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Alla parrocchia orionina di Ognissanti è toccato l'onore di avere come Cardinale titolare Walter Kasper. È nato il 5 marzo 1933 ad Heidenheim/Brenz (Germania) e fu ordinato sacerdote il 6 aprile 1957. Conseguì la Laurea di Dottore in Teologia presso la Facoltà di Teologia di Tubingen e fu assistente del professore Hans Kung. Dal 1964 al 1970 è stato docente di teologia presso la Facoltà di Teologia di Munster. Dal 1975 ricoprì l'incarico di presidente dell'Assemblea degli studiosi di dogmatica di lingua tedesca. Il 17 aprile 1989 divenne Vescovo di Rottemburg-Stuttgart; il 21 febbraio 2001 è stato nominato Cardinale.

Riportiamo il testo dell’omelia pronunciata durante la celebrazione eucaristica del 25 marzo 2001. " /> Messaggi Don Orione
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Nella foto: Card. Walter Kasper celbra la festa delle Palme nella parrocchia di Ognissanti, Roma
Autore: Card. Walter Kasper

Il cardinale Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, domenica 25 marzo 2001, ha preso possesso della Chiesa orionina di Ognissanti, di cui è stato nominato Titolare da Giovanni Paolo II. I Titolari erano anticamente i "parroci" delle Chiese di Roma e, in quanto tali, eleggevano il Vescovo della Città, il Papa. Anche oggi i Cardinali sono Titolari delle più importanti e antiche Parrocchie di Roma.
Alla parrocchia orionina di Ognissanti è toccato l'onore di avere come Cardinale titolare Walter Kasper. È nato il 5 marzo 1933 ad Heidenheim/Brenz (Germania) e fu ordinato sacerdote il 6 aprile 1957. Conseguì la Laurea di Dottore in Teologia presso la Facoltà di Teologia di Tubingen e fu assistente del professore Hans Kung. Dal 1964 al 1970 è stato docente di teologia presso la Facoltà di Teologia di Munster. Dal 1975 ricoprì l'incarico di presidente dell'Assemblea degli studiosi di dogmatica di lingua tedesca. Il 17 aprile 1989 divenne Vescovo di Rottemburg-Stuttgart; il 21 febbraio 2001 è stato nominato Cardinale.

Riportiamo il testo dell’omelia pronunciata durante la celebrazione eucaristica del 25 marzo 2001.


Cari fratelli e sorelle,
“Mi leverò e andrò da mio Padre”. Queste parole del vangelo sul figlio prodigo nella domenica odierna sono significative per tutto il periodo di Quaresima e mi paiono particolarmente importanti per la celebrazione di oggi. Esse indicano lo stesso slancio che traspare nelle parole scritte dal Santo Padre come tema principale nella sua Lettera Apostolica Novo millennio ineunte: “Ripartire da Cristo”. Ripartire da Cristo, che ci ha rivelato il Padre misericordioso e che è la via verso il Padre. L’imperativo della Quaresima e della celebrazione di oggi è questo: levatevi e ritornate alla casa del Padre.

IL MIO DESIDERIO ERA DIVENTARE PARROCO

(…) Non posso dirvi quanto sia lieto del fatto che il Santo Padre mi abbia affidato come Chiesa titolare una parrocchia e soprattutto questa parrocchia, una parrocchia con una tradizione così ricca, improntata a Don Orione, una parrocchia così vivace. (…)
Sono felice che mi sia stata affidata questa parrocchia, perché, quando ero giovane, non volevo diventare vescovo oppure cardinale; il mio desiderio era diventare parroco. Ma già dopo un anno in parrocchia, il mio vescovo mi mandò di nuovo all’università affinché conseguissi una laurea in teologia e mi preparassi al professorato. A venticinque anni ero professore di teologia in due università; mi piaceva insegnare a giovani studenti perché acquisissero una conoscenza approfondita della nostra fede, il che è tanto importante per la pastorale nel mondo di oggi. Ma la domenica ero quasi sempre in una parrocchia o nelle cliniche universitarie. Volevo essere sacerdote. Dopo venticinque anni, il Papa mi ha ordinato vescovo di una grande diocesi tedesca, la diocesi di Rottenburg-Stoccarda. E per me era una grande gioia visitare ogni domenica, e spesso anche durante la settimana, una delle mille parrocchie della diocesi, per celebrare l’eucarestia, per predicare la parola di Dio, per incontrare i fedeli, ascoltarli ed incoraggiarli. Spesso, durante la settimana, mi capitava di arrabbiarmi davanti alla mia scrivania, ma poi la domenica andavo in parrocchia e mi calmavo: era come una boccata di aria fresca che mi faceva recuperare le mie energie.
Per questo, ho sentito che stavo lasciando qualcosa di davvero importante per me quando il Papa mi ha chiamato a Roma per affidarmi un incarico presso il “Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani”. Ecco perché così grande è oggi la mia gioia di essere di nuovo in una parrocchia.

