Mons. Pino Scabini, teologo, già professore e decano della Pontificia Università Lateranense, Assistente nazionale del MEIC. Riflessioni offerte in occasione della presentazione del libro AA.VV., Don Orione e il Novecento, Atti del Convegno alla Pontificia Università Lateranense (1-3 marzo 2002), Rubbettino, Soveria Mannelli 2003, a Tortona, 7 ottobre
2003.
PINO SCABINI
Don Orione, da uomo intelligente qual era, aveva un alto concetto della cultura. Egli, pur essendo pienamente impegnato nelle molte sue opere di carità, riuscì con la sua sensibilità e il suo carisma ad avvicinare ed affascinare molti esponenti anche di primo piano della cultura.
Esprimo la mia gioia per l’incontro con il pensiero di Don Orione o, meglio, con il mistero di Don Orione, al punto di sentire come mie le parole di Don Giuseppe De Luca: “Mai mi accade di avvicinare Don Orione – nel mio caso, di persona, un paio di volte, da giovane seminarista, ora con i testimoni della sua vita e gli scritti di e su di lui – senza che io ne provi, dentro al mio animo, qualcosa che assomiglia, non so come dire, ai moti dell’amore: una meraviglia, un incantamento… una forza…una gioia”.(1) È qualcosa che fa vibrare e intenerire. Ho avuto la ventura, nella mia vita, di incontrare molta gente in molti luoghi d’Italia e fuori: sempre ho citato Don Orione.
DON ORIONE E IL SUO RAPPORTO CON LA CULTURA
È la tessera di un mosaico a cui va la mia preferenza. Un mosaico di grandi dimensioni, quale mi appare il libro curato da Don Peloso, con singolare abilità/ acribia al punto di farlo gustare dal lettore come un’opera con una sua organicità.
Non nascondo uno stimolo di curiosità verso il tema, come a dire che l’operatore di carità, il santo, l’educatore il missionario, il mistico sono aspetti abbastanza conosciuti; al tema della cultura, come abito e interesse di Don Orione, si ha minore famigliarità. Ad esso si accenna nella pregevole relazione tenuta dal prof. Giovanni Casoli al Convegno “Don Orione e il Novecento”,(2) con abbondanza di dati offerti e con lo stuzzichino di alcune domande che nascono nel lettore, alle quali accennerò più avanti: un saggio, dunque, che acuisce la curiosità alla quale ho fatto cenno.
Il rapporto di Don Luigi Orione con la cultura – o con il mondo della cultura – si sostanzia soprattutto in tre voci (potrebbero essere altrettanti quadri): relazioni con persone di cultura, una originale concezione della cultura, alcune intuizioni che si possono considerare un apporto alla vita culturale del tempo e ancora oggi fruibile.
1. Relazioni con persone di cultura
La vita e l’opera di Don Orione meritano in pieno la qualifica di “complessa” nel suo ampio significato di molteplicità e interdipendenza. A motivo delle mille vicissitudini del suo esistere, è quasi fisiologico che Don Orione venisse a contatto con persone che si distinguevano allora per qualità intellettuali e culturali, ma l’elenco è davvero stupefacente e ricco di nomi. Casoli mette in ordine: Tommaso Gallarati Scotti, Ernesto Buonaiuti, don Benedetto Galbiati, padre Giovanni Minozzi, Romolo Murri, padre Giovanni Genocchi, padre Stefano Ignudi e poi Giulio Salvatori, Piero Bargellini, Filiberto Guala, Arrigo Minerbi, padre Alberto Vaccari. Infine come eccellenti corrispondenti, Lorenzo Perosi, Ignazio Silone, Adelaide Coari, Gabriella Spalletti Rasponi. Sono nomi da scelta biblioteca.
Si noterà: persone più o meno note, uomini “di frontiera”. Essi sono legati quasi tutti al nodo del modernismo, la faticosa accoglienza o, meglio, la non immediata inculturazione della Chiesa nella modernità. Don Orione intuiva che esisteva anche un modernismo migliore, quello sano e sincero… che era solo (almeno per alcuni), “spirito schietto e di rinnovamento culturale e spirituale, abbandono di posizioni sorpassate” (Padre Giovanni Minozzi).
