E ------------------------------------------
1. Scritti di D. Luigi Orione (sigla: Scritti), Archivio della Curia Generale, Roma, vol. 76, p. 76..
2. Don Luigi Orione e la Piccola Opera della Dina Provvidenza (Sigla: D.O.P.O.), Roma (Monte Mario), 1958, vol. I, p. 614.
3 . Sparpaglione don Domenico: Don Lorenzo Perosi aneddotico. Tipografia San Giuseppe, Tortona, 1976, p. 5.
4. Fornari Giovanni Battista: Relazioni, Archivio della Curia Generale, Roma, F. 2. III.
5. Colli Alberto, Relazioni. Archivio della Curia Generale, Roma, C. 20. V.
6 .Per Luigi, almeno, abbiamo la testimonianza di un suo compagno all’Oratorio Salesiano di Torino, il quale ricordava che Orione, già allora (1886-89), aveva una “voce forte e alquanto aspra” (Mezzacasa Giacomo, Relazioni, cit. M. 17. III).
7. Il sig. Cervetta, custode della chiesa di San Francesco in Pontecurone, lo presentava ai ragazzi del piccolo oratorio come ”modello pel canto devoto” (Relazioni, cit., O, 946, I).
8. Dom Pedro II fu in Italia negli anni 1870, 1876, 1887-88 (Encicl. Ital., XXVII, 241s). L’anno, che più si avvicina al Perosi dodicenne, è il 1887. Allora il giovinetto aveva 15 anni.
9. La parola di Don Luigi Orione (Sigla: Parola), Archivio della Curia Generale, Roma. Vol. VI, p. 200.
10. Parola, cit., VI, 120.
11 .Parola, VIII, 91.
12. Parola VI, 120.
13. Parola, XII, 95.
14. Parola, VIII.
15. Fotocopia dell’autografo di questi propositi si trova tra p. 586 e 587 del primo volume di D.O.P.O.
16. La Piccola Opera della Divina Provvidenza (Sigla: P.O.D.P.), luglio 1926, p. 88.
17. Il fatto è testimoniato da una lapide apposta sul villino dell’ab- Gatti: “Alla villina Sant’Ambrogio, giovinetti salivano Luigi Orione e Lorenzo Perosi per assistere nel Sacrificio Divino don Ambrogio Gatti”
18. P.O.D.P., luglio 1926, p. 88.
19. O.D.P., cit., 10 gennaio 1899, p. 4.
20. L’Osservatore cattolico, quotidiano, Milano, 7-8 luglio 1892, p. 1.
21: E’ il comune dal quale dipende Monte Spineto.
22 O.D.P., cit. 10 gennaio 1899, p. 4. Nella lettera del 3 luglio 1936, da Buenos Aires, a quarantaquattro anni di distanza , Don Orione collocava l’episodio della consegna delle immaginette del Sacro Cuore nel giorno dell’inaugurazione dell’Oratorio festivo (3 luglio 1892): “Marziano distribuì una quantità di immagini del Sacro Cuore, che suo fratello Renzo aveva portato da Vigevano” (Scritti 70, 3c). E’ più attendibile, senz’altro, la collocazione dell’episodio secondo la versione fatta dopo solo sette anni dall’avvenimento.
23. Onofri Teodoro in Bollettino Ceciliano, gennaio 1959.
24. Scritti di D. Luigi Orione (sigla: Scritti), Archivio Generale, Roma, vol. 40, p. 205
. 25. Scritti, 61, 193s.
26. Nel settembre, dal card. Giuseppe Sarto, eletto patriarca di Venezia, ma residente ancora a Mantova, in attesa dell’exequatur regio, riceveva i quattro Ordini Minori e il Suddiaconato.
27. Il “don” gli compete come Suddiacono. Sacerdote sarà ordinato, dal card. Sarto, il 21 settembre 1895.
28. Mettiamo “chierico” per ripetere il termine usato da Don Orione in questa narrazione. Nella relazione fatta al sen. Federzoni, dice invece d’aver firmato la lettera “Luigi Orione, diacono”, quale in realtà era all’epoca del fatto (Federzoni Luigi in ‘Il Giornale d’Italia’, 21 ottobre 1956).
