Santa figura di laico orionino, un protgonista della nascita e dello sviluppo del Piccolo Cottolengo Genovese.
Link: CHE GRAN COSA ? L'UOMO PERCH? TE NE RICORDI! Frammenti di antropologia orionina (F. Peloso)
Domenico Isola nasce a Genova l' 8 agosto 1884, da famiglia benestante. Frequenta il ginnasio guadagnandosi ogni anno una borsa di studio per i brillanti risultati conseguiti. Al termine dell' anno scolastico 1903 il giovane Isola consegue la licenza presso il liceo Colombo e successivamente si iscrive all'università, scegliendo la facoltà di medicina. Come pubblico riconoscimento per i suoi risultati di ricercatore viene prescelto a frequentare per un triennio la clinica medica diretta dal celebre professore Edoardo Maragliano, rettore dell'università e senatore. Nel 1909 Domenico Isola si laurea in medicina e chirurgia e l'anno successivo, il 29 ottobre 1910, sposa Angela Ginevra Poggi, dalla quale avrà una bambina.
Nel 1915 il prof. Isola è volontario in guerra con il grado di tenente medico, non per sentimenti militaristici, ma per scrupoloso senso del dovere. Porta la fondina priva di arma e incita i suoi collaboratori sanitari con lo slogan: "Noi combattiamo facendo del bene". Ricollocato in congedo, riceve l'incarico dell'insegnamento all'università di Pisa.
Tuttavia, essendosi rifiutato di prestare giuramento di fedeltà al regime fascista, è costretto a lasciare ogni attività didattica e ospedaliera. Siamo nel 1927: per il prof. Isola si prospettano anni difficili.
A 48 anni vive unicamente della libera professione, nello studio di piazza Alimonda, a Genova. Ed è proprio qui che nel settembre del 1933 si presenta un giovane ragioniere, Enrico Sciaccaluga, per sottoporre al professore una proposta inconsueta e temeraria. Per incarico di don Orione, che Isola conosce appena di nome, gli viene chiesto se accetta di assumere la direzione sanitaria dell'Istituto Paverano che don Orione sta per rilevare dall' amministrazione provinciale di Genova. Il professore resta un momento assorto in se stesso: conosce bene quell'Istituto genovese, sa che è una accozzaglia di povere donne alienate, tuttavia accetta in modo incondizionato.
Il 10 dicembre 1933 Domenico Isola inizia la sua stretta collaborazione con don Orione come direttore sanitario dell'Istituto Paverano, conosciuto in città con il nome di Piccolo Cottolengo.
Ben presto emergono le sue eccezionali qualità umane e professionali che l'insigne professore profonderà per tutto l'arco dei trent' anni di servizio.
Per il rispetto ai malati, non ammette ritardi o negligenze nei propri collaboratori. Stabilisce questa norma: "Alle ore 8 indosso il camice e comincio la visita. Se ci siete (medici e suore), bene, altrimenti vado da solo". E così fa davvero, ogni giorno. Mette in evidenza anche un altro aspetto della sua personalità: l'umanità e l'amabilità verso il malato. li suo aggirarsi per i reparti è sistematico e puntuale, nelle vesti sia di clinico impegnato nella diagnostica e nella terapia sia in quelle dell' apostolo che cerca di capire e consolare.
Sotto la spinta di un simile direttore sanitario, il Paverano progredisce rapidamente. Vengono aperti nuovi reparti e acquisite apparecchiature mediche all'avanguardia. Nel corso degli anni il Paverano diventa punto di riferimento nell'ambito delle strutture sanitarie genovesi per l'alto profilo scientifico e qualità dei servizi.
In occasione delle secondo conflitto mondiale, nelle notti del 7 e 15 novembre 1942, l'Istituto viene colpito ripetutamente da bombe incendiarie. Il prof. Isola segue in prima persona l'esodo delle sue ricoverate che trovano asilo nelle istituzioni orionine di Tortona, Montebello della Battaglia e Villaromagnano.
Circa tre anni dopo, a conclusione del periodo di belligeranza, il Paverano è di nuovo in condizioni di accogliere le ricoverate. Domenico Isola rinnova con energia, passione e competenza la sua opera come direttore sanitario.
La ripresa della vita ospedaliera, dopo la fine di un conflitto che ha sconvolto il Paese, fa scattare la molla del rilancio del Paverano per un più attento recupero dei malati di forme mentali. La realizzazione di questo programma trova attuazione in un nuovo padiglione oligofrenico inaugurato nel marzo 1954, fornito delle migliori attrezzature.