La carità aiutava Don Orione a secernere il buon grano dal loglio, a valorizzare i semi del Verbo, a scrutare le luci dell’alba, anche se non sempre luminose.
I nomi riportati non sono tutte le persone di cultura in relazione con Don Orione; si pensi a padre Felice Maria Cappello, finissimo giurista e “confessore di Roma”, don Calabria, don Gnocchi, Armida Barelli, ad alcuni tortonesi.
Si tenga conto poi di relazioni con Don Orione da parte di persone di cultura come Ada Negri, Fabio Tombari, Cesare Angelini, Arturo Carlo Jemolo e altri.
Don Orione inserisce il “fare cultura” nel circuito virtuoso delle relazioni da persona a persona.
2. Una originale concezione di cultura
Tommaso Gallarati Scotti ha detto di Don Orione: “Viveva in una sfera che era quella del miracolo, e ciò significa, anche, in una disponibilità non comune della mente a comprendere: di qui, coessenzialmente, direi alla sua eroica disposizione di carità, si comprende la sua fitta rete di rapporti concreti, ardenti e rispettosi, con tante persone della più varia cultura; rapporti né di superiorità né di inferiorità, ma di fraternità e di paternità verso l’altro,verso una sintesi superiore di intelligenza e di amore, verso quell’intellectus charitatis che è il segreto più radicale del cristianesimo”.(3) Per il “santo della carità”, dunque, la cultura è una “sintesi superiore di intelligenza e di amore, è intellectus charitatis”.
L’ispirazione a Don Orione viene da Paolo, l’apostolo che incultura il Vangelo nella tradizione ebraica ed ellenistica, quando afferma, con non comune visione delle cose, che verità e carità si intrecciano e si illuminano, si integrano a vicenda: veritatem facientes in charitate (Ef.4,15). Dunque il primato della carità: ”primato della carità sulla verità, ma di una carità che si deve chiamare veritativa, capace cioè di riempire il cuore quanto la mente e di realizzarli entrambi nelle opere della fede… Don Orione dice : verità e carità non due siete ma un solo Bene”.(4)
Non per questo c’è abbandono o svilimento della razionalità. Assai felice è l’annotazione di Casoli in merito alla originale concezione di cultura in Don Orione: “(In Don Orione) era sempre la stessa “luce inaccessibile” (cf.1 Tim.6,16) a guidarne la mente e il cuore con quella carità che – dice il molto orionino San Paolo – è “l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza” (Ef.3,19):sorpassa, non abolisce né sostituisce, ma sopraeleva, direbbe Maritain, al livello, alla quota in cui le opere della mente e del cuore costruiscono nella città terrena quella futura e definitiva”.(5) Si è di fronte a una concezione di cultura che ha molto da dire a concezioni odierne che, separando tra loro verità e carità, immiseriscono l’orizzonte di cui ogni cultura non può fare a meno. È l’orizzonte dell’uomo “integralmente umano” (cfr. Gaudium et Spes, n.22).
3. Alcune intuizioni che arricchiscono la cultura e ne svelano il valore in ogni tempo
Don Orione, uomo di grande intelligenza e alquanto coltivato negli studi, per quanto l’intensa attività per la sua opera incipiente glielo permettesse, nutriva ammirazione non solo per gli uomini di cultura del suo tempo ma altresì per quelli che non erano più tra i vivi e che della cultura erano stati esponenti illustri e la cui memoria alimentava ancora la mente e il cuore dei posteri.