29. D.O.P.O., cit., II, 177s. Il card. Sarto eletto Papa, col nome di Pio X, nella prima udienza concessa a Don Orione, mostrò il breviario, nel quale custodiva la lettera, scrittagli nove anni prima, commentando: “Una lezione di umiltà è buona anche per il Papa” (Federzoni on. Luigi:‘Il Giornale d’Italia’, 21.10.56.
30. Scritti, 54, 8.
31. La composizione è ricordata nella Cronologia dell’attività artistica di L Perosi. “Compone la prece Sancta Maria, succurre miseris, a due voci, che invia a Don Orione” (Pagano S., cit. p. 23).
32. Parola, 12, 96.
33. Lettera in data 29 luglio 1903 (Scritti 30, 88).
34. Scritti, 61, 191.
35. La Madonna, 15 marzo 1904, p. 24.
36. La Madonna, 15 agosto 1904, p. 64.
37. Pagano S., cit., p. 26.
38. Il 10 ottobre 1907, infatti, si scusava di non potersi recare da una ‘illustre’ benefattrice, perché “in questi giorni ho qui la Famiglia Perosi che fa il trasporto (a Roma)” (Scritti, 64, 194).
39. Pagano S., cit., p. 26.
40 Nel marzo 1912, per interessamento di Don Giulio Cremaschi, direttore a Lonigo, Don Orione aveva tentato di fargli musicare un inno alla Madonna dei miracoli, in cui onore esiste in Lonigo un antico Santuario. Ne aveva scritto le parole un sacerdote leoniceno, il Prof. Polidoro. Purtoppo, Don Orione deve rispondere: Roma, 3 aprile 912. Caro Don Giulio, eccovi la musica. (Don) Renzo (Perosi) non è a Roma, si trova a Parigi; e, quando tornerà, io sarò già partito. Essa è di un mio caro figliuolo spirituale (Ezio Carabella) e alunno di Perosi, che sta qui con noi, e che promette di fare onore al Maestro”, Scr. 2.34.
41. Scritti, 64, 194.
42. Sparpaglione D., cit. p. 10.
43. Per Firenze, dobbiamo intendere Bandino, una località vicina, dove il Perosi andava per frequenti periodi di riposo.
44. Scritti, 12, 139.
45. Lettera a don Sterpi, in data 15 novembre 1915 (Scritti, 12, 163).
46. Scritti, 57, 168.
47. Lettera a don Montagna, in data 21 aprile 1916 (Scritti.71, 44).
48. “Urge assicurarsi per quanto riguarda il diritto di proprietà artistica di quell’opera di Perosi, che io portai al Papa Benedetto XV. E’ documento da conservarsi” (Scritti, 15, 147). L’Oratorio figura, infatti, fra i cimeli perosiani, conservati nell’Archivio della Curia Generale di Roma.
49. Lettera al ch. Angelo Bartoli, in data 24 settembre 1917 (Scritti, 22, 221).
50. Scritti, 40, 90. Le voluminose partiture dei due Oratori si trovano ora tra i cimeli perosiani dell’Archivio della Curia Generale.
51. Pagano S., cit., p. 31.
52. Scritti, 40, 137.
53. Le tre minute sono stese sullo stesso tipo di fogli, formato lettera, 14 per 21.
54. Scritti 40, 133ss.
55. Pagano S., cit., p. 32. Fra i cimeli perosiani dell’Archivio della Curia Generale, uno testimonia tutte queste innovazioni (e, in più, c’è anche quella di porre l’accento su ogni parola): “Ai sig.òri Lukkàrini (e altri). Kuartétto n. 13 di Lorénzo Peròsi senior, vegetariàno”.
56. Lettera a don Zanocchi, in data 27 nov. 1922: “Verrà con me in America Padre Semeria” (Scritti, 1, 58)
57. Scritti, 60, 69. Comunicando il testo del telegramma a Don Risi, Don Orione commentava: “Povero Maestro!” (Scritti 6,211)
58. Lettera al col. Aristide Arzano, in data 30 dicembre 1922 (40, 156).
59. Pagano S., cit., p. 32.
60. “Per le canzoncine del Perosi, da inserirsi nei testi di Religione, potrò averne il permesso subito dalla Famiglia, perché lui è interdetto” (Scritti, 59, 63).
61. Scritti, 40, 161).
62. “Qui (a Tortona) si aspetta sempre che venga don Lorenzo col Cardinale” (A don Risi, Scr., 7, 282).
