Gli inizi della fondazione, la scelta del nome, la concezione organizzativa, la finalità ecumenica, il rapporto fine-opere nella spiritualità e nell’apostolato.
Quale era, agli inizi, l’intenzione di Don Orione nel concepire la fondazione che subito egli prese a chiamare Opera della Divina Provvidenza? E’ vero che cominciò con una congregazione papalina (la Compagnia del Papa) per poi passare a una congregazione caritativa (la Piccola Opera della Divina Provvidenza)? Quale tipo di rapporto instaurò tra le diverse componenti religiose e laicali della nuova istituzione cui trasmise il medesimo carisma? E la finalità ecumenica è sua o gliel’ha suggerita Leone XIII? La risposta a queste domande è di interesse storico, ma ancor più di illuminazione per la comprensione dell’attuale cammino della Famiglia orionina.
QUALE RAPPORTO TRA COMPAGNIA DEL PAPA E OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA?
Uno dei dubbi più frequenti sulla storia delle origini riguarda la denominazione data all’istituzione che Don Orione andava sviluppando. E’ Compagnia del Papa il primo nome scelto da Don Orione della nuova istituzione? E perché poi tale titolo scompare del tutto? E’ anche cronologicamente vero che “il nostro minimo Istituto che, per bontà del Signore, sorse sotto la denominazione di Opera della Divina Provvidenza”? (1) Non è solo questione di nome, perché da una non esatta conoscenza delle origini è derivata una conclusione equivoca a riguardo del carisma, riassumibile nell’affermazione: “Don Orione ha cominciato col Papa (Compagnia del Papa) ed è finito coi Poveri (Opera della Divina Provvidenza)”.
Ormai è bene documentato che Don Orione chiamò la sua fondazione Opera della Divina Provvidenza fin dall’inizio. (2) Quando manifestò il desiderio di far approvare la Compagnia del Papa, non intendeva riferirsi alla fondazione come tale, nel suo complesso, ma a una parte di essa. Infatti, nell’intenzione di Don Orione, il disegno era di costituire in seno all’Opera della Divina Provvidenza un gruppo di religiosi – denominati la Compagnia del Papa - i quali, oltre ad una particolare consacrazione alla causa papale comune a tutta l’Opera, avrebbero avuto compiti di responsabilità e collegamento nei confronti delle altre famiglie religiose che si andavano sviluppando a “rami” o a “petali”, per mantenere fra di esse l’unità di spirito e di governo.
Alcuni essenziali richiami storico-documentali.
Il riferimento documentale da cui partire è il “Pro-memoria”, datato 17-18 giugno 1899 (3), sulla base del quale Don Orione pensò di chiedere l’approvazione canonica di un primo nucleo centrale dell’Opera della Divina Provvidenza, cioè la Compagnia del Papa. Si è discusso e si discuterà molto sull’origine e la natura di questo “Pro-memoria” che non ha nessuna traccia antecedente né di discussione e né di bozza preparatoria; che appare scritto in bella forma, senza incertezze di concetti e di grafia; con contenuti orionini, ma unici nella forma letteraria. Non appaiono dello stile di Don Orione le meticolose precisazioni sulla funzione della Compagnia in seno alla Chiesa secondo le diverse ipotesi degli sviluppi storico-sociali futuri. Un’ipotesi plausibile è che Don Orione, avendo urgenza di approvare giuridicamente un nucleo autonomo di congregazione – per evitare di essere in balia dei mutevoli progetti del Vescovo e di alcuni ecclesiastici su di lui influenti che premevano per la fusione con gli Oblati diocesani –, (4) abbia pensato di fare approvare solo il “nucleo centrale” della Famiglia che aveva in mente di fondare. Del resto, solo quel piccolo nucleo di preti e chierici poteva in quel momento presentare (5). Il testo fino a che punto è “suo”? Se lo sarà fatto fare? Negli abbozzi successivi in vista della stesura dei primi capitoli dell’Opera della Divina Provvidenza non lo menziona e non lo usa più.
Il vescovo Bandi, ricevendo il “Pro-memoria sulla Compagnia del Papa” fu il primo a intendere che la Compagnia del Papa era il nuovo nome dato da Don Orione alla Congregazione (6). Infatti, scrive a Don Orione il 30 dicembre 1899: “Tu intendi stabilire un’Opera generale nella Chiesa, che vorresti battezzare col bel titolo di Compagnia del Papa, e che avesse per iscopo tutto il bene possibile ed il maggior bene che possa prefiggersi, specialmente a vantaggio della gioventù, sotto la piena sottomissione in omnibus et in omnia al Sommo Pontefice, una congregazione religiosa maschile. Tale, se ho ben compreso la tua mente, è lo scopo che ti sei prefisso con la tua Opera, che ora appellasi della Divina Provvidenza” (7).
In questo dialogo di discernimento Don Orione dovette spiegare più volte che egli, più che mutare il nome della sua Opera, intendeva costituire, al suo interno, un nucleo garante della sua unità denominata, appunto, Compagnia del Papa. E di questa sola, per ora, intendeva chiedere l’approvazione. Del resto, le altre componenti erano solo in embrione o solo nel desiderio.
Due documenti gettano luce sul suo progetto globale. Il primo è del febbraio 1900 (8). A delle persone che gli chiedevano informazioni, Don Orione scrive: “12 / II / 1900. Carissimi nel Signore. In risposta alla loro lettera del 9 corrente. La Piccola Casa della Divina Provvidenza fa parte, ed è Casa madre dell’Opera della Divina Provvidenza. L’Opera della Divina Provvidenza è costituita da diversi elementi personali: Aspiranti, Novizi, Professi, Anziani. (...). Essi (gli Anziani) fanno voti perpetui, solenni, assoluti e costituiscono la gerarchia dell’Opera della Divina Provvidenza e il centro della Congregazione, formando un nucleo strettissimo che ha per titolo la ‘Compagnia del Papa’” (9). Del 20 novembre successivo è una lettera di Don Orione a Don Sterpi, suo primo collaboratore, sempre per chiarire l’identità di questa Compagnia e dell’intero suo progetto: “Guarda che a Don Luigi (10) ho letto il fine della Compagnia, spiegandogli che questa sarebbe quella Compagnia essenziale, che deve avere in mano tutte le altre Famiglie religiose, che costituiscono l’Opera della Divina Provvidenza: eremiti lavoratori, adoratori, dame, collegi, suore, preti, ecc” (11).
Non è, dunque, una nuova Congregazione a sé quella che Don Orione intende costituire e presentare per prima all’approvazione del Vescovo, ma una Compagnia che dovrà tenere unite le altre famiglie che già costituiscono o costituiranno insieme l’Opera della Divina Provvidenza. Quindi, anche la Compagnia stessa è considerata come una componente dell’Opera della Divina Provvidenza, che viene descritta come composita di diverse “Famiglie religiose” (12).
In conclusione, Compagnia del Papa non è il primo nome pensato per la fondazione, che fu sempre e solo Opera della Divina Provvidenza, ma una componente della medesima che in un certo momento pensò di costituire e fare approvare per prima (13).