Ecumenismo: interiore ravvedimento e desiderio di unione

Ringrazio il Santo Padre che ha mostrato la sua grande fiducia verso di me affidandomi non solo il cardinalato, ma anche un incarico tanto importante, tanto esigente, tanto delicato ed urgente quale l’impegno ecumenico. Il Santo Padre stesso ha detto che per lui, vescovo di Roma, l’impegno ecumenico è una delle priorità pastorali del suo pontificato (Enc., Ut unum sint, nr.99).
Difatti, l’ecumenismo è una delle grandi sfide per la Chiesa nel nuovo secolo e nel nuovo millennio. L’ecumenismo non è un piacere privato di alcuni matti; l’ecumenismo è il testamento del nostro Signore alla vigilia della sua morte, quando pregò: “Perché siano tutti una sola cosa” (Gv 17,21). Così, l’impegno ecumenico è il dovere sacro e la missione obbligatoria di tutti i seguaci di Cristo e della Chiesa intera. È anche il vostro compito e – nella linea e secondo l’esempio ed il modello di Don Orione, che era un vero protagonista ecumenico – vi prego di aiutarmi e di appoggiarmi in questo mio impegno, innanzitutto con le vostre preghiere.
Fu un’ora di grazia, quando il Concilio Vaticano II dichiarò che lo Spirito Santo negli ultimi tempi aveva iniziato ad effondere con maggiore abbondanza nei cristiani tra loro separati l’interiore ravvedimento e il desiderio dell’unione (Unitatis redintegratio, 1). Sì, il movimento ecumenico è un dono dello Spirito Santo. Nella sua importante e commovente enciclica ecumenica Ut unum sint del 1995 Papa Giovanni Paolo II scrisse: “Assieme a tutti i discepoli di Cristo, la Chiesa cattolica fonda sul disegno di Dio il suo impegno ecumenico di radunare tutti nell’unità. Infatti la Chiesa non è una realtà ripiegata su se stessa bensì permanentemente aperta alla dinamica missionaria ed ecumenica, perché inviata al mondo ad annunciare e testimoniare, attualizzare ed espandere il mistero di comunione che la costituisce: raccogliere tutti e tutto in Cristo; ad essere per tutti sacramento inseparabile di unità” (nr. 5).
Perciò il Papa ha detto: l’unità “non è un accessorio, ma sta al centro”; “né essa equivale ad un attributo secondario della comunità dei discepoli” (di Cristo). “Appartiene invece all’essere stesso di questa comunità”. “Credere in Cristo significa volere l’unità; volere l’unità significa volere la Chiesa; volere la Chiesa significa volere la comunione di grazia che corrisponde al disegno del Padre da tutta l’eternità. Ecco qual è il significato della preghiera di Cristo: ‘Ut unum sint’”(nr. 9).
Nei trentacinque anni trascorsi dal Concilio Vaticano II abbiamo scoperto che gli altri non sono nemici, ma fratelli e sorelle. Mi ricordo che, quando ero ragazzo, un luterano era per noi sospetto; venivamo messi in guardia, invitati a non comprare niente da loro e a mantenere la distanza da loro. Grazie a Dio, oggi le cose sono cambiate. Abbiamo riscoperto la fratellanza di tutti i cristiani. La frontiera, il fossato decisivo non è fra cattolici e protestanti, perché entrambi battezzati; la frontiera, il fossato è fra fedeli e non credenti, fra la comunità dei fedeli e l’insieme, sempre crescente, di coloro che sono del tutto indifferenti alla religione.
Ma non si deve fraintendere l’ecumenismo. “Non si tratta di modificare il deposito della fede, di cambiare il significato dei dogmi, di eliminare da essi delle parole essenziali, di adattare la verità ai giusti di un’epoca, di cancellare certi articoli del Credo con il falso pretesto che essi non sono più compresi oggi” (nr. 18) Non si tratta di fare compromessi o di praticare un irenismo sbagliato. Una riconciliazione attuata a prezzo della verità sarebbe disonesta e alla fine illusoria; non avrebbe un futuro. L’ecumenismo autentico non è un impoverimento ma un arricchimento, perché è – come ha sottolineato il Papa – uno “scambio di doni”. Noi possiamo imparare dagli altri e dai loro doni, ma anche gli altri debbono imparare da noi e dalla ricchezza della Chiesa cattolica. Così tutti noi possiamo realizzare meglio, concretamente, la ricchezza della cattolicità e raggiungere la pienezza di Cristo.
Dobbiamo quindi levarci e andare dal nostro Padre comune per realizzare il suo disegno di radunare tutti e tutte le cose in Gesù Cristo. Non è un compito facile. Nella sua ultima Lettera Apostolica, il Papa dice che si tratta probabilmente di un cammino ancora lungo. Ma è un cammino pieno di speranza. L’anima dell’ecumenismo è la preghiera. Poiché non siamo noi che possiamo fare l’unità della Chiesa, l’unità sarà un dono dello Spirito Santo, sempre in grado di riservarci sorprese e produrre miracoli.