Per il prof. Isola arrivano i riconoscimenti ufficiali: Pio XII, per le sue benemerenze nel campo della carità, lo fregia della Commenda S. Gregorio Magno. Nel 1958, in occasione del XXV del Paverano, gli vengono assegnati dall' amministrazione pubblica il Grifone d'oro e la Croce d'oro.
A seguito della morte della moglie, avvenuta il 3 febbraio 1959, il prof. Isola rinuncia a ogni attività esterna, disdice ogni contratto con ditte e società e si stabilisce definitivamente al Paverano, dove d'ora in poi vivrà a tempo pieno. Da questo momento la sua vita e la sua giornata sono scandite dai ritmi della grande famiglia, alla quale, con il suo inseparabile camice bianco, si associa perfino nei momenti di preghiera comunitaria.
Il12 maggio 1962 è colpito improvvisamente da ictus cerebrale. La mano gli cade sul foglio dove sta stendendo di suo pugno la cartella clinica dell' ultima ricoverata, accolta da poche ore. Muore in povertà alcuni giorni dopo, il 18 maggio.
Ha chiesto di venir sepolto con il suo bianco camice di medico. Egli, sempre umile, discreto, schivo di onori e di pubblici riconoscimenti (ha voluto che le sue decorazioni venissero appuntate sulla bandiera dell' Opera don Orione) ha solo il desiderio di dover vestire per l'eternità la sua divisa di medico, conscio di averla sempre portata con onore.
Tumulato provvisoriamente nel cimitero di Staglieno, il 23 febbraio 1964 vede compiersi l'ultimo desiderio: la salma riceve sepoltura privilegiata nella chiesa del Paverano, nella celletta che lui stesso aveva scavato con le sue mani lungo la parete della navata sinistra, in previsione di tale evento.
Il prof. Isola conobbe personalmente don Luigi Orione quando prese la direzione dell'Istituto Paverano, nel dicembre del 1933. Tra i due si instaurò immediatamente una amicizia fondata sulla reciproca stima e collaborazione.
Nel corso della sua lunga attività passata nell'Istituto Paverano (circa trent'anni), l'insigne psichiatra incontrò molte volte don Orione, il quale, di passaggio a Genova, non mancava mai di far visita ai ricoverati del Cottolengo. I due si mantennero in costante contatto, come dimostrano le lettere in nostro possesso.
Nello scrivergli, don Orione lo chiama "caro professore e amico" e non manca mai di ringraziarlo per il suo servizio di carità e scienza a favore dei poveri.
Il 21 settembre del 1935, in occasione delle nozze d'argento del professore, don Orione gli scrive queste commoventi parole: "Io pregherò sempre per Lei, caro Benefattore mio e dei miei poveri del Piccolo Cottolengo Genovese; e confido che Iddio vorrà ascoltare la umile mia voce, non per i miei meriti, che proprio non ne ho, ma per la Sua grande bontà di Padre Celeste; e perché imploro su di Lei, sulla Sua distinta Signora e Famiglia, le divine retribuzioni, che il Signore sempre dà, e copiosamente dà, a quelli che, come Lei, caro Signor Professore e Amico, si danno a curare e a lenire i dolori dei poveri, che sono i prediletti di Dio. Non mi basteranno mai le parole per dirle tutta la mia profonda gratitudine: Dio benedica a Lei, alla Signora e alla Loro Casa. Ad multos annos! Con cuore di amico e devozione di beneficato" (ADO, Posizione "Isola Domenico").
Anche dal Sudamerica, dove nel frattempo si è recato in occasione del suo secondo viaggio missionario, don Orione si ricorda dello stimato amico. L' 8 agosto 1936 gli invia da Buenos Aires gli auguri per san Domenico, che è ormai passato da quattro giorni, per cui chiede di "accordargli tutte le benevole attenzioni". Quindi prosegue: "Quel giorno non è passato senza che davanti al Signore ricordassi Lei e la Sua Famiglia, e Lo pregassi di largamente ricompensarLa dei benefici che io e i! Piccolo Cottolengo abbiamo da Lei. E vorrei vivere un po' di quel fervore e santità di San Domenico per fare scendere su di Lei e Suoi Cari tutte le grazie e consolazioni spirituali e temporali che Ella ben merita. Guardi Iddio al mio cuore e al mio vivo desiderio, e mi conceda di poterLe, in vita e dopo morte, dimostrare la mia profonda gratitudine. Mi permetto di abbracciarLa con affetto e con animo pieno di riconoscenza" (ADO, Posizione "Isola Domenico").
