Lettera Circolare del Superiore Generale, 29 agosto 2011.
AD JESUM PER MARIAM
La devozione mariana nella vita e nella pastorale degli Orionini
29 agosto 2011
Festa della Madonna della Guardia
Carissimi Confratelli,
Ho avuto grande gioia anche quest’anno la cara festa della Madonna della Guardia di Tortona. Si è ripetuto il solito spettacolo di fede e di folla. Avevo portato con me il testo, da poco letto, di un documento della Congregazione vaticana per il Clero. Si tratta della Lettera ai Rettori dei santuari di tutto il mondo.[1] In essa si invita a valorizzare la devozione popolare mariana come via di esperienza di Dio e di evangelizzazione in un contesto di secolarismo e di smarrimento religioso. Ho messo questa lettera a tema mariano davanti a Don Orione, nel suo Santuario di Tortona. La lettera attualizza la convinzione di Don Orione: “Dare la Madonna alle anime vuol dire dare loro Gesù Cristo, la Chiesa, la fede, vuol dire dare la salvezza”.[2]
Era da tempo che volevo dedicare attenzione e riflessione alla devozione mariana nella vita e nella pastorale di noi Orionini. Questa via di carità pastorale fu tanto praticata e inculcata dal nostro santo Fondatore, “anima mariana”,[3] che tutto vide e visse “nella luce di Maria”.[4] Non posso non ricordare che il mio primo incontro di studio con Don Orione e con le sue fonti dell'archivio avvenne in occasione della stesura della mia tesi di licenza in liturgia, e aveva per tema “La devozione popolare mariana nel beato Don Luigi Orione”.[5]
La promozione della devozione popolare mariana è un ambito rilevante del nostro apostolato. Coinvolge direttamente molti religiosi e santuari della Congregazione, ma, sappiamo, coinvolge un poco tutti perché ove c’è popolo c’è devozione mariana, nelle parrocchie, nelle case di carità, nelle scuole, nelle missioni, nelle case di formazione, con i giovani, con i malati, nelle più svariate nostre attività. La devozione mariana non è riservata a una nicchia particolare di attività e di persone, ma riguarda un clima, una modalità, un modo di essere della nostra vita e della nostra carità pastorale. Se è vero che “non si può essere cristiani senza essere mariani” (Paolo VI, il 24.4.1970, al Santuario di Bonaria), così non si può essere orionini senza essere mariani.
Una risorsa da valorizzare
C’è chi ha guardato - e guarda - alle “devozioni popolari” con un certo sospetto, quasi fossero qualcosa di infantile o di magico: dal rosario allo scapolare, dal pellegrinaggio al segno di croce prima di partire per un viaggio o di iniziare una partita. Altri hanno notato che certe pratiche devozionali sono diventate una scappatoia sentimentale e individualistica per evitare l’impegno di un incontro personale e comunitario con il Signore che si fa trovare principalmente nei sacramenti della sua presenza, nella liturgia della Chiesa. Per intenderci: vado al santuario, accendo la candela, faccio l’offerta e dico qualche preghiera… però poi non vado mai a Messa, non ascolto la Parola di Dio, non vivo secondo il Vangelo e tiro dritto senza pentimenti e conversioni. Per dirla con Don Orione, “Si fa una processione e tutti gridano “Viva Maria”: in generale, questo è tutto ciò che sanno di religione, ma pochi sanno il Pater noster o la Salve Regina; si può dire che quasi nessuno sa i misteri principali della fede o i comandamenti di Dio; da questa ignoranza ne viene che una gran parte vive in concubinato come nulla fosse… “.8
In non pochi casi, in certe forme di pietà popolare si sono mischiati anche elementi di superstizione, o di pratiche pagane, o di rigidismi psicologici. Per tanta ambiguità delle espressioni devozionali, una persona o gruppo di persone che esprima la propria fede in modo concreto, fuori dello stretto ambito liturgico e delle pareti domestiche, rischia di essere giudicato un retrogrado, un fanatico o peggio uno psicopatico.
Di tutto occorre tenere conto, ma è innegabile che c’è un sentimento religioso autentico e popolare, insito nella natura umana. L’eco di nostalgia e di desiderio della paternità di Dio, se non si esprime in modo autentico, vivo, cristiano, cioè “da figli”, spinge a trovare altre forme di “devozione” andando a tentoni da maghi, santoni, medium, con pratiche sataniche, superstizioni e nevrosi d’ogni genere.
Il Magistero ha espresso più volte la stima per la pietà popolare e per le sue manifestazioni. Ha ammonito coloro che la ignorano, la trascurano o la disprezzano ad assumere nei suoi confronti un atteggiamento positivo verso i suoi valori perché è “un vero tesoro del popolo di Dio” (Marialis cultus 31).
Il n.1679 del Catechismo della Chiesa Cattolica dice chiaramente l’atteggiamento pratico della Chiesa nei confronti delle devozioni popolari: “Oltre che della Liturgia, la vita cristiana si nutre di varie forme di pietà popolare, radicate nelle diverse culture. Pur vigilando per illuminarle con la luce della fede, la Chiesa favorisce le forme di religiosità popolare, che esprimono un istinto evangelico e una saggezza umana e arricchiscono la vita cristiana”.
