NOI SAREMO SEMPRE AMICI
Flavio Peloso
Il Santo Padre, Giovanni Paolo II, nella lettera «Iuvenum Patris», scritta per la celebrazione del I centenario della morte di San Giovanni Bosco, dopo aver tracciato il profilo della vita e dell'insegnamento del Santo, esprime l'auspicio di un «ritorno di Don Bosco» e, ancor più, di un «ritorno a Don Bosco». Intende dire che l'esperienza di Don Bosco è assai preziosa ai nostri giorni per il rilancio di una nuova evangelizzazione ed educazione cristiana, dei giovani in particolare.
Questo «ritorno a Don Bosco» è stato atteggiamento costante di un suo allievo dell'Oratorio di Valdocco, poi fondatore di una ramificata Famiglia religiosa composta di preti, suore, coadiutori, eremiti: Il Beato don Luigi Orione, Fu allievo a Valdocco dal 1866 al 1889.
Questo «piccolo discepolo di Don Bosco», secondo l'espressione di don S. Trione, visse tre indimenticabili anni nell'ambiente di Valdocco, illuminato di luce diretta da Don Bosco - da lui si confessava, da lui ebbe parole fondamentali per la sua vita - e di luce riflessa che brillava nei santi seguaci dell'apostolo della gioventù (don Rua, don Francesia, don Lemoyne don Berto e altri) e nel clima oratoriano dei «primi tempi».
«I miei anni più belli - dichiarerà don Orione - sono stati quelli passati nell'Oratorio salesiano». «Tutto quello che voi vedete in me - sono parole del 30 luglio 1928 - è il frutto di tre anni passati all'Oratorio di Don Bosco». «Oh, potessi io rivivere anche pochi di quei giorni vissuti all'Oratorio, vivente Don Bosco!».
Don Luigi Chiavarino, assistente all'Oratorio, ricordava che «Don Bosco prediligeva Orione e vedeva in lui un so che di speciale».
Lo sguardo del Santo, più ambito premio e peggior castigo se tolto, diventò per il sedicenne Luigi Orione riconoscimento e consegna di una vocazione a qualcosa di grande, di bello, di santo. « Noi saremo sempre amici » - lo rassicurò Don Bosco - «stringendolo a sé e guardandolo fisso» in un incontro, l'ultimo a tu per tu, il 17 dicembre 1887.
Proprio nel gennaio seguente (anno 1888) le condizioni di salute di Don Bosco si aggravarono non concedendo più speranze di ripresa. Ma l'amore fraterno, unito alla fiducia in Dio, nutre sempre speranze. E fu così che don Berto, per 26 anni segretario del Santo, cercò tra i giovinetti chi fosse disposto ad offrire la per ottenere dal Signore la conservazione di quella dell'amato Padre. Subito sei giovani risposero all'invitto, Luigi Orione fu il secondo firmatario di quell'atto di offerta che fu posto sotto il corporale durante la Messa celebrata da don Berto e servita da Orione stesso.
Riportando questo episodio nelle Memorie di Don Bosco (XVIII p. 538 ss.), il cronista chiude il racconto sottolineando che «Luigi Orione è quello stesso don Orione oggi degno imitatore di Don Bosco nelle opere popolari di carità». Già. «Don Orione, degno imitatore di Don Bosco nelle opere popolari di carità»: questa nota fa capire, da una parte l'unità di ideali sempre mantenuta e, dall'altra, la diversità di via spirituale-apostolica seguita poi dal giovane Orione.
Luigi Orione, che pur amava Don Bosco fino ad offrire la propria vita per lui, non diventò salesiano. Fu una sorpresa per tutti, ed anche per il giovane Orione che pagò con tanta sofferenza interiore la decisione di lasciare Valdocco alla vigilia di entrare in noviziato. Era il 15 agosto 1889. Più tardi don Orione ricorderà: «Se c'era uno sicuro, in fatto di vocazione salesiana, ero sempre stato io!... Volli consultare Don Bosco, la cui tomba era in mezzo al giardino sottostante, l'ultima notte (degli Esercizi spirituali di quell'agosto) restai a piangere e pregare sulla tomba del Padre amato».
Cosa avvenne? Bisogna pensare ad una grazia straordinaria, ad un ulteriore «sguardo» di Don Bosco sul suo «piccolo discepolo».