Queste notizie storiche (14), mostrano un Don Orione che aveva chiarezza circa l’idea della fondazione (una famiglia con varie componenti, maschili e femminili, contemplative e attive, ecclesiastiche, religiose e laiche), ma che dovette fare i conti con le leggi del Diritto canonico (15). Gli risultò impraticabile giuridicamente la configurazione di un’Opera pluriforme ma organicamente una. Chiedendo l’approvazione per la sola Compagnia del Papa, questa sarebbe diventata sì giuridicamente autonoma, ma in futuro sarebbero state autonome anche le altre famiglie religiose dell’Opera della Divina Provvidenza. Così, si sarebbe resa impossibile, e non favorita, quell’opera di collegamento carismatico e di governo tra le componenti dell’Opera della Divina Provvidenza che a lui stava tanto a cuore. Quasi certamente, fu questa la ragione che fece desistere Don Orione dal chiedere un particolare riconoscimento giuridico per la Compagnia del Papa.
PAPA – POVERI: DUE POLI O UN FINE UNICO?
La non corretta comprensione della natura e contesto del Pro-memoria sulla Compagnia del Papa (datato 17-18 giugno 1899) diede luogo ad affrettate deduzioni non solo circa la primitiva denominazione della Congregazione, ma anche circa il suo spirito e finalità. Si dedusse, per esempio, che Don Orione, avviando la sua fondazione, aveva in mente una Compagnia del Papa, orientata direttamente più su questioni dottrinali e pastorali di fedeltà al Pontefice, mentre solo in un secondo tempo avrebbe orientato la congregazione su opere e iniziative di carattere sociale e caritativo.
Che la nuova Congregazione volesse realizzare lo spirito papalino mediante istituzioni a favore dei poveri, Don Orione lo manifestò inizialmente più con i fatti che con le parole. Già il 4 aprile 1897, sollecitato da don Carlo Perosi – poi cardinale - ad esporre quale fosse il suo programma, egli rispose con una lettera (16) nella quale manifestò esplicitamente il suo progetto apostolico: “abbracciare tutte le anime e salvarle tutte, tutte” facendo sorgere “all’ombra di ogni campanile una scuola cattolica (collegi papalini) e all’ombra di ogni Croce, un ospedale”. In nuce - con la visione dei collegi papalini e degli ospedali - era già ben chiara la formula carismatica del “portare i piccoli, i poveri, il popolo alla Chiesa e al Papa - per Instaurare omnia in Christo - mediante le opere della carità”. E siamo nell’aprile del 1897.
Il primo testo carismatico-costituzionale è da considerarsi la “Regola fondamentale e nostra professione di fede e di vita religiosa”, collocabile negli anni 1897-98 (17). Si tratta di due articoli di Costituzioni, nel primo dei quali il fine della Congregazione è esposto in questi termini: “con ogni modo voluto dalla carità, portare la società tutta al nostro caro Signore Gesù, specialmente col fare sinceramente cristiana e cattolica la gioventù, dalle scuole ai campi, e con l’attuare la volontà e i desideri del Papa con ogni opera di carità spirituale e temporale” (18). Gia in questo primo testo, precedente il Pro-memoria sulla Compagnia del Papa, che è del giugno 1899, troviamo la descrizione completa del suo carisma ecclesial-caritativo.
Tale carisma fu compiutamente riassunto nel Decreto di approvazione di Mons. Bandi del 21 marzo 1903: “unire per mezzo di tutte le opere di misericordia (…) con strettissimo e dolcissimo vincolo di tutta la mente e di tutto il cuore il popolo cristiano alla Santa Sede, nella quale – come si esprime il Crisologo – “Beatus Petrus vivit et praésidet, praestat quaerentibus fidei veritatem (Ep. Ad Eutic. n.2) (19) - il Beato Pietro vive e presiede, offrendo la verità della fede a quanti la cercano” (20).
Per la comprensione dell’esatta compenetrazione del fine papalino con i mezzi caritativi nel carisma orionino è assai illuminante un testo di poco successivo al Decreto di approvazione. Riprendendo il tema del fine specifico della Congregazione, Don Orione scrisse al Vescovo nei seguenti termini. “Veneratissimo Padre. Mi pare giunto il momento di dovere dire a V. Eccellenza una parola che sciolga l’obiezione, che si è fatta e che sarà fatta forse in avvenire contro l’Istituto, per la sua universalità nell’esercizio delle opere di misericordia, e una parola pure della sua singolarità da tutti gli altri Istituti religiosi. L’obbiezione delle troppe incombenze che si propone di assumere questa Opera della Divina Provvidenza riposa sopra un falso supposto: il falso supposto è, che questo Istituto si proponga tutte le opere di misericordia indistintamente e ad un tratto: ciò non è al tutto vero. Egli ha un’opera sola determinata, che si propone, e, quanto a sé, non si propone null’altro, e quest’opera si è la santificazione dei membri, dei quali l’Istituto si compone, con lo spargere nel popolo cristiano un amore dolcissimo al S. Padre. Il Decreto di approvazione emesso da V. Eccellenza lo ripete chiaro: ut populum christianum dulcissimo quodam et arctissimo…” (21).
Il carisma orionino appare espresso fin dall’inizio in un insieme dinamico di ecclesialità-papalinità ("concorrere a rafforzare, nell'interno della Santa Chiesa, l'unità dei figli col Padre (il Papa) e, nell'esterno, a ripristinare l'unità spezzata col Padre" (22) ) da realizzare mediante la carità ("impiegarsi, con ogni opera di misericordia, a spargere e crescere nel popolo cristiano… un amore dolcissimo al Vicario in terra di Nostro Signore Gesù Cristo che è il Romano Pontefice" (23) ).
Questo dinamismo fu ben divulgato da Don Orione quando definiva i suoi religiosi “Gesuiti dei poveri” (24). Proprio il gesuita Günther Gerhartz nel suo “Guardia Giurata” des Papstes: Don Orione un sein Werk” (25) osserva che “Già il decreto di approvazione vescovile del 1903 fissava come compito della Congregazione l’«Evangelizzare pauperibus» in tutte le possibili opere della misericordia, tenendo conto, tuttavia, dello speciale orientamento: «populum christianum dulcissimo quodam et arctissimo totius mentis et cordis vinculo Sedi Apostolicae coniungat». L’Autore fa notare anche la peculiare differenza del IV voto orionino da quello Gesuitico: “Don Orione pone l’impegno di fedeltà e unione con il Papa, al centro del suo particolare impegno papale”, diversamente da Sant’Ignazio, che lo presuppone in termini generali, e chiede ai Gesuiti più esattamente l’“obbedienza in qualsiasi azione apostolica”.
In tempi recenti, si è molto insistito sul “binomio Papa – Poveri”, vedendovi i due “poli” del carisma orionino. Fu al VII Capitolo generale (6 marzo - 11 aprile 1975) che venne enunciato questo binomio. L’illustrazione fatta in quel Capitolo è quanto mai chiara e aderente alla storia e all’insegnamento di Don Orione e vale la pena riportarne alcuni passaggi (26).
