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Messaggi Don Orione
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Nella foto: Don Orione con il gruppo dei Chierici armeni. Roma - Sette Sale, maggio 1929.

Visita di Papa Francesco il 24-26 giugno 2016. La vicenda dei 70 orfani di quel popolo martire accolti da Don Orione a Rodi. Chamlian e Dellalian divennero sacerdoti orionini.

“Il Santo Padre va in Armenia soprattutto per incoraggiare la comunità cattolica armena ed esprimere tutto il suo sostegno a questo popolo”, ha affermato oggi 21 giugno, nella Sala Stampa della Santa Sede, il Direttore P. Federico Lombardi, durante il briefing per illustrare il programma dell’imminente Viaggio Apostolico in Armenia (24-26 giugno 2016).

Già l’anno scorso, Papa Francesco, il 12 aprile 2015, durante la celebrazione in San Pietro del centenario del “Metz Yeghern” (grande male) del popolo armeno, ebbe parole chiare e vibranti di solidarietà verso il popolo armeno che suscitarono grandi entusiasmi e polemiche. In quell’occasione usò il termine “genocidio” per definire quel terribile massacro degli armeni. C’era, e c’è ancora, chi, come in Turchia – nega il concetto e addirittura punisce chi usa la parola “genocidio” per definire l’uccisione di 1.500.000 armeni presenti nel territorio turco nel 1915.

Con la visita in Armenia la vicinanza umana e religiosa del Papa si fa presenza, abbraccio e comunione spirituale. È l’ultimo atto di solidarietà della Chiesa cattolica a sostegno di questo popolo dopo il “Metz Yeghern”.

"Avendo davanti ai nostri occhi gli esiti nefasti a cui condussero nel secolo scorso l'odio, il pregiudizio e lo sfrenato desiderio di dominio, auspico vivamente che l'umanità sappia trarre da quelle tragiche esperienze l'insegnamento ad agire con responsabilità e saggezza per prevenire i pericoli di ricadere in tali orrori".
Lo ha detto papa Francesco nel primo incontro del 24 giugno 2016 con le autorità civili e il corpo diplomatico nel Palazzo presidenziale di Erevan, dopo aver ricordato il massacro degli Armeni di un secolo fa.
E, per trarre lezioni dalla storia, bisogna anzitutto conoscerla. Il primo risultato della visita di Papa Francesco è quello di popolarizzare i dati essenziali di quello che fu il primo “genocidio” del XX secolo, negato ancora dalla Turchia e da altri stati moderni; il parlamento della Germania lo ha riconosciuto solo il 1° giugno scorso. Le deportazioni ed eliminazioni di armeni, perpetrate dall’Impero ottomano tra il 1915 e il 1916, causarono circa 1,5 milioni di morti.

 

LA CONGREGAZIONE ORIONINA E I 70 ORFANI ARMENI ACCOLTI A RODI

Questo evento coinvolge anche la nostra Congregazione orionina perché in anni lontani, ma non dimenticati, nel 1925, una settantina di orfani armeni, salvati dal “Metz Yeghern”, furono accolti da Don Orione nell’Istituto di Rodi (vedi foto qui sotto). Otto di quegli orfani seguirono Don Orione come chierici e due – Giovanni Dellalian e Pietro Chamlian – divennero sacerdoti.

Personalmente, vivo la visita del Papa in Armenia con una attualizzazione affettiva di quelle vicende ravvivata dalla relazione con la figlia Katerina di uno di quegli otto giovani chierici armeni: Bergi Benliyan. Conobbi Katerina 7 anni fa e fu grande la sua e mia emozione nel riannodare insieme ricordi e documenti di una bella vicenda umana e religiosa. In occasione della celebrazione del centenario dell’inizio del genocidio armeno, il 12 aprile, abbiamo condiviso il ricordo di quei tragici eventi e anche la parabola di umanità scritta da Don Orione nella quale entrò anche il papà Bergi. Nella foto qui allegata, Bergi Benliyan è assieme alla mamma Maria, nonna Kalé e sorella Saké, alla vigilia della sua partenza da Costantinopoli, nel settembre 1925.