«Quando Orione uscì da Valdocco - attesta don Chiavarino - gli dissi: Dunque, non ti fermi con noi? Non ti piace la vita salesiana? Rispose: il signor Don Bosco, sulla sua tomba, mi ha fatto capire di andare in Seminario, perché il Signore vuole destinarmi ad un campo più spazioso...».
A distanza di anni, don Orione, Padre a sua volta di una già numerosa e sviluppata Congregazione religiosa, confermava questo fatto scrivendo: «È là che ho cominciato, proprio sulla tomba del nostro santo Padre: una sera durante gli Esercizi... sentii una cosa che mi pareva mi dilatasse il cuore».
E così la Provvidenza volle che vi fosse un salesiano di meno e una Famiglia religiosa di più che irradiasse, per nuove e originali vie, lo spirito di Don Bosco.
Fondatore-chierico a 21 anni - solo un giovane «alla Don Bosco» poteva averne l'audacia! - Luigi Orione iniziò proprio con un collegio per i ragazzi poveri, per poi aprirsi alle varie direzioni delle opere della carità intese a riportare i piccoli, i poveri, il popolo alla Chiesa e al Papa per « instaurare omnia in Christo».
C'è un documento prezioso che testimonia la continuità di vocazione di Luigi Orione ex allievo salesiano. Mons. Bandi, Vescovo di Tortona, nella sua Relazione al Papa Leone XIII, in occasione della Visita ad limina, il 18.2.1895 scrive: «Da due anni a Tortona fu istituito un nuovo collegio cattolico dovuto alla cura e all'attività di un certo chierico che sarà ordinato al più presto ( Luigi Orione ), il quale, già alunno dell'Oratorio torinese di S. Francesco di Sales fondato dal celeberrimo e benemerito sacerdote Don Bosco, sembra aver assorbito molto del suo spirito in favore della educazione cristiana degli adolescenti (...)».
Don Orione amò sempre riconoscere come una benedizione l'«impronta salesiana» nella vita sua e della sua Congregazione.
Al suo vecchio catechista don Stefano Trione che, scrivendogli quarant'anni dopo di averlo avuto ragazzetto a Valdocco, gli si era rivolto dandogli del «lei», don Orione, commosso, quasi protesta: «Ma perché? No, caro signore don Trione, mi dia ancora e mi dia sempre del «tu»; sono e voglio essere sempre quel vostro povero ragazzo che venne accolto da Don Bosco, e cresciuto per tre anni sotto il manto di Maria Ausiliatrice, vissi del pane dei salesiani alla scuola di pietà, di sacrificio, di lavoro di quella schiena salesiana di uomini di Dio, il cui ricordo, dopo circa quarant'anni, è ancora tanta luce che illumina e viene confortando la mia vita».
Per don Orione, la scuola di Valdocco non fu solo un periodo felice da ricordare. L'amicizia di Don Bosco non fu solo un titolo d'onore e di prestigio per tale paternità. Egli sentì forte il senso di responsabilità nello sviluppare quel dono di Dio che fu l'eredità di esempi e di insegnamenti ricevuti.
«Ho sempre pensato che il Signore volle ch'io andassi da Don Bosco, conoscessi Lui (...) e i primi Salesiani dei tempi eroici, perché ne prendessi lo spirito proprio dalle origini». E, riandando a quei tempi come ad una mitica «età dell'oro», ricordava persone, usi, fatti, insegnamenti e manifestava l'intenzione «di ritornare ai tempi di Don Bosco, con lo stesso spirito, con lo stesso ardore».
Il «ritorno a Don Bosco», di cui parla Giovanni Paolo II nella Lettera per il centenario, fu studio e impegno filiale costante di don Orione, durante tutta la sua vita. I volumi dei suoi Scritti e della sua Parola sono sovrabbondanti di testimonianze. Si possono con facilità riconoscere numerosi tratti della figura di Don Bosco nella filigrana della vita di don Orione e della sua Piccola Opera della Divina Provvidenza. Vi si rintracciano le medesime linee ascetiche articolate attorno all'Eucaristia, alla Confessione, alla devozione alla Madonna e all'amore al Papa e alla Chiesa: il sistema educativo, che don Orione perciò poi come «preventivo-paterno»; l'amore ai giovani e la «carità apostolica» del dare la vita per i propri amici; e via via, fino a comprendere le medesime usanze e modelli nelle pratiche di pietà, nella formazione dei religiosi, nella organizzazione delle attività.
