La prima esplorazione per la presenza della Congregazione fu ad opera di Don Gaetano Piccinini nel 1935.
La prima residenza a Swansea, nel Galles, è del 1936. Lasciato il Galles nel 1948, si inizierà a Londra nel 1949.
Il 9 sett.bre 1935, Don Orione scriveva dall'Argentina a Don Sterpi: “Vi mando una lettera di don Piccinini, al quale oggi ho telegrafato di venire a Novi, per poi ritornare in Inghilterra: è necessarissimo [sic] mettere il piede in Inghilterra”.
Il primo sacerdote orionino che si stabilì in Gran Bretagna a svolgere apostolato tra gli immigrati italiani fu Don Adriano Calegari, e dopo di lui, alla fine del 1936, Don Luciano Pesce Maineri.
Un articolo della Piccola Opera del Marzo 1937 fornisce molti interessanti dettagli. Innanzitutto chi erano gli italiani presenti nell'isola?
“Contrariamente a ciò che si può credere, pochi sono gli italiani minatori. I primi a emigrare, nel secolo scorso, spinti da gravi necessità economiche, fecero il viaggio a piedi con l'organino sulle spalle e, suonando, raggruzzolarono di che vivere durante il lungo cammino e pagar la traversata della Manica. A Londra, o continuarono a girar la manovella o si trasformarono in cuochi, poiché l'arte culinaria, nel paese di cinque pasti, è più gustata che conosciuta. Da Londra, in seguito, si diramarono per tutta l'isola e tanti appena migliorate le loro condizioni, si costituirono indipendenti, aprendo dei negozietti ove ancor oggi si fabbricano e si vendono agli inglesi saporite specialità italiane, come gelati, caffè e latte, dolciumi; o si friggono pesce e patate ( fish and chips ), di cui quella gente è assai ghiotta. Si tratta insomma tirare a campà. ” Ancora negli anni 60' del secolo scorso molti identificavano gli italiani come venditori di gelati.
Ma la lontananza dall'ambiente familiare creava problemi: “In quanti casi, purtroppo, per questi pur necessari affari si è passato in secondo piano o addirittura dimenticato il primo degli affari: quello dell'anima!” […]”
“Chi additò allo zelo di Don Orione questo ancora incolto campo di lavoro, fu un caro, sincero amico della Congregazione, il quale aveva avuto occasione di costatare de visu e con tanta pena come in quel gregge lontano si andasse sempre più diradando il numero delle pecorelle fedeli alla voce del pastore, alle tradizioni avite” L'anonimo autore, forse per rispettare la confidenzialità, non lo nomina: sappiamo che si trattava del Dott. Pietro Migone, di ottima famiglia Genovese, amica e benefattrice di Don Orione. Pietro Migone, al termine della sua carriera diplomatica, si ritirò a Dublino, con la moglie e le due figlie, ma continuò ad ammirare Don Orione, del quale aveva, dai suoi tempi in Argentina, un'insigne reliquia, che custodiva con vera venerazione. Alla sua morte, nel 1994 la donò alla nostra comunità di Dublino.
Si iniziò nel Sud Galles, ove il Console Italiano di Cardiff sollecitava che si aprissero delle scuole per insegnare la lingua patria ai bambini.
Alla fine del 1936, Don Adriano doveva tornare in Italia e in una lettera del 12 dicembre raccomandava il suo successore, Don Luciano. “[Egli] saprà comprendervi, amarvi e beneficarvi in Cristo. Mi separo da voi ricordandovi ancora una volta che il primo degli affari, l'affare sommamente più importante ( the first business ), è quello dell'anima.”
Descrivendo il viaggio e l'arrivo del nuovo sacerdote, l'articolo dice: “Un altro nostro sacerdote lascia Tortona e attraversa la Manica. In quelle torbide acque egli lanciò una medaglietta della Madonna della Guardia, benedetta da Don Orione. … E la protezione di Maria su questa nuova impresa non poteva mancare. Lo dimostrarono i fatti: quel Figlio della Provvidenza riuscì facilmente a varcare le frontiere del Regno Unito e, superate non poche difficoltà, dissipata quell'atmosfera di diffidenza e di sospetto da cui egli si sentiva avvolto, poté prender piede e iniziar la sua opera”.
