Intervento alla Tavola rotonda del Meeting di Rimini, 21 agosto 2005, con Roberto Mazzotta, Presidente Banca Popolare di Milano,Giancarlo Cimoli, Presidente e Amministratore Delegato Alitalia, Mauro Inzoli, Presidente Banco Alimentare.
Don Flavio Peloso
Meeting di Rimini, 21 agosto 2005
1. QUALE CARITÀ PROMUOVE LA GIUSTIZIA ?
Il tema appare come controcorrente a chi come me, negli anni giovanili, anni '60-'70 era abituato a un diverso slogan Non c'è carità senza giustizia , molto vivo in ambito sociale ed anche ecclesiale.
Probabilmente, c'era da reagire a mentalità e costumi dettati da un paternalismo e assistenzialismo civile e anche religioso che trascurava il dovere di rispettare, promuovere la giustizia e di superare le situazioni di ingiustizia. Lo stesso Vaticano II avvertiva: “Siano anzitutto adempiuti gli obblighi di giustizia perché non si offra come dono di carità ciò che è già dovuto a titolo di giustizia; si eliminino gli effetti, ma anche le cause dei mali; l'aiuto sia regolato in modo tale che coloro i quali lo ricevono vengano, a poco a poco, liberati dalla dipendenza e divengano autosufficienti” (Apostolicam actuositatem , 8 ).
Nel contesto ideologico dominante, finì che lo slogan che giustamente integrava giustizia e carità, si trasformò laicisticamente in “ giustizia, non carità ” opponendo le due dinamiche relazionali e riducendo la carità a giustizia, o meglio ancora ritenendo la carità del tutto vana e vuota – come la fede – ove si instauri la giustizia sociale. Quella lezione - non c'è carità senza giustizia – giustissima, era buona e andava imparata.
Oggi però, di fronte agli egoismi e squilibri sociali, consolidatisi in vere “ strutture di peccato ”, affermatisi nonostante il mutato contesto di stima e di sviluppata legislazione nel campo della giustizia sociale, c'è una nuova attenzione culturale alla necessità della dinamica della carità perché sia promossa anche la giustizia: “ non c'è giustizia senza carità ”.
Le istituzioni della Chiesa che coniugano giustizia e carità nell'azione in favore dei popoli, hanno acquistato un sempre maggior credito a livello locale e internazionale. Il magistero della Santa Sede, di conferenze episcopali e di singoli vescovi è una fonte di eticità e di progettualità cui si guarda con rispetto e interesse anche sociale ed economico. Il fenomeno del volontariato cristiano – da quello consacrato dei sacerdoti e religiosi a quello di laici associati e singoli – ha fatto da traino a un volontariato “laico e civile” che ha integrato la “gratuità” e il “dono”, il senso della fraternità, nell'impegno per la giustizia sociale.
E' questo un segno del nostro tempo di cui rallegrarci e su cui vegliare perché non perda la sua autenticità etica e umana.
Non c'è giustizia senza carità : il tema è molto interessante e apre sentieri di conversione personale e di impegno sociale capaci di produrre grandi novità.
Vorrei qui solo accennare a due apporti specifici dell'esperienza cristiana al tema del rapporto carità-giustizia.
1. Carità e giustizia prima che una azione richiamano una visione : la visione della paternità creatrice e provvidente di Dio nei confronti dei suoi figli, la visione di società come famiglia dei figli di Dio , legati da un vincolo di fraternità, radicato nello Spirito di figli che abita in noi, irriducibile e impermeabile a ogni negazione, violazione, peccato, discriminazione, indegnità. Come la vita è “data” così la fraternità tra gli uomini è “data”.
Da una simile visione della società umana, che l'intelligenza comprende e la fede conferma, si comprende come la giustizia nasce e si sviluppa dentro una esperienza di società come comunione di persone, di persone fratelli e sorelle, frutto dell'unica agàpe che viene dalla Paternità universale di Dio.
In questo contesto si comprende perché non c'è giustizia senza carità , senza quella carità intesa proprio nel senso cristiano, cioè di amore gratuito fondato su una superiore comunione che viene dalla Grazia dello Spirito diffusa nei nostri cuori per mezzo di Gesù Cristo. (1)
Questa affermazione non ha significato esclusivo ma piuttosto inclusivo di quei semina caritatis che, come i semina veritatis, sono presenti copiosamente anche tra quanti non professano la fede in Cristo Gesù. Voglio solo dire che c'è un inscindibile legame tra fede in Dio Padre – visione della società come famiglia , come comunione di persone – e giustizia sociale . Il fondatore della congregazione religiosa cui appartengo – San Luigi Orione – conosciuto come il “santo della fiducia nella Divina Provvidenza” e il santo della carità – “lo stratega della carità”, l'ha definito Giovanni Paolo II – affermava che “ la prima opera di giustizia è dare Cristo ai popoli”. Condiviso questo bene comune – Cristo e l'esperienza umana che ne deriva -, la giusta condivisione degli altri beni è più facile a conseguirsi. «Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia!» (Mt 6,33) avvertiva Gesù.
