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Messaggi Don Orione
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Il testo della deposizione dagli atti del Processo.

DEPOSIZIONE DI DON LUIGI ORIONE

AL PROCESSO DI BEATIFICAZIONE DI PAPA PIO X

 

La testimonianza di Don Orione avvenne il 3 giugno 1928.

 

Ad generalia - Mi chiamo Luigi Orione, fu Vittorio e fu Carolina Feltri, nato a Pontecurone, Prov. di Alessandria, il 23 Giugno 1872, Sacerdote, Superiore Generale dei Figli della Divina Provvidenza, residente in Tortona.

II. Nessun vincolo di famigliarità, di parentela. Non lo confessai mai.

III.    Con L’aiuto del Signore, in quanto posso.

IV. Una prima relazione ebbe con il Servo di Dio, quand’ era Patriarca di Venezia, per lettera. Ebbi a scrivergli per incarico del padre del M.° Lorenzo Perosi, manifestandogli le preoccupazioni della famiglia del Maestro per gli eventuali pericoli a cui poteva andar incontro il giovane D. Lorenzo che cominciava a diventar celebre. Lo conobbi poi di persona quando fu eletto Sommo Pontefice. Durante il pontificato lo avvicinai molte volte, specialmente dopo il terremoto calabro-siculo. Ho avuto dal Servo di Dio l’incarico di aprire una chiesa al quartiere Appio fuori porta San Giovanni: ciò fu il 9 Dicembre 1906.
Per questo scopo ebbi l’aiuto di L. 10.000 subito; poi provvide all’acquisto del terreno (tremila metri quadrati ) per la costruzione di una chiesa. Feci anche la mia professione di voti perpetui nelle Sue mani il 19 aprile 1912. fu allora, che Egli - viva vocis oraculo - approvò la piccola regola della mia Congregazione, dopo di averla corretta in qualche punto.

               V.   Le notizie che potrò dare riguardano soltanto il periodo del Pontificato.

VI. Avrò notizie sulle virtù del Servo di Dio, e potrò riferire su qualche fatto ritenuto come soprannaturale, ma questo per sentito dire .

VII.  Di scienza personale e per sentito dire.

Ad peculiaria.

A 1° interrogatorio usque ad interrogatorium 25 inclusive, testis respondit: Conosco quello che sulla vita del Servo di Dio fu pubblicato. A domanda analoga rivoltami, se cioè’ io conosca qualche cosa della fama che il Servo di Dio godeva prima del Pontificato, rispondo sommariamente così: che era ritenuto come un buon pastore, che, mentre attendeva al governo delle anime non trascurava il bene del suo popolo, con combinazioni che potessero assicurare il bene della religione anche attraverso le amministrazioni civili. Tale concetto mi ero formato dalle relazioni che avevo con i membri della famiglia Perosi che erano in rapporti con il Servo di Dio Patriarca di Venezia, e specialmente dal1’ attuale Card. Perosi, allora Sacerdote a Tortona e che aveva occasione ogni settimana di venire alla nostra Casa della Provvidenza a confessare ragazzi e chierici.

26. Lo vidi piangere nel momento dell’incoronazione. Udivo da quel­li che gli stavano vicino, che era di vita molto semplice, sì che non pareva vero al personale di corte, che al Sommo Pontefice Leone XIII di v. m., il quale era piuttosto sostenuto e non parlava con quelli che lo circondavano durante il passeggio, fosse succeduto un Pontefice tanto famigliare. Udii che avesse semplificati gli usi di corte. Trattava con molta paternità’ anche il personale, cattivandosene tutta la devozione. Era ritenuto come un "gran buon papà". Noi si aveva occasione di sapere tutto questo ed altro, perchè la Chiesa di S. Anna, officiata dai figli della Divina Provvidenza, è dei palafrenieri di palazzo e si può dire che fa da parrocchia a tutte le famiglie del Vaticano. Si aveva la impressione che il Servo di Dio con la sua paternità1 moderasse anche le eventuali contrarietà che il personale avesse verso qualcuno della Segreteria privata, fosse un po’ nervoso per temperamento o per sovraccarico di lavoro.