“Fu fissata la residenza a Swansea, la seconda città del Sud Galles. […] Ma quel che più importava era di aprirsi dei varchi, penetrare, correre in soccorso del gregge sperduto, andare in cerca delle pecorelle smarrite” L'entroterra di Cardiff e di Swansea consiste di valli costellate di paesi abitati, allora, in gran parte, da minatori; la zona era ricchissima di carbone. I sacerdoti orionini incontrarono buona accoglienza dallo stesso arcivescovo cattolico di Cardiff che apprezzava il servizio reso ai suoi diocesani italiani. Anche da parte delle autorità civili vi era rispetto e stima. Poco era il contatto con i non cattolici, la maggioranza, in quella zona soprattutto Metodisti. Ma le difficoltà non si facevano attendere: “ Poco mancò, un giorno, che il nostro missionario non venisse cacciato in prigione e poi rimpatriato perché creduto uno spione travestito da prete al servizio del governo italiano!”. Il Governo Mussolini, dapprima visto con una certa simpatia, era diventato odioso agli inglesi: era in corso, infatti,la conquista italiana dell'Abissinia, condannata dalla Lega delle Nazioni”.
“In Swansea, dunque, e in altri due centri minori, si diede intanto inizio alla scuola per i figli degli italiani: due volte la settimana, a una scolaresca raccogliticcia, d'ambo i sessi che va dai sei ai trenta e più anni di età […] Si posero contemporaneamente le basi di una specie di apostolato circolante: in sette dei più comodi centri di affluenza si è cominciato a tenere periodicamente funzioni religiose per gli italiani. Si avvisano per tempo, si raccolgono, si celebra per loro, si predica in italiano, si confessa e si fa la distribuzione della buona stampa. Poi si va in cerca di loro, tra i piani e i monti, ora brulli, ora coperti di una vegetazione intristita dai fumi del carbone, in questa vasta regione – non sempre nebbiosa, ma sempre e ovunque umida a causa del clima piovigginoso. […] E, dove abitano, o dove lavorano, si visitano periodicamente, confortando i buoni, stimolando gli altri e portando a tutti la parola di vita eterna, il consiglio, il balsamo della fraterna carità cristiana: quand'è il caso, provvedendo anche ai bisogni morali degli individui delle famiglie. Quanto bene, per grazia di Dio, si è potuto già fare!”
L'apostolato ‘ambulante' non si poteva fare senza un mezzo di trasporto: “Dopo aver ottenuta la relativa patente, egli [il sacerdote] ha acquistato, con l'aiuto di anime buone, una piccola automobile, a condizioni di favore. […] L'ha benedetta, ha posto sul vetro anteriore una immagine della Madonna della Guardia … e via!” Su e giù per le valli. Sempre in movimento, come voleva e faceva Don Orione.
Nel marzo 1937, il bollettino “La Piccola Opera della Divina Provvidenza” dava ulteriori notizie dell'apostolato degli Orionini in Gran Bretagna, e precisamente a Swansea, nel Galles. L'importanza, per Don Orione, e per la Congregazione, di questa fondazione, si evince anche dal fatto che due soli mesi dopo, l'edizione di maggio, dedicava più di due pagine, su un totale di 16, a un articolo uscito dalla penna di Don Luciano Pesce-Maineri, che intanto era succeduto a Don Adriano Callegari nella conduzione della missione, soprattutto a favore degli italiani emigrati in quella regione. Scrive don Luciano: “ Le Sacre Missioni Pasquali, predicate nei principali centri del Sud Galles, sono terminate, e posso infine dedicare un'intera giornata al lavoro da tavolino, e sbrigare la corrispondenza accumulatesi in questo frattempo, sullo scrittorio ”.
Nel missionario vi è anche un po' di comprensibile nostalgia del paese natio: “ Dell'Italia, ho i più soavi e dolci ricordi. Rivedo ancora su quella banchina della stazione il volto caro e sereno di Don Sterpi..., quello di molti miei confratelli coi quali ho diviso le fatiche e le gioie dell'apostolato, e infine una sessantina di visetti paffutelli: sono i miei birichini, membri delle associazioni giovanili di S. Michele ”. Si riferisce alla parrocchia di San Michele Arcangelo, Tortona.
Il viaggio era stato lungo; quasi 24 ore in treno fino alla Manica, poi il primo incontro con la classica nebbia, allora comune, specie in autunno: “ Eccomi imbarcato sul piroscafo che deve attraversare la Manica. Il continente sparisce ai miei occhi in una fitta cortina di nebbia. Lancio uno sguardo indagatore sul mare cupo, quasi a scoprire sul fondo la medaglietta della Madonna della Guardia seminatavi lo scorso anno da Don Adriano”. Per una grazia particolare, la nebbia scompare: “La costa inglese appare, in un insolito bagliore di luce e di sole: il biglietto di presentazione della Divina Provvidenza ”.
