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Messaggi Don Orione
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Nella foto: Antonio Rosmini
Autore: Flavio Peloso

Don Orione stimava il Rosmini grande filosofo, teologo, maestro di spiritualità e innanzitutto grande santo. Lo previde "sugli altari" quando era nella polvere.

ANTONIO ROSMINI

La sua beatificazione ha realizzato una “profezia” di Don Orione

 

Don Flavio Peloso


Il 18 novembre 2007, a Novara, il Card. José Saraiva Martins ha presieduto la solenne celebrazione di beatificazione di Antonio Rosmini.

È nota la stima e la devozione di Don Orione verso il Rosmini in tempi in cui il solo nome del santo filosofo e fondatore, originario di Rovereto, destava sospetti e giudizi malevoli. Non perdeva occasioni per parlare di colui che egli riteneva grande filosofo, teologo, maestro di spiritualità e innanzitutto grande santo. Per meglio valutare le affermazioni di Don Orione occorre conoscere la vicenda storica, spirituale e culturale del Rosmini.

 

1. Cenni biografici

Antonio Rosmini nacque a Rovereto (Trento) il 24 marzo 1797 da Pier Modesto, patrizio del Sacro Romano Impero e da Giovanna dei Conti Formenti di Biacesa sul Garda; trascorse la fanciullezza in un ambiente impregnato di virtù patriarcali e religiosità, governato dalla madre, donna intelligente e amorosa che seppe imprimere nel fanciullo quei semi di bontà e religiosità, che più tardi daranno frutto di autentico umanesimo cristiano.

Da giovane si manifesta subito in lui una serietà morale e un'apertura agli interessi culturali con spiccata inclinazione alla filosofia. Nel 1813, a 16 anni, rivela l'inizio di una vera aspirazione ascetica, pur essendo aperto a tutti gli interessi culturali e conoscenze in tutti i campi, scopre che non vi è altra sapienza che in Dio.

Decide di farsi sacerdote vincendo le resistenze dei familiari, che vedevano in lui l'erede del casato. Nel 1816 è all'Università di Padova e si dedica ad ogni specie di ricerca filosofica, scientifica, storica e letteraria; qui conobbe Niccolò Tommaseo che gli resterà amico per tutta la vita, come più tardi nel 1826 avverrà a Milano con Alessandro Manzoni. Viene ordinato sacerdote il 21 aprile 1821.

Antonio Rosmini, spirito straordinariamente ricco di doti, di tendenze universali, d'ingegno vigorosissimo, impostò la sua vita e il suo agire su un principio ascetico: da parte sua vorrà soltanto attendere alla purificazione dell'anima dal male e all'acquisto dell'amore o carità di Dio e del prossimo, in cui consiste la perfezione. Quanto al resto - studio, attività, lavoro, condizione di vita - non sceglierà da sé, questa o quella attività, fosse pure un'opera di carità, ma lascerà a Dio di indicargliela attraverso le circostanze esteriori “esaminate al lume della ragione e della fede”. È il principio cosiddetto di “passività” o di “indifferenza” che comporta una costante disposizione interiore a volere unicamente e totalmente ciò che vuole Dio.

Nel 1821, ancora giovane sacerdote, gli viene da Maddalena di Canossa, l'invito a dar vita ad un Istituto religioso, ma egli non si sente pronto e solo nel 1827 a Milano, capirà che è giunto il momento.

Il 18 febbraio 1828, egli è solo sul Monte Calvario di Domodossola a preparare le Costituzioni del nascente Istituto e attende che Dio gli mandi compagni, che arriveranno man mano nel tempo; l'Opera si chiamerà “Istituto della Carità” che avrà come base il professare la carità ‘universale', ossia la carità spirituale, intellettuale e corporale, per il bene del prossimo ed ai religiosi si chiede di essere disposti a qualunque opera venga loro affidata.

Nel 1828, Pio VIII approva l'Istituzione, incoraggiandolo a dare precedenza allo scrivere per influire utilmente sulle coscienze scosse dalle teorie scaturite dalla Rivoluzione Francese, dall'ordine imposto da Napoleone Bonaparte, dalla Restaurazione, dal clima anticlericale imperante. Dal 1823, egli però era nel mirino dell'Austria perché a Rovereto, pronunciando un discorso per il defunto papa Pio VII, dichiarò il suo Amore per l'Italia; per gli austriaci era un infido ‘carbonaro'.