A conferma della famigliarità’ del Servo di Dio con il personale del Vaticano, ricordo il seguente episodio. Si celebrava la solennità del titolare della Chiesa. Il personale chiese al S. Padre di degnarsi di venire ad una data ora, alla finestra del Palazzo Vaticano prospiciente alla Chiesa, per benedire i cosiddetti Fratelloni (che erano poi i suoi stessi palafrenieri) raccolti sulla terrazza della nostra abitazione, adiacente alla Chiesa.

Il S. Padre aderì alla preghiera, e ricordo con commozione il momento in cui si aprì la finestra del Vaticano ed apparve la bianca figura dal Papa a benedire, che si intrattenne alquanto, mentre noi con gioia agitavamo i fazzoletti bianchi in segno di saluto.

27. Nulla so, all’ infuori di quanto è di pubblica ragione.

28. Circa la nomina dei Vescovi, ricordo il criterio seguito dal Servo di Dio di mandare nem mezzogiorno d’ Italia Vescovi tolti dal Clero dell’ alta Italia, cosa che io credo avesse lo scopo di realizzare la riforma spirituale del Clero e del popolo di quelle regioni. Porse, a mio modo di vedere, è era un disistima nel Servo di Dio, troppo estesa, riguardo al Clero meridionale: a me che in una udienza avuta nel periodo in cui fui Vicario Generale a Messina, subito dopo il terremoto, gli facevo osservare che la Sicilia era la terra dei Santi, disse di non fidarmi neppure di quelli collocati sotto gli altari. Un paradosso, senza dubbio, ma che rileva lo stato d’animo del Servo di Dio.

A domanda analoga del Rev.mo Promotore rispondo che non mi sembra che il Servo di Dio si sia lasciato guidare nella nomina dei Vescovi, da simpatie personali.

Ad altra domanda, se cioè’ io sappia come il Servo di Dio si sia comportato con Kons. Giov. Batt. Rosa, attuale Arcivescovo di Perugia, rispondo: Non ritengo che il S. Padre Pio X gli abbia usato preferenze, malgrado quanto su detto prelato si dicesse di indole delicata. Riferendomi a quelli che hanno parlato con me, giudicando sinistramente Mons. Rosa, dico che erano persone che non meritavano fede per la loro stessa condotta morale.

Io poi su Pio X°  ho la perfetta convinzione che Egli fosse di virtù’ tale, da non permettere che persone indegne fossero state portate ai gradi della gerarchia ecclesiastica. A riprova si sa che il Servo di Dio destituì parecchi Prelati e Vescovi, non fermezza apostolica. Potrei anche dire, che a me personalmente consta che il Servo di Dio, il quale, arrivato al Pontificato, aveva trovato una posizione ben solida in riguardo ad un alto prelato, che avrebbe dovuto essere nominato Cardinale secondo la prassi curiale, seppe invece opporsi, dopo di aver condotto con zelante energia una rigorosa inchiesta. Nel caso Rosa devo aggiungere che il Servo di Dio aveva motivo di stimare quel Prelato, per l' attività sua, fatta di zelo specialmente nel campo della predicazione, fu detto che Mons. Rosa, insieme con il P. Pasqualigo, commissario del S. Uffizio, si portava qualche sera in Vaticano, in famigliare convegno: io non ho però argomenti per controllare.

29. Conosco gli atti del Servo di Dio che sono di pubblica nozione. Io credo che 1’ azione del Papa Pio X° in difesa della libertà della Chiesa, si possa assommare in questi tre punti salienti: 1. Difesa del deposito della fede contro il modernismo; 2. Cura incessante per quanto si riferisce alla disciplina del Clero; 3. ferma volontà’ di conservare libera la Chiesa di Francia dall’ invasione del potere laico: lotta che sostenne con foltezza e con grande angoscia.