Giunto a Londra, don Luciano ha un'altra bella sorpresa: “ Poco prima di arrivare alla stazione “Victoria”, faccio conoscenza con un religioso Passionista inglese, il quale, saputo che son diretto alla chiesa italiana di Londra, si precipita sulle mie valigie, paga il facchino e mi introduce in una grossa macchina che lo attendeva alla stazione: prima che io abbia il tempo di balbettare una sola parola…”.
Alla chiesa italiana, San Pietro, di Clerkenwell Road, tenuta dai Padri Pallottini, ove l'anno precedente Don Gaetano Piccinini era stato in missione esplorativa, vi è don Adriano ad attenderlo. L'incontro commovente tra i due religiosi, rincuora don Luciano, che si prepara ad adattarsi al nuovo clima, nuova cultura, nuova mentalità. “ A dire il vero, per alcuni mesi sono passato di meraviglia in meraviglia, e ho dovuto acquistare come una seconda natura, per seguire il consiglio del grande Rosmini, il quale, scrivendo ai suoi religiosi che stavano fondando le prime case della Congregazione in Inghilterra, li esortava a farsi inglesi in tutto ciò che non fosse contrario al buono spirito religioso . […] Questo popolo ha una tradizione millenaria, che ha creato le generazioni consce della propria ricchezza e indipendenza ”.
Don Adriano Callegari era a Swansea dalla fine del 1935. Il 16 dicembre 1937 scrive a don Sterpi: “ ‘ Padre Luciano'- come ormai lo chiamano qui, ha già percorso in lungo e in largo, in mia compagnia, la vastissima zona del nostro apostolato, ne ha conosciuto i principali centri e gran parte degli italiani che vi abitano e lavorano, ha preso contatto, ovunque bene accolto, con l'autorità religiosa e col clero locale, nonché col Console Italiano, ed ha potuto così già mettersi alacremente al lavoro per continuare l'opera che Deo adiuvante , era stata da me alla meglio iniziata”. In calce, Don Luciano aggiunge: “Un po' sconfortato per le difficoltà, ma sempre fiducioso nell'aiuto della Divina Provvidenza, Le chiedo la sua Santa Benedizione ”.
Un esempio dell'opera di Don Luciano è dato da una locandina, conservata nell'Archivio, per il mese di maggio 1937: “ Ai cari italiani di Cardiff e di Swansea. Avvicinandosi il mese dedicato alla Madonna, nostra cara Mamma, tesoriera di tutte le grazie, ho pensato di farvi cosa gradita nel sostituire, in questo bel mese, la solita istruzione religiosa settimanale, con un sermoncino mariano , ricco di esempi edificanti […] Vi attendo tutti .”
In una lettera del 10 maggio 1937, a Don Sterpi: “Ho avuto occasione di avvicinare nuovamente marinai italiani. L'armatore Andrea Costa di Genova, ottimo e caritatevole cristiano, saputa la mia presenza a Swansea, mi fece scrivere, pregandomi di recarmi a bordo di una sua nave mercantile che avrebbe sostato a Swansea alcuni giorni, affinché assistessi religiosamente i marinai e li facilitassi nell'adempimento del precetto pasquale. Il capitano, precedentemente preavvisato dall'armatore, mi accolse benissimo, mi pregò di parlare alla truppa, e mi consegnò una sterlina per la mia opera, per conato dell'Armatore ”.
Con squisita coerenza, don Luciano si preoccupa di spiegare ai suoi lettori come il frequente riferimento al tempo nella conversazione e anche nei saluti, rivela il senso innato di ottimismo della popolazione. “ Sovente si dice: bella giornata, “lovely morning today”, anche se pioviggina o l'aria è pregna di nebbia. Per gli inglesi è sempre bello il tempo, purché non piovano cani e gatti, come dicono loro ”. E conclude: “ In questa terra, dunque, la Divina Provvidenza ha voluto piantare una delle sue tende, e tante prove dà ogni giorno della sua materna protezione [..]. Il mio lavoro qui, come già sapete, è l'assistenza religiosa degli italiani in una regione più vasta del Piemonte, e la scuola ai loro figlioli. La mia abitazione, un piccolo locale in affitto. Finisco chiedendo a quanti hanno cara la Piccola Opera della Divina Provvidenza, l'aiuto delle loro preghiere anche per questa missione d'Inghilterra ”.
