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Messaggi Don Orione
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Autore: Angelo Bonetti

Il rapporto devoto e ammirato di Mons. Giovabattista Montini con il Santo della Divina Provvidenza, nato in giovinezza, consolidato a Milano, espresso durante il pontificato a Roma.

Le tre fasi del loro rapporto.

Tra i santi di cui Giovanni Battista Montini più si è occupato, parlandone abbondantemente in molte occasioni, c’è don Orione, canonizzato da Giovanni Paolo II lo scorso 16 maggio 2004.
Don Orione, fondatore della “Piccola Opera della Divina Provvidenza” (Orionine) era nato a Pontecurone nei pressi di Voghera il 23 giugno 1872 ed è morto a San Remo il 12 marzo 1940. Fu lo stesso Paolo VI a dichiararlo ‘venerabile’ il 6 febbraio 1978.
Giovanni Paolo II lo proclamò ‘beato’ il 26 ottobre 1980 e poi ‘santo’, come si è detto, lo scorso 16 maggio.
La Congregazione dei Padri di Don Orione è presente anche nel bresciano, e precisamente a Botticino sera, nella casa che fu del Seminario di Brescia fino agli anni ’70.

Dei rapporti tra don Orione e Paolo VI ricorderò brevemente tre fasi: quella ‘giovanile’, quella ‘milanese’ e quella ‘romana’ (pontificia).

 

Il periodo giovanile

Montini conobbe personalmente don Orione a Genova in un incontro del 18 maggio 1927, al ‘Piccolo Cottolengo’.

Di quell’incontro il futuro Paolo VI ricorda: «Parlò con un candore così semplice, così disadorno, ma così spirituale, che toccò anche il mio cuore. Rimasi meravigliato di quella trasparenza spirituale che emanava da quest’uomo così semplice e umile». Erano per Montini gli anni dell’apostolato giovanile alla FUCI. In quegli anni ebbe altri incontri con don Orione, di carattere personale ed epistolare.

La Rivista della Piccola Opera della Divina Provvidenza, “Messaggi di Don Orione”, al n. 3/2001, segnala un interessante articolo dal titolo: La carità nascosta di Mons. Montini (PP.65-74), nel quale si dà notizia di un carteggio inedito tra Montini e don Orione: sono una dozzina di lettere che il futuro Papa indirizza al futuro Santo che hanno quasi tutte per argomento l’aiuto a sacerdoti in difficoltà – "lapsi” come erano chiamati allora – da sovvenire e indirizzare al bene.

È indelicato riprodurre l’esatto contenuto di tali lettere. In ogni caso fu per suggerimento dello stesso mons. Montini che don Orione fondò una apposita casa per questo scopo e Montini la sostenne concretamente con cospicue somme in più riprese. (Cfr. lettera del 2 agosto 1929).

Lo stesso Paolo VI confermò l’intensità e la frequenza di questi rapporti ‘giovanili’ con don Orione con queste parole del 31 maggio 1972: «Lo vidi più di una volta quando venne a trovarmi in Segreteria di Stato e non avrei mai finito di discorrere con lui perché sentivo proprio in lui un’anima speciale, uno spirito singolare, un santo… e speriamo un giorno di poterlo proclamare tale da questa basilica!».

Quel giorno è arrivato, anche se a canonizzare don Orione è stato il suo successore Giovanni Paolo II.

 

Il periodo milanese

Quando Montini divenne Arcivescovo di Milano (1954) don Orione era morto da una quindicina di anni. Ma l’Arcivescovo di Milano si ricordò di lui e delle sue opere visitandole numerose volte. Troviamo tutti i discorsi pronunciati dall’Arcivescovo in queste occasioni in Discorsi e scritti milanesi (a cura dell’Istituto Paolo VI, Brescia 1997). Un approccio più facile è possibile: G.B. Montini, Nove discorsi agli Amici di don Orione, in  La c’è la provvidenza (a cura del Piccolo Cottolengo, Milano 1964, pp.3-82).

Di questi discorsi cito alcune frasi significative del primo, tenuto il 31 maggio 1955:
«Io penso a che cosa confluisce in una casa di Don Orione (…) quali sono le radici di questo albero che va grandeggiando e fronteggiando di nuove opere e tante altre ancora ne promette e che ha dato a questa sua opera la sua capacità multiforme, si direbbe oggi polivalente.
Questa sera, passando per i reparti testé visitati, abbiamo visto tutte le età e condizioni: nihil a me umani alienum puto: questa è la capacità del cuore di Don Orione, questo il programma delle sue opere: niente e nessuno gli è estraneo. Questo grande alveare raccoglie ogni miseria e la trasforma in carità, accoglie ogni bisogno e vi riversa ogni bontà e lo fa salire come incenso profumato, come preghiera che veramente commuove il cielo e dal cielo viene in pioggia di grazie in Divina Provvidenza che feconda tutto questo lavoro foriero di nuovi sviluppi».
L’occasione di queste parole era stata l’inaugurazione di un nuovo padiglione del “Piccolo Cottolengo” di Milano, appoggiato anche alla parrocchia di san benedetto che si trovava allora alla estrema periferia della città.

 

Il periodo romano

Durante i quindici anni del pontificato continuarono i rapporti tra Papa Paolo VI, la Congregazione da Lui fondata e gli “Amici di don Orione”. Negli  Insegnamenti di Paolo VI 1963-1978  sono riportati una decina di interventi su don Orione e la sua Opera.

Sono da ricordare soprattutto le espressioni contenute nel discorso agli “Amici di Don Orione” di Milano per l’avvio della ‘Casa del Giovane’ presso la già citata parrocchia di San Benedetto. Era il 30 novembre 1963:
«Non mi resta che esprimere l’intensa gioia di quanti condividono la stima per le opere di Don Orione: Voi sacerdoti, che appartenete alla sua famiglia, voi suore che date vita a questi trionfi della carità, voi benefattori che siete larghi del vostro aiuto e sostegno. Appare sempre più che non solo queste opere si affermano, crescano, giganteggiano davanti a noi, ma palpitano e risplendono dello spirito che le sorregge, lo spirito di don Orione, diciamo meglio, lo spirito di Cristo. Egli ama tutti gli indigenti, li assiste nelle loro necessità, suscita energie, risorse e mezzi là dove non sembrerebbero, umanamente parlando, possibili. (…) È la vivezza di questo spirito, la fiamma di soprannaturale ardore che guida le gesta di don Orione che deve allietarci tutti e ci sprona ad implorare l’aiuto divino per l’istituzione nascente a Milano e per tutte quelle che verranno nel nome benedetto di questo pioniere, di questo araldo dell’amore cristiano, a coronare il grande rigoglio di apologia evangelica da Lui promosso. Senza dubbio le promettenti fatiche ci daranno non soltanto la consolazione di vedere, ma anche quella di partecipare all’impresa con l’insigne apostolo della carità come discepoli, come seguaci, anche noi benedetti da Dio».

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