2. Il secondo apporto specifico dell'esperienza cristiana al tema del rapporto carità-giustizia è quello più noto o più visibile almeno: quello della gratuità che integra l'uguaglianza nei rapporti continuamente minacciata dalla miseria . E mi spiego.
- Se giustizia è dare a ciascuno il suo,
- se è vero che ogni uomo porta il segno della finitezza e della miseria, del peccato,
- allora giustizia è fatta quando tengo conto della persona con i suoi limiti e le sue miserie
- e gli do non solo il suo, ma secondo la sua miseria, mediante la carità in Cristo che misura e colma le diversità e le necessità.
Voglio dire che la carità – come la intendiamo noi cristiani e come la sperimentano tutti gli uomini di retta e buona volontà - è inclusa nel concetto stesso di giustizia, così come la miseria è inclusa nel concetto stesso di uomo. Per questo non c'è giustizia senza carità.
Sul tema del rapporto inscindibile tra carità e giustizia, resta attuale l'avvertimento di Leone XIII, a conclusione della Rerum Novarum , magna charta della dottrina sociale della Chiesa : “La salvezza desiderata – intendeva la salvezza sociale - dev'essere principalmente frutto di una effusione di carità; intendiamo dire quella carità cristiana che compendia in sé tutto il Vangelo e che, pronta sempre a sacrificarsi per il prossimo, è il più sicuro antidoto contro l'orgoglio e l'egoismo del secolo”.
Pio XI , che fu il promotore, per primo, del termine “ giustizia sociale ” nella sua Enciclica Quadragesimo anno – sottolineò che l'anima di questa giustizia sociale deve essere la “ carità sociale” .
Pio XII , intervenendo al congresso cattolico di Bochum, nel 1949, sostenne che “ Il programma sociale della Chiesa poggia su tre poderosi pilastri morali: verità, giustizia, carità cristiana ”.
Giovanni Paolo II, nell'enciclica Sollicitudo rei socialis , al n.40, illustra il valore della solidarietà in ordine all'affermarsi della giustizia sociale. Dice che “ la solidarietà è indubbiamente una virtù cristiana ” e, dopo avere indicato i “ numerosi punti di contatto tra essa e la carità, che è il segno distintivo dei discepoli di Cristo (cf. Gv 13) ”, prosegue: “La solidarietà, perciò, deve contribuire all'attuazione di questo disegno divino tanto sul piano individuale, quanto su quello della società nazionale e internazionale. I "meccanismi perversi" e le "strutture di peccato", di cui abbiamo parlato, potranno essere vinte solo mediante l'esercizio della solidarietà umana e cristiana, a cui la chiesa invita e che promuove instancabilmente. Solo così tante energie positive potranno pienamente sprigionarsi a vantaggio dello sviluppo e della pace” . Non c'è giustizia senza carità.
Infine, quasi a corollario emblematico e pedagogico, Giovanni Paolo II conclude: “ Molti santi canonizzati dalla Chiesa offrono mirabili testimonianze di tale solidarietà e possono servire di esempio nelle difficili circostanze presenti”.
In questo contesto, prende senso e valore guardare a San Luigi Orione e alla sua Piccola Opera della Divina Provvidenza, perché è una – tra tante, grazie a Dio – delle “ mirabili testimonianze di tale solidarietà e possono servire di esempio nelle difficili circostanze presenti”.
2. SAN LUIGI ORIONE, “LO STRATEGA DELLA CARITÀ”,
DURANTE L'OPERA DI SOCCORSO VERSO I TERREMOTATI:
RICORDI E INDICAZIONI
Nel telegramma inviato in occasione della morte di Don Orione, Pio XII lo definì: “ Padre dei poveri, insigne benefattore dell'umanità dolorante e abbandonata ”. Dall'esemplarità della vicenda storica di Don Orione vorrei cercare di appuntare alcune indicazioni per chi si impegna in cammini di solidarietà e di carità per instaurare una convivenza umana che porti sempre più visibili quei segni del “regno di giustizia e di pace” che Gesù Cristo è venuto a inaugurare.
Don Orione ci offre molti chiari esempi di creatività e tempestività nell'attenzione ai più poveri e bisognosi del suo tempo. Alcuni sono di carattere personale, altri istituzionali, altri ancora fanno parte di pagine di storia dell'Italia e di altre nazioni nei cui problemi si inserì nel nome della Divina Provvidenza e della Chiesa.