Don Luciano Pesce Maineri, succeduto a don Adriano Callegari nel 1937, si mise alacremente al lavoro nella vasta missione che comprendeva tutto il Sud Galles e anche la zona di Bristol, dall'altra parte dell'estuario del fiume Severn. Gli sforzi e le fatiche apostoliche però logorarono presto il sacerdote, tanto che nell'estate del 1938 si manifestarono segni di stress e di esaurimento, e dovette rientrare in patria.
Preoccupato e sempre attento alla salute fisica e mentale dei suoi figli, Don Orione lo destinò inizialmente a Villa Moffa di Bra, sotto la cura di Don Giulio Cremaschi, il fidato padre maestro dei novizi: “ Tortona, 20 Sett.bre 1938 - Caro Don Cremaschi, la grazia di Dio e la sua pace siano sempre con noi! Ti accompagno Don Pesce Maineri, che mando alla Moffa perché riposi e si rimetta in salute. È uno dei nostri Sacerdoti migliori, e potrà anche aiutarti in qualche cosa. Benedica Iddio a te e a tutti. Aff.mo in G. Cr. e Maria SS. D. Orione d. D. P.”
Il 7 ottobre successivo, vuole sapere come don Luciano sta:” Gradirò notizie di Don Pesce Maineri e della Casa. Saluto, conforto e benedico te e tutti.” E tre giorni appresso: “ Avrei bisogno di conoscere come sta Don Pesce Maineri: scrivimelo.“
Don Luciano Pesce Maineri era nato a Callao, nel Perù, da famiglia ligure, nel 1905. Entrò in Congregazione nel 1930, già ragioniere e sacrificando una carriera sicura. Don Orione, che personalmente lo aveva invitato, lo circondò di speciale stima e di premure. “ Non sarà un santo sacerdote – avrebbe detto un giorno di Lui – ma un sacerdote santo”, a indicare in qual conto lo tenesse.
Nell'estate del 1935, durante il viaggio esplorativo di Don Piccinini in Gran Bretagna, Don Orione scrive a don Sterpi, dall'Argentina. Si tratta di trovare uno o due religiosi adatti ad assumere la nuova missione.
“ I° giorno della Novena ” (della Madonna della Guardia, 20 agosto): “ Ho scritto a don Piccinini che egli non abbia fretta di lasciare l'Inghilterra, ma di là disponga tutto pel San Giorgio ( Don Piccinini era preside del Collegio) , - perché vorrei, (se si combina qualche cosa in Inghilterra), che egli aspettasse chi va là ad iniziare quel lavoro. Forse potrebb'essere anche buono Pesce Maineri, ma è non è ancora sacerdote; come insegnante però potrebbe già fare, a parte quella sua fissità.
Se si trattasse solo di mettere la, per ora, un maestro, mi pare potrebbe andare”. Come in Italia si è cominciato, senza che avessimo la Messa, (Don Orione si riferisce alla sua esperienza personale, avendo fondato il primo colleggetto quando era ancora chierico e al fatto che anche ai chierici dava incarichi di responsabilità) - forse si potrebbe cominciare anche là tanto più che non si porta la talare in Inghilterra. Quanto a serietà ed attaccamento alla Congregazione e a saper fare con i giovani, mi pare che andrebbe. Sarebbe forse anche un salvarlo dalla guerra, che certo non resisterebbe alla guerra in quel clima - Ma gli daranno il passaporto? Scrivetemene. Mando a don Piccinini questo nome, - anche perché non saprei come sostituire gli altri due. E dico a don Piccinini, che, trovandosi egli là, pensi un po' chi ci sarebbe d'altri da poter mandare .”
E il giorno seguente, un altro giudizio positivo. Don Orione vorrebbe inviare due dei suoi migliori sacerdoti, don Silvio Parodi, o don Angelo Bartoli (“ gli altri due ”), ma come sostituirli? Pensa quindi a un chierico: “ Io non saprei proprio chi mandare, quantunque molto desideri metterci in Inghilterra. Non si potrebbe per intanto, mandare il ch.co Pesce Maineri? Egli è serio, sa trarre i ragazzi, è pio ed attaccato alla Congregazione”.