“Mio padre si chiama Bergi Benliyan era nato il 15 agosto del 1914 a Varna”, informa Katerina. “Viveva a Costantinopoli, nel momento più tragico direi. So che mia nonna vestiva mio padre da bambina per salvarlo, ma ad un certo punto, quando il bambino, il quale frequentava la chiesa cattolica, era in età per essere preso dai turchi e portato nei loro collegi, arrivò il momento di prendere una decisione drastica. In questo Don Orione ebbe un ruolo importante… un certo numero di bambini furono portati dai sacerdoti in Italia.

Bergi Benliyan partì nel settembre 1925 da Costantinopoli per Rodi, e fu nell’Istituto orionino di Acandia, diretto da Don Sante Gemelli. Il 29 giugno 1928, con un gruppetto di giovani aspiranti, partì in nave da Rodi, con soste a Corfù e Brindisi, per giungere a Roma il 3 luglio,  accolto da Don Orione. Il 4 aprile 1929, fece la vestizione con altri 6 chierici armeni (l’ottavo si unirà più tardi). Dall’ottobre 1929, passò al Probandato di  Voghera. Qui ebbe problemi di salute e ritornò a Rodi, ove poi si sposò ed ebbe i figli Ilario e Katerina. Morì a Roma nel 1983.

“I racconti di mio padre di quel tempo erano molti. Rimase sempre legato a tutti voi di Don Orione”. Katerina mi mostra una foto in cui appaiono Bergi ragazzo di 13 anni, la mamma, la nonna e la sorellina. “Il padre di Bergi era uscito di casa e non ne fece più ritorno. Dietro la foto c'è scritto dalla mamma, in armeno: Settembre 1925, domani mio figlio parte per l'Italia ed io non so se lo rivedrò più. Di fatto non lo rivide più. Il giorno dopo Bergi partì per l’Istituto di Rodi, poi andò in Italia con Don Orione”.  
 

La Chiesa si adoperò come poté per la salvezza degli Armeni.  Un gruppo di circa 70 orfani fu ospitato nell’Istituto della Piccola Opera della Divina Provvidenza di Don Orione a Rodi. Fu Mons. Fr. Cirillo J. Zohrabian, su consiglio del senatore E. Schiaparelli, ad affidare nel 1924 all’Istituto orionino di Rodi un gruppo di orfanelli della terribile persecuzione turca contro gli armeni-cristiani.

Otto di quegli orfanelli, in seguito, manifestarono vocazione al sacerdozio. Su desiderio di Don Orione, quegli otto giovani giunsero in Italia, il 3 luglio 1928. Li accolse, a Via delle Sette Sale 22, Don Orione stesso.
Ci espresse la sua contentezza di avere nella sua Congregazione degli orientali nella persona di noi armeni, ci parlò dell’Armenia martire e della recente persecuzione. A pranzo ci fece cantare nella nostra lingua”, ricordò poi uno di quei giovani, don Pietro Sciamlian. Poi diede loro l’abito di chierici, il 4 aprile del 1929. “L’abito sacro era secondo il costume armeno, con fascia rossa. Ci disse tutta la sua gioia – questa volta è don Giovanni Dellalian a ricordare – per un gruppo di chierici armeni che iniziavano a realizzare la sua brama di riportare in Congregazione l’universalità dei riti della Chiesa Romana e quel senso di cattolicità, di cui aveva pieno lo spirito”.

Tra i tanti sentimenti e considerazioni che la visita di Papa Francesco in Armenia susciterà a livello mondiale, giova unire anche una storia come quella della solidarietà e carità di Don Orione vissuta negli anni Venti, che, durante un’udienza del maggio 1929, presentando a Pio XI i suoi chierici armeni, gli fece dire: “Padre santo, in questo momento sono anch’io armeno”. Ed il Papa a lui: “Eh, lo sò: Don Orione omnibus omnia factus ed ora s’è fatto anche armeno”. Questa è la Chiesa e la fede cristiana.

 

LA VISITA DI PAPA FRANCESCO IN ARMENIA, 24-26 GIUGNO 2016.