MISERICORDIA RICEVUTA E MISERICORDIA DONATA

Cari fratelli e sorelle! Questo tema ”levarsi ed andare dal Padre” è un grande tema dell’ecumenismo (…). Noi tutti, ed in particolare noi uomini moderni, siamo come questo figlio prodigo.
Abbiamo lasciato la casa paterna, perché convinti di non essere più bambini; abbiamo voluto essere maturi, indipendenti, illuminati, emancipati, capaci di determinare noi stessi la nostra vita senza obbedire ai comandamenti di Dio. Ma dove siamo arrivati? Un poò alla stessa situazione in cui si trova il figlio ritratto nella parabola del vangelo. Abbiamo perduto la nostra direzione, siamo senza appoggio e senza forza morale, esteriormente spesso sazi e benestanti, ma interiormente vuoti e poveri; molti provano una fame e una sete interiori. Molti giovani domandano di nuovo un senso per la loro vita ed un cibo per la loro anima.
Leviamoci ed andiamo dal Padre. Lui ci aspetta. Lui è misericordioso, lui ci vede già da lontano, ci corre incontro, ci accetta come figli e figlie. Perché lui è ricco di misericordia. Nn vuole la morte del peccatore, ma la sua vita. Cioè la buona novella. Come cristiani, possiamo vivere del perdono e della misericordia di Dio, da cui nessuna persona che si converte è esclusa. Il perdono e la misericordia di Dio sono offerti ad ognuno.
Il Papa ha lanciato un appello ad un nuovo slancio e ad un nuovo entusiasmo di fede, di speranza e di carità all’inizio del nuovo secolo e del nuovo millennio. La misericordia ed il perdono che noi riceviamo, li dobbiamo trasmettere agli altri. Non possiamo comportarci come il secondo figlio nel vangelo, geloso ed egoista. Noi dobbiamo essere testimoni del perdono nel mondo. Nel vangelo leggiamo: “Siate misericordiosi come il vostro Padre nel cielo è misericordioso”. Siate accoglienti come Dio è accogliente; siate benevoli come Dio è benevolo; non siate permalosi come Dio non è permaloso; siate indulgenti come Dio è indulgente.
Né la parrocchia, né l’impegno ecumenico possono ripiegarsi su se stessi. Ambedue hanno bisogno di un dinamismo e di uno slancio missionario. La riconciliazione tra i cristiani e tra le chiese separate è l’inizio, il segno e lo strumento di una riconciliazione più ampia e di una nuova cultura. Soltanto riconciliati fra di noi, saremmo credibili e potremmo testimoniare e promuovere la pace nel mondo, essendo collaboratori di una nuova civiltà e di una cultura della carità, della riconciliazione, del perdono, di una civiltà e di una cultura veramente umana. Leviamoci ed andiamo dal Padre nostro.
Amen.

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