Tra le tante pagine di solidarietà, vorrei accennare a una sola, quella quella dell'opera di soccorso in occasione dei terremoti di Reggio e Messina e della Marsica.(2)
Il terremoto calabro-siculo del 1908 aveva causato con la sua forza distruttrice circa 80.000 morti nella città di Messina e 15.000 a Reggio Calabria; non c'erano più strade, né indicazioni, né edifici in piedi. La gente era inebetita e inerte di fronte allo choc e al dolore.
Don Orione appena avuta la notizia dai giornali, partì subito da Tortona, lasciando le sue fragili istituzioni nelle mani dei collaboratori. Giunto sui luoghi del disastro, si prodigò per raccogliere, assistere e salvare più orfani possibili.
Fondamentale fu la sua posizione di collegamento tra le opere di soccorso laico, in particolare del Patronato “Regina Elena”, e la Santa Sede , per conto di Pio X.
Del Patronato “Regina Elena”, un'istituzione umanitaria laica sotto l'egida della Casa reale e con Presidente la contessa Gabriella Spalletti Rasponi, Don Orione fu nominato Vice-presidente per il coordinamento dei soccorsi di Messina.
Papa Pio X volle che Don Orione restasse sui luoghi del cataclisma anche dopo l'epopea eroica dei primi soccorsi per coordinare la ricostruzione e lo nominò Vicario generale della diocesi di Massina. Vi rimase per ben tre anni fino all'aprile del 1912. Pio X disse di lui “E' un martire! E' un martire!”.
A riconoscimento della sua instancabile attività, il Ministro Segretario di Stato per gli Affari dell'Interno, Presidente del Consiglio dei Ministri, gli conferiva con Regio Decreto del 5 giugno 1910 la Megaglia d'argento ed il diploma per “ l'opera da esso data nell'occasione del terremoto del 28 dicembre 1908 in Calabria e in Sicilia” .
Terremoto della Marsica nel 1915. Simile prontezza, carità ed efficienza di soccorso furono dispiegate da Don Orione in occasione di un altro terribile terremoto, del 13 gennaio 1915, che devastò tutta la regione della Marsica.
La città di Avezzano fu rasa al suolo ed i primi soccorsi arrivarono solo dopo due giorni: i morti rappresentarono l'80% della popolazione e furono circa 30.000. La maggior parte dei sopravvissuti furono vecchi e ragazzi. Uno dei più gravi problemi fu quello degli orfani da soccorrere, accogliere e avviare al futuro.
Anche in questo caso ebbe l'incarico da parte del Patronato Regina Elena di portare soccorsi e di ricercare minorenni abbandonati.
I ragazzi orfani raccolti all'inizio furono 4673, ma quelli poi oggetto di accoglienza stabile in case e strutture educative furono complessivamente 1128. Le testimonianze dell'eroismo del santo sacerdote sono innumerevoli. Quella più bella è di Ignazio Silone, uno degli orfani da Don Orione accolto nei propri istituti e avviato agli studi nel capitolo Incontro con uno strano prete del suo libro autobiografico Uscita di sicurezza .
Giovanni Paolo II, parlando alla gente della Marsica il 24 marzo 1984, ricordò le gesta del santo della carità: “ Il pensiero va ad una delle figure più luminose che restano nella vostra memoria dai tempi del terremoto di 70 anni fa: il Beato Luigi Orione. Questo umile e povero prete, intrepido ed instancabile, divenne per voi testimonianza viva dell'amore che Dio ha nei vostri confronti” .
L'opera di Don Orione in occasione dei due gravi terremoti è stata emblematica del suo modo di vivere la solidarietà verso i più poveri spinto dalla carità cristiana. Quali indicazioni possiamo ricavare per il nostro modo di vivere la solidarietà oggi?
Come esercitare la carità per instaurare una convivenza umana che rifletta il “regno di giustizia e di pace” che è già in mezzo a noi?
• AUTONOMIA DI FINANZIAMENTO E LIBERTÀ DI AZIONE
Per l'enorme impresa di soccorso e assistenza attuata dopo i terremoti calabro-siculo e della Marsica, Don Orione non poté contare su risorse istituzionali assicurate previamente, né civili e né ecclesiastiche. Però smosse una solidarietà che mise a disposizione molte risorse personali, economiche e di strutture. Coinvolse innanzitutto la sua piccola e traballante congregazione ancora agli inizi (“ un baraccone ”, la chiamava), un grande numero di congregazioni religiose, associazioni e istituzioni laiche ed ecclesiastiche, ottenne aiuti consistenti da innumerevoli benefattori “ nel nome della santa carità ”. Anche il Vescovo di Cassano Ionio, card. Pietro La Fontaine mise a disposizione parte dell'episcopio per accogliere gli orfani.
L'autonomia di finanziamento, prima che una scelta è una condizione che ha radici storiche lontane.