Nei riguardi del potere temporale, in un primo tempo credetti che il Servo di Dio non fosse soverchiamente esigente: mi ero formato tale opinione dagli atti pubblici del Papa e dalle eccezioni fatte di caso in caso al " non expedit". In seguito, ho riformato questo mio concetto, perche1, nel tempo in cui io attendevo alla cura degli orfani dei paesi terremotati, invitato ad andare al Quirinale dove la Regina Elena mi aspettava per consegnarmi L. 60.000 – pro orfani, ritenuto doveroso informare il S. Padre, e chiedergli il permesso relativo, mi disse di non andare. Non escludo pero1, che tale proibizione fosse ispirata al Servo di Dio, dall’ esser io allora troppo giovane, ed anche dalla considerazione che un Vescovo meridionale, Mons. Morabito, frequentava il Quirinale in quel tempo. Di più mi ricordo, che quando ho emesso i voti nelle sue mani, ed insieme un giuramento alla S. Sede, che è proprio del nostro Istituto, la formula mi fu completata da Lui in senso molto temporalista.

30. Non conosco che quello che è noto. Ho sentito che il S. Padre; e mi sembra sia stato Mons. Misciatelli a dirmelo, abbia passato gran parte della notte antecedente alla rottura del Concordato, in preghiera sulla tomba dei SS. Apostoli.

31. Nulla ho da aggiungere a quanto dissi al Numero 29.

32. Ha usato del suo pieno potere senza valersi spesse volte del tramite delle Congregazioni: so che di ciò’ gliene veniva fatto appunto. Questo modo di agire del Servo di Dio, me lo spiego col suo carattere pratico e spicciativo, nonostante certi inconvenienti che naturalmente potevano anche derivarne.

33. So che dispensò milioni e milioni, servendosi del delegato pontificio Mene. Emilio Cottafavi attualmente Vescovo di Civitavecchia, e del Comm. Zileri Lai Verme Roberto di Vicenza, a favore dei terremotati della Sicilia e della Calabria. Provvide di Chiese e di Canoniche le citta1 ed i paesi dove erano andate distrutte; provvide di ospedali, asili, ricoveri per vecchi, di scuole i centri principali, e direttamente diede somme cospicue a Vescovi ed a Sacerdoti. Un giorno mi disse: "Do’ a Sacerdoti di quelle regioni le trenta e le quarantamila lire, e vanno via malcontenti: e tu, non mi chiedi mai nulla?".

34. So che rimosse, come già accennai, parecchi Vescovi, specie dell’ Italia meridionale, in seguito alle Visite Apostoliche da Lui indette. E’ nota poi la severità’ con la quale rimosse il Vice Rettore del Collegio Urbano di Propagante Fide, L. Giovanni Pioli, e altri Sacerdoti e Professori di Seminari, in conseguenza delle dottrine moderniste. In tutte le disposizioni del Servo di Dio, e in tutti i provvedimenti anche severi presi da Lui, sempre in relazione al sopra accennato, io ritengo che il Papa Pio X abbia sempre agito senza alcun rancore o risentimento personale ma con l’ unico scopo di servire la Chiesa e di difendere la fede. È bene però notare quali fossero le condizioni di quel tristissimo tempo. L’ errore modernista era ampiamente diffuso: nei Seminari vi erano qua e la aderenti alle nuove correnti. So di una lega occulta composta di qualche centinaio di persone, della quale facevano parte protestanti, come ad esempio Ugo Janni, ministro Valdese, di forza.