Anche oggi e forse soprattutto oggi, nel nostro contesto storico-culturale, le devozioni popolari antiche e nuove sono ancora una ricchezza e una risorsa per la nostra vita cristiana.
Per noi Orionini, si aggiunge anche un motivo carismatico a incoraggiare la cura delle devozioni popolari. Don Orione raccomandava: “Noi vogliamo, ricordatelo sempre, vogliamo essere col popolo anche in questo, nel salvare la sua fede, nell’accrescere la sua vita cristiana, soprattutto attraverso la fede popolare, le devozioni popolari… Soprattutto insistendo sul sentimento della fiducia in Dio e in Maria Santissima”.[6]
La pastorale dei santuari in Congregazione
È un settore di attività assai consistente della Congregazione. Vorrei ricordare i santuari cui attualmente si dedicano tanti nostri religiosi, sia per farli conoscere e sia per rendere riconoscenza a quanti vi lavorano e vi hanno lavorato. I più sono santuari mariani, ma alcuni sono anche dedicati ai Santi.
Per primi, pongo i tre santuari attualmente più frequentati.
Passo a elencare i santuari legati storicamente a Don Orione.
Un buon numero di altri santuari mariani sono stati aperti o affidati alla Congregazione in tempi diversi, posteriori a Don Orione.
19. Zarqa (Giordania), Santuario di Maria Regina della Pace. Fu edificato dalla comunità orionina in seguito a un voto per chiedere la pace fatto
durante la "guerra del golfo" che sconvolse i Paesi mediorientali, Iraq in particolare.
Infine, aggiungo anche altri santuari della Congregazione dedicati ai Santi, perché hanno dinamiche pastorali simili a quelle mariane.
I santuari, “oasi nel deserto di questa povera vita”[7]
Il card. Mauro Piacenza, nel presentare la Lettera ai Rettori dei santuari di tutto il mondo, cui farò frequente riferimento,[8] ha spiegato che “Questa lettera ha soprattutto lo scopo di inserirsi nel grande movimento di nuova evangelizzazione che ci coalizza un po’ tutti, nella Chiesa. Si vuole concentrare l’attenzione su questi luoghi che Paolo VI chiamava “le cliniche dello spirito”, perché in un periodo di vasta secolarizzazione probabilmente ancora di più questi santuari hanno una funzione… aiutare l’incontro con il Signore, la revisione della propria vita”.
L’affermazione è immediatamente evidente. “In un clima di diffuso secolarismo, il santuario continua, ancora oggi, a rappresentare un luogo privilegiato in cui l’uomo, pellegrino su questa terra, fa esperienza della presenza amorevole e salvifica di Dio” (Santuari 3). Più si inaridiscono i solchi del nostro cammino di vita, più cresce il bisogno e il fascino di andare laddove la terra è fertile.
Nella pastorale che, come quella orionina, intende essere “popolare”, rivolta ai poveri e ai lontani dalla fede, la devozione mariana è una via di evangelizzazione, è un argine al secolarismo, è una forma per avvicinare alla paternità di Dio e alla maternità della Chiesa introdotti dal moto di affetto verso Maria.
Nel santuario si “trova uno spazio fecondo, lontano dagli affanni quotidiani, ove potersi raccogliere e riacquistare vigore spirituale per riprendere il cammino di fede con maggiore ardore e cercare, trovare e amare Cristo nella vita ordinaria, nel mezzo del mondo” (Santuari 3).
La autorevole Lettera sui santuari ne incoraggia e orienta la pastorale. Del resto, l’afflusso ai santuari di tutto il mondo è in sorprendente crescita: è un dato rilevante di cui sempre più si parla con serietà pastorale. Tutte le statistiche ci dicono che oggi è in crisi l’appartenenza alle istituzioni di tutte le religioni, cattolicesimo compreso, ma è fortemente in crescita la ricerca di senso, di spiritualità, la nostalgia del sacro. Per esempio, in Italia, secondo una recente statistica, solo un 25% frequenta la Messa domenicale, però ben il 40% dichiara di pregare tutti i giorni e il 70% dice di pregare almeno una volta alla settimana.
A conferma della tenuta della devozione popolare che si manifesta nei santuari, specie in quelli mariani, sta il fatto che essa ha resistito sia alla tempesta della contestazione degli anni Settanta e sia alla desertificazione del secolarismo attuale. Anche se le chiese nelle città e nei paesi si svuotano, i santuari non conoscono crisi e sono frequentati anche da persone che non bazzicano le parrocchie.
Cosa succede? Come spiegare tale fenomeno? L’uomo spesso non riconosce Dio, ma conosce molto bene la propria solitudine, il proprio limite, e sente il bisogno di esprimere la propria invocazione, il proprio affidamento, la propria relazione per quanto incerta. Il santuario costituisce un luogo e un tempo dello spirito per riconoscere ed esprimere questo profondo e insopprimibile bisogno di salvezza che è, ultimamente, bisogno di Dio.