Nell'ultimo decennio del 1700, con la nazionalizzazione del patrimonio ecclesiastico, la soppressione degli Ordini religiosi, la nazionalizzazione degli ospedali, la Chiesa perdeva in Francia e successivamente in Europa gli strumenti che per secoli le erano serviti per fare carità. Ormai la base normale della sua economia non erano più le sovvenzioni messe a disposizione dei poveri dallo Stato e gestite dalla Chiesa, ma le offerte dei cristiani date alla Chiesa perché essa le devolvesse a favore dei bisognosi. (3)
Crebbe il protagonismo statale nel campo dell'assistenza: fatto di cui rallegrarsi.
La Chiesa ne guadagnò in libertà, anche se con difficoltà di reperimento di risorse: altro fatto di cui rallegrarsi.
L'assistenza statale si fece fortemente ideologizzata culturalmente (secondo obiettivi, valori e spesso persone dominanti) ed economicamente (aiuto economico subordinato agli obiettivi dominanti): di questo fenomeno, in parte inevitabile, c'è un po' meno da rallegrarsi.
Comunque, autonomia di finanziamento e libertà di azione sono una condizione e una sfida che continua oggi nelle oltre 30 nazioni in cui è presente la nostra Piccola Opera della Divina Provvidenza, e ovunque ci siano cristiani che vogliano fare assistenza “ nel nome della santa carità ”.
• DISTINZIONE TRA IMPEGNO DI SOLIDARIETÀ E FINALITÀ RELIGIOSA
L'azione di Don Orione verso le popolazioni terremotate si rivolse a tutti indistintamente e non solo nel momento dell'emergenza, ma anche poi nell'opera di ricostruzione urbana e civile. Episodio significativo del comportamento e dello stile di don Orione è l'episodio narrato da Ignazio Silone in “ Uscita di sicurezza ” dove racconta la sua paternità verso il ragazzo ribelle e ostile ai preti che gli chiese provocatoriamente – ottenendolo – il giornale “Avanti!”. Non erano cose ovvie allora e non lo sono nemmeno oggi in certi contesti dove l'assistenza religiosa è legata all'appartenenza e alla pratica religiosa. Ho presenti certe situazioni di tensione createsi in alcuni paesi dell'Europa dell'Est.
Don Orione ripeté infinite volte che “ la carità non ha confini ” e che a chiunque busserà alla porta non si domanderà se abbia un nome, una patria, una religione, ma si domanderà solo se abbia un dolore». Quando era in Argentina, negli anni '30, Don Orione raccontò: E' venuto da me un signore, il quale mi ha detto: - Voglio fondare un Ospizio Cattolico, e lei si sente di mandarmi i suoi preti? - Ed io: - Se per cattolico intende universale, cioè dove si possono accettare tutti, sì che accetto di mandare il personale; ma se vuole fondare un Ospedale esclusivamente per i cattolici, no che non accetto”. E concludeva: “Tenete a mente queste parole, perchè quando si presenta uno che ha un dolore, non si stà lì a domandare se ha il battesimo o non ha il battesimo, ma se ha un dolore". (4)
La destinazione universale della solidarietà cristiana è un altro tratto caratteristico della tradizione cristiana, oggi particolarmente riconosciuto e “simpatico”.
La distinzione tra testimonianza della carità e finalità religiosa – che non significa separazione, tutt'altro – è maturata nel concetto e nella pratica a partire soprattutto dalla metà dell'800, in modo traumatico, quando i governi cominciarono a non tollerare obiettivi di tipo religioso nell'assistenza ai poveri.
Solo lentamente nell'attività pastorale della Chiesa divenne abituale distinguere fra lo scopo della carità e le sue motivazioni; distinguere, cioè fra la testimonianza posta dalla Chiesa e la conversione cristiana dei destinatari. In tal senso sono emblematici un Carlo de Foucauld, umile testimone di fraternità nel Nord Africa mussulmano, il nostro Don Orione, “ cuore senza confini ”. La distinzione e la reciprocità di “ Evangelizzazione e testimonianza della carità ” hanno costituito la trama del programma pastorale della Chiesa italiana negli anni '90.
Tornando alla parabola dei due terremoti c'è da dire che questa distinzione tra solidarietà e finalità religiosa fu da Don Orione assunta e rispettata. Per questo fu egli stesso rispettato e stimato per le idee e per la qualità religiose delle risposte assistenziali. Ciò permise contatti a tutto campo, con personalità d'ogni genere. Permise anche che, sul campo dell'assistenza, si instaurasse una comunione tale che divenne in se stessa evangelizzazione e, in molti casi, conversione.
• COMINCIARE SEMPRE DAI PIÙ POVERI
E' un'altra caratteristica della solidarietà cristiana molto evidente in Don Orione. Significa privilegiare anzitutto i più deboli, gli ultimi, i più “ desamparados ” (abbandonati, senza rifugio,) e privilegiare l'aiuto nei bisogni primari quando questi manchino (la vita, il pane, un tetto, la salute, la famiglia, ecc.)