35. Et interrogatus, justa interrogatorium 35t dixit: Conosco i provvedimenti presi dal Servo di Dio, ma che sono comunemente noti. Personalmente mi consta che il S. Padre andò’ incontro a molte critiche per la abolizione di certe feste. Si diceva che avesse subito 1’ influenza di persone di Curia e di governi esteri. Anche sulle disposizioni riguardanti la Comunione dei bambini, ho sentito qualche voce discorde, ma ho sentito anche cori di elogi, ad un provvedimento che restaurava 1’antica disciplina della Chiesa.

36. Nulla so.

37. Mi risulta che prese molto a cuore la formazione del Clero, inviando visitatori nei Seminari, ed istituendo, specie in certe regioni d’ Italia, dove le diocesi sono piuttosto piccole, ed i Vescovi non potevano sempre - loro malgrado - avere personale adatto per la formazione spirituale ed intellettuale dei Chierici, Seminari Regionali; tentò anche di crearne in Alta Italia.

38. Nulla conosco di personale.

39. È nota l’opera pastorale del Servo di Dio nei riguardi di Roma: provvide di Chiesa molti rioni della città e diade disposizioni severe per i Sacerdoti extradiocesani, disposizioni che, date le condizioni della città di Roma, furono certamente provvidenziali.

40. Ho assistito alla predicazione che il Servo di Dio tenne nel Cortile di S. Damaso spiegando il Vangelo domenicale. Fu una iniziativa che incontrò grandissimo favore, e credo 1’abbia attuata, non solo per far sentire la sua voce direttamente ai fedeli di Roma, ma anche per dare un grande esempio al Clero, spingendolo a questa forma di ministero.

41.      Ho già detto sull’ opera del Servo di Dio nell’ occasione del terremoto Siculo Calabro. Riguardo alla sua azione durante le diverse guerre succedute durante il suo governo, non ho notizie particolari.

42. Pur avendolo avvicinato diverse volte, non ricordo di essermi mai trovato con il Servo di Dio nei periodi di malattia. Nulla so nei riguardi della sua morte: in quei giorni ero fuori di Roma.

43. Vi era certamente fama che il Servo di Dio possedesse le virtù’ teologali e questo in modo speciale negli ultimi anni del pontificato, particolarmente in mezzo al popolo che lo riteneva un Santo. E mi risulta personalmente che era stimato un Santo anche da individui facenti parte del basso personale del Vaticano, che per mia conoscenza ritenevo e ritengo tuttora, dopo anni, indegnissimi di restare in Vaticano. Dimostrava il Servo di Dio in pratica le suddette virtù’ con la divozione con cui celebrava la S. Messa, con la frequenza di preci giaculatorie e con lo spirito di pietà’ che raccomandava ai sacerdoti. Impiegava, nel celebrare la S. Messa, meno di mezz’ ora: la diceva con molta esattezza ed esterno raccoglimento. Come particolare aggiungo che ho sentito dire che, fatto pontefice, si fece portare a Roma, lasciando a Venezia gli altri, i soli libri di pietà’ . Del resto per me il contegno di Pio X nel conflitto con la Francia, fu un sublime atto di fede: l’aver abbandonato ogni bene materiale, anzi un cumolo di ricchezze che era costituito da benefici episcopali, parrocchiali, doti di chiese, fu una rinuncia tale, che si può’ spiegare soltanto da un petto apostolico, animato dalla più grande fede. Io credo, che se l’ Episcopato ed il Clero francese, si mostrarono all’altezza del loro posto, sia dipeso dal vedersi davanti una figura così grande, religiosamente considerata, di Papa; e anche penso che si debba alla preghiera del Servo di Dio, che mi risulta passasse in quel periodo burrascoso di tempo, le notti in orazione. Altro episodio in cui risultano e la fede e la speranza del Servo di Dio, è il seguente: Al tempo del terremoto di Messina, tutti gli orfani, per legge, passavano nelle mani del Patronato Nazionale Regina Siena, del quale era Presidente la Cont. Gabriella Spalletti Rasponi, e membri del Consiglio Centrale, uomini di governo non sempre benevoli verso la Chiesa; così ad esempio, Sonnino, che neanche era cattolico.