Va riconosciuto che “la pietà popolare è di grande rilievo per la fede, la cultura e l’identità cristiana di molti popoli. Essa è espressione della fede di un popolo, vero tesoro del popolo di Dio nella e per la Chiesa: per capirlo, basti immaginare la povertà che ne risulterebbe per la storia della spiritualità cristiana d’Occidente l’assenza del Rosario o della Via crucis, come delle processioni. Sono soltanto esempi, ma sufficientemente evidenti per rilevarne l’imprescindibilità” (Santuari 9).
Ad Jesum per Mariam significa anche alla liturgia attraverso la devozione
L’ “Ad Jesum per Mariam” diventa celebrativamente “alla liturgia attraverso la devozione”. Il culto a Maria bene attuato conduce al culto di Dio. Don Orione riuscì in tale mediazione. Dobbiamo riuscirci anche noi. Molti scritti, testimonianze e cronache illustrano quali fossero lo stile e l’organizzazione delle feste, dei pellegrinaggi, delle celebrazioni mariane di Don Orione. Tutto era incentrato a condurre i fedeli ai sacramenti, a fare esperienza di Chiesa, all’evangelizzazione delle verità cristiane.
Certo ci vuole grande cura per far evolvere il moto di devozione verso la Madonna, talvolta ingenuo ma esistenzialmente vivo, in autentico incontro e relazione con Dio.
L’ascolto della Parola di Dio “assume un ruolo essenziale nella vita pastorale del santuario” (Santuari 6), comunque essa giunga: data dall’ascolto liturgico, offerta come risposta a interrogativi della vita, percepita durante la preghiera, emersa nel dialogo confidenziale con la Madonna. Nei santuari e nelle nostre proposte di devozione mariana dobbiamo favorire in tutti i modi l’incontro con la Parola di Dio. Don Orione faceva osservare che “Maria è sopra tutte le creature, perché fra tutte fu quella che più ha amato, custodito ed onorato la Parola di Dio. Beati noi se, coll’aiuto della SS. Vergine, arriveremo ad amare ed osservare la Parola di Dio, ad unire la volontà nostra a quella di Dio: è questa unione sola che ci fa santi!”.[9]
Il documento sulla pastorale dei santuari esorta:“I ministri sacri hanno il compito di preparare l’annuncio, nella preghiera e nella meditazione, filtrando il contenuto dell’annuncio con l’aiuto della Teologia spirituale, alla scuola del Magistero e dei Santi” (Santuari 6).
Da parte sua, Don Orione raccomandava: «Siate avidi della parola di Dio, e sia vostra vita”.[10] “Amministrate la parola di Dio, ma breve e preparandovi: sostanza e praticità e con unzione”.[11]
“Le prediche di Don Orione – ricorda Don Bianchi - erano una citazione continua della S. Scrittura e del Vangelo; ciò può rivelare la venerazione per i sacri testi e la passione con cui ne faceva studio”.[12] Egli sapeva alternare l’oratoria solenne e precisa con l’uso della lingua parlata dal popolo umile, del dialetto, per essere più incisivo e raggiungere il cuore e la mente degli uditori, soprattutto nei pellegrinaggi e nelle feste popolari.
Egli trasmise un vero culto del Vangelo. “Che cosa è il Vangelo? È il libro di Dio, è la vita, la parola, la dottrina di Gesù Cristo. È la storia del Signore: il Verbo di Dio scritto. Come il SS. Sacramento dell’Eucarestia è il Verbo di Dio vivo, così il Vangelo e la Sacra Bibbia sono il Verbo di Dio scritto”.[13]
La Liturgia è l’espressione massima della relazione con Dio, con la Madonna, con i Santi. Perciò i responsabili della pastorale nei santuari hanno il compito di “istruire i pellegrini sul carattere assolutamente preminente che la celebrazione liturgica deve assumere nella vita di ogni credente. La pratica personale di forme di pietà popolare non va assolutamente ostacolata o rigettata, anzi va favorita”. È una chance e non un ostacolo della vita cristiana,[14] “ma non può sostituirsi alla partecipazione al culto liturgico” (Santuari 12).
Soprattutto oggi, ciascuno di noi deve avere a cuore, gestendo un santuario o accompagnando fedeli a un santuario, di favorire un collegamento effettivo tra devozione personale, Parola di Dio e Liturgia comunitaria.
Chi ha zelo per le Anime profitta di tante piccole occasioni. Per esempio, i luoghi dove si raccolgono gli ex-voto, se sono disposti con una traccia, con un aiuto di comprensione, possono aiutare a capire meglio la Provvidenza di Dio nella vita delle persone, i frutti che la fede può generare. Ogni santuario ha le sue benedizioni. Ai santuari si fa benedire di tutto, si domanda la protezione, si vuol portare con sé qualcosa “di Dio”, della “Madonna”, di sacro. All’Incoronata di Foggia tutti vanno a farsi ungere con l’olio santo della Madonna; altrove persone portano l’auto nuova da far benedire e così via. Anche questi momenti sono opportuni per dire una parola di fede, per incontrare la famiglia, le persone.
