Lettera Circolare del 9 gennaio 2005.
VITA RELIGIOSA: AL CENTRO, IN PRIMA LINEA
9 gennaio 2005
Carissimi Confratelli,
Oggi con la festa del Battesimo di Gesù si conclude il ciclo natalizio e siamo introdotti al tempo ordinario di questo anno 2005 da poco iniziato.
Questa lettera circolare intende essere più narrativa, privilegiare alcuni fatti ed eventi significativi della nostra vita di Congregazione.
BUON NATALE! IL TEMPO DI DIO
Innanzitutto, vorrei prolungare il ricordo e gli auguri di un santo e felice Natale e buon Anno 2005! L’augurio giunga a tutta la Famiglia Orionina sparsa nelle 32 nazioni in cui è presente con le sue comunità religiose. L’augurio risuoni nel vasto orizzonte in cui sono presenti i Laici che vivono lo spirito di Don Orione nei loro ambienti di famiglia, di lavoro e di società; giunga a quanti sono oggetto dei nostri affetti e delle nostre cure.
Per la prima volta, nel 2004, è toccato a me, da padre di questa grande Famiglia, fare gli auguri di Buon Natale e di Buon Anno nuovo. L’ho fatto in preghiera e con affetto riconoscente. E anche con un po’ di timore, quel timore di Giuseppe chiamato ad essere padre di un figlio non “suo”, ma “dell’Altissimo”. Anche la nostra Famiglia Orionina è “opera della Divina Provvidenza” e ha Maria quale “madre e celeste fondatrice”. Di questa santa Famiglia, dal luglio scorso, sono il “Giuseppe” di turno, onorato, trepidante e spero, con l’aiuto di Dio, attento e operoso. Tutti, con la nostra storia umile e quotidiana, siamo dentro un piano di Provvidenza che assume e valorizza per più alti fini le nostre persone, le nostre azioni, i nostri progetti e anche le nostre miserie.
Anche il 2005 sarà un “buon anno”. Comunque sia. Qualunque notizia porti il calendario che verrà, sarà un buon anno. Basta, aggiungerebbe Don Orione, che “ogni nostra azione sia una preghiera, ogni nostra opera un sospiro di carità: e poi gli scoraggiamenti e le contraddizioni non ci serviranno che di scala per spingerci più in alto. Quella mano di Dio che ha sempre dolcemente e fortemente guidato i nostri padri e li ha opportunamente soccorsi nei pericoli della fede, non si abbrevierà sulle nostre teste. Che anzi la destra di Dio medesimo vincerà sopra di noi e nessuno di quanti avrà lavorato per il suo Signore sarà confuso in eterno: Deus expugnavit pro te inimicos tuos”.[1]
L’anno 2004 è stato ricco di eventi felici per la Piccola Opera: la canonizzazione di Don Orione, il Capitolo generale, il 50° dell’approvazione pontificia della Congregazione, solo per citare i principali. Un anno indimenticabile.
E ora avanti! Buon Anno 2005!
“Pereunt et imputantur” (le ore passano e ne sarà chiesto conto): queste parole sono scritte sul vecchio orologio a pendolo posto appena fuori della cappella del “Paterno” di Tortona. Questa scritta è lì dai tempi di don Orione. I battiti gravi, cadenzati e regolari del pendolo danno il senso della brevità e dell’inarrestabilità del tempo che scorre. Le nostre ore passano e di esse verrà tenuto conto: in bene o in male.
Il pendolo misura la quantità del nostro tempo e Dio ne misura la qualità. L'orologio che conta le ore e Dio che pesa l'amore ci ricordano che noi siamo creature, servi, figli chiamati a vivere con amore responsabile e non con protagonismo solitario, da padroni di noi stessi e della vita. Il tempo ci è assegnato come dono da investire e non da consumare. “Chi non raccoglie con me, disperde” (Mt 12,30).
“E’ sempre l’ora di fare il bene” ricorda la scritta di un altro orologio tortonese, posto all’ingresso del Centro “Mater Dei”.
“Questo orologio ha contato quasi settant’anni della mia vita religiosa, mi ha detto Don Fausto Santella, quasi 97 anni di età, consegnandomi con devozione e tenerezza il suo orologio da tasca. Me l’ha consegnato Don Sterpi nel 1936. Quante ore ha segnato, tutte per il Signore”.
Anche gli orologi comunicano messaggi.
LA VITA RELIGIOSA: AL CENTRO, IN PRIMA LINEA
Nella mia precedente lettera circolare “Siamo figli di un santo: avanti!”[2] facevo osservare come la canonizzazione di Don Orione abbia contribuito a elevare la stima e la responsabilità per la nostra vocazione che incarna la santità di Don Orione, le sue intuizioni, i suoi valori, i suoi ideali. Ora, in questa lettera, vorrei dire una parola che motivi la stima e la gioia per la vita religiosa che abbiamo abbracciato e attraverso la quale, principalmente – non esclusivamente –, nella Famiglia Orionina è vissuto e trasmesso il carisma di Don Orione.
Dall’enfasi del passato sulla vita religiosa come “stato di perfezione” e “via migliore” e simili, si è passati oggi a un diffuso abbassamento della sua stima come via di santità e di apostolato nella Chiesa. Qualcuno affrettatamente argomenta: è passata l’epoca della vita religiosa; è l’ora dei movimenti. Qualcun altro ritiene che la vita religiosa sarebbe un’anomalia pastorale da superare in favore della struttura ecclesiale centrata su parrocchia e diocesi. Le difficoltà interne alla vita religiosa non mancano e sono note: l’imborghesimento invasivo della vita comunitaria; la perdita della linfa contemplativa in favore di pratiche spirituali di routine o di fervori spiritualistici disincarnati o di un attivismo meramente secolare; il peso enorme delle opere a spese della creatività missionaria e caritativa; l’invecchiamento dei membri in molte nazioni; l’adattamento condiscendente alle forme di vita del modernismo consumista ed edonista anche nei paesi poveri; l’individualismo crescente con una connotazione narcisista e virtuale; e altre.
Si parla di crisi di identità della vita consacrata. Si ricercano nuovi modelli (consacrazione ad tempus, convivenze miste di consacrati/e, laici, sposati, ecc.). Pare che oggi la vita religiosa resti “stretta” tra dinamiche dei movimenti carismatici o di base e vita delle parrocchie.
Qual è il “posto” della vita religiosa nell’attuale contesto della Chiesa? La risposta non può venire solo dall’interrogarci sulla nostra identità ma mettendoci in relazione con la Chiesa e il mondo. Mi pare di individuare due indicazioni sul “posto” della vita religiosa oggi.
AL CENTRO
La vita religiosa, oggi, sta più che mai “al centro” del cammino della Chiesa. Non è un’affermazione enfatica, di importanza, ma esprime la coscienza della “posizione” propria della vita religiosa nel cammino del popolo di Dio. Sappiamo tutti che oggi – anche in politica – il “centro” ha vita difficile, perché sembra non avere una propria identità forte, ben definita, pare oscillante continuamente tra “destra” e “sinistra”.
Nella Chiesa, ci sono oggi tre principali componenti protagoniste: le istituzioni (centrali, diocesane, parrocchiali e le strutture ad esse connesse), i movimenti che esprimono i carismi ecclesiali con molta spontaneità e poca istituzionalizzazione e la vita consacrata (religiosa e secolare, attiva e contemplativa) che include in sé stessa sia carismi che istituzioni.
Dicendo che la vita religiosa sta “al centro” intendo riconoscere che essa costituisce un raccordo di grande tradizione tra le espressioni istituzionali e quelle carismatiche della Chiesa. Tenere l’equilibrio tra carisma e istituzione, tra soluzioni profetiche e comunione istituzionale è il ruolo che sempre ha avuto la vita religiosa. Oggi è chiamata a svolgerlo con nuove necessità e possibilità.
Il documento Vita consecrata, che costituisce la “magna charta” della comprensione teologica, spirituale e pastorale della vita consacrata nella Chiesa oggi, afferma esplicitamente: “Per presentare all'umanità di oggi il suo vero volto, la Chiesa ha urgente bisogno di comunità fraterne»”.[3] E poi spiega: “Alle persone consacrate si chiede di essere davvero esperte di comunione e di praticarne la spiritualità… Nei fondatori e nelle fondatrici 'appare sempre vivo il senso della Chiesa', che si manifesta nella loro partecipazione piena alla vita ecclesiale in tutte le sue dimensioni e nella pronta obbedienza ai Pastori, specialmente al Romano Pontefice”.[4] Riconoscendo la natura carismatica della vita consacrata, il documento osserva che essa “nel quadro della missione profetica di tutti i battezzati, si qualifica in genere per compiti di speciale collaborazione con l'ordine gerarchico. In questo modo, con la ricchezza dei loro carismi essi danno uno specifico contributo, perché la Chiesa realizzi sempre più profondamente la sua natura di sacramento «dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano».[5]
Dunque, la vita religiosa è collocata tra carisma e istituzione. Non è mai stata una posizione facile, stare “al centro”, tanto meno lo è oggi. Eppure, proprio se starà al suo posto, “al centro”, la vita religiosa risulterà quanto mai importante e utile per il bene-essere della Chiesa all’inizio del Terzo millennio, in un epoca che per i suoi forti mutamenti chiede equilibrio tra dinamiche istituzionali e carismatiche.
Quanti guai sono nati quando questo equilibrio è stato perso in favore dell’ipertrofia delle istituzioni o dell’improvvisazione carismatica. La risposta alle grandi crisi della Chiesa è venuta, in molti casi, da santi e ordini religiosi che riequilibravano istanze carismatiche centrifughe dentro una dinamica di comunione col corpo ecclesiale strutturato istituzionalmente.[6]
Insomma, cari Confratelli, voglio dire che quello che talvolta viene presentato come “debolezza” della vita consacrata – l’essere troppo istituzionalizzata, secondo chi ha sensibilità più carismatica, o l’essere troppo carismatica, secondo chi ha visione più istituzionale - è invece il suo punto di forza, di creatività per la coesione e la vitalità della vita della Chiesa. Qui dobbiamo collocarci con le nostre scelte, anche se la sintesi tra istituzione e carisma ci rende incerti e oscillanti perché è da cercare e verificare continuamente.