“1 – Va preliminarmente affermata l’indissociabilità dei due termini del binomio: il nostro fine specifico non è soltanto il Papa, né soltanto i Poveri, ma il Papa e i Poveri.
2 – Va riconosciuta inoltre la priorità dell’aspetto papale: «Questo è il desiderio affocato della mia anima (i poveri), ma, prima ancora, il mio più dolce e grande amore è il Papa» (Lett. I, 458); «L’amore al Papa e alla Chiesa è proprio in noi il primo e supremo amore della nostra vita» (Lett. II, 360).
3 – I due termini del binomio Papa-Poveri non rappresentano due finalità parallele ed estrinseche una dall’altra, ma fra esse intercorre un rapporto intrinseco. La Chiesa infatti, che ci affida i poveri (PC 8p) fu fondata da Cristo su Pietro e gli Apostoli per continuare la sua missione. «Lo Spirito del Signore è sopra di me… e mi ha mandato per annunziare ai poveri la buona novella, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista per rimettere in libertà gli oppressi» (Lc. 4, 18-19). Da ciò resta chiaro che i poveri sono la vera eredità e i figli prediletti della Chiesa.
a) In tal modo noi facciamo l’apologia della Chiesa e del Papa, non a parole o con gli scritti, ma con la carità. Il Papa non è solo punto di partenza, ma anche punto di arrivo del nostro apostolato, in quanto il nostro scopo è quello di «portare alla Chiesa e al Papa il cuore delle umili classi operaie» (Cost. 4)
b) Unendo nella nostra azione il Papa e i Poveri, noi vorremmo anche dimostrare al mondo di oggi che si può essere fedeli al Papa senza abbandonare la classe operaia.
c) L’intrinseco rapporto, facendo dei due termini un unico carisma, giova infine ad ottenere nei nostri Religiosi l’unità di vita” (27).
Dunque, tale binomio va inteso dinamicamente e reciprocamente coinvolgente. Non Papa e Poveri; non fedeltà al Papa (Chiesa) e carità verso i piccoli, i poveri, quasi fossero due obiettivi distinti; ma fedeltà al Papa (e alla Chiesa) mediante la carità e la cura del prossimo (poveri, popolo)! (28) E’ proprio in quel “mediante” l'originalità di Don Orione!
PER “PICCOLA OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA” S’INTENDE TUTTA LA FONDAZIONE ORIONINA O SOLO I FIGLI DELLA DIVINA PROVVIDENZA?
Dopo quanto detto sopra, è più facile chiarire anche il quesito se la denominazione Piccola Opera della Divina Provvidenza sia da intendersi in senso collettivo, cioè comprensiva dei Figli della Divina Provvidenza (sacerdoti, fratelli laici, eremiti), delle Piccole Suore Missionarie della Carità (di vita attiva, Sacramentine, Contemplative di Gesù Crocifisso), dell’ Istituto Secolare Orionino e Laici con i loro vari titoli di appartenenza riuniti nel Movimento Laicale Orionino. Guardando agli inizi della Piccola Opera, quali indicazioni si possono trarre?
C’è una lettera di Don Orione a Don Sterpi, già citata, che ci aiuta a capire quale fosse la sua intenzione circa l’Opera della Divina Provvidenza: “Guarda che a Don Luigi (29) ho letto il fine della Compagnia, spiegandogli che questa sarebbe quella Compagnia essenziale, che deve avere in mano tutte le altre Famiglie religiose, che costituiscono l’Opera della Divina Provvidenza: eremiti lavoratori, adoratori, dame, collegi, suore, preti, ecc.” (30). Dunque, in una prima intenzione Don Orione concepì e prese a realizzare il disegno di un’Opera della Divina Provvidenza formata da varie componenti religiose e laicali, tenute insieme dalla Compagnia del Papa. Di fatto, però, rinunciò a fare approvare la Compagnia del Papa e non la nominerà più. Lasciò anche il progetto di un’Opera della Divina Provvidenza comprendente organicamente varie “Famiglie religiose”. Come si spiega?
Non risulta esserci qualche documento che risponda esplicitamente a tale quesito. Indirettamente, si deduce che quando Don Orione si rivolse al Vescovo per l’approvazione della prima delle componenti, la Compagnia del Papa, pensata come il “nucleo essenziale” dell’Opera della Divina Provvidenza, si avvide subito delle difficoltà di comprensione del progetto e di realizzabilità canonica. Dopo avere tentato di spiegarsi, Don Orione rinunciò al disegno come concepito. Per il Diritto canonico ogni istituto approvato gode di autonomia giuridica e il legame con altri Istituti autonomi può essere solo spirituale e morale, ma non organico e di governo. Una Compagnia del Papa di soli preti non avrebbe potuto interferire nemmeno su eremiti e fratelli, se costituiti in istituti a sé stanti, e tanto meno, in futuro, sulle suore. Stando così le cose, Don Orione si dedicò a costituire in unità organica almeno le componenti maschili del ramo religioso maschile.
Quando il 21 marzo 1903 giunse il riconoscimento canonico diocesano dell’Opera della Divina Provvidenza, questa comprendeva i soli religiosi “distinti in due classi, quella dei laici e quella dei sacerdoti” (31) e anche quei laici che “avrebbero desiderato fare i voti, se fosse loro concesso” (32).
Successivamente, Don Orione non riparlò più del progetto di Piccola Opera della Divina Provvidenza in senso collettivo, tanto più che fino al 1915 (anno di fondazione delle Piccole Suore Missionarie della Carità) esistevano solo i Figli della Divina Provvidenza e quindi la Piccola Opera si identificava del tutto con essi. Giuridicamente, il nome dell’istituzione restò fissato Piccola Opera della Divina Provvidenza e quello dei membri Figli della Divina Provvidenza.
Don Orione, anche dopo la fondazione del ramo religioso femminile delle Piccole Suore Missionarie della Carità (29 giugno 1915), si considerò come Padre unico e unica considerò l’intera Opera originata dal medesimo carisma. Una delle immagini a cui più ricorse per esprimere in modo vitale tale unità fu quella della pianta unica con molti rami: nel 1922 presentò al vescovo Silverio Pimenta l’intenzione di costituire in Brasile “due rami della Congregazione della Divina Provvidenza… alimentandosi dello spirito e della vita della già esistente Congregazione della Divina Provvidenza, quali rami d’una stessa pianta”; costituisce nel 1927 le Suore della Madonna della Guardia, che definisce “un ramo della Piccola Opera della Divina Provvidenza”; più volte dice che “le Suore sono un ramo dell’Opera” (33). E’ interessante venire a sapere che Don Orione considerò “parte integrale della Piccola Opera della Divina Provvidenza” (34) anche alcuni laici e benefattori particolarmente coinvolti, come ad esempio i coniugi Eugenio e Thea Beaud.