Parecchi orfani cattolici, fino dai primi giorni furono affidati a protestanti, altri a Bissolati, ecc. ecc. Interessava molto al cuore del S. Padre che gli orfani del terremoto, fossero affidati a mani sicure. Egli aveva mandato anche una nave spagnola per raccoglierli, ma il governo di allora, e ritengo, la stessa presidente del patronato, frustrarono in gran parte l’opera di salvataggio morale e religioso desiderata con quel mezzo da Pio X. Andai in quei giorni dal S. Padre, di ritorno già dai luoghi del disastro, ed Egli mi disse se conoscevo la Spalletti, perché bisognava espugnare quella donna per avere in mano gli orfani. Gli risposi che non la conoscevo, ma che ne avevo sentito parlare, in senso poco favorevole alla religione. Mi pare di vedere ancora il volto del S. Padre, pieno di dolore insieme e di fiducia in Dio. Egli mi disse: "Ti farai due volte il segno della Croce, e poi va dalla Spalletti, e vedi di portarle via tutti gli orfani" . E così fu. Sei mesi circa dopo, l’on. Chimirrà, stupito che la Spalletti avesse messo nelle mani di un prete gli orfani, del disastro di Messina, gli uscì detto: "Lei è diventato il primo santo del calendario della Spalletti " espressione che mi fece tremare, perché la Spalletti ha pochi Santi Cattolici nel suo calendario. È certo che io riferisco tutto il benefico risultato ottenuto tra gli orfani del terremoto, alla benedizione e all’ incoraggiamento e alla preghiera del Servo di Dio. Nel medesimo tempo del terremoto fece aprire le porte di molti istituti maschili e femminili per raccogliere gli orfani e le persone profughe del disastro; S. Marta, l’ospizio pontificio, fu ripieno di tanti poveri infelici che trovarono aiuto e conforto nella carità’ del Pontefice. Pece persino raccogliere ragazze presso gli istituti di clausura, dispensando dalla clausura stessa ragazze che altrimenti avrebbero dovuto dormire nei capannoni della stazione Termini, esposte a non pochi pericoli. Come epilogo di quanto ho detto, sulle virtù teologali possedute dal Servo di Dio, aggiungerò che più di una volta mi è parso di vedere il volto del S. Padre illuminato da tanta luce di spiritualità’ che mi pareva gli irradiasse attorno alla fronte come un raggio di predestinazione .

44. Quanto si è già detto che il Servo di Dio godeva di fama di santità, inclusivamente si è anche affermato che godeva fama di possedere anche le altre virtù’. Secondo me, per venire a qualche particolare, fu un atto di giustizia e di fortezza l’essere intervenuto ai funerali del P. Casara, noto rosminiano, e di avervi tenuto l’elogio funebre. Data la passionalità che aveva animato la lotta rosminiana, e tenuto conto della santa vita del P. Casara e della sua obbedienza alla S. Sede, dopo il "Post obitum" il fargli l’elogio funebre, mentre la passione nella controversia era tanto trascesa, da gettare ombra sullo spirito di disciplina e di fedeltà alla S. Sede dello stesso Padre, fu un atto di coraggio e di giustizia.