Il sacerdote, tra le tante attività di corollario del santuario, deve dare la precedenza a quelle che gli danno più possibilità di inserirsi in una relazione spirituale personale con i pellegrini. Anche in questo ambito del nostro apostolato, dobbiamo occuparci soprattutto di ciò che è più proprio del nostro ministero, lasciando altri compiti a collaboratori laici.
“È così che si onora la Madonna: con Gesù nel cuore”.
Nella lettera sui santuari si insiste anche sulla confessione, poiché “il santuario è pure il luogo della permanente attualizzazione della misericordia di Dio” (Santuari 13). A questo proposito, occorre “favorire e dove sia possibile intensificare la presenza costante di sacerdoti che, con animo umile e accogliente, si dedichino generosamente all’ascolto delle confessioni sacramentali”, mettendo “in evidenza il vincolo stretto che lega la confessione sacramentale a un’esistenza nuova, orientata verso una decisa conversione”. E' inoltre opportuno che siano, "in luoghi adatti (a esempio, possibilmente, cappella della Riconciliazione) disponibili dei confessionali provvisti di una grata fissa" (Santuari 15).
Cari Confratelli, è un grande onore - certo non privo di sacrificio - essere ministri di misericordia presso un santuario. Se ne sono resi conto i Confratelli che hanno svolto questo ministero come “lavoro” quotidiano al Santuario di Pompei, o quanti confessano nei Santuari dell’Incoronata, della Guardia, di Itatì e in altri.
Chi va ai santuari, “cliniche dello spirito” si aspetta sempre di trovare confessori disponibili. In molte parrocchie, per varie ragioni e per qualche inadempienza, quasi non si confessa più.
Per chi ha tanto da fare il confessare può essere certo un “peso”; però mai una “perdita di tempo”! Per tanti Confratelli anziani e malati i limiti di salute spesso si trasformano in una condizione favorevole per svolgere il ministero della confessione e dell’ascolto spirituale, attivi sacerdotalmente. Penso a un Don Santella a Roma, o a Don Luigi Lazzarin a Belo Horizonte, o a Don Adolfo Gigon a Claypole, che sono rimasti “vivi” e ricercati per le confessioni fino all’ultimo. La gente andava da loro ugualmente per il Bene più prezioso. E anche loro si sentivano preziosi, “nella vecchiaia daranno ancora frutti” (Sal 92, 15)!
La confessione avviene nel segreto del colloquio personale. Quanto bene e anche quanto male può fare il sacerdote con le sue parole! Per questo è necessario che “siano ben formati nella dottrina e non trascurino di aggiornarsi periodicamente su questioni attinenti soprattutto all’ambito morale e bioetico. Anche nel campo matrimoniale, rispettino quanto autorevolmente insegna il magistero ecclesiale. Evitino quindi di manifestare in sede sacramentale dottrine private, opinioni personali o valutazioni arbitrarie non conformi a ciò che la Chiesa crede e insegna” (Santuari 17-18). Molte persone, soprattutto le più lontane, si formano il concetto di vita e di dottrina cristiana da quello che riportano da questi incontri nel santuario.
L’Eucarestia è “culmine e fonte” di tutta la vita cristiana (SC 10 e PO 5). Anche della vita del santuario. Vanno curati tutti gli aspetti che possono facilitarne l’approccio. Molte volte i pellegrini o anche solo i turisti entrano in santuario mentre c’è la Santa Messa. Spesso si fermano anche quelli che non hanno l’abitudine di partecipare alla Messa. Se “vedono” che la celebrazione è ben fatta, con fede, con decoro, anch’essi saranno portati al raccoglimento. Il canto può aiutare, la musica può aiutare, il silenzio può aiutare, come anche la predicazione curata e comunicativa. Tutto deve rispondere a criteri di nobiltà e di sacralità. Mentre “uno stile celebrativo, che introduca innovazioni liturgiche arbitrarie, oltre a generare confusione e divisione tra i fedeli, lede la veneranda tradizione e l’autorità stessa della Chiesa, nonché l’unità ecclesiale” (Santuari 21).
“Meno messe e più messa” è ancora una direttiva pratica saggia da attuare anche nei santuari. Nei tempi di maggiore afflusso occorre offrire maggiore facilità (e dunque frequenza) di partecipazione alla Messa, ma nessuna celebrazione deve essere senza la dovuta dignità. Mai deve essere sciatta, frettolosa, distratta, senza canto e omelia, per quanto sia semplice.
Papa Benedetto XVI ha scritto e ripete che «la migliore catechesi sull’Eucaristia è la stessa Eucaristia ben celebrata» (Sacramentum Caritatis 64).