Il Capitolo generale ha raccolto ed espresso questa ricerca di equilibrio e ci ha chiesto di curarlo con scelte personali, comunitarie e apostoliche. “In forza del carisma, le nostre istituzioni devono distinguersi per apertura e comunione ecclesiale. Vivano in sintonia con il popolo di Dio e siano il più possibile espressione della fede della comunità locale”.[7] Lo stesso nostro carisma di “carità ecclesializzatrice” ci provoca ad assumere il ruolo di “ponte” tra popolo e Chiesa istituzionale, tra le invenzioni e realizzazioni della carità e la comunione “cum Petro et sub Petro” nella Chiesa-sacramento, “nata non a dividere ma ad unificare in Cristo e a dare pace a tutti gli uomini”.[8]
Anche all’interno della nostra Congregazione ci sono religiosi attratti dalla istituzionalizzazione pastorale della vita religiosa e altri, forse i meno attualmente, sono attratti dalla sua concezione più spirituale, movimentista. Per il bene del cammino della Congregazione nel prossimo futuro sarà importante che queste diverse sensibilità si ascoltino, si rispettino, si integrino in un discernimento e cammino comune. Luoghi di questo discernimento comune sono le comunità e le strutture congregazionali (capitoli, assemblee, segretariati, ecc.) e strumenti per il cammino sono i progetti personale, comunitario e apostolico. Compito del governo sarà favorire l’unità, mai pacifica ma vitale. Però non confondiamo questa fatica dell’equilibrio di stare “al centro” come crisi di identità o di unità. E’ giusto il contrario. E vale la pena affrontarla.
IN PRIMA LINEA
Giovanni Paolo II, nel messaggio al Convegno internazionale sulla Vita Consacrata del novembre scorso ha affermato:
“L’apertura - del cuore e dell’intelligenza, prima che delle mani - da sempre ha posto voi, consacrati e consacrate, in prima linea nel compito di rispondere alle povertà di vario genere che segnano le situazioni concrete. Anche oggi, voi dovete essere pronti a dare una risposta alle sfide che vengono lanciate a tutti gli uomini di buona volontà, ai singoli credenti, uomini e donne, alla Chiesa e alla società.
Nel corso dei secoli l’amore per i fratelli, specie per i più indifesi, i giovani e i bambini, per chi ha perduto il senso della vita e si sente rifiutato da tutti, ha spinto i consacrati e le consacrate al dono di sé senza riserve. Continuate a spendervi per il mondo, consapevoli sempre che l’unica misura dell’amore è amare senza misura.
Contagiate con questo amore di predilezione per i più piccoli tutti quelli che incontrate, in particolare i laici che chiedono di condividere il vostro carisma e la vostra missione. Siate sempre pronti ad ascoltare le nuove chiamate dello Spirito, cercando di individuare, insieme con i Pastori delle Chiese particolari dove siete chiamati a vivere, le urgenze spirituali e missionarie del momento presente”.[9]
Il Papa indica che il “posto” dei consacrati e consacrate è “in prima linea nel compito di rispondere alle povertà di vario genere che segnano le situazioni concrete”.
Nel documento Ripartire da Cristo, che proietta la vita consacrata nel III millennio, viene detto che “antiche e recenti fondazioni portano i consacrati là dove abitualmente altri non possono andare. In questi anni consacrati e consacrate sono stati capaci di lasciare le sicurezze del già noto per lanciarsi verso ambienti e occupazioni a loro sconosciuti. Grazie alla loro totale consacrazione sono infatti liberi per intervenire ovunque vi siano situazioni critiche, come mostrano le recenti fondazioni nei nuovi Paesi che presentano sfide particolari, coinvolgendo più province religiose allo stesso tempo e creando comunità internazionali. Con occhi penetranti e cuore grande121 hanno raccolto l'appello di tante sofferenze in una concreta diaconia della carità. Dappertutto costituiscono un legame tra Chiesa e gruppi emarginati e non raggiunti dalla pastorale ordinaria” (n.36).
La Chiesa ha avuto sempre coscienza e riconoscenza per i religiosi che si trovano “agli avamposti della missione”. Ascoltiamo Paolo VI: “Chi non considera l'apporto immenso che essi hanno dato e che continuano a dare all'evangelizzazione? Grazie alla loro consacrazione religiosa, essi sono per eccellenza volontari e liberi per lasciare tutto e per andare ad annunziare il Vangelo fino ai confini del mondo. Essi sono intraprendenti, e il loro apostolato è spesso contrassegnato da una originalità, una genialità che costringono all'ammirazione. Sono generosi: li si trova spesso agli avamposti della missione, ed assumono i più grandi rischi per la loro salute e per la loro stessa vita. Sì, veramente, la Chiesa deve molto a loro”.[10]
Ecco il nostro “posto” nella Chiesa! Ecco la lode che più dobbiamo ambire! Credo che queste parole fanno particolarmente vibrare noi Orionini, perché echeggiano tanti insegnamenti di Don Orione che, almeno idealmente, ci sono cari. Viene alla mente il suo “Dobbiamo andare e camminare coi tempi e camminare alla testa dei tempi e dei popoli… allora toglieremo l’abisso che si va facendo tra il popolo e Dio, tra il popolo e la Chiesa”;[11] o anche “Noi siamo, e dobbiamo essere, gli avanguardisti della Chiesa…”.[12]
Da noi è tradizionale parlare di “audacia apostolica”, di “andare dove altri non vanno”, di “spirito di pronto soccorso”.[13] Ci è spontaneo anche ricordare subito Don Orione “in prima linea” dopo il terremoto della Marsica (13 gennaio 1915, 90 anni fa’, 28.000 morti) e di Messina (28 dicembre 1908, 90.000 morti). Fu “in prima linea” nel dare risposte a molti problemi emergenti della sua epoca: l’elevazione della classe operaia e degli umili figli del popolo, la promozione di classi svantaggiate ed emarginate, l’affermazione della democrazia, il protagonismo dei negri in Brasile, l’unità delle Chiese separate, la riconciliazione delle fratture interne alla Chiesa (modernismo, lapsi), l’evangelizzazione in regioni abbandonate.[14]
All’appello del Fondatore ad essere “in prima linea Pro Providentia!”[15] rispose la nostra Congregazione anche nella sua storia successiva: pensiamo, per esempio, all’epopea della cura dei “mutilatini” e dei “giovani operai” in Italia dopo la 2a guerra mondiale, allo sviluppo educativo e scolastico in Argentina, alla presenza caritativa e missionaria nel Goiàs brasiliano, alla risposta medica e culturale all’handicap data in Costa d’Avorio, al pronto intervento di solidarietà sociale e religiosa nei Paesi del post-comunismo europeo, fino alla presenza “martire” nell’avamposto della “smoking mountain” di Payatas, nelle Filippine.
Sono capitoli di storia passata e presente della Congregazione di cui essere fieri. Ma simili descrizioni si possono leggere di tanti altri Fondatori e Congregazioni di vita religiosa. Davvero, come dice Giovanni Paolo II nel suo più recente documento sulla vita religiosa, il “posto” dei consacrati e consacrate è “in prima linea nel compito di rispondere alle povertà di vario genere”.
Le nostre Costituzioni dedicano ampio spazio al nostro “posto” di religiosi orionini nella missione. Leggiamo almeno l’art. 119:
Dedicati ai poveri e bisognosi vogliamo:
- considerare un privilegio servire Cristo nei più abbandonati e reietti, poiché nel più misero degli uomini brilla l'immagine di Dio;
- accompagnare i poveri nella loro ascesa e promozione umana e sociale assumendo anche la loro condizione: la nostra umile Congregazione religiosa è nata per i poveri e vive, piccola e povera, tra i piccoli e i poveri, fraternizzando con gli umili lavoratori e si propone di attuare praticamente le opere della misericordia a sollievo morale e materiale dei miseri;
- condurre i deboli e gli indifesi al pieno inserimento nel consorzio umano: ogni catena che toglie la libertà ai figli di Dio si deve spezzare, ogni sfruttamento di un uomo su uomo deve essere soppresso nel nome di Cristo; nostro campo d'azione è la carità, però nulla esclude della verità e della giustizia, ma la verità e la giustizia fa nella carità;
- fare dei poveri i protagonisti della propria storia, valorizzandone i doni e le capacità, gli usi e i costumi, la religiosità e le devozioni popolari ed ogni possibile prospettiva di vocazione umana, sociale, ecclesiale;[16]
- trarre dai figli del popolo, specie attraverso la cristiana educazione della gioventù, dei veri rinnovatori della società: un orizzonte nuovo si schiude, una coscienza sociale nuova si va elaborando alla luce di quella civiltà cristiana, progressiva sempre, che è fiore di Vangelo.
Se qualche confratello si sente ferire il cuore al leggere queste parole, si metta a pregare e pensi a come rispondervi personalmente o con la propria comunità. Se c’è bisogno, si presenti al Provinciale, o anche al Generale, per il discernimento e per avere il sigillo dell’obbedienza che l’assicura di “battere le vie della Provvidenza”.