A domanda analoga del Promotore della fede, rispondo che il fatto di essersi rifiutato il Servo di Dio di consegnare il testo del suo discorso a chi voleva farlo di pubblica ragione, io lo stimo un atto di prudenza, parchè non se ne abusasse. D’ altronde, Egli in quel di. scorso non toccò la questione rosminiana, ma fece rilevare le virtù’ del religioso, e la sua docilità ed obbedienza piena alle disposizioni pontificie. Questo appresi da padri dell’Istituto Cavanis ora defunti, discepoli del Casara, uomini notoriamente degni di fede, e di grande elevatura culturale e morale. L’ avere poi permesso da Pontefice, che i Padri Rosminiani officiassero in Roma una chiesa quale è S. Carlo al Corso, mi parve un grande conforto paterno, ed un aiutare, se ve ne fosse stato bisogno, quei padri, ed avvicinarli di più alla S. Sede. Atto di prudenziale longanimità fu poi la condotta del Servo di Dio, nei riguardi di un Eminentissimo personaggio, che non faceva mistero di dare giudizi in pubblico, sfavorevoli al governo del S. Padre Pio X , sostenendo anche pubblicamente Sacerdoti deplorati e contattati dalla S. Sede, tra questi, particolarmente il Murri.

 A domanda analoga del Rev.mo Promotore della fede quale cioè’ sia stata la condotta del Servo di Dio verso il Card. Ferrari Arcivescovo di Milano, rispondo che mi risulta che in un primo tempo grande era la stima e la venerazione reciproca; poi, durante la lotta contro il modernismo, parve al Servo di Dio che si tollerassero nei Seminari dell’ Archidiocesi di Milano, insegnanti di dottrine non sicure, onde i rapporti si raffreddarono. Forse concorsero dall’una e dall’ altra parte, influenze di quei piccoli che sogliono circuire i potenti. Per mia convinzione e conoscenza personale, soggiungo che sarei disposto a mettere le mani nel fuoco, a provare che sostanzialmente il Servo di Dio aveva motivi di dubitare sulla purezza di dottrina di qualche insegnante dei Seminari di Milano. So per sentito dire, che al Card. Ferrari non ha fatto buona impressione la promozione a Vescovo dell’ attuale Arcivescovo di Vercelli, perché lo si riteneva come informatore della S. Sede. Io poi non so in quale misura ed in quale forma sia stato scritto al Card. Ferrari da parte della S. Sede, per rimuovere i pericoli del modernismo. So però che si riferiva a quel tempo una frase che si diceva uscita dalla bocca del Card. Ferrari: "lo sono in procinto di mandare il mio zucchetto a Roma". Frase questa che si diceva abbia ripetuto un altro Cardinale di Diocesi, che ritengo non a perfetta conoscenza della forza erosiva che minava le fondamenta della Chiesa con la dottrina modernista.

Aggiungo, che se il Card. Ferrari in quei momenti ha molto sofferto, lasciandolo anche trapelare alla diocesi, mi risulta però che molto ci ha sofferto nel silenzio il cuore del S. Padre Pio X.

Sempre a proposito della virtù della giustizia, ricordo la lettera che, da Patriarca, il Servo di Dio scrisse a difesa del Com. Paganuzzi, presidente dell’ Opera dei Congressi Cattolici d’Italia quando venne attaccato con una forma violenta e ingiusta dal Murri nel noto articolo "Il crollo di Venezia".

Anno Domini 1928 mense juniu die 3 hora 10 legitime intimata (3 giugno 1928 )

Nei riguardi della virtù della temperanza, nulla posso dire quanto al cibo e alla bevanda, perchè non ho mai avuto occasione di trovarmi a mensa con il Servo di Dio. Quanto ad altre manifestazioni di tale virtù, posso dire di averlo veduto qualche volta un po’ forte e sdegnato, ma non adirato nel senso che fosse mosso da passione. Così ad esempio in seguito ad un furto avvenuto di oggetti di gran valore donati alla Chiesa e facenti parte del tesoro di una cattedrale, egli si mostrò come sdegnato che non si fosse provvisto a mettere gli oggetti al sicuro (erano stati male custoditi, ) e diede lui stesso disposizioni per la custodia di ciò che era rimasto. Quanto alla prudenza, posso anche dire che prima di incominciare qualche affare di grande importanza si affidava alla preghiera. Anche nella politica portò un grande senso di pietà’, quella pietà’ che fu caratteristica del suo Pontificato e che parve ristorare spiritualmente la vita del Vaticano.