Per orientare a Cristo durante la visita al santuario ha grande efficacia l’adorazione eucaristica che manifesta “quello che sta al cuore della celebrazione: l’unione con Cristo Ostia” (Santuari 23). La lettera esorta ad attribuire "notevolissima importanza al luogo del tabernacolo nel santuario (o anche di una cappella destinata esclusivamente all’adorazione del Santissimo) poiché è in sé calamìta, invito e stimolo alla preghiera, all’adorazione, alla meditazione, all’intimità con il Signore” (Santuari 23). Vanno curate l’esposizione, l’adorazione e le benedizioni solenni. Molti dialoghi profondi nascono davanti al SS. Sacramento: di conforto, di pentimento e di conversione, di affidamento, di ascolto di appelli interiori di bene.
Che tutto porti a cogliere che il santuario è il luogo della Presenza, della Dimora; è Casa e Tempio e non semplicemente luogo da vedere.
“Unire ad un’opera di culto un’opera di carità”
Mi ha un poco sorpreso e rallegrato che la Lettera sui santuari chieda che "nella fedeltà alla loro gloriosa tradizione, non dimentichino di essere impegnati nelle opere caritative e nel servizio assistenziale, nella promozione umana, nella salvaguardia dei diritti della persona, nell’impegno per la giustizia, secondo la dottrina sociale della Chiesa" (Santuari 30).
Sappiamo che questa è una direttiva caratteristica tipica e insistita da Don Orione, tanto da presentarla come una consuetudine di Congregazione all’Abate Caronti: “È prassi da noi di unire sempre all'Opera di culto un'Opera di carità”.[15]
Di questa regola pratica occorre avere sempre presenti le motivazioni spirituali e pastorali. “Tanti non sanno capire l’opera di culto – scriveva Don Orione - e allora bisognerà unire l’opera di carità. Siamo in tempi in cui se vedono il prete solo con la stola non tutti ci vengono addietro, ma se invece vedono attorno alla veste del prete i vecchi e gli orfani allora si trascina… la carità trascina. La carità muove e porta alla fede e alla speranza”.6
Presso i santuari, le opere di carità e di misericordia verso i più bisognosi sono il complemento dell’ad Jesum per Mariam. Sono l’Ad Jesum per caritatem. “La carità apre gli occhi alla Fede e riscalda i cuori d'amore verso Dio”.
Questa prassi è ancora molto radicata in Congregazione e modella le strutture e le attività di tante nostre comunità. Ho potuto constatarlo e ammirarlo girando il mondo orionino. Osservo però che dovremmo impegnarci di più affinché tra opera di culto (mariana e parrocchiale) e opera di carità ci sia effettiva sinergia, complementarietà, comunione. Quanta efficacia riceve l’azione di un santuario (parrocchia) dalla presenza viva e integrata di un’opera di carità che costituisca un tutt’uno con la pastorale. Quanta vitalità viene alle attività di un’opera di carità educativa o assistenziale dalla relazione più ampia con la gente che frequenta la chiesa o il santuario.
Credo sia da accogliere e da attuare anche un’altra raccomandazione che ci viene dalla Lettera quando dice “Attorno ad essi è bene che fioriscano anche iniziative culturali, quali convegni, seminari, mostre, rassegne, concorsi e manifestazioni artistiche su temi religiosi. In questo modo i santuari diventeranno anche promotori di cultura, sia dotta che popolare” (Santuari 30).
Qualcosa, grazie allo zelo dei Confratelli si fa. Penso alla tradizione di meetings e incontri all’Incoronata di Foggia; alla Festa del Papa e ai concerti promossi dal Santuario della Guardia di Tortona; anche nel nuovo Santuario di Bonoua si è vista subito l’esigenza di avere ampie sale di ritrovo per dei momenti di catechesi e di incontro.
AMIAMO MARIA!
La devozione mariana non è solo ad uso esterno, per gli altri, come attività pastorale. È innanzitutto alimento interno della nostra spiritualità.
Don Orione intitolò così, Amiamo Maria!, un’esortazione pubblicata sul Bollettino L’Opera della Divina Provvidenza, del 19 Aprile 1915. Ne riporto qualche passo per attualizzarla nella nostra vita spirituale oggi.
“Amiamo Maria!
Oh! la Piccola Opera della Divina Provvidenza, dopo Dio, si può dire che è tutta opera di Maria: è sorta per opera di Maria, crebbe per opera di Maria, si mantiene per opera di Maria. Noi dobbiamo tutto a Maria: ragione quindi per esserLe divoti, per dimostrarLe la nostra riconoscenza.
La divozione a Maria non è semplicemente un ornamento della nostra santissima Religione, né un fiore qualunque, un soccorso come tanti altri, di cui possiamo servirci o no, come ci piace; ma è una parte integrale. Iddio non volle venire a noi che per mezzo di Maria e noi non possiamo andare da Dio che per mezzo di Maria”.
Quanto è presente l’amore a Maria nella nostra vita personale?