Giungendo sulle zone del terremoto è interessante vedere le prime mosse di Don Orione. Le prime tribolatissime giornate e settimane furono di “pronto soccorso”: feriti, moribondi, gente impazzita dal dolore, orfani, affamati, gente al freddo e senza rifugio, indifesi dai “sciacalli” che rubavano beni e orfani (anche questo c'è stato) e indifesi dai lupi che scendevano affamati nei paesi.
In un primo momento, non si mosse da ispettore o da organizzatore della solidarietà; chissà quanti altri sarebbero morti o impazziti nel frattempo!
E' una chiara indicazione per la solidarietà cristiana: “ partire dagli ultimi ”, “ opzione preferenziale dei poveri ”, come leggiamo spesso oggi in un linguaggio entrato nel vocabolario comune. “ I più abbandonati e sbandati ”, insistevano il Cottolengo, don Bosco e il Murialdo a Torino. “ I più necessitosi ”, ripetevano Don Mazza e Comboni a Verona e poi in Africa. Per “ quelli che nessuno vuole e tutti rifiutano, Chiesa compresa ” (5) aprì le sue case Don Orione. « Ai poveri fra i più poveri, andranno le nostre sorelle e i nostri fratelli», scrive nelle costituzioni madre Teresa di Calcutta.(6)
Servire i più poveri è una scelta permanente e da rinnovare con continue “ri-partenze”. “ Quelli che hanno protezione da altra parte, per loro v'è già la provvidenza degli uomini, noi siamo della Provvidenza divina, cioè non siamo che per sopperire a chi manca ed ha esaurito ogni provvidenza umana ”.(7)
• PROMOZIONE DEI PIÙ POVERI E SPECIALIZZAZIONE DELLA CARITÀ
Trascorse le prime settimane di emergenza, nell'opera di soccorso a Messina e nella Marsica, don Orione passa dall'opera di primo e pronto soccorso dei beni primari in favore dei più poveri e deboli ad un'opera di “promozione dei poveri”. Egli si mette in contatto con altri organismi; promuove sensibilizzazione tramite i giornali, si occupa dei diritti di proprietà e delle case dei terremotati; pensa al futuro degli orfani provvedendo scuola, educazione, lavoro; riorganizza chiese e strutture della Chiesa locale, ecc.
Egli seppe unire alla carità come “pronto soccorso” la carità “promozione dei poveri”, come studio dei problemi, socializzazione e organizzazione delle soluzioni, promozione della giustizia, educazione all'autonomia delle persone, ecc. Valorizza tutto ciò che la scienza e il progresso possono offrire. Citando il Pasteur, Don Orione afferma: “ La salvezza, non solo degli ospedali ma del mondo, sta sotto le due grandi ali: carità e scienza ”. (8) Coniò l'espressione “ scienza caritativa ” (9) per dire la compenetrazione nei contenuti e nelle finalità tra scienza e carità. Don Orione ama una “ carità illuminata che nulla rigetterà di ciò che è scienza, di ciò che è progresso, di ciò che è libertà, di ciò che è bello, che è grande e che segnò l'elevazione delle umane generazioni ”. (10)
Sono due dinamiche diverse e interdipendenti: il partire dai bisogni primari dei più poveri, assicura l'ancoraggio esistenziale alla necessaria “specializzazione nella carità”. Partendo sempre dai “poveri più poveri”, di fatto non c'è problema sociale della società dell'Otto e del Novecento nella quale non sia entrata la carità della Chiesa, e spesso impiegando molti dei suoi membri nello studio e nella soluzione anche scientifica dei problemi. Per lo storico tedesco Erwin Gatz, non solo i religiosi dei diversi ordini hanno compreso la necessità di questa evoluzione, «ma hanno contribuito ad imporla in modo decisivo alle nazioni industriali». (11)
Anche l'impegno della solidarietà nei tempi attuali deve tenere contemporaneamente presenti e in relazione carità di “pronto soccorso” e carità di “promozione specializzata”. La nostra Congregazione cerca di tenere in equilibrio le due forme di “carità” con nuove partenze dai bisogni primari dei più poveri e con la loro promozione specializzata.
• SECOLARIZZAZIONE DELL'ASSISTENZA
Don Orione nell'aiuto alle popolazioni del terremoto calabro-siculo e della Marsica Don Orione si avvide che la solidarietà e l'assistenza non erano un campo di attività riservato alla Chiesa o prevalentemente svolto da istituzioni religiose. Alla secolarizzazione della società iniziata diffusamente con la rivoluzione francese era seguita, sia pure con un certo ritardo, la secolarizzazione o la laicizzazione dell'assistenza sociale.