Nel 1830, pubblica la sua prima grande opera filosofica “Nuovo saggio sull'origine delle idee”. Mentre i confratelli crescono di numero guidati personalmente da Antonio Rosmini, egli nel 1832 dà inizio alla Congregazione delle ‘Suore della Provvidenza' con le stesse basi ascetiche dell'Istituto della Carità; essi vengono richiesti ormai da molte scuole, iniziando così l'opera dei “maestri” e “maestre” rosminiane.

Rosmini viene nominato parroco a Rovereto, ma per l'aperta ostilità del governo austriaco verso di lui, dovrà andare a risiedere a Milano. Nel frattempo, i suoi religiosi partono per l’Inghilterra e l’Irlanda e successivamente per gli Stati Uniti e Nuova Zelanda.

Nel 1838 papa Gregorio XVI approva le Congregazioni nominando Antonio Rosmini come Superiore Generale, mentre continuava la sua opera di scrittore fecondo che conciliava il pensiero tradizionale con il pensiero moderno.

Nel 1839 pubblica “Nuovo saggio” e il “Trattato della coscienza morale”. Cominciarono per lui le prime contestazioni degli avversari che accusavano le sue dottrine come contrarie alla fede e alla morale. Intervenne il Papa stesso imponendo il silenzio a Rosmini ed al superiore dei Gesuiti, suo contraddittore. Il Manzoni, che da laico lo difendeva, lo definì “una delle cinque o sei più grandi intelligenze, che l'umanità aveva prodotto a distanza di secoli”.

Il governo piemontese di Carlo Alberto, in un momento difficile della prima guerra d'indipendenza, decise di inviare come plenipotenziario a Roma dal Papa, proprio il Rosmini di cui era noto il prestigio. Pio IX, nell'agosto 1848, l'accolse con affetto e stima, annunciandogli la porpora cardinalizia per il dicembre successivo, ma a novembre scoppiò la rivoluzione e Pio IX fu costretto a fuggire a Gaeta, chiedendo a Rosmini di seguirlo.

Con l'ostilità sempre presente dell'Austria, però si crea un clima sfavorevole per lui, tanto più che poco prima era stato pubblicato il suo libro “Delle cinque piaghe della santa Chiesa”, frutto di un ardente amore per la Chiesa, sui pericoli che minacciavano l'unità e la libertà della Chiesa e indicandone i rimedi. Ma il libro, allora, venne letto con ben altra visuale.

Il Papa, preoccupato per le ombre che si addensano sulle sue dottrine, nel 1849 lo esorta per iscritto a “riflettere, modificare, correggere o ritrattare le opere stampate”. Nonostante la sua disponibilità a ‘correggere', due suoi libri vengono messi all'Indice nel giugno 1849.

Rosmini rientra a Stresa nel 1849, per raggiungere i suoi confratelli e continua a guidare le due Congregazioni; scrive la sua opera più alta la “Teosofia”.

Gli avversari riprendono ad attaccarlo fino a costringere Pio IX a far esaminare tutte le opere di Rosmini. L'esame, svoltosi presso la Congregazione dell'Indice finisce nel 1854, si conclude con la sentenza definitiva di assoluzione. Papa Pio IX, presente alla seduta conclusiva, escama: “Sia lodato Iddio, che manda di quando in quando di questi uomini per il bene della Chiesa”.

Ma ormai il grande filosofo e fondatore, profeta disarmato e ubbidiente, è malato e consumato dai molti dolori. Muore il 1° luglio 1855, a 58 anni.
Il suo pensiero scritto, però, non ebbe ancora pace.