Il Papa, nella Lettera per l’anno sacerdotale, celebrato nel 2010, ricordava che “Gesù Cristo dopo averci dato tutto quello che ci poteva dare, vuole ancora farci eredi di quanto egli ha di più prezioso, vale a dire della sua Santa Madre”. Giustamente, a partire da questo atto di supremo amore di Gesù espresso sulla croce, Maria fu considerata in senso reale Madre della Chiesa, Madre dei cristiani, Madre dei sacerdoti.[16]
A noi tutti, cari Confratelli, fa bene vivere e coltivare il clima benefico della devozione verso la Madre di Dio perché ci concentra nelle cose di Dio. Per esprimere la familiarità e l’intimità con la Santa Madonna, il nostro Fondatore così esortava: «Per amare veramente il Signore, la Madonna, le Anime, la Chiesa, bisogna farsene quasi una fissazione. Sapete che cosa significa essere fissati in un una cosa? Qual era lo stato d’animo della Madonna verso Gesù? Voi lo sapete: non viveva altro che per Lui, non parlava che di Lui e per Lui, soffriva e pregava volentieri per Lui, pensava solo quello che pensava Gesù - se le fosse stato possibile -, tanto il suo cuore desiderava essere vicino, in sentimenti, pensieri ed affetti, a quello di Gesù. Questo hanno fatto anche i Santi in terra: hanno cercato di vivere all’unisono, in tutto, con Gesù e con la Santa Madonna».[17]
Stare in intimità spirituale con Maria porta noi religiosi ad essere “fissati nelle cose di Dio” ad essere fissati nel “bene delle anime”, “all’unisono, in tutto, con Gesù e con la santa Madonna”. Che bello! Allora la nostra vita sarà un richiamo a Dio e alla bellezza del darsi del tutto e per sempre a Gesù, alla Madonna, alle Anime.
Lasciamo da parte vecchi e falsi dualismi che opponevano pietà mariana e pietà cristocentrica. A Peter Seewald, che in una recente intervista definiva Benedetto XVI “un teologo con orientamento più cristocentrico che mariano”, il Papa rispose: “è vero, sono cresciuto in una pietà anzitutto cristocentrica, in una religiosità che coscientemente ed in misura pronunciata veniva nutrita attraverso la Bibbia e dunque era orientata a Cristo. Di questo però fa sempre parte certamente la Madre di Dio, la Madre del Signore”.[18]
Certo, la nostra vita spirituale deve essere cristocentrica mediante la Parola di Dio, i Sacramenti, la Carità. Però, come ha avvertito lo stesso Benedetto XVI, "La Chiesa si allontana dalla parola biblica, se in lei viene meno la venerazione di Maria. Allora essa in realtà non onora più neppure Dio nel modo che gli si addice”. [19]
Ricordo anche un’altra argomentazione del Card. Ratzinger che più o meno suonava così. Dio si è reso visibile nella storia, nella relazione con gli uomini, tanto da essere denominato “il Dio di Abramo, d'Isacco e di Giacobbe”. Ebbene a maggior ragione egli è “il Dio di Maria”, incarnato in Maria. Per conoscere Dio occorre conoscere Maria.
Basta così, cari Confratelli, ciascuno di voi ha e può aggiungere altri motivi e tante esperienze di devozione mariana. Con questa lettera intendo solo apprezzare e stimolare la nostra pastorale mariana, nei santuari e altrove. E intendo raccomandare la nostra personale pietà mariana. La devozione mariana dà il clima spirituale di un consacrato. Se si abbassa la temperatura mariana significa che anche tutto il resto è nel freddo.
Don Orione parlava dei “quattro amori” - Gesù, Anime, Papa, Maria – che alimentano il nostro fuoco, sacrificio, martirio, incendio della carità. Più volte egli estese l’Ad Jesum per Mariam in “a Gesù, al Papa e alle Anime per la Madonna”, con la Madonna, come la Madonna.
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Il quaderno di formazione permanente
È in distribuzione il Quaderno di formazione permanente per l’anno 2011-2012 preparato dal vicario Don Joao Inacio con un gruppo di redazione. Ha per titolo In principio era la relazione e tratta le tematiche del nucleo secondo del documento del 13° Capitolo generale.
Raccomando l’uso di questo sussidio e più ancora raccomando di curare la propria formazione permanente per vivere l’età matura con dignità, frutto e gioia.
Entrando nell’età matura e nella routine degli anni, c’è un naturale calo della estroversione nelle attività, nelle relazioni e subentra una certa solitudine e stanchezza interiore.
Occorre coltivare nella preghiera la compagnia di Dio, “intimius intimo meo” (S. Agostino) che “trasfigura” e unifica la vita, che ci rende capaci di leggere ovunque e sempre la presenza amorosa di Dio. Non si tratta di ricavarsi un rifugio intimistico, ma di stabilirsi in una più profonda unità tra relazione con Dio e vita per Dio.
È solo l’amore di Dio che ci fa andare avanti in gratuità, pur coscienti delle nostre fragilità e delle altrui miserie, senza depressione, cupidigia o aggressività.
