Figli della Divina Provvidenza
16 maggio 2011, San Luigi Orione
Carissimi Confratelli
Deo gratias!
Scrivo questa lettera all'indomani della festosa celebrazione della beatificazione di Giovanni Paolo II avvenuta con una sorprendente partecipazione di popolo e di giovani giunti a Roma da tutto il mondo, circa un milione e mezzo. Ero presente per esprimere la devozione e la riconoscenza della nostra Famiglia Orionina.
Come già in occasione della morte del Papa, ha suscitato sorpresa la quantità di presenze oltre ogni previsione, ma anche la qualità della partecipazione, così affettuosa, devota, credente. A Roma e nel mondo. Le categorie di successo, fama, popolarità sono insufficienti a spiegare questa straordinaria partecipazione. Come spiegare il “fenomeno Giovanni Paolo II”?
1. La santità, attrattiva del tempo moderno
Un analogo interrogativo si sussurrava in casa nostra, al Paterno di Tortona, tanti anni fa, a riguardo del “fenomeno Don Orione”. “ Tra noi chierici – è Don Venturelli a testimoniare - negli anni ultimi della vita del Servo di Dio, ci si era posto il quesito quale fosse l'aspetto più profondo, giustificativo di tutta la vita e l'azione del nostro Padre. Le risposte furono varie, ponendo la spiegazione del "fenomeno" Don Orione alcuni nella carità, altri nella sua pietà, altri in altri particolari della sua personalità. A un certo punto intervenne a metterci zitti e d'accordo il compianto Don Biagio Marabotto che ci chiese «Ma dite: che cosa è che spiega tutto in Don Orione? Non è Dio? Ecco che cos'è, soprattutto, Don Orione: un uomo che vive di Dio».
Non c'è niente al mondo di più popolare e di più intimo di un uomo di Dio, di un santo. La vita di Dio, quando è autentica, affascina anche chi vive quella vita con adesione frammentaria e instabile.
L'unione con Dio ha costituito senza dubbio il fascino di Don Orione e di Giovanni Paolo II. Fu grazia e impegno ascetico. Vivevano abitualmente e trasparentemente "di Dio". Quando c'è la santità, tutti i pensieri, le parole, le opere e le relazioni prendono forma e fuoco dalla presenza di Dio, dallo Spirito.
Cari Confratelli, vorrei riprendere con voi questo tema della santità, della vita di Dio per ravvivare la nostalgia di questa bellezza e felicità di vita. Da questo proposito prendono sostanza e vigore tutti gli altri progetti personali e congregazionali, comunitari e apostolici. " Ogni nostra parola dev'essere un soffio di cieli aperti: tutti vi devono sentire la fiamma che arde il nostro cuore e la luce del nostro incendio interiore, trovarvi Dio e Cristo. Per conquistare a Dio e afferrare gli altri occorre prima vivere una vita intensa di Dio in noi stessi, avere dentro di noi una fede dominante, un ideale grande che ci arda e risplenda". [1]
A questo stato dell'anima possiamo e dobbiamo tendere tutti. “ Dovere e bellezza della nostra vocazione religiosa è tendere alla perfezione, convinti che ciò significa darsi a Dio sul serio”. [2] La maggiore o minore densità di Dio nell'anima ( Interior intimo meo, più intimo più del mio intimo, dice S. Agostino) determina il valore di noi religiosi e l'efficacia del nostro apostolato.
Anche lo stesso nome con cui Don Orione ci ha chiamati - Figli della Divina Provvidenza - indica intenzionalmente una relazione con Dio così forte che solo la relazione di figliolanza può adeguatamente esprimere. Questo nome è tutt'altro che devozionale o decorativo. [3]
2. Figlio della Divina Provvidenza
Sono quello che sono in Dio, e mi basta.
Valgo quello che valgo in Dio, e mi basta.
San Paolo ricorderebbe che “non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili”, ma “Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione”. Pertanto, “chi si vanta si vanti nel Signore” (1Cor 1, 26-31).
Cosa comporta per la nostra vita spirituale e apostolica la qualifica/identità di Figli della Divina Provvidenza ? La dimensione caritativa del nostro carisma è la più evidenziata (anche se troppo spesso è ridotta alla sola dimensione umana del fare carità ). La dimensione papalina-ecclesiale è sempre più profondamente compresa. [4] Forse si sta un poco stemperando la nota da sempre distintiva e caratterizzante: figli della Divina Provvidenza .