Il momento civile centrale è stato quando, il 25 giugno, il Papa si è recato al Memoriale di Tzitzernakaberd, la "fortezza delle rondini" per rendere omaggio alle vittime del genocidio armeno. Francesco e il catholicos Karekin II sono stati accolti dal presidente Serzh Sargsyan. Un gruppo di bambini teneva in mano i cartelli dei martiri del 1915 durante la preghiera nella camera della fiamma perenne. Poi il Papa ha incontrato una decina di discendenti dei sopravvissuti, salvati e ospitati a Castel Gandolfo da Benedetto XV.
"Qui prego, col dolore nel cuore, perché non vi siano più tragedie come questa, perché l'umanità non dimentichi, sappia vincere con il bene il male. Dio conceda all'amato popolo armeno e al mondo intero pace e consolazione. Dio custodisca la memoria del popolo armeno, la memoria non va annacquata né dimenticata, la memoria è fonte di pace e di futuro". Sono le parole scritte di pugno dal Papa sul Libro d'Onore del Memoriale del genocidio armeno, da lui firmato al termine della visita.

Il 26 giugno, Papa Francesco è ritornato sul tema dell’ecumenismo nel suo discorso durante la partecipazione, stamattina ad Etchmiadzin, alla Divina Liturgia, in rito armeno, presieduta dal Catholicos, Karekin II, guida della Chiesa Apostolica: “In tutti sorga un forte anelito all’unità, a un’unità che non deve essere né sottomissione l’uno dell’altro, né assorbimento, ma piuttosto accoglienza di tutti i doni che Dio ha dato a ciascuno per manifestare al mondo intero il grande mistero della salvezza realizzato da Cristo Signore per mezzo dello Spirito Santo”. Anche Karekin II ha ispirato la sua omelia agli auspici di unità, riconoscendo gli sforzi di Francesco verso la pace e la prosperità dell'umanità e verso il progresso della Chiesa di Cristo.

Il vescovo cattolico armeno Raphael Minassia, ha affermato che "Il coraggio e la parola del Papa hanno dato voce ad una ingiustizia, senza paura, con purezza e con tutta la semplicità, riconoscendo un fatto che ha provocato dolore ad un popolo intero. Un crimine che non è stato un incidente ma è stato programmato, pianificato. E ciò è avvenuto da parte di governi e responsabili che dovevano garantire sicurezza”.

Il Presidente turco si infuriò quando l’anno scorso, il 12 aprile, Papa Francesco, durante la celebrazione per il centenario del terribile massacro degli Armeni, qualificò come “genocidio” l’uccisione di oltre un milione e mezzo di Armeni. "Le attività del Papa e del papato portano le tracce e i riflessi della mentalità delle Crociate", ha detto oggi ad alcuni giornalisti il vicepremier turco, Nurettin Canikli. "Sbaglia - ribatte il portavoce vaticano, Padre Federico Lombardi - chi nelle parole del Papa vede uno spirito di Crociata. Il Papa non parla per la guerra ma per la pace".

Le affermazioni del Papa sono fondate su dati storici e, poi, è chiaro che Francesco non dice la verità per colpevolizzare qualcuno o per mettere gli uni contro gli altri, ma perché – come ha detto incontrando le autorità civili e il corpo diplomatico - "si moltiplichino da parte di tutti gli sforzi affinché nelle controversie internazionali prevalgano sempre il dialogo, la costante e genuina ricerca della pace, la collaborazione tra gli Stati e l'assiduo impegno degli organismi internazionali, al fine di costruire un clima di fiducia propizio al raggiungimento di accordi duraturi". In particolare, "è di vitale importanza che tutti coloro che dichiarano la loro fede in Dio – ha aggiunto il Santo Padre - uniscano le loro forze per isolare chiunque si serva della religione per portare avanti progetti di guerra, di sopraffazione e di persecuzione violenta, strumentalizzando e manipolando il Santo Nome di Dio".

Don Flavio Peloso
 

VIDEO: L’opera Don Orione in favore degli orfani armeni.

NOTIZIE: Gli orfani armeni, salvati dal “Metz Yeghern”, accolti da Don Orione nell’Istituto di Rodi.

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