Nel 1888, vengono esaminate le ultime due opere, non ancora esistenti nella precedente inchiesta e vengono condannate dal Sant'Uffizio, con 40 proposizioni dei suoi scritti precedenti, con il DecretoPost obitum (1887). Solo nel 2001, la Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede sul valore dei decreti dottrinali concernenti il pensiero e le opere del Rev.do Sacerdote Antonio Rosmini Serbati chiarì che «si deve riconoscere che una diffusa, seria e rigorosa letteratura scientifica sul pensiero di Antonio Rosmini, espressa in campo cattolico da teologi e filosofi appartenenti a varie scuole di pensiero, ha mostrato che tali interpretazioni contrarie alla fede e alla dottrina cattolica non corrispondono in realtà all’autentica posizione del Roveretano» (n. 6).

Papa Benedetto XVI ha proclamato Antonio Rormini “beato” il 18 novembre 2007.

 

2. "Vedrete Rosmini sugli altari"

Sono molte le citazioni del "nostro benedetto Padre Rosmini"[1] che si incontrano negli scritti e nella parola di Don Orione. Sono stati in parte raccolti e commentati dal Remo Bessero Belti, rosminiano, con il titolo Il Beato Don Luigi Orione ammiratore di Rosmini.[2]

Don Orione confidò "Avevo letto in quei giorni la vita in grande di Antonio Rosmini. Avevo allora 26 anni"; questo mentre era a Noto nel 1898 (Parola XI, 125).

Nel 1934, a confratelli e chierici, quasi a giustificarsi, Don Orione spiegò: Nomino il Rosmini dinanzi a voi con gioia, riverenza e rispetto, ancora da molti sconosciuto per pregiudizi di scuola, anche, sepolto, è, direi, calpestato, ma il suo sepolcro fa sentire con i miracoli che ancora egli vive”.[3]

E ancora: “Io parlo spesso di Rosmini e, con questo, prego credere che non sono' rosminiano', benchè da 35 anni legga Rosmini e benchè Rosmini lasci sempre una profonda impressione nel mio spirito”.[4]

"Ricordatevi la frase di uno dei più grandi filosofi italiani. Egli diceva che LA PREGHIERA È LA PIÙ ALTA FILOSOFIA. Chi parlava così era l’eretico Rosmini!".[5]

Don Orione inculcò il principio della duttilità nell'esercizio della carità e si appoggiava sull'esempio del Rosmini: "Ricordo di avere letto nella vita del Rosmini... piissimo e dottissimo, profondo conoscitore del cuore umano e cristiano ed educatore di prima  forza, Rosmini dunque scriveva ai suoi rosminiani che aveva inviati a fare del bene non solo ai cattolici, ma ai protestanti  d’Inghilterra: «Io vi supplico e vi scongiuro in visceribus Christi di farvi è di rendervi inglesi (e nel fare e nel modo e nello spirito, di rendervi inglesi per la carità di Gesù Cristo, e non solo nella lingua e nei costumi, ma in tutto ciò che non è peccato evidente; in ciò che fosse solo un male dubbio, fatevi inglesi per l’amore di Gesù Cristo e per le anime  e così convertirete l’Inghilterra»".[6]

Più volte ritornò sul concetto che un giorno Rosmini sarebbe stato rivalutato per il suo valore e la sua santità.

Il 30 gennaio 1938, non esitò ad affermare: “un giorno lo vedrete all'onore degli altari”. “Don Antonio Rosmini, che i più giovani di voi mi auguro possano vedere innalzare sugli altari, è una delle figure sacerdotali più pure, più illibate e più sante che Iddio non solo ha dato all'Italia, ma anche alla Chiesa. Rosmini fu perseguitato in modo che non si può dire! Più andrete avanti, più studierete, più vedrete le cose non con le passioni degli uomini, ma alla luce di Dio ”.[7]

Ad ascoltare queste ultime parole, al Paterno di Tortona, c'era anche Don Pierino Stefani, il quale ricorda che Don Orione guardò proprio lui mentre pronunciava queste parole, sapendolo del Trentino come Rosmini. "Il 18 novembre 2007, si è compiuto quanto Don Orione predisse", ha affermato Don Pierino Stefani nella sua testimonianza durante la trasmissione Cristianità di RAI International.