Il nostro 12° Capitolo Generale, ci ha additato “le nuove prospettive della missio ad extra (fuori della propria patria) e della missio ad intra (in patria) con opere di frontiera che rispondono ai bisogni delle nuove povertà e della nuova evangelizzazione”.[17]
La nostra vita religiosa orionina non è in crisi. Dobbiamo però stare attenti noi a non finire spiazzati, “fuori posto”, se non saremo là dove la storia di ieri e di oggi, l’appello del Papa, l’impulso del Fondatore e le Costituzioni ci indicano: “in prima linea”. Per questo il Capitolo, avverte: “In questo momento storico la Congregazione sente il bisogno di una nuova sintesi tra le opere tradizionali e le nuove povertà”. Alle prime indica di riappropriarsi della “qualità carismatica e apostolica” e alle seconde invece, “per le nuove povertà, si aprono scenari e opportunità diverse. Si tratta di trovare nuove soluzioni per rispondere, con interventi meno istituzionalizzati, alla nostra vocazione che privilegia gli ultimi e gli emarginati”.[18]
In questo sessennio, tanto con le opere tradizionali che con nuove risposte sarà importante collocarci “in prima linea” nel rapporto con le povertà, con i problemi della gente e della società, con l’impegno di evangelizzazione. Il Capitolo generale chiede: “Sostenuti dall’esempio di Don Orione, superando ogni paura, se sarà necessario lasceremo quelle case che non esprimono più il carisma per dedicarci alle nuove urgenze: i senza fissa dimora (homeless), gli immigrati precari, gli ex carcerati da reinserire, i ragazzi che hanno abbandonato la scuola, i tossicodipendenti e i malati di AIDS, ecc. Le nostre istituzioni più solide devono aprirsi a forme di pronto intervento per rispondere a tali nuove povertà con iniziative snelle e immediate”.[19]
Se non saremo in questo “posto” (esistenziale e talvolta anche geografico), la nostra vita religiosa non fiorirà. Non perché la Piccola Opera “pianta unica con molti rami” non è vitale, ma perché è fuori posto, non è nel suo terreno. Una palma non dà banane in Polonia, una vite non matura frutto in clima tropicale, il frumento non cresce nelle gelide steppe del nord, la Piccola Opera non si sviluppa in una comoda retrovia. E’ questione di terreno e di clima. La vita religiosa non dà frutti di santità e di apostolato se non “in prima linea”.
In questi primi mesi del 2005, terremo le nostre Assemblee di programmazione. Il momento è opportuno e da non perdere per collocarci “al centro” e “in prima linea” nella vita della Chiesa in rapporto al mondo.
POLONIA: UN ABBRACCIO LUNGO UNA SETTIMANA
Questo quaderno di “Atti e comunicazioni” riporta notizie e documenti del trimestre da settembre a ottobre 2004. Sono stati mesi caratterizzati da un particolare impegno, mio e del Consiglio, nell’incontrare i confratelli e di conoscere la congregazione soprattutto in Europa.
Tutto il Consiglio generale si è trasferito in Polonia il 28 di ottobre, per una visita di prima conoscenza di questa importante porzione di Congregazione. Sono circa 120 i nostri confratelli della Provincia polacca.
Il giorno 29 ottobre, ci siamo riuniti presso il noviziato di Varsavia-Anin (6 novizi) con il Segretariato della Formazione e successivamente con il Consiglio provinciale FDP e anche PSMC.
Il 30 ottobre, ci siamo recati a Lazniew, a un’ora da Varsavia, una delle comunità storiche della Congregazione in Polonia. I confratelli vi operano con una parrocchia, un pensionato per anziani, una piccola struttura per “senzatetto”, una di malati poveri che non possono essere accolti negli ospedali, e una casa per incontri ed esercizi. Qui, abbiamo partecipato alla prima parte della riunione dei Direttori della Provincia, trasmettendo alcuni contenuti del recente Capitolo generale e del prossimo cammino della Congregazione.
Al pomeriggio, ci siamo messi in viaggio per una breve visita a Izbica Kujawska, un Piccolo Cottolengo con 60 disabili psichici adulti.
Il 31 ottobre, domenica, eravamo a Zdunska Wola, il nome più noto delle case di Polonia. Qui iniziò la Congregazione nel 1923. E’ il “Paterno” della Polonia, fin dall’inizio culla delle vocazioni e seminario. Nella grande chiesa parrocchiale è stata organizzata la solenne celebrazione nazionale per la canonizzazione di Don Orione. Ha presenziato il Card. Joseph Glemp che ha tenuto una bella omelia, senza appunti scritti, mostrando di bene conoscere e amare Don Orione. Celebravano altri tre Vescovi e un numeroso gruppo di confratelli e sacerdoti amici.
Dopo la celebrazione, il Cardinale ha inaugurato il Museo storico della Congregazione. Davvero una bella iniziativa, destinata a far conoscere la congregazione all’esterno e a far sentire la storia e l’appartenenza a confratelli, suore e laici, soprattutto ai più giovani. Dalla Curia abbiamo portato alla mostra un indumento di Don Sterpi (andò in Polonia dal 16 al 21 settembre 1937) e, per un anno, il famoso anello di San Pio X che passò da Don Zambarbieri a Mons. Dabrowski a Mons. José Carlos.
Il Card. Glemp si è fermato cordialmente anche a pranzo. Nel colloquio avuto prima della sua partenza, ha assicurato il suo sostegno perché la memoria liturgica di Don Orione venga inserita nel Calendario polacco e anche in quello universale. Il discorso è andato anche su una possibile introduzione della causa di beatificazione dell’arcivescovo Mons. Bronislaw Dabrowski. “Ritengo che ne sia degno. Anche da altre persone e da qualche vescovo ho ascoltato questa proposta”, ha detto più o meno il Cardinale, aggiungendo che, forse, anche per i ruoli pubblici e politici avuti, conviene aspettare ancora un poco di tempo. “Sarebbe importante, intanto, raccogliere testimonianze e scrivere una biografia ben documentata”.
Per la festa di Ognissanti, alcuni dei Consiglieri hanno visitato la casa per i senzatetto di Henrykow e altri sono andati nella nostra grande parrocchia di Wloclawek.
Il 2 novembre, a Kalisz ho presieduto all’inaugurazione dei nuovi laboratori dell’Istituto per ragazzi disabili (fisici e psichici), presenti numerose autorità pubbliche, amici e collaboratori dell’opera. Si rinnova anche in Polonia la strategia apostolica di Don Orione che voleva unite opere di culto (c’è una parrocchia di 24.000 abitanti, con una chiesa grande e bella) e opere di carità. Quasi contemporaneamente nella medesima casa si è tenuta una riunione di coordinamento del MLO, presenziata da Don Lazzaris e Fratel Silanes. A Wloclawek, invece, Don Silvestro e Don Fermin erano presenti per l’incontro di Pastorale giovanile-vocazionale. Nella serata, tutti insieme, sempre a Wloclawek, abbiamo fatto una sosta all’Istituto educativo per ragazze disabili tenuto dalle Suore orionine in Via Lesna 3, ove sorgeva il Piccolo Cottolengo dal quale fu prelevato (7.11.1939) il nostro Beato Francesco Drzewiecki per iniziare la sua via crucis fino al martirio a Dachau.
Alla sera, siamo ritornati a Varsavia, ospiti dell’Istituto di Barska 4. Qui da alcuni anni, sono presenti circa 70/80 ragazzi minorenni in un percorso educativo alternativo al carcere. Opera splendida per la serenità, l’ordine e la familiarità che si respira tra questi ragazzi segnati da tanti e gravi problemi.
Il giorno 3 novembre, ci siamo divisi per altre visite a nostre comunità: al santuario-parrocchia di Rokitno, alla casa per anziani di Branszczyk, alla parrocchia e all’Hospicjum per malati terminali di Wolomin, alla casa per senzatetto di Czarna.
Il 4 novembre ci siamo divisi. Fratel Silanes è tornato in Italia. Don Lazzaris, Don Morabito e Don Fermìn sono andati a visitare i Confratelli in Bielorussia (Pinsk, Lahiszyn, Jwanawa, Kobryn). Io e Don Silvestro ci siamo traferiti in Ucraina, ove c’è l’avamposto orionino a L’viv (Leopoli).
Ritornati a Varsavia il 6 novembre pomeriggio, con Don Silvestro mi sono recato per una visita alla casa provinciale delle Piccole Suore Missionarie della Carità, a Zalesie Gorne. Un incontro veramente fraterno e affettuoso: postulanti, novizie, suore anziane, la direzione provinciale. Quando penso alla Famiglia Orionina, mi è naturale pensare a Figli della Divina Provvidenza, Piccole Suore Missionarie della Carità e ai Laici oggi riuniti nel Movimento Laicale Orionino. Sentirci uniti, collaborare nella reciproca autonomia fa bene a noi e a chi ci vede. Ha una forte attrattiva vocazionale.
A LEOPOLI, L’ULTIMA TENDA ORIONINA
“Uno dei primi chierici polacchi che Don Orione accolse in congregazione – mi dice con soddisfazione Don Egidio Montanari – era di Leopoli. Dunque, la nostra presenza in questa città dell’Ucraina ha un legame diretto col nostro Fondatore”.
Fu padre Azbiewicz, apostolo tra i polacchi di Roma e frequentatore della Chiesa di Sant’Anna al Vaticano, a presentare a Don Orione due giovani aspiranti polacchi. Ne scrisse Don Orione, il 1° settembre 1905: “Uno è chierico polacco, studente di teologia, Roberto Schulz, e l’altro è vestito da borghese ed è ruteno. Il chierico parla latino, ma sia l’uno che l’altro intendono l’italiano. Eccovi due nuovi fratelli di lingua e di stirpe diversa, ma della stessa fede e vocazione. Amatevi in Gesù, figliuoli miei, amatevi tanto”.[20] Questa bella raccomandazione del Padre fondatore risuona di attualità per noi oggi che, un po’ in tutte le nazioni, siamo chiamati a incontrare e ad “amare in Gesù” “nuovi fratelli di lingua e di stirpe diversa, ma della stessa fede e vocazione”.
Leopoli (in ucraino L’viv) è città che conta oggi circa un milione di abitanti. A inizio del Novecento, era considerata polacca, benché fosse stata annessa all’impero asburgico. “A quel tempo la regione italiana Lombardo-Veneta e quella di Leopoli appartenevano al medesimo impero d’Austria”, aggiunge sorridendo Don Moreno Cattelan, l’altro sacerdote orionino a Leopoli. “E’ bello che, a distanza di molti anni, la Provincia di San Marziano sia arrivata fin qua”.
A Leopoli, dal 16 ottobre 2001, c’è una prima tenda orionina “in prima linea”. In un appartamento di un vecchio edificio di Via Pekarska 11, incontro Don Egidio Montanari e Don Moreno Cattelan. E’ uno di quegli incontri che fanno pensare allo spirito degli inizi orionini. Tanta povertà, incertezza e fiducia nella Divina Provvidenza. Alla parete c’è un’icona orientale di San Luigi Orione. Ho portato ai due confratelli il Decreto della Santa Sede che li autorizza a inserirsi nella Chiesa cattolica di rito orientale. “Abbiamo fatto questa scelta, perché qui la popolazione è all’80% di rito orientale. Questo ci permetterà un inserimento più popolare”, spiega Don Egidio.