Don Orione volle la Divina Provvidenza come visione, identità e nome della Congregazione e dei suoi Religiosi. Le nostre Costituzioni, all'art. 69, dicono che l'essere figli della Divina Provvidenza è “ cardine della nostra spiritualità ” e consiste ne “ l'amore filiale e la confidenza verso il Padre che è nei cieli ”. E spiega che “ la nostra fede ci fa vedere Dio in ogni persona ed evento e ci spinge a vivere in intima unione con lui, con quello spirito di figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: Abbà , Padre! Mai saremo Figli della Divina Provvidenza senza una vita tutta di fede e di fiducia in Dio ”.
L'esperienza della Divina Provvidenza costituisce la fonte, l'atmosfera e il dinamismo del carisma orionino. Le stesse opere della carità, senza la densità di Dio, divengono filantropia e protagonismo umano. [5]
Come si articola la fiducia nella Divina Provvidenza con il IV voto di specificazione carismatica di “speciale fedeltà al Papa” mediante le opere della “carità”? Come attualizzare oggi la fiducia nella Divina Provvidenza che dà spirito e nome alla nostra Famiglia orionina, la Piccola Opera della Divina Provvidenza ? [6]
L'esperienza della Divina Provvidenza è culmen et fons del nostro carisma, della spiritualità e dell'apostolato. È la prospettiva unificante della nostra sequela Christi sui passi di Don Orione.
Il Fondatore, erede di una grande tradizione di “santi della Divina Provvidenza”, [7] ci ha trasmesso alcune modalità tipiche di essere figli della Divina Provvidenza. [8]
3. L'opera della Divina Provvidenza e la concentrazione ecclesiale
La fiducia nella Divina Provvidenza vissuta e trasmessa da Don Orione si caratterizza per la sua forte concentrazione ecclesiale, per la passione per la Chiesa nella prospettiva della salvezza dell'umanità.
Scrivendo l'importante documento carismatico “ I sommi principi dell'Opera della Divina Provvidenza”, [9] il Fondatore presenta l'opera della Divina Provvidenza con una ampia visione teologica e storica, che corrisponde al “ disegno del Padre ” di Ef. 1, 1-10, entro la quale poi egli colloca il carisma proprio e specifico della “Piccola” Opera della Divina Provvidenza.
“ L'opera della Divina Provvidenza, nei secoli avanti la nascita di Nostro Signor Gesù Cristo, era coordinata a disporre l'umanità a ricevere Gesù Cristo Redentore; e, dopo la venuta di Nostro Signore nel corso dei secoli nei quali la Santa Chiesa milita sulla terra, l'opera della Divina Provvidenza consiste nell'instaurare omnia in Christo… , unendo tutta l'umanità in un corpo solo, la Santa Chiesa cattolica , costituita da nostro Signore Gesù Cristo sotto la divina potestà dei Vescovi, in unione e dipendenza con la divina e suprema potestà apostolica del beato Pietro che è il Romano Pontefice. Il nostro minimo Istituto riconosce nel Romano Pontefice il cardine dell'opera della Divina Provvidenza nel mondo universo… e questo ha per fine suo precipuo… impiegarsi con ogni opera di misericordia… coll'intento di concorrere a rafforzare, nell'interno della Santa Chiesa, l'unità dei figli col Padre e, nell'esterno, a ripristinare l'unità spezzata col Padre ”.
Sono riconoscibili i tre circoli concentrici dell'opera della salvezza:
1. L'opera della Divina Provvidenza (Padre)
2. consiste nell' Instaurare omnia in Christo (Figlio)
3. unendo tutta l'umanità in un solo corpo, la S. Chiesa cattolica costituita nell'unità con i Vescovi e il Papa (Spirito Santo).
Questa visione è richiamata nell'art.1 delle attuali Costituzioni: “ Il nome da lui stesso dato alla Congregazione - Piccola Opera della Divina Provvidenza - ne esprime l'inserimento nel piano salvifico del Padre e la caratteristica di totale abbandono a Dio nella fede ”.
Il dinamismo proprio della nostra “piccola opera” consiste nell'essere e nell'” impiegarsi con ogni opera di misericordia” per “concorrere a rafforzare l'unità dei figli col Padre” (il Papa) al fine di instaurare omnia in Christo. [10] Questa dinamica è riproposta all'art.5 delle Costituzioni con le parole stesse di Don Orione. [11]
Ciò comporta che quando noi oggi parliamo di carismaticità/apostolicità delle opere dobbiamo valutare concretamente come e quanto raggiungiamo il “ fine precipuo ” di unire al “ cardine dell'opera della Divina Provvidenza ”, cioè al Papa e, in Lui, alla Chiesa. [12] Occorre verificare la qualità “ecclesializzatrice” delle opere, cioè la loro efficacia nel “ portare i piccoli, i poveri, il popolo al Papa e alla Chiesa ”.