Nel volgere del tempo e delle circostanze, la Famiglia orionina si sviluppò, di fatto, nel senso concepito da Don Orione inizialmente. Dopo i Figli della Divina Provvidenza (sacerdoti, fratelli coadiutori e fratelli eremiti), furono costituite nel 1915 le Piccole Suore Missionarie della Carità (suore di vita attiva, le Sacramentine adoratrici [1927] non vedenti e - hoc erat in votis - le Contemplative di Gesù Crocifisso [1990]). Don Orione inoltre diede impulso e formazione a laici che condividevano lo stesso spirito della Piccola Opera; si trattava di singole persone ma anche di aggregazioni come le Dame della Divina Provvidenza (1899), gli Ascritti dei quali si parla nelle Costituzioni del 1904 (35), gli Ex allievi (1934) e gli Amici (1940). Successivamente, fu costituito l’Istituto Secolare Orionino (1959), mentre i laici, orionini a vario titolo, sono oggi coordinati nel Movimento Laicale Orionino (1997).
Il tema della ripresa del nome collettivo, secondo le prime intenzioni di Don Orione, si è riproposto solo nell’ultimo decennio, congiuntamente al tema dell’unità organica, ideale e pratica, della Famiglia orionina. Per esempio, nella Mozione n.11 del Capitolo generale Figli della Divina Provvidenza (1992) e delle Piccole Suore Missionarie della Carità (1993), si dice: “In vista di una chiara e forte presenza orionina nella Chiesa - popolo di Dio, è avvertita l'esigenza di maggiore unità e reciproco arricchimento carismatico tra le varie componenti della Piccola Opera della Divina Provvidenza. A tal fine si propone di costituire una forma stabile di collegamento e di dialogo tra Figli della Divina Provvidenza (e diramazioni) - Piccole Suore Missionarie della Carità (e diramazioni) e Laici (le varie categorie)” (36) Questo è proprio quanto voleva realizzare Don Orione alle origini! (37)
La denominazione in senso collettivo ha cominciato ad essere usata oralmente e in alcuni testi scritti, come ad esempio nella “Carta di comunione” (38). Probabilmente, a determinare la ripresa in tempi recenti del termine delle prime intenzioni è stata anche la crescita della componente laicale nella Famiglia orionina che, nell’ultimo decennio, ha visto la nascita del Movimento Laicale Orionino. Se in un rapporto bilaterale delle due congregazioni religiose orionine non era avvertita l’esigenza di un nome collettivo comune, lo è divenuto con il crescere delle componenti laicali che si sentono “di famiglia”.
Queste sono note di storia. Come la storia ha fatto rinunciare a Don Orione stesso l’uso collettivo del nome iniziale, potrebbe essere che la medesima storia, ora, nelle mutate condizioni, renda possibile la ripresa del termine Piccola Opera della Divina Provvidenza per indicare l’insieme della Famiglia orionina. Comunque sia, ne andrà evitato l’uso in contesti ufficiali e giuridici, perché, fin dal 1903, tale nome indica i soli Figli della Divina Provvidenza.
L’uso del termine Piccola Opera della Divina Provvidenza, nel senso degli inizi aggiunge il richiamo a un rapporto il più stretto possibile e organico nella Famiglia orionina, quale l’aveva voluto Don Orione.
LA FINALITÀ ECUMENICA POSTA NELLE PRIME COSTITUZIONI È ORIGINALE DI DON ORIONE?
Tutti sanno che Don Orione pose, fin dagli inizi della sua fondazione, l’impegno ecumenico dell’unione delle Chiese separate tra gli scopi caratterizzanti il suo carisma. Nel Decreto di approvazione del vescovo Igino Bandi del 21 marzo 1903 (39) è così espresso: “(…) Nessun desiderio è più vivo nel cuore dei suoi membri che di ricondurre – quando Iddio lo concederà – alla primitiva unità della Chiesa “(eos) qui Jesum Christum Filium Dei Eundemque Salvatorem humani generis agnoscunt et fatentur, sed tamen vagantur ab Eius Sponsa longius” (Enc. Leonis Pp. XIII, De unitate Ecclesiae, 29 Junii 1896) coloro che conoscono e confessano Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore del genere umano, pur vagando lontano dalla Sua Sposa”. Proposito quest’ultimo che, esposto a Sua Santità Leone XIII, ne fu ampiamente lodato e, col più benevolo compiacimento da parte del medesimo Sommo Pontefice, confortato dall’apostolica benedizione” (40).
Di fronte alla presenza di tale testo, sorprendente considerando che si era a inizio del Novecento, molte volte è sorta la domanda: come è venuta a Don Orione questa idea? E’ sua oppure è un “altissimo consiglio” di Papa Leone XIII? Questa finalità c’è fin dagli inizi o è qualcosa di aggiunto?
Possiamo dire, innanzitutto, che l’impegno ecumenico di Don Orione trova il suo presupposto nella impronta spirituale profonda del Fondatore appassionatamente aperto ai vasti orizzonti dell’”Instaurare omnia in Christo”, sensibilissimo a tutte le divisioni ecclesiali e sociali. L’espressione “un cuore senza confini perché dilatato dalla carità del mio Dio, Gesù Crocifisso” (41), che uscì dalla sua penna in una lettera di ordinaria corrispondenza, svela senza dubbio anche la vera sorgente del suo pensare ed agire “ecumenico”.
Un altro prezioso spunto rivelatore dell’atteggiamento ecumenico di Don Orione lo troviamo tra i suoi propositi-preghiere in occasione della ordinazione sacerdotale, avvenuta il 13 aprile 1895, che poi esprimerà così: “Fa che non sia solo per quelli che vanno in Chiesa e ai sacramenti… non vivrei di quello spirito di apostolica carità verso le pecorelle smarrite, che risplende in tutto il Vangelo” (42).
Tali presupposti spirituali, come è ben noto, poi si svilupperanno in un dinamismo di vita assai concreto di relazioni e di iniziative (43).
Sappiamo che i primi documenti di ispirazione carismatica di Don Orione sono datati 1897-1903. Già in una minuta del 13 novembre 1900, ci imbattiamo, per la prima volta, con delle espressioni che mostrano gli obiettivi anche ecumenici. Vi leggiamo: “Il fine di questa minima Compagnia del Papa è di compiere la volontà di Dio (…) adoperando ogni studio a crescere in sé e nei fedeli l’amore di Dio e del Papa, avendo per suo programma immediato l’attuazione completa del programma papale, nei paesi cattolici; e, in paesi acattolici di aiutare, con opera di cristiana carità, le anime a convertirsi alla nostra Santa Chiesa Cattolica, Apostolica Romana, consacrandosi in speciale modo ad ottenere l’unione delle Chiese separate, ut fiat unum ovile et unus Pastor” (44).
La consacrazione alla causa dell’unione delle Chiese separate è la grande novità di questo testo. Non abbiamo né notizie, né indizi sulla genesi di questa intenzione ecumenica. Probabilmente, quel “consacrarsi in special modo ad ottenere l’unione delle Chiese separate” è uno sviluppo del germe carismatico di Don Orione che ha nell’unione della Chiesa attorno al Papa e ai suoi Pastori, da conseguirsi mediante le opere della carità, il suo fine specifico (45).