Per Don Orione la cultura è:
- libertà: aspetto che va rispettato, valorizzato e difeso. Egli infatti“nutre ammirazione senza riserve, in un tempo in cui era persino pericoloso difendere l’autore posto all’Indice, nei confronti di Rosmini” che definisce “santo e dottissimo sacerdote”(6);
- creatività: andare oltre il sapere. Si rende necessario l’intuire come dote dell’intellettuale, ossia “intus legere”, scavare sotto la crosta della prima pagina, fare luce e fugare le oscurità e ambiguità;
- visione di carità: come ammirava il proscritto Rosmini, così ammoniva con carità coraggiosa e fraterna il condannato Antonio Fogazzaro che aveva pubblicato, nel 1905, Il Santo. A lui Don Orione si rivolge con i suoi innati sentimenti di carità universale, carità di padre e di apostolo, di un santo che non condanna perché vuole salvare e perciò lo esorta con affetto e zelo: “Così non dovete morire: altro è scrivere romanzi, altro è presentarsi al Tribunale di Dio. La Chiesa Cattolica nostra Madre non è quella che voi avete rappresentata; oh essa è ben diversa, ed io sentii sempre tanto dolore nel vedere che voi la presentate ai vostri lettori così male forse perché voi stesso non l’avevate conosciuta. Riparate almeno in parte con un grande passo verso la Chiesa. Riparate le ingiuste avversioni che avete indotte in tanti vostri lettori verso la Chiesa nostra Madre”(7);
- profezia di speranza: oltre che con lo slancio del cuore, egli guardava le cose, gli avvenimenti, tutte le situazioni, con intelligente penetrazione ed ottimismo. Chi non conosce quelle frasi scultoree che indirizzava ai suoi figli e amici: “non siamo di quei catastrofici che credono il mondo finisca domani”(8). Don Orione aveva l’ottimismo dei santi che tutto guardano con gli occhi di Dio, nell’abbandono fiducioso nella sua assistenza e provvidenza;
- guardare alla Chiesa con il principio mariano (non solo petrino). Don Orione assume la posizione di Maria, di cui è devotissimo, di condivisione e di collaborazione nella santa causa della salvezza dell’uomo. Fa sua la disponibilità della Madre di Dio fedele nel compimento della volontà di Dio attraverso anche la volontà del successore di Pietro. L’“Instaurare omnia in Christo” ha questo scopo che attua nell’altro suo slogan “Gesù, Maria, Papa, Anime”;
- apertura all’ecumenismo: le mete apostoliche di Don Orione non sono circoscritte, vogliono estendersi alle plaghe dove la croce e il Vangelo non sono tenuti nel giusto conto, dove Pietro non è rispettato né ritenuto quale il Salvatore Gesù l’ha voluto e proclamato. Egli vuole “faticare e sacrificarsi a togliere la confusione dei tabernacoli, e a far ritornare alla piena dipendenza e unità col B. Pietro le chiese separate […] così che, per l’unità col B. Pietro arrivi a tutti e dappertutto la Carità soavissima del Cuore SS. Di Gesù e per essa le genti e le nazioni stabiliscano un giusto ordinamento sulla terra, e vivano e prosperino in Nostro Signore Gesù Cristo Crocifisso”(9).
DON ORIONE FU UN UOMO DI CULTURA?
La domanda che ora s’impone non è tanto se Don Orione vada considerato “uomo di cultura” quanto quale “soggetto di cultura” sia stato e continui ad essere.
È stato un “intellettuale”? In quale misura e con quale stile?
Opportuna la precisazione del prof. Casoli, all’inizio della sua relazione “Don Orione non era un santo intellettuale, ma era un santo molto intelligente, e questo è un oggettivo monito verso tanti intellettuali che, oltre a non essere santi, non usano molto bene la loro intelligenza.[…]Ciò non toglie, d’altra parte, che chi sa leggere le sue carte e le cronache dei fatti salienti della sua esistenza, sappia anche ritrovare in lui, nascosta e dissimulata fra le righe della più fedele obbedienza alla sua vocazione, quella disponibilità aperta e sovrana dell’intelligenza a capire e a connettere le verità, che è poi la dote fondamentale e imprescindibile di un vero uomo di cultura”.(10)
Non è un intellettuale da annoverare in schemi di appartenenza, di ambiti ideologici, di movimenti e, tanto meno, di adesioni politiche.