Con queste ammirevoli credenziali, che don Luciano godeva già da chierico, non è difficile costatare come appena il soggiorno a Villa Moffa iniziò a dare buone speranze di ripresa, Don Orione lo destinò ad un'altro luogo similmente salubre ma anche ricco di possibilità apostoliche: il Santuario della Madonna del Mirteto, in Ortonovo, alle pendici delle Alpe Apuane, nella diocesi della Spezia, che don Orione aveva accettato nel 1933: “ Il Santuario è della Madonna Addolorata. E' una Madonna che al tempo di Lutero ha pianto. Ci sono tutti i documenti del prodigio operato dalla Madonna. Si vedono ancora bene i segni del pianto” ( Riun., 1, 125).
In un pro-memoria del 13 novembre, don Orione annota: “ Don Pellicciotti mi ha detto che don Pesce ad Ortonovo non sta bene - Che però è rassegnato”.
Già il 21 dicembre, Don Luciano è al lavoro nella cura dei chierici e probandi presenti, e una nuova opera. Don Orione scrive:“ Caro don Pesce, la grazia di Dio e la sua pace siano sempre con noi![…] Tu corri troppo: hai già cominciato un Ricovero; penso che lo stato di salute, nel quale sei venuto a trovarti, provenga, in parte, dal volere fare subito e subito tutto. Un passo per volta, ma facciamo che, ciò che si fa, sia fatto bene .
Pochi giorni dopo don Orione consiglia moderazione: [ Tortona] 28 dic.bre 1938-XVII - Caro don Luciano, la grazia del Signore e la sua pace siano sempre con noi! Ricevo la gradita tua del 26 c., e sono lieto di ogni tua buona notizia e dell'andamento delle cose: di tutto, Deo gratias! Per altro sento di doverti pregare di non correre, di non correre. Per ora non parliamo dell'acquisto del fabbricato, - se a Dio piacerà, si farà anche quello, - e sarà cosa che verrà più facilmente, quando l'asilo cammini bene, con soddisfazione del popolo.[…] Sta attento, caro don Luciano, che non sei in Inghilterra: parecchi che ti diranno: noi facciamo, noi facciamo! Poi verranno a farsi pagare, - vedrai!”.
A Swansea, intanto, era ritornato don Callegari, che si trattenne fino all'estate del 39. La guerra, che Don Orione già intravedeva nel 1935, scoppiò nel frattempo. Le ostilità belliche e il cambiamento alla guida della Diocesi nel Sud Galles determineranno la fine della prima fase dell'Opera in Gran Bretagna. Ne parleremo in un futuro articolo.
Abbiamo già raccontato come, nel 1938, Don Luciano Pesce Maineri dovette ritornare in Italia per motivi di salute. A sostituirlo Don Orione inviò nuovamente don Adriano Calegari. Nell'estate del 1939, Don Adriano si trovava in Italia, quando scoppiò la seconda guerra mondiale. In un suo scritto del 1948, che inviò ai Superiori come “pro-memoria”, racconta la storia della missione nel sud Galles e come avvenne che, terminata la guerra, non si poté riaprire e continuare. Ecco parte del suo esposto:
“1938 - Don Orione manda ancora Don Calegari su quel campo di lavoro perché mantenga la posizione e continui quell'attività, in attesa che o Don Pesce, ristabilito in salute, o altri vada di nuovo a rilevare quel posto avanzato. Lo stesso Don Calegari dovrebbe, nel medesimo tempo, studiare la possibilità di dare inizio a una casa vera e propria della Congregazione, sede di una iniziale piccola comunità religiosa dedicata in un primo tempo alla educazione dei figli degli emigrati poveri, e in seguito anche alla gioventù protestante povera.
Luglio 1939 . Don Calegari, dopo un altro anno di attività, torna temporaneamente in Italia allo scopo di incontrarsi con Don Orione, dargli relazione del lavoro svolto, chiedergli personale in aiuto e sottoporgli il progetto d'acquisto di una casa e terreno alla periferia di Cardiff (Withchurch), ottima occasione segnalata da un gruppo di emigrati benefattori, che sarebbero anche disposti a sovvenzionare l'operazione. […]”.
Agosto 1939 – Don Orione comincia a designare personale da destinare al Sud Galles, ma lo scoppio delle ostilità belliche tra Germania e Polonia, con l'intervento della Gran Bretagna e della Francia, blocca Don Calegari in Italia ”.