Sulle macerie delle città distrutte incontrò le attività del Patronato “Regina Elena”, un'istituzione umanitaria laica sotto l'egida della Casa reale e con presidente la contessa Gabriella Spalletti Rasponi. Il Ministero degli Interni aveva i propri funzionari, il prefetto Trinchieri a Messina ed Ernesto Campese ad Avezzano, quali incaricati statale dei soccorsi. A portare aiuti giunsero organismi laici del tutto estranei – e qualche volta in militante contrasto – con le motivazioni religiose. Entrò in contatto con l'Associazione Nazionale per il Mezzogiorno d'Italia che raccoglieva il fior fiore delle personalità della cultura laica italiana (Zanotti-Bianco, Gallarati Scotti, Von Hughel, Franchetti [“se tutti i preti fossero come Don Orione, mi farei cristiano anch'io”, VI, 425] , associazioni protestanti e massoniche. Non pochi di questi protagonisti laici della solidarietà finiranno per entrare non solo nell'orbita caritativa di Don Orione ma anche in quella della fede cattolica.
Don Orione trovò una realtà di assistenza molto laica e diversificata, dove quella religiosa era una tra le tante. Pio X gli disse: “Ti farai due volte il segno della croce, e poi va dalla Spalletti e portagli via gli orfani” . (12)
Non Orione non solo prese a collaborare alacremente e “da sacerdote” con tutte le persone in campo, ma divenne il loro riferimento morale. Divenne il primo collaboratore della Spalletti tanto che poi Pio X fece i complimenti a Don Orione: “Lei è diventato il primo santo del calendario della Spalletti”. E Don Orione commentò: “ L'espressione mi fece tremare perché la Spalletti ha pochi santi cattolici nel suo calendario ”. (13)
Del laicissimo Patronato Regina Elena fu addirittura nominato Vice-Presidente sia a Messina che nella Marsica. Strinse con lo Stato una collaborazione intensa. A Messina, si attirò non pochi guai e opposti sospetti per la sua frequentazione con esponenti del pensiero modernistico. Divenne il coordinatore del soccorso proveniente dal mondo ecclesiale, fu il referente della carità del Papa, mobilitò numerose congregazioni religiose nell'aiuto a chi aveva perso tutto, nell'assistenza a feriti, nell'educazione di orfani. Pio X lo nominò Vicario generale di Messina ove rimase per ben 3 anni.
Ebbene, quanto avvenuto in quel contesto di Messina e della Marsica ha qualcosa da dire anche oggi, tempo in cui l'assistenza è andata sempre più secolarizzandosi.
• Va superato l'atteggiamento pregiudiziale di rifiuto e di polemica verso l'assistenza laica incentrato teoricamente sull'opposizione filantropia-carità: quella realizzata da chiunque, questa dalla Chiesa.
• Va intavolato un serio rapporto con lo Stato e la sua legislazione , per assumerla, correggerla e promuoverla coraggiosamente. Don Orione non aveva paura di accettare i sussidi dello Stato o di inserirsi nelle sue strutture, pur gelosissimo della libertà di impostazione e della qualità cristiana del servizio. Diversamente lasciava anche buone opportunità. Questo avviene in Congregazione ancora oggi.
• Va vissuto un serio confronto con tutte le istituzioni di assistenza . Don Orione sapeva “imparare” e assumere metodi e mezzi nel campo assistenziale ed educativo che venivano dal mondo laico. “Anche quelle forme, quelle usanze che a noi possono sembrare troppo laiche, rispettiamole, e adottiamole, occorrendo, senza scrupoli, senza piccolezza di testa: salvare la sostanza bisogna! Questo è il tutto. I tempi corrono velocemente, e sono alquanto cambiati e noi, in tutto che non tocca la morale, la dottrina e la vita cristiana e della Chiesa, dobbiamo andare e camminare coi tempi e camminare alla testa dei tempi e dei popoli, e non alla coda, e non farci trascinare per poter tirare i popoli e portare e gioventù e popoli alla chiesa e a Cristo, bisogna camminare alla testa. E allora toglieremo l'abisso che si va facendo tra Dio e il popolo”. (14) Nel rapporto con istituzioni laiche e secolari Don Orione non temeva di inquinarsi, anzi, vedeva una possibilità di mettervi il buon fermento del Vangelo. Era la carità che trasformava i rapporti con i poveri e con quanti s'occupavano dei poveri e le sue case diventavano per questo “ fari di fede e di civiltà ”.
• PECULIARITÀ DELLA SOLIDARIETÀ CRISTIANA
Da Don Orione dunque ci viene l'invito ad assumere il contesto e la sfida della secolarizzazione dell'assistenza. Se da una parte dobbiamo prendere atto che l'assistenza cristiana è solo “una” delle forze di solidarietà impegnate nel campo dell'assistenza, dall'altra parte dobbiamo evitare che sia solo “una in più” (“ màs de lo mismo ”). Deve essere “diversa”.