Al mattino, abbiamo concelebrato la Divina Liturgia in rito orientale. Naturalmente in lingua ucraina, che Don Egidio già parla e canta molto bene. Poi, cartina della città alla mano, siamo partiti per un giro esplorativo. Mi hanno voluto far vedere i terreni individuati come possibile sede per una chiesa e qualche opera per giovani e per poveri. C’era nel loro parlare l’atteggiamento dello stratega e del missionario insieme. “Un intero quartiere di 200.000 abitanti non ha alcuna chiesa. Abbiamo già seminate le medagliette della Madonna, sull’esempio di Don Orione. Ora speriamo di superare le difficoltà per l’acquisto”.
I confratelli hanno programmato una serie di incontri per giovani a scopo vocazionale. Hanno già fatto il giro di molte parrocchie della regione per incontrare i parroci e concordare con loro qualche iniziativa; è anche un’occasione per conoscere più profondamente questo popolo e la sua religiosità.
A distanza di 1000 chilometri, sempre in Ucraina, nella città di Chark’iv, ci sono due suore orionine polacche, Suor Samuela e Suor Renata. Non c’è tempo per una visita, ma solo per una lunga telefonata per scambiare notizie e incoraggiamenti. Da quella città ci sono già una giovane professa Piccola Suora Missionaria della Carità e un chierico Figlio della Divina Provvidenza in prima teologia.
In due punti diversi dell’immensa pianura ucraina, i figli e le figlie di Don Orione hanno alzato la bandiera dell’Instaurare omnia in Christo. Piano piano, l’esercito della carità andrà formandosi di giovani di questo popolo. E Deo gratias!
IN BIELORUSSIA
Mentre io e il consigliere don Sylwester Sowizdrzal, eravamo in Ucraina, don Lazzaris, don Fermín, don Morabito, hanno visitato i confratelli della Bielorussia[21] nei giorni 4-6 novembre, accompagnati dal segretario provinciale don Baranowski.
“Prima tappa della nostra visita a Kobryn, dove opera il confratello Don Joiko Czeslaw; con lui c’è un chierico bielorusso tirocinante, Demetrio – ha riferito il consigliere Don Morabito -. Prima di giungere a Iwanawa (Janów per i polacchi), ci siamo fermati a Drohiczyn, dove abbiamo una piccola presenza di cattolici, seguiti da Padre Tadeusz Steczkowski. La “chiesa” è in una povera casa privata. Seconda tappa a Iwanawa (“città di Giovanni”), dove abbiamo celebrato la Santa Messa alle ore 18, dopo aver recitato il rosario insieme ad un piccolo gruppo di persone e alle suore che aiutano in parrocchia”.
Venerdì 5 novembre, hanno raggiunto Lahiszyn, ove li attendeva Don Miroslaw Zlobinski, il primo orionino a mettere piede in Bielorussia quindici anni fa. Vive poveramente come la gente del luogo, in una piccola casa di legno. Dopo la celebrazione nel Santuario della Madonna “Regina di Polesie”, con Don Stanislaw Pawlina hanno visitato l’erigenda “Casa della Misericordia”, destinata ad accogliere gli anziani autosufficienti. Una bella opera, un vero fiore nel deserto, tenendo conto della povera realtà locale.
Per il pranzo sono stati ospiti del cardinale Swiatek, nella sua sede di Pinsk, del quale Don Pawlina, è cancelliere vescovile. Il cardinale, 90 anni in perfetta forma, era stato ospite nella nostra Curia generalizia qualche settimana fa e ci aveva raccontato la sua vita, ricca di tante vicende e anche di dieci anni trascorsi in Siberia, non certo per vacanza!
“Dopo il pranzo, l’instancabile Don Pawlina ci ha accompagnati a Ossowa, vicino Stolin, ad una ventina di km dal confine con l’Ucraina. A Ossowa c’è una piccola presenza cattolica; dista da Pinsk circa 80 km; Padre Pawlina vi si reca il sabato. Siamo stati colpiti dalla povertà e sobrietà in cui vivono questi nostri confratelli - commenta Don Morabito -. Per certi aspetti, questi confratelli ricordano quelli del Goiàs: uno a Nazaré, uno a Filadelfia, uno a Xambioá, un altro a Tocantinopolis, un altro ad Araguaina… Così è nata e cresciuta – grazie a Dio – la missione in Brasile. Dio voglia che da qui a qualche anno anche in Bielorussia ci siano comunità più consistenti. Abbiamo già un sacerdote bielorusso e le vocazioni promettono bene”.
20 NOVEMBRE 1954: L’APPROVAZIONE PONTIFICIA DEFINITIVA DELLA CONGREGAZIONE
Il 20 novembre di ogni anno, celebriamo la solennità di “Maria, Madre della Divina Provvidenza”. Il 20 novembre 2004, abbiamo ricordato il 50° dell’approvazione pontificia definitiva della Congregazione e delle sue Costituzioni.
Per questa fausta ricorrenza, desideravo offrirvi una riflessione storica e spirituale approfondita che ci animasse a grande devozione alla Madonna e all’amore verso la nostra “piccola, eppur grande e santa madre Congregazione”. Mi è venuto in aiuto Don Carlo Pensa, secondo successore di Don Orione. Dopo quel 20 novembre 1954, egli scrisse una Lettera in occasione dell’approvazione definitiva delle sante Costituzioni, bella, santa e sapiente. La troverete riportata a p. … di questi “Atti” rinnovando ancora una volta l’invito a leggerla attentamente. Trasmette con immediatezza i valori della nostra spiritualità orionina e fa un gran bene.
In altra parte degli “Atti” (pp. …) troverete anche una ricostruzione del cammino storico della fondazione della nostra Congregazione e della elaborazione delle sue Costituzioni. Sono elementi semplici e significativi: “guardate alla roccia da cui siete stati tagliati” (Is 51, 1).
Sappiamo che “Madonna della Divina Provvidenza” è il titolo dato da Don Orione a quella piccola e logora statua di legno che egli pose in onore nel “primo collegetto” della Divina Provvidenza, a San Bernardino, e che si trova tuttora al “Paterno” di Tortona. Quando Don Orione chiama Maria “madre e celeste fondatrice” esprime la fede del cuore e anche ricorda una storia concreta, segnata dalla presenza straordinaria della Madonna nella nascita e nello sviluppo della Piccola Opera della Divina Provvidenza.
Madre della Divina Provvidenza è e significa Madre di Dio. Don Orione lo spiegò in una famosa conferenza tenuta al termine degli esercizi spirituali a Campocroce nel 1924: “Come gli Agostiniani hanno la Madonna del Buon Consiglio… I Francescani, che furono i difensori della Immacolata, hanno l’Immacolata… la Madonna nostra della Divina Provvidenza, è la Mater Dei, la onnipotente per grazia”.[22] Madre della Divina Provvidenza significa Madre di Dio. La prima “provvidenza” che la Madonna ci dà è Dio, nella storia della salvezza universale e anche nella piccola storia di salvezza della nostra Congregazione. Chiediamo alla Madonna, oggi, che dia alla nostra Congregazione questa “provvidenza”: Dio, più Dio nelle nostre anime, più santità, più grazia nei sacramenti, più fede, più culto della Parola, più spirito di preghiera. La Congregazione, attualmente, ha bisogno di Dio ancor prima che di vocazioni, che di aiuti economici, che di salute e altro.
Madre della Divina Provvidenza è e significa Madre della Congregazione. Invochiamo dalla Madonna questa seconda “provvidenza” che è l’amore “da figli” verso la santa madre Congregazione e l’amore “da fratelli” verso tutti i confratelli e membri della Piccola Opera della Divina Provvidenza.
Maria, Madre della Divina Provvidenza, intercedi oggi per noi “più Dio” e “più fraternità”.
Sono passati 50 anni da quel 20 novembre 1954, data del Decreto di approvazione pontificia definitiva della Congregazione. In quell’importante documento, leggiamo: “col presente Decreto approva la suddetta «Piccola Opera della Divina Provvidenza», i cui membri vengono denominati «Figli della Divina Provvidenza», sotto il regime del Superiore Generale; parimenti approva definitivamente e conferma le Costituzioni”.
Quel 20 novembre era il terzo sabato del mese dell’Anno Mariano 1954, giorno in cui era fissata la festa liturgica della “Madonna della Divina Provvidenza”, festa della Piccola Opera della Divina Provvidenza. Da allora, fu chiesto e ottenuto che in Congregazione la festa della Madonna della Divina Provvidenza, “Madre e celeste Fondatrice”, restasse fissata al giorno 20 novembre, e non più al terzo sabato di novembre, proprio per ricordare l’approvazione pontificia definitiva della Congregazione.
Nel Calendario particolare di Congregazione, celebriamo questa festa come “solennità”. Finora, cari Confratelli, mi pare non si sia data molta rilevanza a questa solennità, anche con quei segni esterni che solitamente connotano la solennità: l’orario festivo, le campane, la Messa, il pranzo, gli invitati, giorno non lavorativo per noi e per quanto possibile nelle nostre opere, ecc.
Il 20 novembre è solennità come lo sarà il 16 maggio per San Luigi Orione santo. Se il 16 maggio è la festa del Padre fondatore, il 20 novembre è la festa della Madre, “celeste Fondatrice della Congregazione”. Non sono due feste rubate al lavoro o al calendario liturgico universale. Le vuole la Chiesa che ha esigito da noi la presentazione e approvazione del Calendario particolare. Queste due solennità sono i cardini di storia e di memoria della nostra identità di Orionini. Se non l’abbiamo fatto per il passato, facciamo adeguata festa per il futuro.
Tributo di devozione e frutto pratico di questa festa della Madonna della Divina Provvidenza credo sia mettere in onore e stima pratica le nostre Costituzioni, approvate il 20 novembre 1954.[23] Sono il vincolo di unione della Congregazione. “Ogni vero religioso deve amare teneramente la sua Congregazione e portarle il più rispettoso ossequio, ma la Congregazione si ama tanto quanto si amano, si vivono e si praticano con spirituale diligenza le sue Regole”.[24] “Le sante Regole – insegna ancora Don Orione - sono il libro della vita, la speranza della salute, il midollo del Vangelo, la via della perfezione, la chiave del Paradiso, il patto della nostra alleanza con Dio”.[25]
Le Costituzioni contengono i valori, le norme e il metodo della nostra vita religiosa. La Chiesa stessa ce le raccomanda: “Torna oggi impellente per ogni Istituto la necessità di un rinnovato riferimento alla Regola, perché in essa e nelle Costituzioni è racchiuso un itinerario di sequela, qualificato da uno specifico carisma autenticato dalla Chiesa” (Vita consecrata 37).