Impossibilitato di rientrare nel Regno Unito, a don Calegari viene affidata la direzione del Poste Vaticane, che la Congregazione aveva da poco assunto. Infatti, nel febbraio del 1940, con grande gioia di Don Orione, era stato affidato ai religiosi orionini il centralino telefonico vaticano. Poco dopo gli orionini assunsero anche la direzione delle Poste, che mantengono accora oggi. Continua don Calegari:
“ Luglio 1946 . A guerra finita Don Calegari, avendone subordinatamente espresso il desiderio, torna all'apostolato, dopo aver dato le consegne dell'Ufficio in Vaticano a Don Di Clemente e, con “passaporto di servizio” della Segretaria di Stato di S. S. e indulto della Concistoriale (un dicastero vaticano), viene ancora inviato nel Galles Inglese per una prima visita perlustrativa, allo scopo di studiare la possibilità di riprendere il lavoro già tanto felicemente iniziato prima della guerra.
Mentre tutto sarebbe favorevole a questa ripresa, e la stessa autorità civile inglese, su commendatizia della S. Sede e garanzia dell'Ambasciata Italiana di Londra, concede, dopo pochi mesi, il permesso di residenza permanente a Don Calegari, il nuovo Arcivescovo di Cardiff (S. Ecc. Mons. Mostin morì nel 1946) nega le facoltà di ministero adducendo motivi e movendo rilievi che hanno tutto il carattere del pretesto, e infine conclude che non ha bisogno del nostro apostolato avendo la possibilità di disporre a tal fine con clero locale …., come aveva già detto da Vescovo di Menevia dieci anni prima. Egli ha inoltre mosso l'accusa a Don Calegari di essere stato a suo tempo un agente del governo fascista in Gr. Br. (mentre Don Calegari aveva allora fama diametralmente opposta a causa proprio della sua prudenza), nonché di essersi dedicato alla raccolta di denaro (cosa che Don Calegari si guardò sempre dal fare ben sapendo quali suscettibilità avrebbe urtate!).
Settembre 1947 – Don Calegari, che nel frattempo è stato ancora in Italia per riferire ai Superiori e alla S. Sede, e riceverne istruzioni – istruzioni che poi in pratica non son valse a mutare l'atteggiamento dell'Arcivescovo di Cardiff, seguito, dopo qualche tempo, dal Vescovo di Bristol, che già aveva confermate tutte la facoltà e assicurato il suo appoggio per l'avvenire – viene visitato a Cardiff da Don Piccinini, Assistente Generale alle Opere della Congregazione, e visitatore delle case del Nord America e …. della eventuale tenda mobile del Sud Galles Inglese. Questi riesce a farsi ricevere in udienza dai due presuli, ma con esito purtroppo negativo. […]
Aprile 1948 – Con lettera dell'8 di questo mese, il Console Generale d'Italia a Londra propone alla “Piccola Opera”, rivolgendosi alla Casa Madre delle “Piccole Missionarie della carità”, di rilevare la cura dell' Ospedale Italiano di Londra. E le suore, senza aver interpellato il nostro Direttore Generale (la proposta accennava pure agli “Orionini, che aspirano ad aprire una casa a Londra”), rispondono che mancano di personale. Sarebbero bastate due suore con l'aiuto di infermiere cattoliche inglesi, facilmente reclutabili sul luogo!
Proporrei , innanzi tutto, di ritirarci, per ora, dal Sud Galles, e: - se la congregazione dispone di personale idoneo e in numero sufficiente , rilevare l'Ospedale italiano di Londra. Sarebbe necessario, in questo caso, che io o altri si recasse subito a Londra per iniziare trattative, tenendo al corrente, beninteso, i Superiori ”.
Così termina “l'esposto” di Don Adriano.
Nel Sud Galles non si ritornò e dell'Ospedale Italiano a Londra non si fece alcunché. Ma la Provvidenza mirava, misteriosamente, a uno sviluppo inaspettato dell'Opera. Infatti, passò appena un anno, quando nell'aprile 1949 Don Paolo Bidone approdò a Londra, reduce da un'avventurosa fuga dall'Albania, è iniziò a progettare la nuova fase della Opera in Inghilterra, che si concretizzò nel 1952 con l'apertura della Fatima House a Londra, per uomini anziani, la prima di tante opere. Questa nuova fase continua a fiorire oggi, ed è stata la madre, in un certo senso, dello sviluppo dell'Opera di Don Orione in Giordania, in Kenya e India.