Questo testo, dopo essere stato presentato al Vescovo di Tortona, l’8.12.1900, fu ulteriormente ritoccato e arricchito con nuove formulazioni, finché venne presentato negli “abbozzi” di articoli delle Costituzioni alla I Adunanza dei Figli della Divina Provvidenza, nel settembre 1901. Ritorna, precisa, l’intenzione ecumenica: “E’ anche proprio del nostro Istituto di coadiuvare nella sua piccolezza, l’azione della Divina Provvidenza nel condurre le anime e le umane istituzioni a prendere posto nella santa Chiesa… se medesimo (l’Istituto) in particolarissimo modo consacrando con ogni studio e sacrificio di carità ad ottenere l’unione delle chiese separate” (46).
E’ solo a questo punto della fase della formulazione del carisma che interviene un episodio cui Don Orione attribuì un particolare rilievo e che si potrebbe definire una “conferma papale” della particolare direttrice ecumenica del suo carisma.
A Don Orione, trentenne, fu concessa una memorabile udienza da Papa Leone XIII, il 10 gennaio 1902 (47). E’ la prima udienza ed il giovane Fondatore può esporre al Papa i suoi sentimenti e i suoi progetti. Don Orione stesso racconta l’avvenimento al suo Vescovo, Mons. Bandi. “Per essere tranquillo gli ho detto tutto quello che sentiva riguardo al fine e a certi dubbi che mi tenevano sospeso su certi punti delle Regole, ed Egli sentì tutto, mi disse quello che il Signore vuole che si faccia, che dirò a Vostra Eccellenza a voce; gli presentai la Regola che Egli benedisse. Sentita la volontà del Santo Padre e lietissimo e consolatissimo di non aver sbagliato nei criteri costitutivi della Regola, presentai la Regola; la benedisse, la toccò, mi mise più di una volta la mano sulla testa, battendola, confortandomi; mi disse tante cose; anche di mettere nelle Regole di lavorare per l’unione delle Chiese d’Oriente: “è questo, mi disse, un altissimo mio consiglio” (48).
Troviamo un riscontro anche nel diario di Mons. Novelli, direttore del seminario di Tortona, il quale riferisce il fatto, raccontatogli da Don Orione, ed aggiunge che il Papa disse ciò “in un modo che pareva profetico” (49).
Dunque, non fu Leone XIII a suggerire per primo a Don Orione di sviluppare l’aspetto ecumenico del suo carisma. Questa finalità era già espressa e determinata negli abbozzi di Costituzioni fin dal novembre del 1900. Anche se l’intenzione di lavorare per “ottenere l’unione delle Chiese separate” non era stata inserita, forse per brevità, nel sunto presentato a Leone XIII, Don Orione gliene aveva certo parlato proprio per chiedere consiglio.
Anche il testo del Decreto di approvazione della Congregazione, firmato da Mons. Bandi un anno dopo, lascia supporre che lo scopo dell’unione delle Chiese fu prima comunicato da Don Orione e poi benedetto dal Papa. Infatti, dice: “Proposito quest’ultimo (unione delle Chiese separate) che, esposto a Sua Santità Leone XIII, fu ampiamente lodato e, col più benevolo compiacimento, da parte del medesimo Sommo Pontefice, confortato dall’apostolica benedizione”. (50)
Quindi, quando poche settimane prima nella sua richiesta di approvazione vescovile Don Orione precisava che “Per volontà espressa del S. Padre, poi, è proprio di questo Istituto di coadiuvare, nella sua piccolezza, l’opera della Divina Provvidenza col faticare e sacrificarsi a togliere la confusione dei tabernacoli, e a far ritornare alla piena dipendenza e unità col beato Pietro le chiese separate”(51) non intendeva una ‘iniziativa’ del Papa, ma la sua ‘conferma’ della finalità ecumenica della nascente Congregazione.
Il pronunciamento del Papa fu ritenuto da Don Orione un fatto straordinario, “profetico”. Anche se l’intervento non è avvenuto motu proprio da parte del Papa, ma su presentazione di Don Orione, certo è che il Papa, personalmente, confermò questo impegno ecumenico della nascente Congregazione. In certo modo, è un’espressione ‘carisma petrino, per dare una sottolineatura definitiva all’ideale di unione dei cristiani già seminato dallo stesso Spirito nel cuore di don Orione.
Resta il fatto che Don Orione mai più dimenticherà questo “altissimo consiglio” e lo considererà come una specifica volontà di Dio, per sempre. Nel gennaio del 1903, quando temeva per la sopravvivenza stessa della Congregazione per l’atteggiamento contraria del Vescovo, ricordando l’udienza di Leone XIII, scrisse a Don Goggi: “Bisogna seminare il grano e non ammassarlo e noi dobbiamo cercare di essere grano, e seminarci dappertutto secondo il desiderio e la parola del Santo Padre. La Santa Chiesa di Roma è la Madre di tutte le Chiese e la sovrana di tutti gli ordini religiosi. Essa per bocca del S. Padre ci ha approvati e per la mano del S. Padre ci ha benedetti tre volte con la più cordiale e grande benedizione dicendomi il S. Padre che era la volontà Sua che andassimo dappertutto e portassimo l'amore di Dio con noi per seminarlo nel cuore dei piccoli e dei poveri e degli afflitti, e tutti i Figli della Divina Provvidenza avessero piena e intera libertà di inoltrarsi per questa Opera nella via dell'eterna salute. (…) Epperò desidero che tutti voi della Divina Provvidenza e tu, mio caro fratello, sappia queste cose che avvenivano il 10 Gennaio 1902 ai piedi del S. Padre Leone XIII, e così tu ne sia cogli altri riconoscente e soprattutto attaccato fino alla morte alla S. Romana Chiesa” (52).
N O T E:
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* Flavio Peloso, orionino, segretario generale e postulatore della Piccola Opera della Divina Provvidenza.
1. Lettera a Mons. Bandi dell’11.2.1903; Lettere I, 15; di questo importante testo, conosciuto come -Piano e programma della Piccola Opera della Divina Provvidenza, ci sono varie minute redazionali; ricorre in Scritti 45, 27 e 30c; 77, 181; 90, 432. Don Orione, dopo qualche anno dagli inizi, cominciò ad apporre l’aggettivo “Piccola” determinando la denominazione definitiva. In un decreto di mons. Bandi del 4 ottobre 1908, questo aggettivo vi è ripetuto ben dieci volte (Don Orione e la Piccola Opera della Divina Provvidenza s[arà citato DOPO], vol. IV, 715 n. 23) e il 20 novembre 1910 era stato Don Orione stesso a suggerire a Pio X - il quale stava stendendo un decreto col nome primitivo della Congregazione - di scrivere invece: "la Piccola Opera"; e confermava a don Sterpi, il 26 novembre successivo: “sono io che gli (a Pio X) ho detto la ‘Piccola Opera’, ecc; e così si chiamerà”; Scritti, 11, 43.