63. Sparpaglione D., cit., p.11.
64. Scritti,96, 243s.
65. A don Risi, 3 aprile 1927 (Scritti, 7, 294).
66. Scritti, 53, 31:
67. Scritti, 60, 121.
68. A don Sterpi: “Rendete pubblico che la salma del card. Perosi viene provvisoriamente tumulata al campo Verano, in attesa di essere definitivamente composta in pace nel Santuario della Madonna della Guardia in Tortona, appena ultimato. Egli ne benedisse la prima pietra e aveva promesso di venire a consacrarlo” (Scritti, 17, 82).
69. Lettera in data 25 febbraio 1930 (Scritti 17, 32).
70. Pagano S., cit., p. 35. In margine alla prima composizione, dopo la morte del fratello, annotava: “Tristezza infinita per la morte del fratello Cardinale” (Ivi).
71. Scritti 34, 61.
72. Pagano S., cit., p. 36. Per la cerimonia di consegna dello strumento, si portò a Roma anche Don Orione, come risulta dalla foto di gruppo, scattata a ricordo dell’avvenimento.
73. Lettera in data 14 aprile 1931.
74 . Scritti, 79, 223.
75. Scritti 80, 142.
76. Scritti, 79, 181.
77. Scritti, 59, 152.
78. Scritti, 8, 108.
79. Lettera in data 23 settembre 1931 (Scritti, 8. 109).
80. Lettera in data 23 settembre 1931 (Scritti, 76, 76).
81. A don Sterpi, da Roma, 26.9.31, ore 10, 15 (Scritti 96, 51).
82. Sparpaglione D., cit. p. 13.
83. Cfr. Sparpaglione D., cit., p. 13s.
84. Don Orione nella luce di Maria (Sigla: D.O.L.M.), Postulazione dei Figli della Divina Provvidenza, Roma, p. 1640ss.
85. Lettera a mgr. Grassi, in data 2 ottobre 1931 (Scritti, 45, 299). Di passate ruggini dei Perosi con Tortona Don Orione ne scriveva anche al can. Perduca, ricordando che “a gran fatica ho potuto indurre il Maestro Perosi a ritornarvi, dopo 30 anni di assenza! E ancora mi ricordava i dolori sofferti da suo padre e da lui!” (Scritti, 31, 158).
86. Scritti, 58, 88.
87. Sparpaglione D., cit., p. 14.
88. Il giorno dopo la sua partenza da Tortona, scriveva al Vescovo, monsignor Grassi: “Il Maestro Perosi è partito ieri sera, contento” (Scritti 58, 88).
89. D.O.L.M., III p. 1740.
90. Lettera in data 2 dicembre 1936 (Scritti, 19, 156). Nell’Archivio della Curia Generale, oltre agli Oratori: La Risurrezione di Cristo, La Risurrezione di Lazzaro e In diebus tribulationis Ecclesiae, si conservano le partiture delle Messe: I Pontificalis a tre voci Davidica a tre voci , In honorem Beatae Franciscae Saveriae Cabrini a una o più voci, Pro Defunctis a sei voci ed, inoltre, antifone, salmi ed inni, per un totale di 15 composizioni.
91. Allora il clero secolare portava, in genere, cappelli con il pelo, che li rendeva lucidi e più appariscenti, mentre quelli di noi orionini erano di semplice feltro.
92. Avvenuta il 17 gennaio 1938.
93. Possiamo fissare la data esatta, perché risulta, dalla corrispondenza, che Don Orione in quel periodo fu nella Capitale da martedì, 10 maggio (Scritti, 1, 239), a lunedì, 16 maggio (Scritti, 1, 240).
94. Scritti, 60, 198.
95. Anche questo Requiem, a una sola voce, con accompagnamento d’organo, compare nella Cronologia dell’attività artistica di Lorenzo Perosi, con la dedica. “In memoriam reverendissimi Orione Aloisii” (Pagano S., cit., p. 42).
96. La stretta relazione fra i due Personaggi fu riconosciuta anche dall’amministrazione delle Poste italiane e vaticane. Nel 1972, nel centenario della nascita, le Poste italiane emisero due francobolli commemorativi per il Perosi, seguiti in serie da altri due per Don Orione; e le Poste vaticane ne emisero uno di Don Orione, seguito da uno del Perosi.

 

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