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Messaggi Don Orione
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Nella foto: Don Orione accogliente a Genova - Molassana, 30 maggio 1939.

Una lectio carismatica sull'accoglienza. Convegno degli amministratori delle case orionine di ospitalità.

VII CONVEGNO AMMINISTRATIVO PER LE CASE RELIGIOSE DI OSPITALITA’

Roma, 13 novembre 2018

 

SIAMO TUTTI DI PASSAGGIO.

Lectio carismatica di Don Flavio Peloso

 

Quando mi è stato chiesto di dare questo piccolo contributo di riflessione sull’ospitalità mi è subito un pensiero: SIAMO TUTTI DI PASSAGGIO e, quasi contemporaneamente, anche un episodio della vita di Frate Ave Maria.

Don Orione aveva mandato all’eremo di Sant’Alberto di Butrio un signore di Genova, ricco di denaro e inquieto di cuore.

- “Vai a incontrare Frate Ave Maria” - gli disse.

Quel signore andò e restò sorpreso nel vedere che quel Frate era cieco e viveva in una stanzetta povera, dove gli unici mobili erano il letto, un tavolino, un misero armadietto con di alcuni grossi libri scritti in “Braille”, il catino con l’asciugamano.

- Frate Ave Maria, dove sono le sue robe? – chiese il signore.

- E dove sono le sue? – rispose Frate Ave Maria.

- Le mie robe? Ma io sono qui solo di passaggio!

- Anch’io – disse Frate Ave Maria.

Siamo tutti di passaggio: ospiti e ospitanti, “stranieri e ospiti” (ef 2, 19). “Amate il forestiero, poiché anche voi siete stati forestieri in Egitto” (Dt 10, 18).

Non è facile parlare di ospitalità, una delle espressioni massime della gratuità nelle relazioni, di grande valore antropologico presso tutti i popoli e le culture, in un convegno dedicato all'ospitalità commerciale, strutturata e istituzionalizzata per svolgere un servizio retribuito e non per offrire qualcosa di personale e di gratuito.

Ospitalità personale gratuita e ospitalità istituzionale commerciale sono due dinamiche di accoglienza ben distinte, sono fondate su esigenze e condizioni ben diverse, da tenere in conto senza mistificazioni. Tra le due forme di ospitalità c’è, però, anche una certa connessione. La prima è prototipo della seconda.

La prima offre fondamentalmente la propria relazione personale, all’interno della quale fornisce anche dei servizi (un tetto, alimenti, assistenza, sicurezza…).

La seconda offre principalmente dei servizi, forniti con un minimo di relazione che intende essere personale (“Le persone oltre le cose”, come dice la ben nota pubblicità).

Nella vita delle nostre istituzioni orionine (ma anche nelle famiglie) siamo chiamati ad attuare entrambi i tipi di accoglienza, quella gratuita [1] e quella commerciale. Entrambi hanno la loro dignità e devono essere svolti con dignità, oltre che con professionalità.

Certamente, anche l’accoglienza servita (erogata si riferisce alle cose) in regime commerciale da una entità che ha i valori umani e religiosi nella sua missio, deve ispirarsi e convertirsi continuamente all’accoglienza personale e deve assumerne alcuni tratti, per quanto limitati, per riportarli nello stile e nella modalità del servizio di accoglienza reso come servizio remunerato.

Ciò premesso, posso tentare di suggerire una lectio carismatica prendendo come parabola l’accoglienza di Abramo a quei personaggi/messaggeri di passaggio, presso la “Quercia di Mamre”.

 

ABRAMO ACCOGLIE GLI OSPITI ALLE QUERCE DI MAMRE

Mamre era l’accampamento di Abramo. Siamo nel secolo 19° prima di Cristo, in un contesto di vita nomade, di spostamenti, in cui le tende erano più basi di sicurezza e rifugio che non abitazioni stabili. L’abitare e lo stare nella tenda aveva un grande valore di intimità familiare. Anche nella società moderna molte case sono tende… per quanto lussuose.

Cap. 13 ci dice che “Abram si spostò con le sue tende e andò a stabilirsi alle Querce di Mamre, che sono ad Ebron, e vi costruì un altare al Signore” (18).

Pose qui il suo accampamento perché era il luogo in cui il Signore gli aveva parlato: “Tutto il paese che tu vedi, io lo darò a te e alla tua discendenza per sempre. Renderò la tua discendenza come la polvere della terra: se uno può contare la polvere della terra, potrà contare anche i tuoi discendenti(16-17).

Abramo fece esperienza della benevolenza di Dio ed entrò in uno stato di riconoscenza verso Dio che attua come benevolenza e accoglienza verso il prossimo. Lo rivela un fatto successivo.