2. Quando, il 15 ottobre 1895, Don Orione iniziò in San Bernardino di Tortona il primo collegetto, lo intitolò Piccola Casa della Divina Provvidenza. Già il 25 settembre 1895, in occasione del suo Giubileo sacerdotale del vescovo Bandi, Don Orione presentava per la prima volta i suoi figlioli spirituali con il loro nome proprio, Figli della Divina Provvidenza (La Scintilla, 25 settembre 1895). Con il titolo Opera della Divina Provvidenza, il 15 agosto 1898, uscì il primo numero del bollettino della Congregazione. Anche la Madonna messa in venerazione nei primi inizi avrà per titolo Madonna della Divina Provvidenza.
3. Scritti 52, 1-3. Su questo tema storico, cfr. Antonio Lanza, Le Costituzioni della Piccola Opera della Divina Provvidenza, “Messaggi di Don Orione” 23(1991) n.76. Fra le biografie di Don Orione pubblicate prima del 1980 (Berra, Sparpaglione, Pucci, Barra, Papasogli, Pronzato, ecc.), nessuna parla dell’esistenza o del progetto di una Compagnia del Papa. Il primo accenno a questo argomento lo troviamo in Don Orione Beato e la Piccola Opera, volumetto del confratello don Albino Cesaro, uscito nel giugno 1981 e in quello successivo del 1984, Don Luigi Orione e la Piccola Opera della Divina Provvidenza. Il tema della “Compagnia del Papa” fu invece trattato in Don Orione e la Piccola Opera della Divina Provvidenza (sigla DOPO) II, 475-480. Negli anni ’70 e ’80, corrispondenti al fervore di ricerche storiche e di riflessioni per l’introduzione del IV voto di fedeltà al Papa nelle Costituzioni – di fatto avvenuta con il Capitolo del 1981 -, il documento del Pro-memoria per la Compagnia del Papa passa dal totale oblìo precedente ad una sopravvalutazione, con affrettate deduzioni circa la primitiva denominazione e finalità della nostra Congregazione.
4. Cfr. DOPO II, 598-604. E’ noto che Mons. Bandi voleva porre Don Orione a capo degli Oblati diocesani che riteneva “istituzione indispensabile in una diocesi vasta e difficile a provvedere ai suoi molteplici bisogni, com’è la nostra”. Del fallito suo progetto si rammaricò apertamente con Don Orione: “In ordine agli Oblati ci fu un momento che sembrava essersi acceso il tuo zelo; ma non fu che un fuoco fatuo”, ma poi “senza consigliarti con me, senza più dirmi parola, lasciasti cadere ogni iniziativa, ogni intrapresa in proposito”; Lettera del 30.12.1899, ADO, cart. Bandi.
5. I primi tre Eremiti (Buscaglia, Cremaschi e Boccaleri) fecero la vestizione solo il 30 luglio successivo; cfr. Scritti 36, 45 e L’Opera della Divina Provvidenza, 6.8.1899, p.4. Le Dame della Divina Provvidenza di Torino erano un gruppetto unito da un’idea più che da una formazione e progetto comuni; “Chi sono le Dame della Divina Provvidenza? Sono una pia Associazione femminile di anime ardenti d’amore per Gesù e ai poveri; esse si sono riunite in Società col nostro Superiore Don Orione allo scopo di meglio aiutarlo nelle opere di Provvidenza”; Scritti 86, 258; cfr. Scritti 61, 25-26.
6. Effettivamente, quel testo si prestava a tale fraintendimento perché nel documento ricorre 4 volte la parola “Congregazione” per intendere la realtà denominata “Compagnia del Papa”. Si dice per esempio: “Alla difesa del Papa, alla pronta e completa esecuzione delle sue volontà e de’ suoi desiderî sorgerà, se così piace al Signore, una nuova Congregazione: che ha per titolo: La Compagnia del Papa”; Scritti 52, 1. E’ ancora da osservare che in questi documenti delle origini c’è incertezza nel vocabolario “canonico” di Don Orione; ricorrono termini quali “congregazione”, “compagnia”, “società”, “famiglia religiosa”, per indicare la medesima realtà associativa.
7. ADO, cart. Bandi. Questa e le seguenti sottolineature sono personali. Mons. Bandi comprende che Don Orione è passato da un’Opera generale a una Congregazione religiosa maschile, dal nome Opera della Divina Provvidenza a Compagnia del Papa.
8. La data dell'autografo (12.II.1900) talvolta è stata interpretata come 12 novembre 1900, ma non può essere così, dal momento che il 13 novembre Don Orione presenterà la Compagnia del Papa già senza IV voto, mentre qui è ancora previsto.
9. Scritti 52, 5.
10. Era don Luigi Gamaleri, cugino di don Sterpi e segretario di mons. Daffra.
11. Scritti 10, 14.
12. Qui, evidentemente, non parla di “Famiglie religiose” in senso canonico, perché oltre a “eremiti, suore, preti”, include anche “collegi e dame”.
13. Anche il fatto che in una (Scritti; 81, 88) delle otto minute di abbozzi di regole (Scritti, 52,4; 52, 4b; 115,300; Scritti, 52, 4c; 52, 4d; 81,4; 110, 234) appaia il titolo “La Compagnia del Papa - I figli del Papa” non conferma la priorità di tale nome. Il titolo “Figli del Papa” era riferito ai soli membri della Compagnia e non a tutta l’Opera della Divina Provvidenza. .
14. Per una ricostruzione più completa e dettagliata, si veda il già citato studio di Antonio Lanza, Le Costituzioni della Piccola Opera della Divina Provvidenza; ampia documentazione in DOPO, II (1893-1900) e III (1900-1903).
15. Forse giocò una scarsa conoscenza del Diritto canonico, dal momento che Don Orione non ebbe modo di seguire le regolari lezioni di in seminario, impegnato prima come sagrestano del Duomo e poi con l’’Oratorio e infine con l’avvio del collegio di San Bernardino. Negli anni 1893-1895 egli era direttore del collegio e viveva con i ragazzi, dove c’era tutto da fare. Ma forse ancor più che difetto di cognizioni, come accadde ad altri fondatori, Don Orione sperimentò quasi l’imbarazzo e la ritrosia a dare forma – cioè limiti – ad un’esperienza carismatica interiore erompente, lucida e indefinibile allo stesso tempo. Anche in seguito, Don Orione mostrò sempre una certa difficoltà nello stendere le Regole: “Io non so come fare” (Scritti, 97, 2) scriveva umilmente a padre Semeria, chiedendo di aiutarlo a preparare il testo delle prime Costituzioni (1904 manoscritte); e le seconde (1929) le farà stendere completamente dal card. Boggiani (Parola, XI, 64s.).