Don Orione, verso la fine della sua vita terrena, quando già sentiva le forze declinare, osservò: “In tutte le esortazioni dei Fondatori sempre prevalgono queste due cose: l’osservanza delle regole e la vicendevole e fraterna carità”.[26] Come sento, dopo alcuni mesi dall’inizio del mio nuovo incarico, che queste “due cose” sono le più importanti e necessarie perché la nostra cara Congregazione prosperi e cresca e faccia tanto bene a pro dei fratelli bisognosi di pane e di Dio.
“PASSIONE PER CRISTO, PASSIONE PER L’UMANITÀ”
A Roma dal 22 al 27 novembre, si è tenuto il Congresso Mondiale della Vita Consacrata, organizzato all'Hotel Ergife di Roma dall’Unione dei Superiori e delle Superiore generali.
Il Congresso ha avuto per titolo “Passione per Cristo, passione per l’umanità” e per obiettivo di analizzare le sfide che interpellano la Vita Consacrata maschile e femminile all’inizio del Terzo Millennio e di interpretarle alla luce della specifica vocazione della vita consacrata. Questa importante riunione era stata preparata da due anni con consultazioni confluite in un Documento di lavoro.
E’ stato il primo Congresso mondiale organizzato in maniera congiunta dalle due Unioni Internazionali: l’USG – Superiori Generali, in rappresentanza di 200 mila religiosi; la UISG – Superiore Generali, in rappresentanza di 800 mila suore.[27]
Il Convegno è stato quanto mai interessante e stimolante perché, nella sua dinamica, ha saputo congiungere grande vastità e competenza di rappresentanze della vita religiosa di tutto il mondo e possibilità di rapporti personali molto concreti mediante i “tavoli di riflessione” in piccoli gruppi.
Il Congresso si è articolato in tre movimenti:
Venendo via dal Congresso, noi due, attualmente Superiora e Superiore generali delle due Congregazioni religiose orionine, abbiamo condiviso il desiderio di proporre un simile convegno di riflessione anche nella nostra Famiglia, con la stessa impronta e dinamica per realizzare una valutazione e ricerca di orientamenti e cammini futuri della Famiglia orionina. Forse penserete: abbiamo già il Capitolo generale per decidere e attuare qualcosa per il futuro della Congregazione. Ed è vero. Ma una simile ricerca sarebbe più di riflessione e di condivisione.
Per ora, è solo un’idea nata dalla bontà di quanto vissuto in questo Convegno, ma se si organizzerà qualcosa di simile, sarà per favorire una ordinaria attitudine a pensare il futuro e non solo ad amministrare il presente con poca memoria e poca fantasia, sarà per dare la possibilità di un laboratorio di “ascolto e di dialogo per guardare la vita religiosa” con la libertà e la responsabilità di una dinamica diversa da quella decisionale che caratterizza capitoli, assemblee, e simili.
Siamo consapevoli che il futuro della vita consacrata e delle nostre Congregazioni si svilupperà in modo non del tutto prevedibile. E’ nelle mani della Divina Provvidenza. Però dobbiamo abituarci a dialogare con i fatti nuovi e con il futuro, dobbiamo metterci nelle condizioni di affrontare le novità positivamente, discernendo ciò che favorisce da ciò che ostacola la nostra vocazione e missione orionina, senza eccessivi timori e resistenze, senza accondiscendenze ingenue e passività conformiste.
La passione per Cristo e per l’umanità animava Don Orione a incoraggiare: “Sono nuovi i tempi? Via i timori, non esitiamo. Gettiamoci alle nuove forme, ai nuovi metodi… Non fossilizziamoci: basta riuscire a seminare, basta poter arare Gesù Cristo nella società e fecondarla di Cristo”.[28] Sapremo anche noi, figli e figlie di Don Orione, rivivere questa audacia intelligente e intraprendente per amore di Cristo e delle Anime per essere al “posto giusto” in questi tempi nuovi?
UN IMPORTANTE SEGNO DI UNITÀ:
INCONTRO AL VERTICE TRA FDP, PSMC, ISO E MLO
Come tradizione ormai consolidata, il 3-4 dicembre, nella Casa generalizia di Via Monte Acero 5 (Roma), i due Consigli generali FDP – PSMC si sono incontrati al completo per pregare, condividere, riflettere, fraternizzare e organizzare insieme.
E’ stato un momento di grazia, in un clima di fraternità e di gioia. Ci ha permesso di riscoprire l’importanza di camminare insieme per riesprimere non solo la complementarietà spirituale del carisma ma anche l’unità visibile delle diverse componenti della Famiglia Orionina.
Il 4 dicembre, si sono uniti ai due consigli, la responsabile generale dell’ISO, Concetta Giallongo, e Angelo Matteucci, membro dell’équipe direttiva del Coordinamento Centrale del MLO. In altra parte degli “Atti”[29] troverete un’ampia informazione sui contenuti di questo incontro.
Mi sembra utile qui evidenziare alcuni punti di particolare interesse.
1) Collaborazione tra FDP e PSMC
Il primo e principale desiderio comune è quello di camminare insieme in tutto quello che è possibile, evidentemente nel rispetto reciproco dell’autonomia. E’ desiderio che il metodo di rapporto e collaborazione sperimentato da una dozzina d’anni a livello di Consigli generali divenga cammino usuale anche tra Consigli provinciali e – dove è possibile – anche a livello locale.
I Consigli generali hanno indicato due principali modalità di rapporto tra FDP e PSMC:
1a modalità “alla pari”, cioè riflettere, decidere, programmare, attuare e verificare insieme negli ambiti: Progetto Missionario, Pastorale Giovanile Vocazionale, Pastorale Assistenziale e Promozionale, Festa annuale del Papa, Studi Orionini, Ecumenismo, pubblicazione del Necrologio.
2a modalità “con partecipazione”, cioè su invito di una congregazione all’altra, negli ambiti: Formazione iniziale e permanente, Pastorale parrocchiale, Pastorale educativa, Economia-Amministrazione.
2) Criteri di costituzione dei Coordinamenti del MLO
Dopo avere fatto memoria di come è nato il Movimento Laicale Orionino, cioè in collaborazione ed in comunione totale fra le due Congregazioni FDP – PSMC, si ribadisce che il MLO è, a pieno titolo, parte e componente effettiva della Famiglia Orionina, con una propria organizzazione interna ed autonoma.
Il criterio di costituzione e di appartenenza al MLO è il territorio geografico cui i laici appartengono e non le Province religiose. Anche se in taluni luoghi laici e laiche possono essere più legati a FDP o PSMC, essi non fanno parte delle loro Province, ma del Coordinamento MLO territoriale che è unico.
Al Coordinamento MLO centrale, territoriale e, per quanto possibile, locale, faranno parte come assistenti spirituali, congiuntamente, un FDP e una PSMC, come stabilito dalla Carta di comunione.
Viene pure sottolineato che l’elemento unificante del MLO è il carisma orionino, da vivere e trasmettere nelle particolari situazioni e stati di vita laicali e condividendo con la Famiglia orionina la missione di “Instaurare omnia in Christo e nella Chiesa mediante la carità”.
Dopo l’approvazione della Carta di Comunione, si sono costituiti i Coordinamenti a livello provinciale e centrale, che hanno eletto il proprio Coordinatore generale e i tre membri dell’équipe direttiva, in conformità ai numeri 22-23 della Carta di Comunione: Coordinatore centrale è il cileno Miguel Esser, affiancato dall’italiano Angelo Matteucci, da Gizela de Oliveira Santos, brasiliana, e da Alejandro Bianco, argentino.
FDP e PSMC si impegnano, come hanno fatto fin dall’inizio, ad accompagnare ”insieme” il cammino di crescita formativo e spirituale del MLO e a favorire il raggiungimento dell’approvazione ecclesiale del Movimento.
3) Statua di Don Orione
Abbiamo avuto il consenso del Santo Padre per mettere la statua di San Luigi Orione in una nicchia esterna della Basilica Vaticana, vicino all’ingresso al “cupolone”. Una Commissione Esecutiva, formata dai vari componenti della Famiglia orionina, dovrà accompagnare e attuare il progetto, coinvolgendo religiosi, laici e devoti quanto più vastamente possibile. Si vuole una statua che diventi poi “ufficiale”, semplice, da poter riprodurre.
Con una circolare a tutte le nostre case nel mondo si solleciterà la collaborazione economica nella misura delle possibilità. Il progetto della statua va pubblicizzato attraverso i giornali orionini, perché si vuole che sia un momento educativo, pedagogico e anche celebrativo. Costituisce una motivazione per continuare l’esperienza della canonizzazione: oggi è una statua, domani può essere un’opera di carità, una missione…; serve anche a mantenere vivo l’entusiasmo della gente.
4) Festa del Papa dell’intera Famiglia Orionina
Alla luce della buona riuscita della festa della Canonizzazione e dell’entusiasmo suscitato in tutti, si pensa a come dare continuità alla popolarità che ha riscosso la santità di don Orione.
In particolare, si decide di rendere annuale, a Roma, il 28-29 giugno, una manifestazione denominata “Festa del Papa”, simile a quella celebrata nella Sala Paolo VI per la Canonizzazione. Da tante nostre realtà locali (istituti, parrocchie, scuole, ecc.), si fanno annualmente dei pellegrinaggi a Roma; si chiederà che questi vengano convogliati nella medesima data, per portare così “tanti cuori attorno al cuore del Papa”.
Tale festa sarà organizzata dalla Famiglia Orionina, ma non sarà solo festa degli Orionini. La promuoveremo ma coinvolgendo altre congregazioni, associazioni, categorie di gente, autorità ecclesiali, civili e culturali. Festa fatta di vita e di preghiera per il Papa.