Qui il tema si apre piuttosto che concludersi.
Quali tratti sono peculiari – nelle motivazioni, nei contenuti e nelle forme concrete – dell'assistenza cristiana?
• Sia un'assistenza nel nome della Divina Provvidenza , cioè attuata in quanto cristiani che hanno sperimentato e vivono la “ charitas ” di Dio che spinge alla “ charitas ” fraterna.
“ Charitas Christi urget nos ”, era uno degli slogans cari a Don Orione. “ Il Signore ci giudicherà secondo le opere, e secondo la carità delle opere, perché anche le opere senza la carità di Dio, che le valorizzi davanti a lui, a nulla valgono ”. (15)
• Sia un'assistenza nel nome della Chiesa :
• E' da superare il protagonismo personale e di gruppo ma presentarsi nel nome della Chiesa: espressione della comunità cristiana, in comunione con i pastori;
• Si deve tendere a un coinvolgimento ampio nel servizio ai poveri : cioè preti, religiosi, laici, anche non credenti, senza contrapposizioni o esclusioni. Nella Chiesa si è convocati, non ci si sceglie.
• Vivere il “gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” evitando dispersione del denaro destinato ai poveri . Mons. Betori, segretario generale della CEI, ha osservato con soddisfazione che solo il 4% dell'8/1000 destinato a progetti di solidarietà va per il mantenimento delle strutture di solidarietà, “un risultato eccellente se si pensa che, per realtà analoghe, in media l'incidenza è del 40%, con un minimo del 20% e casi in cui alcune istituzioni – non faccio nomi – tengono per il proprio funzionamento addirittura il 70% dei fondi che ricevono”. (16)
• Sia un'assistenza espressione della carità evangelizzatrice. In un passaggio autobiografico, Don Orione dice: “ Nel nome della Divina Provvidenza, ho aperto le braccia e il cuore a sani e ad ammalati, di ogni età, di ogni religione, di ogni nazionalità”: questo il dato concreto; e poi prosegue: “A tutti avrei voluto dare, col pane del corpo, il divino balsamo della Fede” . (17) E' il punto di sintesi più tipico nel concepire l'azione caritativa cristiana; è il centro dinamico del carisma di Don Orione .
“Dobbiamo essere una profondissima vena di spiritualità mistica che pervada tutti gli strati sociali: spiriti contemplativi e attivi «servi di Cristo e dei poveri».
1) Amare in tutti Cristo.
2) Servire Cristo nei poveri.
3) Rinnovare in noi Cristo e tutto restaurare in Cristo.
4) Salvare sempre, salvare tutti, salvare a costo di ogni sacrificio con passione redentrice, e con olocausto redentore”. (18)
La "carità evangelizzatrice", appassionatamente vissuta e insegnata da San Luigi Orione, “stratega della carità”, è dunque
• servire Cristo nei poveri (è una mistica);
• servire i poveri in Cristo (è una diaconìa);
• servire i poveri di Cristo (è una evangelizzazione).
Nessuna confusione, nessuna strumentalizzazione della carità, ma c'è una dinamica interna che raggiunge nel medesimo atto del servire sia l'aiuto al fratello, sia l'unione con Gesù e sia l'evangelizzazione.
* * *
E' la testimonianza viva dell'amore di Dio che rende l'assistenza cristiana “non una in più, ma diversa”, indispensabile. Ascoltiamo la parola di Don Orione.
Nel più misero degli uomini brilla l'immagine di Dio.
Chi dà al povero dà a Dio e avrà dalla mano di Dio la ricompensa.
Oh ci mandi la Provvidenza gli uomini della carità! Come un giorno dalle pietre Dio ha suscitato i figli di Abramo, e così susciti la legione e un esercito, l'esercito della carità, che colmi di amore i solchi della terra, pieni di egoismo, e di odio, e calmi finalmente l'affannata umanità.
Sentiamo, o fratelli, il grido angoscioso di tanti altri nostri fratelli, che soffrano e anelano a Cristo; andiamo loro in contro da buoni Samaritani, serviamo la verità, la Chiesa , la Patria , nella carità.
Fare del bene a tutti, fare del bene sempre, del male a nessuno. (19)
NOTE
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1. Non solo “ la verità vi farà liberi ”, ma anche “ la carità vi farà liberi ”. Perché la carità è movimento di uscita dagli stretti confini del proprio io e dei propri beni. Perché la carità è apertura e viaggio verso una comunione sempre più ampia e più intima. Perché la carità, come dono di sé, è liberazione, “facoltà di oltrepassare la propria misurabile misura”. C'è uno stretto legame tra carità e libertà, “il bene più grande che i cieli abbiano donato agli uomini”. Don Orione riconobbe questo risultato della carità nella sua personale esperienza quando riconobbe in sé “ un cuore senza confini perché dilatato dalla carità del mio Dio ”.