Nei consigli che diede a me, ho ammirato la sua saviezza, ed anche nello zelo, un alto senso di discrezione.

Al tempo di Pio X è era un gruppo di eminenti personaggi i quali, e per l’ ufficio che occupavano, e per la dignità di cui erano rivestiti, mi pare che avrebbero dovuto, anche avendo visuali diverse dal Servo di Dio per quanto si riferisce al governo della Chiesa, essere molto più riservati nell’esprimere i loro giudizi. Mi risulta che il Servo di Dio usò una grande prudenza e sapienza, e nel silenzio, ne soffriva molto. Ciò mi consta, perchè ho avuto degli incarichi di indagini delicate in proposito.

45. C'era pure fama che possedesse alte virtù morali. Appena eletto Papa, apparve subito il profondo senso della sua umiltà, e nelle lagrime che sparse in occasione della sua elezione, e nel modo di trattare con quelli della corte pontificia, anche del basso personale: si rivelò pure nella sua ritrosia ai fasti della corte e nel non aver mai nascosta l’ umiltà dei natali; il modo stesso con cui riceveva, era molto umile.

Quanto alla povertà, ho sempre sentito dire che fosse distaccato dai beni della terra, e mi risulta che nel suo testamento abbia scritto queste sue parole, sintesi del suo spirito di povertà: "sono nato povero, sono vissuto povero, e voglio morire povero."

E pregò il suo Successore di voler passare una modestissima diaria alle sue Sorelle. La castità del Servo di Dio traspariva dal suo volto sereno, che aveva dell’angelico, ed osservo che la sua disposizione di non voler essere imbalsamato, fu da taluni ritenuto fosse dovuta ad un senso di pudore.

46. Dissi già che ho notato nel Servo di Dio una continua ascesi nel progresso delle virtù, ed ebbi occasione di vederlo anche poco tempo prima della Sua morte. Il 30 giugno 1911 (?) si degnò di accordare un’udienza a me ed ai Sacerdoti della Congregazione che eravamo andati a ringraziarlo di averci affidato in perpetuo la nuova parrocchia di Ognissanti, fuori Porta S. Giovanni in Roma, per la quale il Card. Pompili, Vicario Generale di S. S. aveva benedetto la prima pietra; in quella occasione il S. Padre teneva a noi e ad un numeroso gruppo di giovanetti dei nostri istituti di "Roma, Colonia Agricola di Monte Mario e di S. Filippo Neri al Quartiere Appio un commosso discorso sulla presenza di Dio, discorso che ricordiamo come testamento. I giovanetti poi della Colonia Agricola di Monte Mario, avevano una ragione di più di ringraziare il Santo Padre, perchè detta, proprietà che era prima di Mons. Luigi Misciattelli, era stata da questo Prelato offerta al Papa, ed il Servo di Dio ne passò la proprietà alla Piccola Opera della Divina Provvidenza.

Io ho conosciuto il Servo di Dio specialmente negli ultimi cinque o sei anni del suo Pontificato, e mi pare di dover dichiarare che le virtù di cui sopra fossero esercitate in grado eroico. A me fece particolare impressione il modo con cui sopportava le acri censure che si facevano al Suo governo in certi ambienti ecclesiastici di Roma: la sua pazienza in queste circostanze era per me eroicissima, e ritengo che il Signore con queste croci lo abbia voluto fare ancora più Suo.

47. Risulta da quanto ho deposto.

48. Per quanto mi consta, lo escludo affatto.

49. Non mi consta che ci fosse fama che il Servo di Dio godesse doni soprannaturali. Quanto poi al fatto mio personale, riportato anche dal Postulatore della Causa nei suoi Articoli, al n° 121 ( ? ) pag. 48, devo dire che il caso, così come è esposto, è vero, ma che, avendo io l'abitudine di confessarmi sempre prima di andare dal S. Padre, ed essendo questa cosa nota a qualche mio Sacerdote, e a qualche amico, penso che il Servo di Dio lo avesse potuto sapere aliunde.