C'è una pagina in cui Don Orione, per così dire, scopre le carte delle sue intenzioni. “Questi tempi, scrisse già l'Em. Card. Parrocchi, [13] comprendono della carità soltanto il mezzo e non il fine ed il principio. Dite agli uomini di questi tempi: bisogna salvare le anime che si perdono, è necessario istruire coloro che ignorano i princìpi della religione… e gli uomini non capiscono”. Mai come ai tempi nostri il popolo fu così staccato dalla Chiesa e dal Papa, ed ecco quanto è provvidenziale che questo amore sia risvegliato con tutti i mezzi possibili perché ritorni a vivere nelle anime l'amore di Gesù Cristo. (…). L'esercizio della carità raggiungerà perfettamente il suo scopo corrispondente ai bisogni dei tempi nostri, che è precisamente quello: di ricondurre la società a Dio riunendola al Papa e alla Chiesa. Quella carità pertanto che viene esercitata nella società nostra prendendo le mosse dall'amore al Papa e alla Chiesa, e mirando al raggiungimento di questo amore in tutti, è precisamente quella che meglio risponde al bisogno dei tempi. E tale è lo spirito da cui è informata l'Opera della Divina Provvidenza, tale è la sua fisionomia, il suo carattere tipico: Instaurare omnia in Christo!”. [14]
4. Far bella la Chiesa
A conferma di questa specifica dinamica carismatica, mi vengono alla mente le parole ascoltate dal v escovo greco-cattolico di Oradea, Vasile Hossu, all'indomani della caduta del regime comunista in Romania. Hanno il valore di una parabola carismatica. "Un giorno, viaggiando in auto con Don Lazzarin – raccontava il Vescovo -, fummo fermati dalla polizia che ci trattò in malo modo e addirittura sprezzante nei miei confronti avendo saputo che ero vescovo. Don Lazzarin, dopo alcuni tentativi di impietosire il poliziotto ostile, per giustificarsi disse che avevamo fretta di giungere a Oradea, dove eravamo aspettati dai Confratelli e dai ragazzi dell'oratorio. ‘Oratorio? Andate da Don Luigi, il prete dell'oratorio?' - chiese il poliziotto. ‘Sì, siamo suoi Confratelli'. Il poliziotto cambiò di tono con noi e si mise a parlare benevolmente dell'oratorio, dei ragazzi. Vedete? - concluse Mons. Hossu rivolgendosi a me - l'opera da voi fatta all'oratorio, per i ragazzi e per i poveri sta rendendo amabile e stimata tutta la Chiesa di Oradea".
Sono fatti come questi che rivelano il dinamismo specifico del carisma orionino nella vita ordinaria: rendere la Chiesa amabile e stimata affinché possa compiere la sua missione provvidenziale di unire a Cristo.
Un altro insigne pastore della Chiesa, il cardinale Paulo Evaristo Arns, arcivescovo di San Paolo del Brasile, anni fa' indicò il nostro Piccolo Cottolengo come destinatario delle offerte della “campagna della fraternità” organizzata dalla Conferenza Episcopale. Definì quella grande opera di carità “ l'apri porta della Chiesa cattolica nella città” perché essa creava simpatia e rendeva vicina al popolo la Chiesa e i suoi Pastori.
Simile apprezzamento l'ho ascoltato nel marzo scorso da Mons. Anselmo Pecorari, Nunzio apostolico in Uruguay. Incoraggiando il cammino del nostro Piccolo Cottolengo orionino di Montevideo, mi disse: “Il Piccolo Cottolengo è conosciuto e apprezzato in tutto l'Uruguay. Esso costituisce una buona carta di credito della Chiesa cattolica nella società molto laica”. [15]
Tutto questo risponde alle intenzioni di Don Orione: “Figli della Div.na Provvidenza, noi dobbiamo palpitare e far palpitare migliaia e migliaia di cuori attorno al cuore del Papa: dobbiamo portare specialmente a lui i piccoli e le classi degli umili lavoratori, tanto insidiate, portare al Papa i poveri, gli afflitti, i reietti, che sono i più cari a Cristo e i veri tesori della Chiesa di Gesù Cristo”. [16]
L'art. 118 delle Costituzioni articola bene questa dinamica apostolica. Dopo avere richiamato la Provvidenza di Dio, la centralità della carità di Cristo, l'impegno a edificare i piccoli, gli umili, il popolo in Cristo, ripropone l'espressione cara a Don Orione: “ portiamo il loro cuore al Romano Pontefice, cardine dell'opera della Divina Provvidenza nel mondo ”.