Il leggere questi appunti sui meravigliosi frutti colti da un santo, il Beato Luigi Orione, da un altro santo, San Giovanni Bosco, è stimolo per tutti a «ritornare» con fiducia e impegno a Don Bosco per attingere quel bene che è sempre nuovo, vivificante, inesauribile, perché è dono di Dio.
«Don Bosco è un gran dono che Dio ha fatto al mondo - diceva don Orione ai suoi figli - è una miniera d'oro, un filone d'oro di cui se ne è sfruttato appena la superficie.
Molto rimane ancora da scoprire e da prendere da Don Bosco».
Le celebrazioni della Chiesa sono sempre «tridimensionali»: nel presente , fanno memoria di un passato salvifico, per avviare a un compimento futuro di umanità che è la gloria di Dio. Questo certamente è anche lo scopo più inteso e atteso nella celebrazione del centenario di Don Bosco un ritorno a Don Bosco per andare avanti in umanità , a gloria di Dio.
A titolo tutto speciale questo «ritorno» riguarda oggi la Famiglia religiosa di don Orione con le sue varie componenti di preti, suore, coadiutori, eremiti, adoratrici cieche, istituti laicali, ex allievi e amici. Conoscere, studiare e amare Don Bosco è parte del testamento spirituale lasciatoci da don Orione.
Ma, a questo punto, lascio la parola al nostro Fondatore.
Era il 31 gennaio 1940. Don Orione celebrava la festa del Santo per l'ultima volta, infatti il 12 marzo successivo l'avrebbe raggiunto in paradiso. «Con gli occhi velati dal pianto, con la voce calma e flebile, commosso oltre il solito», dopo aver ricordato le ultime parole rivoltegli da Don Bosco a Valdocco: «Noi saremo sempre amici», così proseguiva:
«Cari miei chierici, cari sacerdoti e Figli della Divina Provvidenza, vi lascio come TESTAMENTO SPIRITUALE queste parole di Don Bosco.
Don Bosco vive nella sua Congregazione salesiana, nello spirito e nelle opere dei suoi figli. La nostra Congregazione è una piccola pianticella, a paragone di un cedro, quale è la pianta e l'Opera di Don Bosco. Io sento che passo e che breve sarà ancorala mia vita. Voi vivrete e formerete la Congregazione dei Figli della Divina Provvidenza. Ricordate, cari miei sacerdoti e chierici, ricordate sempre le grandi parole di Don Bosco e cercate di metterle in pratica.
I Salesiani non hanno bisogno del nostro aiuto; non hanno bisogno della nostra miseria, della nostra debolezza. Ma ricordate sempre questo: fate sì che non venga mai meno nella nostra Congregazione quell'affetto, quella fraternità, quell'unione, quell'amicizia di cui ha parlato Don Bosco!
La Piccola Opera sarà quello che Dio vorrà! Anzitutto senta sempre, la Piccola Opera della Divina Provvidenza, senta sempre gratitudine per Don Bosco e verso i suoi figli, e il vostro atteggiamento e condotta siano atteggiamento e condotta che denotino gratitudine verso i Salesiani per la sacra memoria di Don Bosco, e per quello che hanno fatto i suoi figli per portarmi avanti negli studi e farmi sacerdote. Che se mai qualche volte vi avvenisse, nel corso della vita, di poter dire qualche parola, di poter difendere qualche Salesiano, qualche figlio di Don Bosco, fatelo ricordando le grandi parole che Don Bosco rivolse, nel suo grande cuore, a un povero ragazzo che egli tolse dai campi e per cui andò tanto avanti nel suo spirito paterno da chiamarlo AMICO.
Che cosa vedeva Don Bosco quando, mentre a tutti era proibito di andare da lui, volle che quel povero ragazzo andasse a confessarsi da lui? Che cosa vedeva e sentiva nel suo spirito quando andò tanto avanti e disse: NOI SAREMO SEMPRE AMICI?
Non disse: Io e tu saremo sempre amici; disse: NOI saremo sempre amici! Questo NOI trascende dalle persone e passa nelle due Congregazioni.
Siate sempre i piccoli e, nella gratitudine del cuore, siate sempre i grandi amici di Don Bosco e di quelli che vanno perpetuando nel mondo l'Opera di Don Bosco!».
A distanza di anni, la Piccola Opera della Divina Provvidenza rinnova oggi con stima e riconoscenza verso la grande Famiglia salesiana il «NOI SAREMO SEMPRE AMICI», già vincolo di fraternità spirituale fra i due santi Fondatori.