Si concorda sulla data: il 28-29 giugno, già scelta da Don Orione come “Festa del Papa”. La festa prevedrebbe due momenti: al 28 sera, una grande manifestazione-spettacolo (sala Paolo VI, diffusione RAI, ecc.); il 29 mattino, partecipazione alla celebrazione in San Pietro, festa dei SS. Apostoli Pietro e Paolo.
Appena si avranno le autorizzazioni necessarie, si riunirà una “commissione organizzatrice”, formata dai rappresentanti della Famiglia Orionina: FDP-PSMC-ISO-MLO; il nucleo iniziale dei responsabili sarà lo stesso che ha curato la preparazione alla Canonizzazione.
5) Costituzione di un Volontariato orionino permanente
L’idea è quella di costituire un ampio gruppo di “Volontari Orionini” (soprattutto giovani, ma anche adulti, con alcuni religiosi e religiose) disponibili a intervenire in occasione di
- eventi ecclesiali (es. GMG, manifestazioni ecclesiali nazionali, ecc.),
- eventi congregazionali (es. Madonna della Guardia, Festa del Papa, ecc.)
- eventi civili e di solidarietà (es. per emergenza, pronto soccorso).
L’iniziativa è stata calorosamente condivisa dai Consigli generali perché fortemente orionina, soprattutto nella linea di pronto intervento e di solidarietà.
VISITA ALLA DELEGAZIONE INGLESE
Dal 10 al 16 dicembre, sono stato in visita alla Delegazione inglese. Dico così perché partecipando all’Assemblea di programmazione, a Londra - Hampton Wick, ho avuto modo di incontrare i Confratelli provenienti da Inghilterra, Irlanda, Giordania, Kenya e India.
Con i consiglieri Fermin Fernandez e Silvestro Sowizdrzal abbiamo visitato le comunità di Hampton Wick (Don Orione House con 30 anziani, 3 case-famiglia con 5-6 persone disabili e 80 altre persone anziane bisognose ospitate in una rete di mini appartamenti gestiti dalla Piccola Opera, Molesey un centro di ortofloricultura per disabili), Up Holland (una casa con 30 anziani e 10 casette monocellulari sempre per anziani), Dublino (residence protetto, Bidone court, con 45 appartamenti per anziani, una cappella pubblica, mensa per poveri).
La Delegazione inglese ha una configurazione del tutto speciale, con vocazione missionaria in tre continenti. Se Londra è stata per lunghi secoli centro di riferimento per commerci e imprese coloniali, ora è bello che Londra, nella Famiglia orionina, sia centro di riferimento per imprese missionarie. Due dei più promettenti fronti sono l’India e il Kenya, nazioni nelle quali, in altri tempi, si parlava inglese per ben diversi interessi. Ora, invece, mi ha fatto una certa impressione ascoltare, a Londra, Malcolm Dyer (inglese) e Marek Krakus (polacco) recitare il Padre nostro in Kikuio una delle lingue del Kenya.
In quel manipolo di confratelli rappresentanti della Delegazione, 14 in tutto, c’era un incredibile incrocio di popoli, di lingue, di imprese di bene.[30]
Fin che la nostra Congregazione scrive di queste pagine di vita significa che è giovane e viva.
“Noi amiamo la nostra patria, ma tutto il mondo è patria pel figlio della Provvidenza che ha per patria il Cielo”:[31] queste parole di Don Orione le ho viste come materializzate in un grande simbolo fraterno nei quattro giorni trascorsi insieme a questi confratelli riuniti in Assemblea. All’ultima sera insieme, c’è stata una festosa cena natalizia, con folklore inglese e prolungamento di canti popolari e ricordi: a O sole mio seguiva una Kolenda polacca, per proseguire con O my darling e altri canti tipici inglesi. “Mi ci voleva proprio una festa così”, ha commentato Don Ursillo che veniva dal deserto della Giordania. Le signore della “Don Orione House” avevano fatto di tutto per rendere bella (e buona) la festa a questo manipolo di confratelli generosi che venivano da paesi lontani per un momento di sosta.
Durante l’Assemblea sono state trasformate in programma le Decisioni del 12° Capitolo generale, soprattutto circa i progetti personale, comunitario e apostolico, e si è guardato al futuro delle comunità nelle singole nazioni: una nuova parrocchia a Wigan, vicino ad Up Holland; un “Day Care Center” per anziani a Dublino; nuovo terreno e casa a Bangalore per noviziato e attività caritativa; un piccolo centro per 30 disabili mentali a Kaburugi; una ristrutturazione della scuola di Zarka; l’impegno vocazionale un po’ dappertutto.
“Sono i giovani il nostro progetto. Con nuove vocazioni del luogo che si uniscono alla Congregazione possiamo fare ogni altro progetto per questi popoli”. Tra le decisioni prese in questi giorni di visita è stata la costituzione del noviziato in India per il 2005: tre novizi indiani e due keniani con Padre Oreste Ferrari maestro. Un paio di giovani in cammino sono segnalati dalla Giordania, 19 dall’India e 10 dal Kenya.
“Parto contento”, ho detto ai Confratelli nel lasciarli. “Sono stati giorni ben spesi, realistici nelle valutazioni, concreti nei programmi e ci lasciamo con molta speranza nel futuro. E con fraternità rafforzata. Siamo figli di un Santo: avanti!”.
UN MAREMOTO DI CARITÀ
E’ un’espressione giornalistica, venuta fuori durante la trasmissione di RAI International a cui ho partecipato, il 31 dicembre, a commento del “Te Deum” e del discorso di fine anno del Papa. Ma ha del vero. Al maremoto dello “tsunami” sta facendo seguito una grande onda di solidarietà internazionale.
Tutto il mondo ha vissuto con commozione e ha commentato il disastro avvenuto nel bacino dei mari dell’Asia meridionale. La nostra comunità orionina di Bangalore sta all’interno, a oltre 300 chilometri rispetto alla costa sud orientale dell’India dove il maremoto ha lasciato distruzione e morte. Solo le famiglie di due nostri seminaristi, Sunil e Ribu, vivono in zone colpite dal maremoto; hanno dovuto evacuare le loro case nella costa, ma non hanno avuto vittime.
Quando avvengono di questi eventi, il nostro istinto di Orionini ci fa pensare alla pronta azione di Don Orione in occasione dei terremoti di Reggio e Messina (1908) e della Marsica (1915). Don Orione partì subito in aiuto e fece tutto quello che poté.
“E noi cosa facciamo per l’Asia?”. Questo interrogativo è passato di voce in voce; alcuni mi hanno contattato con suggerimenti. Ho studiato con i Consiglieri una prima linea di intervento. Abbiamo deciso di concentrarci su un progetto di solidarietà per l’India, da realizzare tramite i nostri confratelli di Bangalore.
Don Lorenzo Tosatto e Fratel Francisco Porto dos Reis sono subito partiti per visitare, assieme a due nostri seminaristi, le zone disastrate delle coste. Tamil Nadu e Andhra Pradesh, stati sud-orientali della penisola indiana, hanno avuto tante vittime e danni. Don Oreste Ferrari, superiore, coordinerà un intervento di solidarietà da realizzare con alcuni giovani seminaristi. A lui invieremo il nostro aiuto in denaro, perché possa portarlo tempestivamente e direttamente alle popolazioni disastrate. Qui egli si recherà con alcuni seminaristi a dare un primo aiuto alla gente.
Per questo, il 1° gennaio 2005, ho lanciato un Appello di solidarietà per l’India, chiedendo ai Superiori provinciali, alle comunità orionine, ai Laici del MLO e a quanti si sentono legati alla Famiglia Orionina di inviare e organizzare raccolte di denaro che sarà messo a disposizione dei nostri Confratelli di Bangalore per aiutare la gente colpita dal disastro avvenuto in India. Di questo progetto di solidarietà sono stati incaricati Padre Enemesio Lazzaris, vicario generale, incaricato per le missioni, e Fr. Jorge Silanes, consigliere generale, incaricato per la pastorale assistenziale.
Sappiamo che il nostro aiuto è una “goccia nel mare”, ma nel suo piccolo contribuirà ad alleviare le pene di quella gente e ad esprimere loro una solidarietà che viene da lontano, nel nome della Divina Provvidenza e del nostro Santo Don Orione che ci ha insegnato che “chi dà al povero dà a Dio e da Dio riceverà la sua ricompensa”.
Sarebbe stato bello aver potuto promuovere anche una maggiore iniziativa di persone, di volontariato. Ma non siamo ancora preparati. Come detto in un precedente punto di questa lettera, proprio nell’ultima riunione dei Consigli generali FDP e PSMC, a dicembre, è nato il progetto di costituire un collegamento di volontariato orionino che sia pronto per grandi eventi di Congregazione, di Chiesa e di solidarietà. Attualmente, la nostra presenza in India è ancora modesta, agli inizi. Ma quei Confratelli, aiutandoli, potranno aiutarci ad esprimere il dovere di carità che in questo momento interpella tutta la Famiglia Orionina.
Vada il grazie a quanti intenderanno collaborare per aiutare i fratelli in necessità dell’India sud-orientale e per far loro sperimentare, con il linguaggio discreto della solidarietà, che “la c’è la Provvidenza”.
NOTIZIE DI FAMIGLIA
Le Assemblee di programmazione
Nei prossimi mesi si terranno le Assemblee di programmazione in ogni Provincia, Vice-Provincia e Delegazione. Come già concordato, noi del Consiglio generale pensiamo di partecipare – almeno qualcuno – ad una giornata di tutte le Assemblee di programmazione, sia per salutare e fare conoscenza dei Confratelli e sia per dare particolare sostegno all’attuazione di alcune scelte principali del Capitolo generale: progetto personale, progetto comunitario e progetto apostolico. Sono le tre scelte-chiave, tre “motori” per mettere in moto efficacemente il cammino di rinnovamento della Congregazione indicato dal Capitolo generale.
Le Decisioni del Capitolo che riguardano questi tre “progetti” sono state elaborate in un Quaderno con il titolo Sussidi per il rinnovamento personale, comunitario e apostolico.[32] Ora tocca alle Assemblee di programmazione far sì che le Decisioni del Capitolo si trasformino in cammino per tutti e non restino lettera morta, siano conversione e non solo visione.