Cari Confratelli, la vita ci mette alla prova tutti, “per acqua e fuoco”. Occorre bene attrezzarsi interiormente affinché “cresca il vigore lungo il cammino” (Sal 84, 8) e non ci accada, invece, di trascinarci, di vivacchiare, in modo penoso per noi e per gli altri, “in quel languore e torpore di spirito che, al dire di Dante, «poco è più morte»” (Don Orione). Attenzione che “non si spenga la lampada” (cf Mt 25, 1-13) per mancanza di olio, o di non “mettere sotto il moggio la lampada” della vocazione che ha illuminato la giovinezza (cf Mc 4, 21).
Arrivando ai 50 o 60 anni, non possiamo permetterci di vivere in tono minore per altri 20-30 anni. “Non progredi regredi est”, ma anche non progredi tristitia est. Guardiamo avanti. Ricordiamoci che siamo sempre utili nel “work in progress” dell’Instaurare omnia in Christo, fino al santo Paradiso.
Prossimi appuntamenti di Congregazione
Le principali notizie degli eventi di Congregazione le potete sempre trovare nel sito www.donorione.org che viene aggiornato quotidianamente.
Guardando avanti, nei mesi prossimi avremo due grandi eventi di Congregazione: il convegno missionario (20-23 novembre) e il convegno amministrativo (23-26 novembre). Le riunioni riguardano un buon numero di rappresentanti delle varie nazioni, ma i temi riguardano tutti. Seguiamo la loro preparazione e celebrazione e, soprattutto, accogliamo e realizziamo gli orientamenti che ne verranno.
In molte Province si è appena conclusa o è in corso la visita canonica provinciale. Sono visite triennali e non hanno il carattere dell’eccezionalità, ma della normale cura della nostra vita religiosa e apostolica. Prendiamo dalle mani di Dio gli stimoli della visita e delle indicazioni del superiore provinciale.
Nella mia agenda sono annotate alcune visite oltre i confini italiani ed europei, come in Kenya (settembre), in Argentina e Paraguay (ottobre). Similmente i consiglieri cureranno l’unità di Famiglia con visite in varie nazioni. Don Joao Inacio sarà in Costa d’Avorio e Filippine; Don Achille Morabito in Polonia e Filippine; Don Eldo Musso in Polonia Argentina e Cile; Don Silvestro Sowizdrzal provvede alla Segreteria generale e fino a Natale non ha in programma viaggi lontano; Don Fulvio Ferrari visiterà Costa d’Avorio e Romania. Nei mesi di febbraio-aprile saremo poi tutti in America Latina per la visita canonica generale.
Ho condiviso col Consiglio generale un progetto di aiuto ai popoli della fame nel “Corno d’Africa”. Tutto il mondo sa che siccità e carestia stanno mietendo decine e decine di migliaia di vittime in Somalia, Etiopia e Nord-est del Kenya. Tra poco sarà lanciato a tutta la Congregazione un appello “Don Orione for Marsabit” che avrà per coordinatori Don Eldo Musso, Don Malcolm Dyer, delegato per la missione del Kenya, Don Alessio Cappelli responsabile della Fondazione Don Orione, e Fr. Paul Mboche, direttore in Kenya. Sarà una iniziativa di “pronto soccorso” verso persone colpite da calamità, come già fecero Don Orione e tanti Confratelli. Sarà anche occasione per far sentire alla giovane Famiglia orionina in Kenya che alle spalle c’è una grande Famiglia solidale, la Congregazione.
Motivi di preghiera
Sono tanti, tanti. Al primo posto metto quello di invocare dal Signore il termine della carestia di vocazioni che affligge vaste regioni della Chiesa e gran parte della nostra Congregazione. I figli sono il primo bene. La loro mancanza è la maggiore povertà. Subito dopo, nelle priorità di preghiera, viene la perseveranza nella vocazione e nella qualità di vocazione di noi religiosi.
Affidiamo poi, come sempre, alla bontà misericordiosa del Signore i nostri defunti.
I Confratelli sacerdoti: Don Giorgio Ancelliero, Don Dario Falchetti, Fratel Michele Ferrero, Fratel Jan Wesołowski, P. Henryk Hermanowski e Don Angelo Pellizzari.
Le Suore: Suor Maria Vereconda, Suor Maria Olga, Suor Maria Vincenta, Suor Maria Elisa Miceli, Suor Maria Michelina di San Giuseppe (Sacramentina), Suor Maria Laetare e Suor Maria Romana.
Il Papà di Don Stefano Bortolato e di Fratel Emmanuel Hogra.
La Mamma di Don Fausto Franceschi, di Fratel Jean Clement Somda e del Ch. Dirceu Rosa.
Il Fratello di: Don Angelo Pasinato, di P. Julio Francisco Martinez Val, di Don Mario Rinaldi, di Don Serafino Tosatto, di Don Enrico Brunetta, di P. Abel Padin, di Don Moreno Cattelan, di Don Ettore Paravani e Don Secondo Moretti, fratello del nostro Don Giuliano, premorto.
La Sorella di Don Salvatore Prosperi Porta e di Don Fioravante Agostini.
Tra gli Amici e Benefattori ricordiamo in particolare Mons. Adolfo Zambardi, Bianca Sterpi nipote del nostro Venerabile Don Carlo, Carlo Boggio Sola, ex allievo benemerito; Alice Amici, quasi a noi sconosciuta ma generosa per le opere di bene. Ogni Provincia ricordi e faccia pregare per i propri Amici e Benefattori defunti.