Il CG 13 attualizza queste indicazioni chiedendo di “operare come strumento della Provvidenza di Dio per i poveri e presentandosi al popolo come segno concreto della maternità della Chiesa ” (n.13) e di “ vivere la comunione con la Chiesa da cui proviene e a cui va la nostra carità apostolica (n.9) ”.
5. Testimoniare la Divina Provvidenza in tempo di secolarismo
“La Divina Provvidenza pare nascosta all'uomo, perché l'uomo la vede e molte volte non l'ama, la tocca e molte volte non la crede; essa lo veste meglio che i gigli del campo e gli dà da mangiare, ed egli crede di essere nudo e digiuno. Essa governa il mondo con legge armonica ed eterna, si nasconde e non si fa vedere a colui cui manca la fede, quantunque egli sia ricco di mezzi materiali e di vasta mente e di molta cultura”. [17]
Nelle pagine di Don Orione ci sono numerosi echi del disorientamento delle masse popolari confuse da ideologie e traviate da costumi che portavano all'“ apostasia della fede ”.
Il concetto e l'atteggiamento di fiducia nella Divina Provvidenza era ed è oggi in crisi. Il secolarismo è invadente. Costituisce la più globalizzata delle minacce alla fede cristiana. All'inizio del secolo scorso, Robert Hugh Benson, nel suo romanzo Lord of the world (Il padrone del mondo) aveva previsto il venir meno della fede cristiana non a causa di una cruenta persecuzione pubblica ma attraverso l'umanitarismo secolarista. Per usare le parole di Benson, la carità sarebbe stata sostituita dalla filantropia, la fede sarebbe stata spodestata dalla cultura, la speranza dalla soddisfazione.
Senza entrare nell'analisi delle radici e dei fattori psicologici, culturali e sociali che alimentano il secolarismo, possiamo constatare semplicemente che oggi il concetto di Divina Provvidenza è in crisi e, con esso, è in crisi il messaggio salvifico cristiano e, di conseguenza, il ruolo sacramentale della Chiesa.
Il contesto attuale secolarizzato stimola più che scoraggiare chi è figlio della Divina Provvidenza: “ Ci sentiamo, in Cristo, figli del Padre celeste e ci abbandoniamo con la fede alla sua amorosa Provvidenza; figlio della Divina Provvidenza, infatti, vuol dire figlio della fede ”. [18] Un carisma serve proprio quando quel valore evangelico è in crisi. Come serve un ricostituente soprattutto quando il corpo è debole.
Anche nei nostri ambienti cristiani è più facile parlare della trascendenza di Dio, mentre c'è imbarazzo e quasi pudore ad indicare la provvidenza di Dio che accade nei fatti e nelle persone. [19] Magari, con dubbia pertinenza, si afferma che la religione deve essere «in spirito e in verità». Quasi si rinuncia a riconoscere e interpretare i segni della presenza di Dio e la sua rilevanza nell'esistenza quotidiana e nella storia. [20] Per Don Orione, invece, la fiducia nella Divina Provvidenza fu il centro dinamico della sua (nostra) esperienza personale di Dio, fu il motivo ispiratore del suo apostolato e della sua Fondazione. “Sì, Opera della Divina Provvidenza: proclamare contro il materialismo storico "Tua Providentia omnia gubernat". La Provvidenza Divina è la continua creazione delle cose". [ 21] Oggi, forse, si dovrebbe dire: “ Sì, Piccola Opera della Divina Provvidenza: proclamare nel deserto del non senso che Dio ama il mondo”, “ o Pai cuida de nós ”. [22]
Benedetto XVI, nella recente Lettera Apostolica Ubicumque et semper (21.9.2010), [23] dopo avere elencato le attuali inumane conseguenze della vita vissuta «come se Dio non esistesse» (" etsi Deus non daretur "), afferma che “per proclamare in modo fecondo la Parola del Vangelo, è richiesto anzitutto che si faccia profonda esperienza di Dio”. Infatti, come ebbe già a dire, “Dio non si può far conoscere con le sole parole. Non si conosce una persona, se si sa di questa persona solo di seconda mano. Annunciare Dio è introdurre nella relazione con Dio. Solo nell'esperienza della vita con Dio appare anche l'evidenza della sua esistenza”. [24]
In queste parole troviamo la stessa concretezza voluta da Don Orione: “vivere e far sperimentare la Provvidenza di Dio” acquista per noi orionini nuova attualità come la più efficace risposta al secolarismo nel movimento di nuova evangelizzazione.