I nostri confratelli defunti
Don Giovanbattista Lucarini, morto il 26 ottobre 2004, a 89 anni d’età, era il veterano degli Orionini in Cile. Durante le mie visite in Cile, era sempre premuroso e un buon tempo dovevo dedicarlo a lui, perché era desideroso di raccontare e di sapere della vita della Congregazione. Era un entusiasta di Don Orione, della sua opera e della sua missione per i poveri e per la Chiesa. La Congregazione deve molto a lui, in Cile, ma anche in Italia, Spagna e Argentina. Fu un intraprendente costruttore e organizzatore di opere, ma sempre con grande spirito di umanità e fede, mai perdendo di vista lo scopo del suo impegno: il bene dei Poveri, la gloria di Dio, la crescita della Congregazione.
Il 14 novembre, è morto Don Mario Bigelli, a 83 anni d’età e 66 anni di professione religiosa e 54 di sacerdozio! Che grazia! E' stato un confratello entusiasta, intraprendente, sempre operoso, ingegnoso, attaccato e fiero di Don Orione e della Congregazione. Forse anche per queste doti, è stato lanciato dai superiori nelle aperture in Albania (primi anni '40) e in Spagna (anni ’50). Chi l'ha conosciuto negli ultimi anni lo ricorda come "il prete del presepio", per la sua passione per i presepi animati, meccanici. Era sua opera quello di Tortona alla Madonna della Guardia.
E’ morto anche Don Antonio Melomo, il 15 novembre. Era il patriarca, il più anziano della Congregazione, 98 anni e mezzo, 82 di professione, 75 di sacerdozio! Molti di questi ultimi anni li ha vissuti con la croce dell'anzianità e dell'infermità; ma anche questi sono preziosi. Era entrato sotto il tetto della Divina Provvidenza a Cassano Ionio, il 18 novembre 1918, e fino al 1940 è stato vicino a Don Orione. Ci sono tanti riferimenti a lui negli scritti del Fondatore. In occasione, di un momento difficile Don Orione gli scrive: "Umiliarti sì, avvilirti no, mai! Datti a Dio di più; forse era necessario questo dispiacere per distaccarti dal tuo amor proprio, per ravvivarti di più nello spirito religioso e nel distacco dalle vanità e dal mondo, per deciderti più risolutamente ad essere non di Cicerone né di Demostene, ma di Gesù Cristo. Ave Maria, e avanti!". Così Don Orione aiutava nei momenti di frustrazione". "Il professore" è forse l'immagine forse più nota di Don Melomo che ha insegnato "belle lettere" per lunghissimi anni, a Novi Ligure, Sanremo, Villa Moffa di Bra, Artigianelli di Venezia, San Filippo a Roma, Sanremo.
Chi ha conosciuto Don Belisario Lazzarin ricorda certamente tre tipiche caratteristiche della sua vita religiosa: povertà vera, vocazioni, zelo per le anime. Era un tipo vulcanico, non sempre ordinato e lineare nella progettazione (lui che era geometra), ma molto lineare nell’anima e nella rettitudine delle intenzioni. Ha lasciato senza dubbio un’impronta nella congregazione, non fosse altro per quel manipolo di giovani che ha cercato e curato personalmente – in Italia e Romania – per farne dei buoni religiosi e sacerdoti. Ma ha lasciato un’impronta anche come superiore provinciale (1973-1975 e 1988-1994) e come consigliere generale (1975-1981). Ha inventato il primo seminario per vocazioni giovanili e adulte a Villa Borgia – Velletri (1981-1988). Terminato il mandato di superiore provinciale non ha esitato a partire “in prima linea” per la Romania dell’immediato post-comunismo. In situazione di estrema povertà e fiducia nella Divina Provvidenza ha raccolto vocazioni, ragazzi poveri, ha aiutato a più non posso tutti, facendo di tutto. Un pioniere vecchio stampo, generoso e imprevedibile.
Il nostro ricordo e riconoscenza vanno anche ad altri defunti nei mesi di ottobre-dicembre: Suor Maria Dulcedo Crucis, Suor Maria Elisa, Suor Maria del Rosario (Sacramentina), Suor Maria Desolina, Suor Maria Cesira; il papà di Don Andrzej Goral, la mamma di P. José Paris Alonzo e di Don Maurizio Macchi, il fratello di Pe. Otaviano Ribeiro de Almeida, di Pe. Paulo José Damin e di Don Nello Tombacco; la sorella di Pe. João Batista de Freitas. Nel numero dei nostri defunti di famiglia sono da annoverare anche il Sig. Nazareno, da tutti conosciuto come “Neno”, cara e umile figura del nostro Istituto di Roma-Mutilatini; il padre del Sig. Miguel Esser, coordinatore generale del MLO e il signor M. Klark di Up Holland (Inghilterra).
I nostri Confratelli malati
Sono numerosi, anziani per lo più, ma anche qualche giovane, come Don Primo Coletta colpito da infarto, ma in fase di superamento. E’ sempre un po’ delicato ricordare i nomi dei malati da queste pagine degli Atti, soprattutto perché si spera che quando essi saranno pubblicati i confratelli siano già guariti. Ma ciascuno di noi ha qualche malato in casa o in comunità vicine. Abbiamo sempre un’attenzione di riconoscenza e di tenerezza per chi è nella sofferenza e nella solitudine dopo aver speso tutta la sua vita per la Congregazione.
I nostri giovani
Sono le notizie più belle di una famiglia: la venuta di nuovi figli, la loro crescita, il raggiungimento di importanti tappe di vita.
L’8 settembre hanno professato 7 giovani che avevano concluso il noviziato a Velletri: i rumeni Beresoaie Marius, Cobzaru Ciprian, Fit Alexandru Adrian, Sabau Ciprian e Tiba Marius; gli italiani Digangi Alessandro, Filippini Roberto e l’iracheno Hane Youno Paulus. Il 18 settembre 2004 hanno emessa la 1.a professione a Varsavia: Blazhyyevskyy Yury, Luczak Lukasz, Walaszek Tomasz. Sempre al noviziato di Varsavia, il 17 settembre, hanno iniziato l’anno canonico altri 6 giovani.
In questo periodo abbiamo avuto 7 nuove ordinazioni sacerdotali: José Godio Sobrinho (27/11/04 – Brasile Nord); Gilson Jorge Fonseca (11/12/04 - Brasile Nord); Ricardo Paganini (18/12/04 – Brasile Sud); Luis Mioteli (19/12/04 - Brasile Sud); Koffie Koffi Michel (14/11/04 – Costa D’Avorio); Santiago V. Solavaggione (06/11/04 – Argentina); Matias J. Colangelo (13/11/04 – Argentina). Sono invece 9 i nuovi Diaconi: Tanoh Kouame N’Guessan Athanase (14/11/04 - Costa D’Avorio); Rosario Belli (08/11/04 – Italia, Santi Apostoli); Mihai Fecheta (08/11/04 – Romania, San Marziano); Dorian Mjeshtri (08/11/04 – Albania, Santi Apostoli); Facundo Mela (11/12/04 – Argentina); Manuel Antonio Aylan (11/12/04 – Argentina); Anibal Quevedo (11/12/04 – Argentina); Roberto Daniel Silva (11/12/04 – Argentina); Jorge Mariano Zapico (11/12/04 – Argentina).
Con gennaio hanno iniziato l’anno di noviziato 16 giovani a Brasilia e 8 a S. José dos Pinhais (Curitiba).
I nostri missionari
Solo alcune belle note di vita dal grande campo delle missioni. A inizio dicembre, Fr. Jorge Silanes ha accompagnato nelle Filippine P. Julio Cuesta, a tutti noto, perché fu per una decina d’anni Consigliere generale e poi per 6 anni Provinciale. Non posso non additare, per conforto di tutti, la sua generosità: ha 60 anni, con la madre anziana, poteva far valere il diritto a vivere in pace. Invece, richiesto dai superiori, accettò di andare prima a Caraballeda (Venezuela) e ora a Payatas. Ha dovuto rispolverare l'inglese e sobbarcarsi alla prova di fuoco del tagalog. Non è poco! E lo fa con la disponibilità di chi non capisce meraviglie o complimenti, perché “era tutto compreso nel fare i miei voti”.
E già che ci siamo, sottolineo anche la generosità di fratel Jorge Bertea, argentino, che era direttore di un Cottolengo in Paraguay e parte per il Venezuela per rimpiazzare P. Julio. Spagna, Filippine, Venezuela, Paraguay, Argentina, Brasile: sono percorsi di fraternità e di generosità di singoli confratelli, ma anche di Province aperte al senso di Famiglia orionina, che va oltre i confini nazionali, e porta a collaborare a un progetto di bene più ampio.
Bisogna sempre andare adagio a mettere in mostra i chierici. Ma faccio un’eccezione. Camilo Derisvaldo è brasiliano; si è messo a disposizione fin dal tirocinio per andare in missione; è stato a Londra per imparare l’inglese e poi è partito per le Filippine, ove si parla tagalog; qui ha cominciato lo studio della teologia, però ha avuto un serio problema agli occhi dovuto all’aria inquinata di Payatas e ha dovuto abbandonare quella missione. Delusione? Solo per un po’: a fine mese di gennaio parte per il Kenya ove proseguirà la teologia e aiuterà con la sua presenza la comunità formativa di quella nascente missione.
Sono vicende che fanno bene a tutti. E Deo gratias!
A tutti giunga il mio cordiale e fraterno saluto e augurio. Assicuro la preghiera mia personale e anche della comunità della Curia. Don Orione ci interceda di bene camminare sulla via della santità, della fraternità e dell’apostolato.
Ave Maria e avanti!
Don Flavio Peloso FDP
Superiore generale
[1] Scritti 73, 222.
[2] Atti e comunicazioni della Curia Generale, 58 (2004), n. 214, pp. 91-103.
[3] Vita consecrata 45.
[4] Vita consecrata 46.
[5] Ibidem.
[6] Al riguardo, riporto questa nota storica per la quale ringrazio il nostro postulatore Don Darìo Montenegro. “Al principio dell'esperienza della VR, Sant’Antonio abate (+356) e soprattutto San Pacomio, (+346), con la prima regola cenobitica della Chiesa, danno ordine alla moltitudine di monaci che abitavano il deserto in Egitto. San Benedetto (+560), risponde alla situazione della Chiesa del suo tempo, facendo dei suoi monasteri una vera sintesi tra lo spirito-carisma e la regolarità-istituzione, costituendo la base della civiltà occidentale.
