Il 12 marzo è il dies natalis di Don Orione. Come visse i giorni precedenti?
Don Orione tornò dall'America Latina, il 24 agosto 1937, affaticato e con vari problemi di salute legati al deterioramento dell'età.
Un preoccupante allarme venne quando, durante la notte del 9 febbraio 1940, egli ebbe un violento attacco di angina pectoris con senso di soffocamento. Don Camillo Bruno gli portò il “Viatico” e poi l’ “Unzione degli infermi”. Dopo i soccorsi medici immediati, solo il giorno dopo fu dichiarato fuori pericolo. Fu deciso il trasferimento dalla sua stanza fredda alla “stanza dell’orologio”.
Seguono giorni di grande preoccupazione per le ripetute crisi respiratorie e di angina pectoris. Confratelli e medici concordano sull’opportunità di un periodo di riposo nel clima mite di Sanremo. Ma come chiederglielo?
Si incaricano il professor Manai di Alessandria e il dottor Codevilla.
- “Ho saputo che avete due case a Sanremo. È una Provvidenza, vedete. Bisogna andare a Sanremo per trascorrervi qualche settimana di convalescenza”.
- “A Sanremo, no!”.
Vedendo la meraviglia dei due dottori a quel rifiuto netto, Don Orione spiega: “Io voglio stare tra i poveri”. E poi, fattosi pensoso chiede:
- “Perdonatemi, è un sacerdote che vi prega di essere espliciti. Dite la verità: Sono alla fine dei miei giorni?”.
- “No, no, perché questa domanda?”.
- “Perché, se così fosse, io voglio togliermi anche da questa stanza troppo di lusso e morire nella povertà. Io sono un povero figlio di campagna, mio padre era selciatore di strade, tutta la mia famiglia era povera… Io qui non ci devo stare”.
“Ma dove volete andare?”.
- “Se è per uscire di qui io voglio andare a morire fra i poveri, all’istituto di Borgonovo. Là ci sono tanti ragazzetti senza nessuno, abbandonati, raccolti dalla Provvidenza. Voglio morire attorniato da quei figli, in una casa che vive e pratica la povertà”.
Il dottor Codevilla non trattiene le lacrime e anche il professore ha gli occhi lucidi.
Rimasto solo con don Bariani, Don Orione chiede se don Sterpi sia a conoscenza di quella proposta.
- “Signor direttore, lei sa che non si fa nulla senza informare don Sterpi”.
Don Orione comprende. Perché sottrarsi all’invito di don Sterpi che per lui ha il valore di una obbedienza? L’obbedienza vale bene il sacrificio.
È la festa di San Marziano. Don Orione si alza e celebra la Messa, poi va in duomo a pregare sull’urna del santo. Chiede a chi l’accompagna: “Andiamo a salutare la Madonna”. E si fa condurre al santuario della Madonna della Guardia.
A mezzogiorno è a pranzo con i confratelli; sul tavolo, davanti a lui, gli fanno trovare la statua antica della Madonna della Divina Provvidenza, quella del primo colle getto di San Bernardino.
Al Paterno di Tortona, Don Orione è pronto a partire per Sanremo. Chiama Giuseppe Zambarbieri e gli fa mettere in ordine il registro delle Messe.
Al mattino, vestendosi, commenta: “Povera la mia veste, non ne può proprio più, come la mia vita”.
Va a visitare il Vescovo, sale ancora una volta le scale dell’episcopio, testimoni di tanti affetti e progetti della sua vita.
Poi, si reca a San Bernardino, prega in Santuario, visita i piccoli probandi, i chierici, le Piccole Suore Missionarie della Carità e le Sacramentine cieche: per tutti c’è un saluto e una parola buona.
Nel pomeriggio incontra gli undici chierici che riceveranno l’indomani il diaconato e dice loro: ”Sentendoci venir meno le forze e la vita che se ne va, noi anziani possiamo avere un conforto guardando a voi ai quali affidiamo il Vangelo, la croce, la stola, l’altare, tutto...”.
Dopo le preghiere della sera, nella cappella del Paterno, dà l’ultima “buona notte”, paterna, forte, dolce e accorata. Don Orione è commosso e commuove: “La mia vita è attaccata a un filo e tutti i momenti possono essere gli ultimi... Non è tra le palme che voglio vivere e morire, ma tra i poveri che sono Gesù Cristo!”.
Quasi per tacito accordo nessuno si muove dai banchi. Don Orione si inginocchia e appoggia la testa sulle braccia intrecciate sulla mensa dell'Altare. Si sente un silenzio pieno di commozione. Parecchi piangono... Passano alcuni minuti. Poi il canonico Arturo Perduca suggerisce a un chierico di andare a chiedere al Direttore la benedizione per tutti.
Don Orione si alza, recita un'Ave Maria e con ampio gesto benedice, dicendo: "Gratia, misericordia, pax, et benedictio Dei Omnipotentis: Patris et Filii et Spiritus Sancti descendat super me et super vos, et maneat semper nobiscum. Amen”.
Appena rientrato in camera, Don Orione chiede, contrariamente alle altre volte, se Don Orlandi e i suoi aiutanti scrivani erano alla Buona Notte, facendo così pensare al suo desiderio che la parte sostanziale di queste parole di addio rimanessero fissate per iscritto. Eccome sono rimaste scritte! Ciascun orionino di allora e di oggi le ha scritte nel cuore. Un testamento.
9 Marzo
All’alba Don Orione celebra la Messa al Paterno. Poi va da Don Gatti: ”Desidero fare la mia confessione”. Torna nuovamente in camera: quando ne esce, affida la chiave all’incaricato.
Don Orione scende dalla camera. Nel corridoio sono schierati in due file sacerdoti e chierici commossi; egli sorride a tutti, affretta il passo visibilmente emozionato. Scivola nell’automobile. Alla stazione, poi il treno, la solitudine. Accanto a lui rimane il chierico Modesto Schiro.
Villa Santa Clotilde, Sanremo: il pensionato è tra le palme, si sente il mare che respira vicino. Giungendo a Villa Santa Clotilde, la prima visita di Don Orione è per la cappella. Per un guasto, la luce non funziona. Poi va a riposare.
Al risveglio è sereno, e quasi ilare. Passa ore ed ore al tavolino a sbrigare la corrispondenza. Ogni tanto Modesto lo vede interrompersi e sussurrare: “Gesù, Gesù!...”. Rimane assorto in preghiera un momento, poi la penna riprende a correre.
10-11 marzo
Don Orione segue l’orario di comunità, in cappella e nella casa. Riceve alcune visite. Prega e scrive molto. Modesto Schiro conta le lettere che va ad imbucare nella cassetta della posta. Don Orione, dopo la sua partenza da Tortona, scrisse una sessantina di lettere: il 9, giorno del viaggio ne scrisse una quindicina; il giorno 10, 19; il giorno 11, ben 23 e il telegramma al Papa; il 12, giorno della morte, ancora 4-5, ma scrisse poco parlò molto con Don Umberto Terenzi ed ebbe altre visite.
Alle 14,30, arriva a Sanremo Don Umberto Terenzi, su suggerimento di Padre Pio da Pietrelcina: incontra Don Orione tutto festoso e cordiale. Si scambiano notizie.
Don Orione si ritira a scrivere fino alle ore 19.
A cena, parla degli avvenimenti gravi dell’ora, specialmente della Polonia. Poi tutti vanno a dormire.
12 Marzo