“In Don Orione – ha osservato in un suo discorso Giovanni Paolo II - lo zelo sacerdotale si coniugava con l'abbandono nella Provvidenza divina, cosi il segreto della sua esistenza e della sua molteplice attività riposava in una illuminata fiducia nel Signore, poiché “l'ultimo a vincere è Lui, Cristo, e Cristo vince nella carità e nella misericordia” (Lettere II, 338). Nei suoi istituti, rivive il genio della carità di Don Orione che si tradusse, come peculiare carisma, nella fiducia nella Divina Provvidenza. Gli uomini del nostro tempo, assetati di verità e di amore, hanno bisogno di incontrare testimoni" . [25]
Ecco la parola chiave: “ testimoni ”, “ figli ” della Divina Provvidenza
“La fede non è solo la divina virtù fondamentale e teologale, ma essa è anche, per noi Religiosi - e, per di più, Figli della Divina Provvidenza - la base di tutto l'edificio religioso. Figlio della Divina Provvidenza, poi vuole dire figlio della fede”. [26]
6. La Provvidenza è grazia di Dio più che attività nostra...
Come Orionini, dobbiamo coltivare una coscienza di servi , di facchini , di ciabattini , di stracci , di figli della Divina Provvidenza , [27] atteggiamento spirituale che nulla esclude di talenti, progresso, intraprendenza, anzi li potenzia al massimo.
E' la grazia , cioè la relazione filiale con Dio Padre, operata dallo Spirito Santo che ci conforma a Gesù, che “ convertirà gli affetti naturali in affetti soprannaturali e spirituali ” [28] e che amalgama in Dio le persone e le attività di cui ci occupiamo.
Essere Figli della Divina Provvidenza comporta il mettersi nelle mani di Dio come strumenti della sua Divina Provvidenza. "Noi siamo stracci nelle mani del Signore, della Divina Provvidenza... noi siamo stracci nelle mani della Chiesa, al cui servizio noi unicamente siamo, con devozione piena e perpetua... Ve l'ho detto tante volte che noi siamo stracci di Dio e della Madonna, e la grazia e fortuna è tutta nostra, se Essi si servono delle nostre miserie per fare qualche cosa di bene nella Santa Chiesa". [29]
La nostra collaborazione personale e anche istituzionale, la nostra “piccola opera” della Divina Provvidenza mediante le opere di carità, non consiste in un'azione umanamente “potente”, quasi palliativa di quella di Dio. La nostra vita e i segni di “provvidenza” (le opere di carità) servono per “ stendere sempre le mani e il cuore a raccogliere pericolanti debolezze e miserie e porle sull'altare, perché in Dio diventino le forze di Dio e grandezza di Dio” . [30] Solo con quest'azione di consacrazione a Dio le opere della carità evangelizzano la Divina Provvidenza e “aprono gli occhi della fede e muovono i cuori verso Dio ”. [31]
7. … dunque, pieni di Dio e non pieni di sé.
Don Orione, nel formare i figli della Divina Provvidenza (religiosi, suore e laici), aveva un punto di partenza e di arrivo imprescindibile: l'umiltà . Su questo punto insisteva, giudicava e anche scartava. Quando diceva o scriveva di uno che “ è pieno di sé ” equivaleva a giudicarlo non idoneo ad entrare tra i “ poveri figli della Divina Provvidenza ”.
Senza umiltà non c'è fiducia nella Divina Provvidenza. Senza umiltà e fiducia nella Divina Provvidenza non ci sono Figli della Divina Provvidenza ma protagonisti autocentrici, euforici o… depressi.
Tra gli innumerevoli testi di Don Orione sul tema, ne riporto uno venutomi alla vista di recente e indirizzato a Don Gaetano Piccinini, un pioniere esuberante e ardito. “San Gaetano, vedi, perché umile, fu assai confidente nella Provvidenza di Dio, e per questo fu un ardito della carità, perché il suo coraggio aveva buona base, la base della umiltà. Ah! vale più un grado di umiltà che cento di fervore; l'umiltà è la più preziosa di tutte le virtù, perché fondamento e base di tutte” . [32]
Cari Confratelli, nel nostro cammino di cura e formazione continua, la parte più importante consiste nel liberarci dall' io pieno di sé e di cose vane (“spazzatura” [33] per San Paolo) per renderci idonei, capaci di essere un io pieno di Dio , figli della Divina Provvidenza. Del resto fu questa la semplice ed essenziale pedagogia di Gesù e “ Beati quelli a cui la parola divina: Chi vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, ha penetrato le ossa e le midolla” . [34]
L' io pieno di sé, delle proprie cose, delle proprie idee e attività, risulta l'ostacolo invalicabile anche per Gesù con i farisei, con il giovane ricco, con gli invitati al banchetto. [35] Perciò Don Orione, riprendendo le parole del Vangelo, giustamente esortava: “Vegliate sopra voi stessi e pregate, [36] e non avvenga che siano i vostri cuori depressi dall'atmosfera bassa e dalle cure della vita presente [37] e sarete i figli della Provvidenza!”. [38]
Si tratta, in altre parole, come dice la linea 4 del CG 13, di “ riscoprire le fonti della rivelazione dell'amore di Dio, le ragioni fondamentali della propria vocazione e del proprio apostolato”. Alle Fonti è dedicato il primo nucleo di decisioni del nostro ultimo Capitolo generale, “per meglio garantire l'alimentazione ordinaria, personale e comunitaria, alla fonte prima e insostituibile della carità: la vita di Dio” (n.1). Anche il quaderno di formazione permanente del 2011 è stato impostato con lo scopo di aiutare a ben collegarci alle fonti della vita di Dio.