Più tardi, nel Medioevo, San Domenico di Guzmán (+1221) e soprattutto San Francesco d’Assisi (+1226) danno una risposta dentro la Chiesa all'effervescente situazione sociale con un autentico spirito mendicante. Dall'umile amore ed appartenenza alla Chiesa, rispondono alle "esigenze" dei tempi e, contemporaneamente, si distanziano dei movimenti pauperistici spirituali, alcuni dei quali finirono non solo contestando l'autorità, bensì allontanandosi dalla fede della comunione cattolica, come gli albigesi o i catari.
Più tardi, dopo la riforma protestante che rispondeva a una situazione istituzionale che evidenziava mancanze e fossilizzazione ecclesiastica, furono i santi che, principalmente provenienti dalla vita religiosa, trasformarono in carne e storia lo spirito di Trento e provocarono una vera nuova Pentecoste, non già nella divisione, bensì nella fedeltà alla Chiesa. Tra tutti ricordiamo Santa Teresa di Gesù (+1582), e Sant’Ignazio di Loyola (+1556). Questi due santi incarnano il più vero ed inquieto spirito tridentino di profonda spiritualità e misticismo, fedeltà alla Chiesa, e fervore missionario.
Con l'apertura dell'Europa all'evangelizzazione dell'America ed in un secondo momento dell'Africa, furono principalmente le Congregazioni religiose che portarono lo Spirito di Cristo, favorirono i frutti dello Spirito nelle nuove Chiese particolari.
In tempi moderni, i grandi santi del secolo XIX e XX fecero sì che il servizio sociale e l'apertura alla novità che suscitava lo Spirito si trasformasse in vera attestazione carismatica di presenza della Chiesa vicina ai più poveri e bisognosi con soluzioni istituzionali innovative di grande rilevanza. Servano come esempio San Giovanni Bosco e il nostro San Luigi Orione, la fioritura di santi e congregazioni “sociali”, l’esplosione dell'apostolato femminile e delle congregazioni di vita apostolica femminili.
[7] CG 12, orientamento 5, p.57.
[8] Nel nome della Divina Provvidenza, 100.
[9] Messaggio di Giovanni Paolo II al Congresso mondiale sulla Vita Consacrata, 26 novembre 2004. Così il documento Vita consecrata, n.37, descrive la “fedeltà creativa”: “Gli Istituti sono dunque invitati a riproporre con coraggio l'intraprendenza, l'inventiva e la santità dei fondatori e delle fondatrici come risposta ai segni dei tempi emergenti nel mondo di oggi. Questo invito è innanzitutto un appello alla perseveranza nel cammino di santità attraverso le difficoltà materiali e spirituali che segnano le vicende quotidiane. Ma è anche appello a ricercare la competenza nel proprio lavoro e a coltivare una fedeltà dinamica alla propria missione, adattandone le forme, quando è necessario, alle nuove situazioni e ai diversi bisogni, in piena docilità all'ispirazione divina e al discernimento ecclesiale”.
[10] Evangelii Nuntiandi n.69.
[11] Scritti 20, 97b; Lettere I, 251.
[12] Parola 21.3.1938; VIII, 219.
[13] Si tratta di un'impronta apostolica molto insistita da Don Orione, frutto di amore a Dio e di passione per la salvezza delle anime. "Adesso in Italia hanno messo il 'passo romano'; e noi con che passo andremo? Bisogna che ciascuno capisca che noi andremo con un 'passo apostolico'. Non solo con passo cristiano, ma con passo apostolico. Chi non sente la forza della carità, la forza della fiamma, della apostolicità... la volontà di essere qualcosa di molto spinto nell'amore di Dio e del prossimo... non deve fermarsi da noi!" (Parola VIII, 3). E’ lo spirito “da prima linea”.
[14] Dalla frontiera del Chaco argentino, Don Orione scrisse al Visitatore Apostolico, abate Caronti, una pagina commovente: “Nessuno voleva andare, anche l’Ispettore dei salesiani mi disse che loro avevano rifiutato; credo per il caldo insopportabile, 40 e più gradi, e anche di notte fa assai caldo. Ho pensato che, in mancanza di cavalli, potesse trottare l’asino della Divina Provvidenza… Sono circa 20 mila abitanti in Sáenz Peña e un 10 mila sparsi nelle colonie, a distanze enormi. Vi sono sale evangeliche e chiesa evangelica, vi è la sinagoga, e la chiesa cattolica è una stanza e l’altare consiste in tre ascie inchiodate su due cavalletti. La più parte dei ragazzi sono figli naturali ancora da battezzare, moltissime sono le famiglie non casate per la Chiesa. Si poteva lasciar morire la gente come cani? Io ho accettato sub conditione, anche perché il S. Padre disse: non fermatevi all’orlo, dove le città sono come Milano, ma andate nell’interiore, dove pochi o nessuno vuole andare. C’è tutto da soffrire, e c’è da fare la vita del vero missionario. Ci sono i protestanti, perché non ci saremo noi? Ci sono gli ebrei, e tutti i ricchi sono ebrei o protestanti o gente non di Fede, e perché non sarà chi pensa all’anima dei poveri?” (Lettera del 17 marzo 1937; Scritti 50, 24-25; riportata in G. PAPASOGLI, Vita di Don Orione (V ed.), pp.448-449).
[15] Scritti 64, 322.
[16] Nelle nostre Costituzioni, benché di soli 20 anni fa’, non c’è la parola inculturazione, ma queste articolo ne dice tutta la sostanza e il metodo.
[17] CG 12, pp.48.
[18] CG 12, pp.48-49.
[19] CG 12, orientamento 7, p.57.
[20] Lettera del 1.9.1905; Scritti 46, 62-63.
[21] La Bielorussia (“Russia bianca”) ha una superficie di 207.650 km2; gli abitanti sono poco più di 10 milioni. La capitale è Minsk (1.784.000 abitanti). E’ uno dei tanti Stati nati dalla disgregazione dell’impero sovietico; si tratta di è uno Stato creato ex novo. Basti pensare che fino al 1939 una buona parte del paese faceva parte della Polonia (la presenza polacca al presente si aggira sul 12%); non esiste una lingua bielorussa, ma un dialetto locale. La lingua ufficiale è il russo, con i classici caratteri cirillici.
[22] Riunioni 65.
[23] Costituzioni, Art. 232: “Il libro delle Costituzioni, assieme a quello del Vangelo, sarà ogni giorno tra le nostre mani, per farne oggetto di lettura, di riflessione e soprattutto di attuazione fedele. Ogni comunità procurerà che questa lettura e riflessione sia fatta anche comunitariamente, specialmente in occasione delle conferenze religiose, delle periodiche revisioni di vita, dei ritiri ed esercizi spirituali”. Girando per le case, vedo che in qualche cappella è messo in onore il libro delle Costituzioni; mi sembra un esempio da imitare. Come pure è bello vedere che tra le mani di qualche nostro Confratello defunto vengono messi, come per Don Orione esposto nell’urna di Tortona, la corona del rosario e le Costituzioni.
[24] Scritti 100, 239.
[25] Scritti 100, 240.
[26] Parola del 4.12.1938; IX, 489.
[27] I partecipanti sono stati 850, dei quali 91 dall’Africa, 248 dal Continente Americano nord e sud, 95 dall’Asia, 17 dall’Oceania e 399 dall’Europa. C’erano 323 Superiore Generali e 160 Superiori Generali; 113 delegati delle Conferenze nazionali o continentali dei religiosi, 114 esperti e studiosi, 60 rappresentanti dei “giovani” religiosi, 17 direttori di riviste che si occupano di vita consacrata. Per la Famiglia Orionina eravamo presenti io, Madre Ortensia Turati, Don Roberto Simionato come ex superiore generale e Padre Toninho da Silva, come teologo della Conferenza dei Religiosi del Brasile.
[28] Scritti 86, 58 e 91, 146.
[29] Vedi pp. …
[30] Oreste Ferrari, italiano, che aveva imparato il tagalog nelle Filippine è passato all’arabo nella Giordania e ora è alle prese con l’indi a Bangalore. Antonio Ursillo, altro italiano, s’è dovuto imparare prima l’inglese e ora parla, canta e prega in arabo a Zarqa (Giordania). Il brasiliano Paulo Damin, dalle isole di Cabo Verde, dove parlava portoghese, è passato in Kenya, e per amore del Vangelo, si è dovuto imparare prima l’inglese e poi il kiswahili. E che dire di Carmel Perrotta che da oltre 40 anni parla il suo bravo inglese in Inghilterra con inflessioni napoletane? Di Mariano Zapico, argentino in India, ordinato diacono una settimana fa’; di fratel Francisco Porto dos Reis, brasiliano pure in India? Charles Mazzotta, italo-anglo-australiano, è approdato in Giordania. Ma anche il Superiore della Delegazione, inglese, Philip Kehoe ha il suo bel curriculum di 15 anni nel mondo islamico di Giordania.
Mi accorgo che ora farei un torto a non ricordare tutti della Delegazione: Michael Moss e Roy Elikowski in Irlanda, Stephen Beale ad Hampton Wick, Jerry Tuite ad Up Holland, vicino a Liverpool, Lorenzo Tosatto in India, Giuseppe Vallauri in Vaticano, fratel Feràs Rahmoun giordano e Hane Yousf iracheno a Roma, Raymond Ahoua, ivoriano in Kenya, Bernardo Seo, coreano, è nelle Filippine. Joseph Tirello, italiano 83enne, fondatore della missione in Giordania, è il veterano e mi racconta di un pensiero lasciato da Don Pensa durante una visita ai novizi inglesi: “Ricordate, che ancor prima dell’ora et labora San Benedetto ha insegnato l’oboedientia sine mora”.
E poi ci sono i nuovi germogli. Peter sarà il primo keniano ad essere ordinato sacerdote il prossimo anno 2005 e sarà seguito da Raphael.
[31] Lettera del 5.8.1920; Le Lettere I, p.248.
[32] Si veda più avanti, a pp. …