16. Scritti 110, 149.
17. Scritti 90, 404. C’è anche un’altra minuta, più incompleta, della medesima Regola fondamentale, ma con il testo del secondo articolo identico in 110, 233. Da notare come Don Orione, in queste minute alterni i termini “Compagnia” (senza esplicitare “del Papa”) con “Opera della Divina Provvidenza” e, cancellato, anche “Società” (come i Gesuiti, Societas Jesu, e i Salesiani, Società di S. Francesco di Sales). Riconducibile a questa stesura è anche la minuta riportata in 81, 88 che ha per titolo “La Compagnia del Papa - I figli del Papa”, il cui testo ha ripetizioni letterali e affinità con la Regola fondamentale e non con il “Pro-memoria sulla Compagnia del Papa” del 17-18 giugno 1899. Per gli argomenti, non apodittici, per la datazione tra il 1897 e il 1898, si veda A. Lanza, Le Costituzioni della Piccola Opera della Divina Provvidenza, cit., p.9.12
18. Scritti 73, 217.
19. Il testo esteso dell’Epistulam ad Eutychem si trova citata nel Fragmentum apud Leonem Magnum, Epistola 25 (PL 54, 741): “In omnibus hortamur te, frater honorabilis, ut his, quae a beatissimo Papa romanae civitatis scripta sunt, oboedienter attendas; quondam beatus Petrus, qui in propria sede et vivit et praesidet, praestat quaerentibus Fidei veritatem. Nos enim pro studio pacis er fidei extra consensum romanae civitatis episcopi causas fidei audire non possumus”. Giova notare che questo testo viene di seguito ai Sermones 2176 e 2177, nei quali si parla della carità: “Vide, ne desperes homo, remansit tibi unde piissimo satisfacias creditori. Absolvis vis? Ama. Charitas cooperiet multitudinem peccatorum (1 Pt 4, 8). Negationis crimine quid peius? Et tamen Petrus amore solo voluit hoc delere, probante Domino cum dicit: Petre, amas me? (Gv 21, 13). Inter omnia Dei praecepta amor obtinet principatum”.
20. ADO, cart. Bandi; riportato anche in questo fascicolo a p. .. ..
21. Minuta in Scritti 72, 185.
22. Piano e programma…, cit., Lettere I, p.16.
23. Ibidem. Quel “mediante” appare innumerevoli volte quando si esprime il carisma; è nel Decreto di approvazione firmato da Mons. Bandi il 21.3.1903: “L’Opera della Divina Provvidenza ha per fine di unire per mezzo di tutte le opere di misericordia… con strettissimo e dolcissimo vincolo di tutta la mente e di tutto il cuore il popolo cristiano alla S. Sede…” (DOPO III, pp.423-425); nel Capo I delle Costituzioni FDP del 1936, Don Orione indica il fine ecclesial-papalino da perseguire “con l'apostolato della carità tra i piccoli e i poveri, mediante quelle istituzioni ed opere di misericordia più atte…” (Sui passi di Don Orione, p.295-297).
24. “Non siamo per i ricchi, ma per i poveri. Molto attaccati ai Vescovi, dei quali nulla più desideriamo che d’esserne gli stracci, e molto attaccati al Papa: siamo i Gesuiti dei poveri. Gesù ci conceda di amarlo tanto nella piena dedizione alla sua Chiesa!”, Scritti 43, 264; “Scopo della Congregazione, è di essere i Gesuiti del popolo, dei poveri e specialmente dei ragazzi più abbandonati e più derelitti, e di tutti quelli che hanno bisogno di un padre”, Riunioni 88.
25. Johannes Günther Gerhartz, S.J., “Guardia Giurata” des Papstes: Don Orione un sein Werk in “Insuper promitto...”, Analecta Gregoriana, vol. 153, Roma 1966, pp.273-279.
26. VII Capitolo Generale dei Figli della Divina Provvidenza, Documenti capitolari. Il nostro carisma, “Atti e comunicazioni della Curia generale” 29(1975) n.1, p.74-80.
27. Nella vita dell’orionino, la papalinità si esprime ordinariamente e principalmente mediante l’azione caritativa per i più bisognosi. Non mancheremo di far conoscere la Parola del Papa, di difendere il suo magistero e la sua autorità, ma non consiste solo in questo la sostanza del nostro amore: tutta la nostra giornata è consacrata alla Chiesa e al Papa proprio perché è consacrata ai poveri che sono i tesori della Chiesa; cfr. ibidem, p.79.
28. Parlando di opere della carità, occorre evitare una loro riduttiva materializzazione. Don Orione ha insistito sul carattere teologale delle opere della carità: “Il Signore ci giudicherà secondo le opere, e secondo la carità delle opere, perché anche le opere senza la carità di Dio, che le valorizzi davanti a lui, a nulla valgono” (Scritti 39, 80). “Senza l’unione della carità e senza la carità non si edificherà Gesù Cristo né in noi né negli altri, si farà del rumore, si faranno delle opere che poi ci ruineranno addosso, ma, per l’eternità, non si edificherà nada!” (Scritti 110, 147). “Il fine dell’Opera è l’acquisto della carità, e gettare la carità nel cuore dei piccoli e dei poveri e degli afflitti da ogni male e dolore per mezzo di opere di misericordia. La nostra vita non vuol essere chiasso, ma vita semplice e lieta e nascosta in Dio, e tutta ispirata ai bisogni della Santa Chiesa secondo i desideri del S. Padre!” (Scritti 94, 160).
29. Era don Luigi Gamaleri, cugino di don Sterpi e segretario di mons. Daffra.
30. Lettera a don Sterpi del 20 novembre 1900, Scritti 10, 14.
31. Piano e programma…, cit., Lettere I, 18. E’ da ricordare che nel 1903, i Figli della Divina Provvidenza erano solo 5 sacerdoti (Luigi Orione, Lorenzo Piana, Roberto Risi, Carlo Sterpi e Gaspare Goggi, ordinato il 6 settembre), 3 chierici (Silvio Ferretti, Felice Taverna, Giuseppe Zanocchi), 4 eremiti (Fra Basilio Bibanel, Fra Colombano Buscaglia, Fra Romualdo Capettini, Fra Igino Nascimbene). L’anno precedente, 9 chierici era stati dirottati in seminario di autorità dal Vescovo; l’anno seguente la congregazione già contava 8 sacerdoti, 13 chierici e 6 eremiti. Le case di quella “Piccola Opera” erano 8: i convitti-collegi Santa Chiara di Tortona, San Romolo di Sanremo e San Fogliano di Torino; le colonie agricole di Mornico (PV), Noto (SR), la Petrara di Bagnoregio (VT), San Giuseppe alla Balduina e Santa Maria a Roma.
32. Nelle Prime Costituzioni manoscritte del 1904, al n.7, è detto che tali laici “si tenessero come Figli adottivi… e si chiamassero Ascritti all’Istituto, ossia Terziari”.