Cari Confratelli, Figli della Divina Provvidenza, “ nomen est omen ”, nel nostro nome è indicata la nostra vocazione, l'identità e lo stile. Imitiamo Don Orione nel tratto più intimo della sua personalità, la fiducia nella Divina Provvidenza.
O Divina Provvidenza, o Divina Provvidenza!
Nulla é più amabile e adorabile di Te, che maternamente alimenti l'uccello dell'aria e il fiore del campo: i ricchi e i poverelli! Tu apri le vie di Dio e compi i grandi disegni di Dio nel mondo!
In Te ogni nostra fiducia, o Santa Provvidenza del Signore, perché Tu ci ami assai più che noi amiamo noi stessi.
No che, col divino aiuto, non ti voglio più indagare.
No, che non ti voglio più legare le mani.
No, che non ti voglio più storpiare, ma solo voglio abbandonarmi interamente nelle tue braccia, sereno e tranquillo.
Fa che ti prenda come sei, con la semplicità del bambino, con quella fede larga che non vede confini! ‘ Fede, fede, ma di quella' , di quella del Beato Cottolengo, il quale trovava luce da per tutto, vedeva Iddio in tutti e per tutto!
Divina Provvidenza! Divina Provvidenza!
Dà a me, povero servo e ciabattino tuo, e alle anime che pregano e lavorano in silenzio e sacrificio di vita attorno ai poverelli quella latitudine di cuore, di carità che non misura il bene col metro né va con umano calcolo, la carità che é soave e dolce, che si fa tutta a tutti.
O santa Divina Provvidenza!, ispiratrice e madre di quella carità che è la divisa di Cristo e dei suoi discepoli, anima Tu, conforta e largamente ricompensa in terra e in cielo quanti, nel nome di Dio, fanno da padre, da madre, da fratelli, da sorelle agli infelici. [39]
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Per l'informazione sulle Notizie di Famiglia invito a seguire giorno per giorno il sito centrale www.donorione.org , sempre aggiornato con notizie dal mondo orionino, e gli altri siti locali.
Questa prima parte del 2011 è stata di intensa attività per la Congregazione. Particolarmente importanti sono state le assemblee provinciali di programmazione e le visite del Consiglio generale in America Latina con una fitta rete di incontri con confratelli, comunità, organismi provinciali.
Affidiamo alla bontà misericordiosa del Signore risorto i nostri defunti.
I confratelli: Don Vittorio Bresciani, Don Paolo Longoni, Don Francesco Galizia, Don Maciej Mrotek, Don Rocco Crescenzi, Don Giorgio Ancelliero.
Le suore : Maria Francisca, Maria Berta, Maria Giannetta Maria Candida del Cuore di Gesù (Sacramentina), Maria Primitiva, Maria Jacinta, Maria Camilla, Maria Cecylia e Maria Felicyta.
Il papà di: Don Pasqualino Marin premorto), di Pe. Edmar José Da Silva e di P. José Antonio Sanz del Hoyo. La mamma di: Don Ugo Dei Cas, del Ch. Richard Moumini Sawadogo e di Pe. Luiz Carreiro Varão. Il fratello di: Don Angelo Cantarutti, Fr. Carlos Humberto Santander Ruiz, P. Porfirio Ramirez e di Don Mario Bai. La sorella di: Fr. Affonso Faustino e di Pe. Antonio Dalmasso.
Tra gli amici e benefattori che hanno sostenuto la Piccola Opera della Divina Provvidenza, faccio memoria almeno di Mons. Sergio Valech, Ausiliare emerito di Santiago del Chile, grande benefattore in tante forme del Piccolo Cottolengo di Los Cerrillos (Chile). Ogni Provincia e ogni casa preghi per i propri benefattori. Ricordiamo che in molti casi la beneficenza è legata al desiderio dei donatori di “far del bene nel nome del Signore” e di essere ricordati nella preghiera dopo la morte. E' un dovere di coscienza e riconoscenza pregare per loro.