2. Molte notizie e documenti in Aa.Vv., Don Orione e la Piccola Opera della Divina Provvidenza, Roma , il vol. V dedicato al terremoto calabro-siculo e il vol. VI dedicato al terremoto della Marsica. Cfr. G. PAPASOGLI , p.180-228; I. TERZI, Don Luigi Orione e l'opera svolta a Reggio dopo il terremoto del 1908 , Rivista Storica Calabrese, 15(1994), 25-38; P. BORZOMATI, L'esperienza calabro-sicula e il terremoto del 1908 in AA.VV. La figura e l'opera di Don Luigi Orione (1872-1940), cit., p. 169-180; G. Caruso, La costellazione “Orione” a Reggio. 1908-1996: un viaggio nella storia , Jason editrice, Reggio Calabria, 1996 .
3. Cfr. Giuseppe Butturini, Breve storia della carità. La Chiesa e i poveri . Gregoriana, Editrice, Padova, 1989.
4. Parola VIII, 195-6; SDO VII, 103-105.
5. “ Noi siamo per i poveri, - anzi per i più poveri e più abbandonati ”, Scritti 62, 32; “ Devo ben chiarire che noi siamo i preti dei poveri, e siamo per i poveri più infelici e abbandonati: per quelli cioè che sono i così detti rottami, il rifiuto della società ”, 75, 123; “ Non poniamo alcun limite nell'accettare quelli che sono veramente miseri: è la Provvidenza che ce li manda, e sono nostri fratelli: la Provvidenza non mancherà di venirci incontro. Le preferenze siano per le poverette e per i poveri più bisognosi e derelitti: e le maggiori preferenze poi per gli ammalati più abbandonati, che sono pieni di dolori, di piaghe, di vecchiaia, per gli epilettici, per gli scrofolosi, per i sordomuti, per i scemi: essi sono i nostri tesori e i nostri padroni; teneteveli cari: li riceverete alla porta, scoprendovi il capo, e li accoglierete con i segni più affettuosi della carità di Gesù Cristo, e d'in ginocchio bacerete loro le mani e i piedi ” (97, 251).
6. Questa carità di “pronto soccorso” è nota primaria, anche se non esaustiva. Sia don Bosco che il Murialdo erano coscienti dei limiti delle loro scelte, ma erano altrettanto convinti che esse erano necessarie: i ragazzi non possono aspettare, se non li raccolgo oggi, domani finiranno in prigione. Simile scelta è stata rifatta oggi da madre Teresa di Calcutta: «Nel mondo c'è chi lotta per la giustizia e per i diritti dell'uomo. Noi non abbiamo tempo, perché siamo in contatto quotidiano con uomini che continuano a morire di fame o a causa di malattie facilmente guaribili. Se io mi mettessi a lottare per la giustizia i più bisognosi che oggi verranno a casa mia morirebbero per non aver un bicchiere di latte da bere”. Per il don Bosco cfr. P. Stella, Don Bosco nella storia…, II, 382-386; per don Murialdo: Castellani, Il beato Leonardo Murialdo…, II, 237-241; per madre Teresa: Gonzalez-Balado, My life…, 124. ).
7. Scritti 97, 251.
8. Scritti 61, 169. Parlando del principale istituto di carità di Genova, destinato a disabili gravi mentali e psichici, scrive: “ Io vorrei fare di Paverano un Istituto di cui la Provincia e Genova abbiano sempre più ad onorarsi: carità e scienza!” (47, 245).
9. Scritti 57, 169.
10. Scritti 111, 125.
11. Gatz, Attività caritativa, in Storia della Chiesa (Jedin, a cura di) X/1,394.
12. Processo Apostolico di Pio X, XVIII, pag. 648.
13. DOPO, V, 77.
14. Scritti 20, 97b.
15. Scriveva alle PSMdC di S. Sebastiano Curone, il 19.6.1920, Scritti 39, 80. “ Senza l'unione della carità e senza la carità non si edificherà Gesù Cristo né in noi né negli altri, - si farà del rumore, si faranno delle opere che poi ci ruineranno addosso, ma, per l'eternità, non si edificherà nada! ”, a Don Duarte e Silva, Arcivescovo di S. Paolo, Rio de Janeiro, 27.5.1922; Scritti 110, 147.
16. 30 Giorni , 2005, n.7/8, p.42.
17. San Luigi Orione, Nel nome della Divina Provvidenza. Le più belle pagine , Piemme, 2004, p.115.
18. Cfr. In cammino con Don Orione. Dalle lettere , p. 325. La dinamica della carità in AA.VV. Sui passi di Don Orione , pp.169-193.
19. Don Orione. Nel nome della Divina Provvidenza. Le più bele pagine , 2° ed., Ed. Piemme, Casale M., 2004, pp.107-108.