33. Don Orione presentò più volte le Piccole Suore Missionarie della Carità come “nostre suore”, “parte” e “ramo” evidentemente non dei Figli della Divina Provvidenza ma della Piccola Opera della Divina Provvidenza. Qualche esempio. Il 12 gennaio del 1912, manifesta a Don Alessandro Barbieri l’intenzione di fondare le Suore: “La Piccola Opera della Divina Provvidenza, che ti ha accolto fanciullo, ha molto, molto bisogno di braccia (…). Se piacerà al Signore, forse inizierò un ramo per le suore e chissà che la tua sorella non possa essere una delle prime pietruzze?” (Scritti 35, 262). Nel 1922, presenta al Vescovo Silverio Pimenta il progetto di dare “umile inizio a due rami della Congregazione della Divina Provvidenza. Questa piccola Congregazione già si parte in più rami, ma non si divide, perché ha unità di spirito nella carità del Signore, ha unità di regola, ha unità di governo. (…) Questi rami religiosi avrebbero entrambi i voti semplici (…) alimentandosi dello spirito e della vita della già esistente Congregazione della Divina Provvidenza, quali rami d’una stessa pianta, da essa moderati e dipendenti nell’indirizzo come nello sviluppo, e ad essa fortemente attaccati e sempre uniti” (Scritti 51, 122-123). Il 27 marzo 1927, scrive a Suor Maria Sebastiana, “Mando con la benedizione di Dio Suor Maria Pasqua e Suor Maria Cornelia con tre giovani probande. Esse vengono a codesta Casa, che desidero sia sacra alla Madonna della Guardia, per iniziare un ramo della Piccola Opera della Divina Provvidenza in onore di n. Signora della Guardia” (Scritti 39, 92). In una riunione del 13 luglio 1933, dopo aver dato buone notizie delle Suore in Argentina, conclude: “Sono cose che ci devono fare molto piacere, perché le Suore sono un ramo dell’Opera” (Riunioni p.128). In una “Memoria sulla Piccola Opera della Divina Provvidenza”, molto formale e dettagliata, del dicembre 1937, scrive: “In queste case… lavorano le umili Suore Missionarie della Carità, ramo iniziato il 29 Giugno 1915” (Scritti 117, 166). Nella stessa famosa lettera del 3 agosto 1920, scritta soprattutto per affermare la distinzione dai Figli della Divina Provvidenza, Don Orione scrive che “le nostre suore” sono “della nostra stessa istituzione”; Lettere I, 199-215.
34. Così il 7 Dicembre 1934, Scritti 41, 157. Più volte definisce i coniugi Beaud “tutti e due della Divina Provvidenza” (40, 162; 41, 166 e 168); si spinge a dire che la Congregazione “come è mia e così è loro” (41, 175-176) e li ritiene “componenti della nostra cara Congregazione” (41, 177); varie volte nell’indirizzo, accanto ai loro nomi, aggiunge semplicemente la sigla “O.D.P.” (cfr. lettere in 41, 69, 171, 172, 174, 183). Evidentemente è un linguaggio affettivo e spirituale, non giuridico, ma indica la visione e l’atteggiamento pratico di Don Orione.
35. Cfr. Costituzioni manoscritte del 1904, n.7; Costituzioni a stampa del 1912, n.11.
36. Cfr. X Capitolo Generale dei Figli della Divina Provvidenza (1992), mozione 11, p.108; cfr. n.118, p.85; VIII Capitolo generale delle Piccole Suore Missionarie della Carità (1993), mozione 11, p.87.
37. Don Orione, agli inizi, pensava di realizzare tale coordinamento – di più, egli parlava di unità organica – mediante il ruolo della “Compagnia del Papa”. Successivamente, non ne avvertì più il bisogno perché i Figli della Divina Provvidenza (sacerdoti, fratelli eremiti, fratelli coadiutori, e altri laici ascritti) erano già uniti tra di loro costituzionalmente. Anche quando fondò le Piccole Suore Missionarie della Carità, il coordinamento non si rese necessario perché – finché visse lui – bastava la sua presenza di fondatore a dare unità ai due tronchi religiosi, maschile e femminile, cresciuti dall’unico ceppo carismatico. Qualche problema sorse invece dopo la sua morte, quando le Piccole Suore Missionarie della Carità presero a camminare in autonomia dal ramo maschile, come il Diritto canonico riconosceva. Le cronache e i documenti d’archivio ci dicono che non mancò qualche tensione in questa fase di disgiungimento. D’altra parte, e contemporaneamente, tanto tra i Figli della Divina Provvidenza che tra le Piccole Suore Missionarie della Carità era viva la coscienza e il desiderio di un’unità che il Fondatore stesso volle non solo per motivi operativi ma anche di fedeltà all’unico carisma (Crf. F. Peloso, Il nostro posto nella chiesa per “instaurare omnia in Christo”. Spunti di riflessione sulla fedeltà al carisma orionino in Atti dell’VIII Capitolo generale delle Piccole Suore Missionarie della Carità, Roma 1993, p.23-36.). In tempi recenti, superate da entrambe le Congregazioni le motivazioni e spinte polemiche, c’è stato un nuovo moto verso maggiore unità della Famiglia orionina, vista più come reciprocità di dono che come disciplina, più come opportunità apostolica che come pretesa giuridica. Furono scelte altre forme di coordinamento stabile, quali incontri tra consigli generali, provinciali e locali, segretariati inter-congregazionali, collaborazione caritativa e missionaria, e altre. Ulteriore spinta a pensarsi e a operare come Famiglia orionina è venuta dalla presenza dei laici del Movimento Laicale Orionino che non si identificano con una Congregazione o con l’altra, ma con il carisma e la Famiglia orionina in quanto tale.
38. Proprio nel contesto della elaborazione della Carta di comunione del Movimento Laicale Orionino si è posta la questione della convenienza o meno di usare Piccola Opera della Divina Provvidenza in senso collettivo, come poi introdotto nel testo finale (pubblicato nel 2002). Al riguardo, cfr. F. Peloso – J. Silanes, “Piccola Opera della Divina Provvidenza” possibile nome della Famiglia Orionina, “Don Orione oggi”, 2002, n.11, pp.26-27.
39. “Il primo Decreto vescovile di approvazione dell’Istituto è opera del Cardinale Perosi”, riferisce Don Orione (Scritti 74, 215), ma era a tutti noto che il testo fu sostanzialmente redatto da Don Gaspare Goggi e rivisto Da Don Orione, come risulta da originali in archivio.
40. Testo latino con traduzione italiana a p. .. ..
41. Lettera a Davide Sasso del settembre 1898; Scritti 102, 32.
42. Nel nome, 73.
43. Cfr F. Peloso, Don Orione, "un vero spirito ecumenico", Ed Dehoniane, Roma, 1997.
44. Scritti 52, 4.
45. Al riguardo, F. Peloso, Ecumenismo: un raggio dell’Instaurare omnia in Christo. L’impegno ecumenico nei testi di Don Orione del periodo di prima formulazione carismatica, “Atti e comunicazioni della Curia generale della Piccola Opera della Divina Provvidenza”, 51(1997), p.49-66.
46. Scritti 10, 3.
47. Cfr. DOPO III, 317-335.
48. Minuta; Scritti 72, 187; cfr. 70,172; 41,12; DOPO III, 327.
49. ADO, Diario Novelli.
50. Il testo completo del Decreto è riportato qui.
51. Piano e programma…, cit., Lettere I, 16.
52. Lettera del 17 gennaio 1903, Scritti 68, 5.