Concludo, assicurando e chiedendo preghiere per i confratelli malati, per le nostre Suore anziane e inferme, particolarmente quelle che hanno consumato la loro vita nelle nostre case, per parenti, amici e benefattori che si raccomandano a noi. La “banca della Divina Provvidenza” non è costituita solo dalle risorse economiche ma anche dalle preghiere, dai meriti e dai sacrifici che mettiamo insieme: sia dei beni materiali che di quelli spirituali siamo amministratori.
La Santa Madonna e San Luigi Orione, che onoriamo in questo mese particolarmente caro, veglino su noi tutti e sulle nostre istituzioni.
Con affetto nel Signore vi saluto
Don Flavio Peloso, FDP
(Superiore generale)
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[1] In cammino con Don Orione , p.324.
[2] 12° Capitolo generale, decisione 22; cfr. Cost 14.
[3] Casa della Divina Provvidenza fu il nome dato da Don Orione al primo collegetto, aperto a Tortona il 15.10.1893; nella lettera del 25.9.1895 al suo vescovo Bandi, pubblicata su “La scintilla” del 1.12.1895, già si presentava con i suoi “ Figli della Divina Provvidenza” .
[4] Segnalo l'ultimo studio sull'argomento di F. H. Fornerod, Sentire Ecclesiam. La sensibilidad eclesiologica de San Luis Orione en clave carismatica , Università Gregoriana, Roma, 2008; una sintesi in Sentire Ecclesiam , “Messaggi di Don Orione”, n. 123, 2007, p.5-27.
[5] Benedetto XVI: “ Le opere di carità, sia come atti personali e sia come servizi alle persone deboli offerti in grandi istituzioni, non possono mai ridursi a gesto filantropico, ma devono restare sempre tangibile espressione dell'amore provvidente di Dio. Per fare questo - ricorda don Orione - occorre essere ‘impastati della carità soavissima di Nostro Signore' ( Scritti 70, 231) mediante una vita spirituale autentica e santa ”; parole di Benedetto XVI al 13° Capitolo generale, durante la visita a Roma - Monte Mario, il 24.6.2011.
[6] Per utile lettura, il vol. 6 de Lo spirito di Don Orione , Roma, 1992, pp. 7-66, e la breve e sostanziosa sintesi in Sui passi di Don Orione , pp. 45-55.
[7] R iconobbe come suoi ispiratori e protettori San Francesco, Santa Caterina da Siena, San Gaetano da Thiene, San Vincenzo de' Paoli, San Giuseppe Benedetto Cottolengo, San Luigi Guanella che gli fu amico, Don Calabria che stimò ed aiutò, Madre Michel della quale fu guida spirituale.
[8] F. Peloso, Santi, sante e carismi della Divina Provvidenza , “Vita consacrata” 36(2000) n.3, p.267-282 e n.4, p.392-404.
[9] Lettere I, 11-22; si tratta di un testo fondamentale per la storia e l'identità carismatica della Piccola Opera della Divina Provvidenza.
[10] Questo orientamento cristocentrico è esplicitamente affermato all'art.2 delle Costituzioni: “ La nostra Congregazione, affidata alla Divina Provvidenza, crede e testimonia che Gesù Cristo è la chiave, il centro, il fine dell'uomo e di tutta la storia umana: all'avvento del suo Regno si considera pertanto totalmente dedicata ”.
[11] Viene riportato il famoso Capo I delle Costituzioni inviato da Don Orione a Don Sterpi il 22 luglio 1936; è riprodotto in Sui passi di Don Orione , p.295-296.
[12] Evidentemente questa specifica strategia apostolica presuppone l'attitudine personale di “speciale fedeltà al Papa”, espressa all'art. 130 delle Costituzioni.
[13] Il testo è riportato in un opuscolo pubblicato nel 1920, in occasione del 25° dell'ordinazione sacerdotale di Don Orione. Il card. Lucido Maria Parrocchi (Mantova 1833 – Roma 1903) fu Vescovo di Pavia, di Bologna, Vicario di Roma e infine Segretario della Congregazione del Sant'Uffizio. Don Orione deve averne letto gli scritti; un volume delle Omelie del card. Parocchi era presente all'Eremo di Sant'Alberto di Butrio .
[14] La lettera è del 13.4.1920; Don Orione. Nel nome della Divina Provvidenza. Le più belle pagine , p.37.
[15] Si vedano le precedenti Lettere circolari Quale amore al Papa ( Atti… 2005, n.216, p.3-15 ) e Quali opere di carità? ( Atti… 2005, n.217, p.111-132 ) ”.