Don Orione non è, in senso proprio, un letterato, uno scienziato, un filosofo, un artista. Non è un teologo, anche se alcuni suoi apporti sono tali da stare bene nell’ambito teologico o di una “scienza della fede”. Non sempre ha avuto totale fiducia in un certo modo di “fare cultura”: si veda il giudizio su padre Gemelli.(11)
Ma Don Orione ha tale statura da “fare conoscere agli intellettuali del nostro tempo” (nostro, anche nel senso di contemporaneo), così affermava Don Giuseppe De Luca, uomo d’indubbia eccelsa cultura.
Il prete tortonese è insomma “un uomo di grande intelligenza naturale, di buoni studi e di gusto letterario alto e profondo che, pur non debitamente coltivato (per le prevalenti esigenze delle opere di carità), si espresse più volte, anzi sempre, attraverso l’urgenza interiore della parola, sia orale che scritta, nella sapiente delicatezza dei suoi rapporti con gli intellettuali, non solo viventi e contemporanei ma anche del passato”(12) È un Santo “molto intelligente”. Si pensi alla sua cultura dantesca e manzoniana, di cui diede saggio nelle conferenze alla Università Cattolica del 1938 e 1939, e alla sua venerazione per Girolamo Savonarola e Antonio Rosmini.
È facile consentire con due penetranti giudizi.
Uno è dello stesso Don Orione, nel versante del suo stile di carità. Attingendo dalla passione quotidiana dei poveri, come uno studioso attinge dalle sue fonti, egli rivelò la sua scuola e il suo modo di coltivare cultura: “Questi che la società spesso volutamente o involontariamente emargina, sono i nostri veri maestri”. La cultura, come già asserito, si accresce con le relazioni umane.
L’altro è una annotazione di San Bernardo dottore della Chiesa e assai prossimo a Don Orione: “Quando la mente pensa i ‘misteri’ (ossia la realtà profonda che soggiace ai fatti della vita), si trova Dio, anzi lo si sente”. È dunque vera sapienza, è da spiriti illuminati, fermarsi su di essi in contemplazione”.(13)
La cultura di Don Orione nasce e si affina nella contemplazione, in un tempo di forti accentuazioni positiviste e persino nichilistiche. Contemplazione da cui nascono le parole che hanno senso, contemplazione dell’amore verso Colui che è Verità d’amore, Dio. E verso coloro che di Dio sono le “perle preziose”, gli ultimi. Partendo dagli ultimi si comprende il senso profondo della storia.
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1. G. Casoli, Don Orione e persone di cultura in Don Orione e il Novecento, cit., pp. 240-241.
2. Ibidem.
3. G. Casoli, cit., p. 232.
4. Lettera di Don Orione al prof. Galassi Palazzi, Lettere II, p. 101.
5. G. Casoli, cit., p. 254.
6. Ibid. p. 234.
7. Scritti, 109, 295.
8. G. De Luca, Elogio di don Orione, Ed. Storia e Letteratura, Roma 1999, p. 80.
9. Lettere I, 11-17; F. Peloso, Don Orione un vero spirito ecumenico, Dehoniane, Roma 1997, pp. 44-45.
10. G. Casoli, cit., pp. 231-232.
11. Don Orione mostrò le proprie perplessità quando a trattare con Ernesto Buonaiuti, scomunicato “vitandus”, estromesso dall’in¬se¬gnamento universitario e con l’opera all’Indice, fu designato p. Agostino Gemelli, e scrisse: “(…) non è tanto la cultura che ottiene e apre l’animo; un uomo di cuore ci andava, che alla cultura e al cuore avesse unito umiltà di spirito (…). Non è il sillogismo che fa, ma la carità di Gesù Cristo e la grazia del Signore sopra tutto”; AA.VV., Don Orione negli anni del modernismo, Jaca Book, Milano 2001, pp. 234-235.
12. G. Casoli, cit., p. 234.
13. Discorsi di San Bernardo, Opera omnia, 5, p. 283.