L’accoglienza dei tre ospiti/messaggeri/angeli, raccontata nel successivo cap.18.

“Il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all'ingresso della tenda nell'ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall'ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passar oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po’ di acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l'albero. Permettete che vada a prendere un boccone di pane e rinfrancatevi il cuore; dopo, potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fà pure come hai detto». Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre staia di fior di farina, impastala e fanne focacce». All'armento corse lui stesso, Abramo, prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese latte acido e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse a loro. Così, mentr'egli stava in piedi presso di loro sotto l'albero, quelli mangiarono”.

 

Gli ospiti si accomiatarono facendo due doni agli ospitanti.

Primo dono: la grazia ad Abramo e Sara, già molto anziani, di avere un figlio.

Poi gli dissero: «Dov'è Sara, tua moglie?». Rispose: «E' là nella tenda». Il Signore riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio».

Sara stava ascoltando fuori della tenda e, con realismo di donna, si mise a ridere a questo annuncio. Viene ripresa.

Secondo dono: la salvezza, invitando la famiglia di Abramo a lasciare Sodoma e Gomorra che saranno distrutte.

“Quegli uomini si alzarono e andarono a contemplare Sòdoma dall'alto, mentre Abramo li accompagnava per congedarli… Disse allora il Signore: «Il grido contro Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave…”.  

Segue la contrattazione (27-33) sul numero dei giusti per salvare la città: 50, 45, 40, 30, 20, 10. Denota il coinvolgimento personale, atteggiamenti di interessamento, informazione, intercessione…

In Genesi 19, c’è un episodio simile; riguarda Sodoma e Lot, fratello di Abramo.

“I due angeli arrivarono a Sòdoma sul far della sera, mentre Lot stava seduto alla porta di Sòdoma. Non appena li ebbe visti, Lot si alzò, andò loro incontro e si prostrò con la faccia a terra. E disse: «Miei signori, venite in casa del vostro servo: vi passerete la notte, vi laverete i piedi e poi, domattina, per tempo, ve ne andrete per la vostra strada». Quelli risposero: «No, passeremo la notte sulla piazza». Ma egli insistette tanto che vennero da lui ed entrarono nella sua casa. Egli preparò per loro un banchetto, fece cuocere gli azzimi e così mangiarono [2] (1-3).

Quegli uomini dissero allora a Lot: «Chi hai ancora qui? Il genero, i tuoi figli, le tue figlie e quanti hai in città, falli uscire da questo luogo… Così, quando Dio distrusse le città della valle, Dio si ricordò di Abramo e fece sfuggire Lot alla catastrofe, mentre distruggeva le città nelle quali Lot aveva abitato” (12ss).

TRE CONSIDERAZIONI

  1. L’accoglienza porta all’espansione della propria vita, apre a nuove possibilità, relazioni, sviluppi.L’accoglienza apre anche alla benedizione e salvezza eterna, che per Abramo e Lot significò sfuggire alla catastrofe di Sodoma e Gomorra ed abitare nella “terra promessa”.
    Alloggiare i pellegrini” è la 4a opera di misericordia corporale, dopo “dar da mangiare agli affamati”, “dar da bere agli assetati”, “vestire gli ignudi”. Gesù assicurò agli operatori di misericordia: “Lo avete fatto a me”.
  2. Tutti gli ospiti meritano attenzione personale, anche se di passaggio. La mobilità nella nostra società moderna liquida, con molteplici dislocamenti e  frammenti di incontri, di continui passaggi… e di viaggi virtuali… può indurre a rinunciare a entrare in relazione: “tanto è di passaggio”, “tanto a che serve”, "tanto non lo vedrò più".
  3. Don Orione scriveva del Piccolo Cottolengo di Milano: “Mentre la Casa si farà grande, conserverà sempre il carattere affettuoso della famiglia, dove i poveretti non sono ricoverati né ospiti ma gli unici veri padroni (108, 39).
    Il carattere sacro dell’ospite è tradotto nella mentalità del commercio con il dogma “il cliente ha sempre ragione”. Ma noi, con i clienti, avremo sufficiente vita spirituale per trattarli da padroni, perché “Lo avete fatto a me” (Mt 25), cioè al paròn, come diceva santa Bakhita?  Anche nel contesto di accoglienza commerciale dobbiamo tendere a “vedere e servire Cristo nell’uomo” (Don Orione).

 

 

N O T E

[1]   La Norma 120 chiede di tenere “un locale disimpegnato per asilo notturno di emergenza” e i recenti Capitoli generali hanno meglio definita l’accoglienza di aiuto personale e gratuito delle comunità.

[2]   Alcuni malvagi della città vogliono abusare di loro, Lot li difende, disposto a sacrificare le figlie al posto loro, v. 4-11.

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