[16] Nel nome della Divina Provvidenza , p. 122. Il card. Tarcisio Bertone ha affermato che “ Una coscienza ecclesiale, così centrata sul ministero di Pietro nella Chiesa, non si era mai vista prima” ; L'Osservatore Romano , 30 giugno 2007.
[17] Lettere scelte , p.20-21.
[18] Art. 9 delle Costituzioni. Simile concetto è riproposto all'art. 69: “ Mai saremo Figli della Divina Provvidenza senza una vita tutta di fede e di fiducia in Dio”. Cfr la mia relazione al Forum dei giovani di Rio de Janeiro, nel 2006: Figli della Divina Provvidenza in un mondo che non sogna più , “Messaggi di Don Orione”, n. 121, anno 38, 2006, p.65-76.
[19] Evidentemente, non si risponde al secolarismo con forme magiche e infantili di concepire la sua provvidenza di Dio, diversamente ma ugualmente antropocentriche e secolari.
[20] «Quando si fa sera, voi dite: Bel tempo, perché il cielo rosseggia; 3 e al mattino: Oggi burrasca, perché il cielo è rosso cupo. Sapete dunque interpretare l'aspetto del cielo e non sapete distinguere i segni dei tempi?”; Mt 16, 2. Il tema del discernimento dei segni dei tempi (e dei luoghi) è oggi molto presente nella riflessione ecclesiale. Evidentemente non è solo un'operazione intellettuale ma relazionale. Benedetto XVI ha osservato che “nella cosiddetta visione moderna del mondo il dogma fondamentale è che Dio non può affatto agire nella storia, che dunque tutto ciò che riguarda Dio deve essere collocato nell'ambito soggettivo”. Ma con questo pregiudizio soggettivo, “la Bibbia non parla più di Dio, del Dio vivente, ma parliamo solo noi stessi e decidiamo che cosa Dio può fare e cosa vogliamo e dobbiamo fare noi”; Gesù di Nazaret , Rizzoli, Milano 2007, p.58.
[21] Scritti 68, 418.
[22] La nostra congregazione promosse uno speciale Convegno internazionale dedicato alla Divina Providenza, con il titolo “ O Pai cuida de nós ”, a São Paulo del Brasile, nell'ottobre del 1999. Vi parteciparono rappresentanti di 22 Congregazioni religiose.
[23] Con questa Lettera, Benedetto XVI ha costituito il nuovo Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione.
[24] Catechesi di J. Ratzinger al Convegno dei catechisti e dei docenti di religione, Roma , 10 dicembre 2000.
[25] Riportato in Sui passi di Don Orione , p.33.
[26] Lettere II, 453-454.
[27] Si potrebbe formare una curiosa litania di titoli che Don Orione inventò per esprimere la propria fiducia nella Divina Provvidenza e, insieme, la coscienza di esserne umile collaboratore e strumento: "asinello della Divina Provvidenza" (reso famoso da Ignazio Silone), " facchino della Divina Provvidenza" , "straccio della Divina Provvidenza" , "ciabattino della Divina Provvidenza", "povero bifolco della Divina Provvidenza , e tanti altri, compendiati nel più consueto "figlio della Divina Provvidenza", che Don Orione normalmente aggiungeva anche alla sua firma.
[28] Scritti 26, 145.
[29] Sui passi di Don Orione , p. 48.
[30] Nel nome della Divina Provvidenza , p.82.
[31] Scritti 4, 280.
[32] Lettera del 7 agosto 1922, Scritti 115, 12.
[33] San Paolo si era “vantato” di valori e anche di giusti titoli di soddisfazione, “ ma quello che poteva essere per me un guadagno, l'ho considerato una perdita a motivo di Cristo… per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo ” (Fil 3, 7-8 e ss). Spazzatura non sono sole le cose cattive, ma anche le cose che non servono e lasciano poco spazio per “ guadagnare Cristo ”.
[34] Scritti 50, 181.
[35] Il Card. Jorge Bergoglio, riprendendo De Lubac, la chiama ‘mondanità spirituale' e la ritiene “il pericolo più grande per gli uomini di Chiesa. La mondanità spirituale è mettere al centro sé stessi. È quello che Gesù vede in atto tra i farisei”; intervista in 30Giorni , nov. 2007, p.21.
[36] Richiama Mc 14, 38.
[37] Richiama Lc 21, 34.36.
[38] Lettera pubblicata su L'Opera della Divina Provvidenza del 26.11.1899 e ripubblicata, con ritocchi, il 28.11.1906. Don Gino Bressan ne fece un bel commento in “Messaggi di Don Orione”, n.3, 1970.
[39] Nel nome della Divina Provvidenza , passim, p.71-72.