50. Riferendomeli sempre al tempo del Pontificato del Servo di Dio, e specialmente agli anni ultimi, devo dire che godeva fama di santo. Per quello che avevo sentito di Lui, il Papa santo, non è di Venezia: a Venezia era il Santo uomo; negli ultimi anni del Pontificato è il Santo vero, trasumanato anche in qualche momento. La fama di santità crebbe dopo morte; credo sia spontanea, è molto radicata nel popolo romano ed in quanti ebbero occasione di avvicinare il Servo di Dio. Tale fama, vige non solo nel cuore del popolo, ma anche fra autorevoli e distinte persone. E’ vero che la Causa di Beatificazione del Servo di Dio si ritiene generalmente impostata e fortemente sostenuta da S. E. Rev.ma il Sig. Cardinale Raffaele Merry del Val, ma la santità di Pio X si afferma da sé, e pur riconoscendo nell’azione dell’ E.mo Segretario di Stato del Servo di Dio, tutto l’amore, la gratitudine, la devozione di un figlio verso la santa memoria di Pio X, penso che possa indirettamente nuocere alla stessa causa del Servo di Dio, quanto il Card. Merry del Val va operando per il trionfo della Causa medesima, poiché lo stesso Cardinale, personaggio in evidenza, non lascia di avere – com’ è naturale - oppositori anche in alto loco.

51. Parlando delle sue virtù, ho già detto che il Servo di Dio ha dovuto sostenere contraddizioni ed acri censure con grande pazienza; ed ora aggiungo che sostenne con grande forza d’animo calunnie ed irrisioni, specialmente da parte di una stampa indegna, che faceva vergogna anche a persone straniere di altra fede. Ricordo, ad esempio, di una distinta signora protestante, che minacciò di lasciare un grande hotel, se non si faceva scomparire dall’ hotel stesso l’ "Asino" di Podrecca, che in modo indecente parodiava i misteri della religione, ed insultava il Vicario di Gesù Cristo. Escludo che a tali malignità il Servo di Dio abbia dato occasione. In qualche momento di profonda amarezza, Egli trovò forse conforto in espressioni di paterno lamento, come quando, ad un numero considerevole di Sacerdoti dell’ Unione Apostolica, dopo essersi con essi rallegrato e averli rassicurati che traeva motivi di consolazione dalla loro presenza, e dai santi propositi da loro espressi, gli uscirono le note parole: "De gentibus, non est vir mecum" con le quali alludeva all’abbandono di taluni che avrebbero dovuto essere le sue braccia: discorso che mi risulta essere stato attenuato in Segreteria di Stato prima di essere passato alla Tipografia dell’ Osservatore Romano.

52. Ho sentito un Vescovo, Mons. Simon Pietro Grassi di Tortona, parlare in modo da dissentire sulla santità’ di Pio X; ma ritengo che egli mai abbia avuto occasione di conoscere personalmente il Servo di Dio, seppur lo avrà’ avvicinato qualche volta in qualche udienza fugace.

53. Ho sentito che, da vivo, e dopo la sua morte, abbia fatto grazie ed anche miracoli a persone che ricorrevano alla sua intercessione, e che, per le grazie fatte da vivo, egli stesso attribuisse ogni cosa ala potere delle chiavi. Di particolare, però, io nulla so.

54.      Ho letto degli articoli quanto si riferisce al Servo di Dio qua le Patriarca Cardinale di Venezia, e quanto di Lui è detto dal N° 74 al N° 102 compreso; poi ho letto qua e là qualche cosa del resto. Non ho trovato, in quanto ho letto, notizie che mi risultassero false od esagerate.

55.      Nulla ho da aggiungere, variare, correggere, sopprimere.

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