In risposta ad una lettera che il prof. Isola gli aveva spedito agli inizi del maggio 1935, don Orione il 15 dello stesso mese, gli scrive: "Chiarissimo e Caro Sigr. Professore, non Le so esprimere quanto piacere mi ha fatto la graditissima Sua del 2 maggio. Deo gratias! Siano grazie a Dio, ma anche siano grazie a Lei, caro Sigr. Prof. Isola, e a quanti La coadiuvano, animati da quel Suo spirito alto, che è amore ai miseri, che è fede, che è scienza e bene. Dio La ricompensi largamente, e La conforti in codesto apostolato di intelligente bontà!
Questo povero prete, che Le scrive, non potrà mai dirLe la gratitudine profonda che sente verso di Lei, Sigr. Professore, né ha la possibilità di darLe una retribuzione che, anche di lontano, valga ad esprimere quanto apprezza la Sua illuminata e quotidiana fatica. Ma sopra di noi, è Dio, i! grande Padre dei poveri e di quanti soffrono: Dio, che tiene conto anche del bicchiere d'acqua, e che ha detto "tutto quello che fate ai più umili e ai più poveri, lo avrò come fatto a me". Parole divine, che nessun altro, fuori di Cristo, disse mai, e che basterebbero a far sentire la eccellenza della nostra fede e la divinità del Cristianesimo. Mi permetta, Caro Professore e Amico, di abbracciarLa, e di dirLe che Le voglio bene come a fratello dolcissimo. Dio La benedica!" (Scritti 115,45).
Sono parole che esprimono i sentimenti profondi e sinceri di don Orione nei riguardi della nobile figura del prof. Isola, il quale, per sua stessa ammissione, era stato conquistato dall'esempio del santo Fondatore per i poveri e i sofferenti.
Nel 1948, in occasione del primo processo diocesano per la canonizzazione di don Luigi Orione, fu raccolta anche la testimonianza preziosa del prof. Isola che qui riportiamo nei suoi passaggi più importanti
"Io ebbi occasione di conoscere il Sacerdote Don Luigi Orione il l° dicembre 1933, allorquando egli celebrò la S. Messa inaugurale nell'Istituto di Paverano, di cui io avevo assunto il giorno stesso la dire- zione sanitaria. Considero quel giorno come il più fortunato della mia vita ... Tra le svariate opere di carità suscitate da Don Orione, ho veduta particolarmente l'inizio e lo sviluppo del Piccolo Cottolengo in Paverano ed ebbi la sensazione precisa che la Provvidenza assecondasse in modo quasi prodigioso tale sua opera. Tale era anche l'opinione di illustri personaggi per scienza, per virtù e I per cariche e dignità civili ed ecclesiastiche. Si può dire che ogni progresso edilizio, ogni restauro, ogni nuovo impianto del Paverano sia legato ad un benefattore che trovò conforti nella parola, nel consiglio e nell' aiuto di Don Orione ...
La vita di Don Orione fu tutta dedicata alla conquista dei beni eterni; le sue opere erano tutte pervase della intenzione di servirefedelmenteaDio, dipiacere unicamente a Dio. Era sempre sereno, particolarmente negli eventi difficili e nelle avversità. Egli si abbandonava completamente alla Provvidenza Divina, lieto di lottare e soffrire per amore di Dio, per il bene del prossimo e per la salvezza delle anime. Una nota eminente della sua anima era l'amore del prossimo che esercitava con ogni più delicato accorgimento, con benigno compatimento, con ineffabile dolcezza e mansuetudine, particolarmente a favore dei più poveri, dei più disgraziati, dei cosiddetti rifiuti della società, ai quali apriva il suo cuore e la porta delle sue case di carità e per i quali si adoperava in grande dedizione ed umiltà, fino a definirli "i nostri padroni" ...
Identica carità dimostrava anche verso coloro che gli erano avversi, che gli avevano procurato dolori ed amarezze. Con gli ammalati era paterno, affabile, consolatore, particolarmente delicato ed affettuoso verso coloro che in pericolo di vita erano lontani da Dio ...
Durante le sue visite al Piccolo Cottolengo s'interessava di tutto quanto concerneva l'assistenza dei ricoverati, si soffermava alletto di ciascuno, ascoltando tutti, confortando, consigliando e benedicendo, pronto ad assecondare ogni giusto desiderio di ciascuno, a provvedere ai bisogni di ogni singolo. Con noi medici era affettuoso e veramente paterno, accettava con entusiasmo ogni proposta che potesse tradursi in un vantaggio per i poveri, anche se impegnasse spese e sacrifici da parte dell'Opera...