 

2. La prima Regola orionina del 1904 come la Regola rosminiana

La prova più chiara di quanto Don Orione guardasse con devozione a Rosmini e da lui attingesse ispirazione per sé e per la sua songregazione è il fatto che le prime Costituzioni manoscritte della nostra “Opera della Divina Provvidenza”, del 1904, ricalcano e meglio sarebbe dire copiano la “Regola dell'Istituto della Carità” fondato dal Rosmini e approvata nel 1839. Proprio a inizio ‘900, quando infuriava la polemica e il sospetto “liberale” contro il Rosmini, rilanciato nel delicato contesto del modernismo, Don Orione, per dare forma alla sua ispirazione carismatica, riprese e rilanciò i pilastri della spiritualità rosminiana.

Ricordo bene come, dopo che in un numero della rivista orionina “Messaggi di Don Orione” del 2004[8] furono pubblicate Prime regole manoscritte de "L'Opera della Divina Provvidenza" nella versione integrale, il Bollettino Rosminiano Charitas[9] osservò subito che la prima Regola della congregazione "L'Opera della Divina Provvidenza" corrispondeva in gran parte alla "Regola dell'Istituto della Carità, approvata nel 1839 da Gregorio XVI".[10]

Riportiamo il risultato del confronto.

N. 1. - La Congregazione l`Opera della Divina Provvidenza" dedicata al Nostro Redentore Gesù Cristo, alla beata sempre Vergine Maria, a S. Giuseppe - Patrono della Chiesa - al Beato Arcangelo Michele, ai Beati Apostoli Pietro e Paolo e a tutti i Santi, si compone di fedeli cristiani, che accesi di ardente desiderio del discepolato dello stesso Divino Maestro e Signor nostro Gesù Cristo, confortandosi e aiutandosi a vicenda attendono alla propria santificazione.

Le variazioni riguardano solo il titolo "Istituto della Carità", san Giuseppe, perfezione.

 Il n. 6 è identico.

 

Riportiamo il n. 7: Ciò nonostante, affinché coloro che sono legati dai predetti impedimenti non siano privati di quel vantaggio che loro potrebbe venire dall'ascrizione alla Congregazione, e siano di aiuto alla medesima nell'esercitare le opere di carità, parve ottima cosa lo stabilire che questi fedeli cristiani, quelli cioè che lo desiderano e lo domandano venissero stretti alla Congregazione col vincolo dello spirito e colla comunione dei beni spirituali, e che quelli fra essi che bramano con tutta l'anima la perfezione e sarebbero disposti di fare i voti, se fosse loro dato, si tenessero come "Figli adottivi"; che tutti gli altri poi che hanno buon nome si chiamassero Ascritti all'Istituto, ossia "Terziari".

La variazione riguarda solo la parola "Congregazione". Don Orione adotta in pieno la struttura del nostro Istituto, senza modifiche: religiosi, figli adottivi, ascritti.

 Quasi identici sono anche i nn. 8,9,10,11,12,13,14,15,16,17 che riguardano il noviziato e il periodo della formazione.

 Quasi identici anche i nn. 18,19,20, 21 riguardanti il voto di povertà. Il 22, riguardante il voto castità, il 23,24,25 e 1126 che riguardano il voto di ubbidienza.

 Rimandiamo ad altra occasione un approfondimento. Qui ammiriamo ancora una volta il disegno della Divina Provvidenza. Negli anni di maggiore oscuramento della figura di Rosmini un santo riceveva in dono i pilastri della sua spiritualità perché divenissero le fondamenta anche della sua.

 

 

[1] Scritti 91, 352.

[2] Quaderno monografico n.72 della rivista “Messaggi di Don Orione, 1989.

[3] Parola VI, 188.

[4] Parola VIII,  53.

[5] Parola VI, 156.

[6] Scritti 32, 10.

[7] Parola, VIII, 66.

[8]Messaggi di Don Orione”, n. 113, 2004, p. 77-86.

[9]Charitas”, 2004 (78), n.6, p.169.

[10] Il tema dell’intima relazione tra spiritualità e Regola rosminiana e orionina è stato successivamente documentato e approfondito magistralmente da Fernando Fornerod in La legge dell’amore. L’influsso della spiritualità del Beato Antonio Rosmini in San Luigi Orione e sui testi fondazionali della Piccola Opera della Divina Provvidenza (1899–1912) [Velar, 2021].

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