Sono solito non nominare i Confratelli malati per cui pregare. Questa volta faccio un’eccezione per Don Paolo Bussolini, il Busso novantenne, orionino dei due mondi (Italia e Argentina). L’ho da poco visitato con Don Eldo a Fumo, trovandolo sofferente e contento di aver dato la vita al Signore, alle Anime e alla Congregazione.
Mettiamo tutti nelle nostre preghiere. Il Signore benedice e ascolta i fratelli che pregano per i fratelli.
La Santa Madonna della Guardia e San Luigi Orione veglino su noi tutti e sulle nostre istituzioni. Con affetto nel Signore vi saluto e vi ricordo nella preghiera.
Don Flavio Peloso, FDP
Superiore generale
[1] Congregazione per il Clero, Lettera ai Vescovi e ai Rettori dei Santuari di tutto il mondo, Città del Vaticano, 15 agosto 2011. E’ riportata in questo fascicolo a p. …
[2] Parola, 17.2.1932; V, 20.
[3] Don Orione anima mariana. Quaderno n.56, 1983.
[4] Don Orione nella luce di Maria Madre di Dio è il titolo dato alla preziosa opera in 4 volumi di Don Giovanni Venturelli che costituisce praticamente una biografia di Don Orione concepita in prospettiva mariana.
[5] La devozione popolare mariana nel beato Luigi Orione, Istituto Liturgia Pastorale – Sant’Anselmo, anno 1983.
8 Scritti, 96, 222.
[6] Parola del 17.4.1938; VIII, 244.
[7] Prendo questa espressione da Don Orione, riportando la citazione estesa da cui è ripresa: “I Santuari sono come oasi nel deserto di questa povera vita; e gli uomini sono come pellegrini stanchi e feriti e a volte morenti lungo la via. Là trovano conforto, sollievo alle cure dello spirito; là si rimarginano le ferite del cuore… I Santuari sono fari di luce che rischiara le menti e ricorda le verità del Vangelo. Sono centri di irradiazione della misericordia divina e della bontà materna di Maria. Sono sorgenti di ripresa spirituale, di fede, di ripresa morale per le anime disanimate e stanche. Sono fiamme che splendono sul monte, e richiamano i cuori a sentimenti alti, a pensieri di cielo. Nel grigiore della vita materiale, i Santuari sono dei fari che fanno strada alle anime in pericolo, sono fontane da cui sgorga l’acqua della consolazione che porta a vita eterna”; Parola, 16.4.1928; III, 141.
[8] Vedi nota 1; sarà citata Santuari con la numerazione del testo riportato a p. …
[9] Discorso alle Piccole Suore Missionarie della Carità, 18 febbraio 1918.
[10] Ai suoi sacerdoti, 23.7.1939; Scritti 3, 526.
[11] A Don Candido Garbarino, Scritti 67, 85.
[12] Testimonianza di Don Luigi Bianchi, Informatio, 100.
[13] Discorso alle Piccole Suore Missionarie della Carità, 11 settembre 1919.
[14] Cfr mio Editoriale su “Don Orione oggi”, maggio 2011, p.3- 4.
[15] Lettera 3 maggio, 1938; Scritti 117, 107; similmente anche in lettera del febbraio 1929; Scritti 53, 39. “È nostro uso ad un'opera di culto unire possibilmente sempre un’opera di carità” ; Scritti 80, 177. All'Incoronata di Foggia, è invalsa l’abitudine che la comunità che offre l'abito per la solenne “vestizione” della Madonna deve anche offrire l'equivalente per un opera di carità.
6 Riunioni, p. 95. Don Orione all’arciprete Giovanbattista Chiosso di Torriglia: “Sarà intesa di più - anche da chi è poco praticante, - la divozione alla Madonna, quanto al culto, vada unita un’opera di carità, a favore dei poveri”; lettera del 27.11.1937, Scritti 38, 158 . “Ad un’opera di fede, di culto e di pietà verso Dio e la Vergine Sua Madre, andrà dunque unita un’opera di beneficenza, di carità, di pietà verso il prossimo”; Scritti 92, 216.
[16] Benedetto XVI spiega che quando Gesù, sulla croce, proclamò la maternità universale di Maria, scelse come suo primo figlio spirituale un apostolo, un sacerdote, Giovanni, cui disse: «Ecco la tua madre!» (Gv 19, 27). Per tale consegna, ogni sacerdote, come Giovanni, è chiamato a prendere con sé Maria, quale dolce affetto, confortante compagnia e potente aiuto della sua vita: «Il discepolo la prese nella sua casa».
[17] Sui passi di Don Orione 165.
[18] Benedetto XVI, Luce del mondo. Una conversazione con Peter Seewald, Editrice Vaticana, 2010, p.228-229.
[19] Maria – Chiesa nascente, San Paolo, Cinisello Balsamo 1998, cap. IV "Tu sei la piena di grazia".