Don Orione amava vivere in grande umiltà e si rallegrava quando le avversità intralciavano i suoi progetti, ritenendole come mandate da Dio, perché esercitasse l'umiltà ...
Don Orione era assai ricercato e desiderato dai sofferenti che spesso lo chiamavano alloro letto di dolori. Tutti traevano dalla sua visita e dalla sua parola motivo di alto conforto morale, a cui non rado si accompagnava un sensibile miglioramento fisico; qualche volta tale miglioramento fu così netto, spiccato e deciso da far pensare che qualche cosa di prodigioso si fosse operato per l'intercessione di Don Orione.
A me personalmente occorse un fatto che ha in sé qualcosa d'insolito, di sorprendente. Ero affetto da oltre un mese da una paurosa infezione alla mano destra e ai bordi della mano in corrispondenza dell'estremo prossimale dello e del 5° metacarpo erano due focolai di suppurazione dai quali gemeva sempre secrezione, nonostante avessi ricorso alle cure più efficaci. Un giorno in cui Don Orione doveva giungere a Genova mi recai con un ottimo e pio amico alla stazione principale per incontrarlo. L'amico, particolarmente devoto a Don Orione, lo pregò di adoperarsi perché io guarissi e potessi prendere l'uso della mia mano. Don Orione appoggiò la sua mano destra sul dorso della mia mano, elevò lo sguardo al cielo e recitò una preghiera. E poi aggiunse: "Questa mano guarirà presto". Alla sera stessa io rinnovai, come facevo ogni giorno, la medicazione alla mia mano e con somma sorpresa notai che le due aperture, da cui sempre gemeva pus, erano chiuse da crosticine di colore sanguigno. Palpai attorno alle crosticine e non sentii dolore; anche la mano era un po' meno gonfia. L'indomani volli rinnovare la medicazione. Le crosticine erano ancora alloro posto e la mano non doleva ed era molto meno gonfia. Nel dubbio che sotto le croste potesse raccogliersi pus, mediante una pinza le asportai e potei notare che dalle lesioni non usciva più pus, ma solo goccioline di sangue. Da quel momento il processo di guarigione iniziò in modo netto e decorse con modalità normali...
Sono convinto che Don Orione in vita ed in morte sia stato un esempio luminoso di bontà, di pietà, di apostolato ed abbia condotto sulle vie del Signore una innumerevole turba di sbandati, tra cui io stesso mi trovavo, allorché ebbi la somma ventura d'incontrarlo e di essere accolto ra le sue braccia" (Summarium, 275-279).
Per saperne di più
• ISOLA DOMENICO, Singulti e sorrisi, Scuola Tipografica S. Giuseppe, Tortona, 1943.
• ISOLA DOMENICO, La mia spada di guerra, Scuola Tipografica S. Giuseppe, Tortona, 1947.
• ISOLA DOMENICO, Post nubilia Phoebus, Scuola tipografica Il giovane italiano, Borgonovo Valtidone, 1955.
• ISOLA DOMENICO, "Il cuore di Don Sterpi visto da un medico", La Piccola Opera della Divina Provvidenza, giugno 1947, 14-16.
• PENSA CARLO, "In morte del Dott. Prof. Isola Domenico, Direttore Sanitario del Piccolo Cottolengo di Don Orione, Genova", Atti e Comunicazioni della Curia Generalizia della Piccola Opera della Divina Provvidenza, marzo-aprile 1962, 48-50.
• PENSA CARLO, "La luminosa figura del Prof. Domenico Isola in una lettera del Rev.mo Direttore generale", La Piccola Opera della Divina Provvidenza, giugno 1962, 104-105.
• (ANONIMO), "Il testamento spirituale del Prof. Domenico Isola di Genova", La Piccola Opera della Divina Provvidenza, giugno 1962, 117.
• (ANONIMO), "Don Orione all'amico Prof. Isola", La Piccola Opera della Divina Provvidenza, gennaio-febbraio 1964, 8-9.
• ZAMBARBIERI GIUSEPPE, "Il Prof. Domenico Isola ritorna al suo Paverano", La Piccola Opera della Divina Provvidenza, marzo 1964, 3-7.
• ZAMBARBIERI GIUSEPPE, "Mi metterete nella bara con il mio camice bianco", Don Orione, luglio 1987,27.