La religione non è un problema, ma una risorsa
A Londra, il Papa invita i politici a non avere paura della religione. E invita i cristiani ad avere maggiore autostima.
La visita del Papa Benedetto XVI in Gran Bretagna, nel settembre scorso, ha destato una vasta eco internazionale, sia nel mondo ecclesiale e sia in quello internazionale. Il nostro Fr. Malcolm Dyer, londinese, attuale Superiore della Delegazione missionaria di lingua inglese, ha detto: "La visita costituisce un'espressione della fiducia del Papa nella possibilità del risorgere della fede Cristiana Cattolica, tanto minacciata dai peccati al suo interno e dal moderno fenomeno di ateismo estremo, all’esterno"
Una visita di Stato
La regina Elisabetta II ha invitato il Papa come Capo dello Stato Vaticano e quindi, formalmente, è stata anche una visita di Stato. E’ stata la Regina ad accogliere il Papa e poi si sono svolti vari incontri ufficiali di Stato.
L’evento più importante è stato senza dubbio quello vissuto alla Westminster Hall, l’antica sede parlamento dell'Inghilterra (da 911 anni). Qui, Benedetto XVI ha incontrato gli esponenti del Governo e le persone della politica , inclusi i rappresentanti dalle assemblee governative della Scozia, del Galles e dell'Irlanda del Nord, e altri esponenti del mondo sociale, accademico, culturale e imprenditoriale britannico.
“La religione per i legislatori non è un problema da risolvere, ma un fattore che contribuisce in modo vitale al dibattito pubblico nella Nazione”, ha affermato Benedetto XVI parlando nella Westminster Hall, luogo emblematico in cui San Tommaso Moro venne giudicato e condannato per essersi opposto al re Enrico VIII in nome della propria coscienza.
Su questo messaggio il Papa ha dipanato il suo pacato discorso chiedendo ai politici maggior fiducia e verso la fede e la ragione.
Senza ragione e religione la democrazia frana
“Le questioni di fondo che furono in gioco nel processo contro Tommaso Moro continuano a presentarsi: a quale autorità ci si può appellare per risolvere i dilemmi morali?”. “Se i principi morali che sostengono il processo democratico non si fondano, a loro volta, su nient’altro di più solido che sul consenso sociale, allora la fragilità del processo si mostra in tutta la sua evidenza. Qui si trova la reale sfida per la democrazia”, ha affermato il Papa.
Quando i valori e le leggi sono fondati solo sulla maggioranza, come oggi avviene in molte nazioni, i valori umani e leggi civili entrano in una fragilità e decadenza miserevole, la società si disgrega e cade in balia di dittature ideologiche, politiche ed economiche.
Su questa passione di democrazia e di civiltà il Papa offre l’esperienza cristiana, fondata sulla ragione, confermata e purificata dalla fede. “La tradizione cattolica sostiene che le norme obiettive che governano il retto agire sono accessibili alla ragione, prescindendo dal contenuto della rivelazione”, ha osservato il Papa. “Secondo questa comprensione, il ruolo della religione nel dibattito politico non è tanto quello di fornire tali norme, come se esse non potessero esser conosciute dai non credenti – ancora meno è quello di proporre soluzioni politiche concrete, cosa che è del tutto al di fuori della competenza della religione – bensì piuttosto di aiutare nel purificare e gettare luce sull’applicazione della ragione nella scoperta dei principi morali oggettivi”.
“Non marginalizzate la religione”
Di qui viene l’invito a considerare la religione come una risorsa di civiltà e non come un ostacolo da emarginare.
Il Papa, proseguendo nel suo discorso nella Westminster Hall di Londra, ha espresso la sua preoccupazione “di fronte alla crescente marginalizzazione della religione, in particolare del Cristianesimo, che sta prendendo piede in alcuni ambienti, anche in Nazioni che attribuiscono alla tolleranza un grande valore”. E qui certamente pensava anche alla Gran Bretagna, ma anche a molte altre democrazie che sperimentano la miseria del relativismo tacciando di integrismo chi si appella alla solidità della ragione e della religione.
“Vi sono alcuni che sostengono che la voce della religione andrebbe messa a tacere, o tutt’al più relegata alla sfera puramente privata. Vi sono alcuni che sostengono che la celebrazione pubblica di festività come il Natale andrebbe scoraggiata, secondo la discutibile convinzione che essa potrebbe in qualche modo offendere coloro che appartengono ad altre religioni o a nessuna”.
“E vi sono altri ancora che – paradossalmente con lo scopo di eliminare le discriminazioni – ritengono che i cristiani che rivestono cariche pubbliche dovrebbero, in determinati casi, agire contro la propria coscienza”.
Sono i segni della dittatura del relativismo che elimina le identità. Tutti questi, ha segnalato, “sono segni preoccupanti dell’incapacità di tenere nel giusto conto non solo i diritti dei credenti alla libertà di coscienza e di religione, ma anche il ruolo legittimo della religione nella sfera pubblica”.
In questo senso, il Pontefice ha apprezzato profondamente l'“invito senza precedenti” che gli è stato rivolto di parlare davanti alla classe politica nella sede emblematica della laicità, nella Westminster Hall.
Cristiani con maggior autostima
Cari lettori del Don Orione oggi, ho voluto riprendere con voi il discorso sereno e convinto del Papa perché è di forte stimolo per tutti noi cristiani sparsi nel mondo, impegnati ad essere un fermento nelle relazioni familiari, lavorative, sociali, economiche, ecclesiali. Dobbiamo avere più autostima per il “tesoro che è in noi”, un “tesoro in vasi di creta”, certo, ma prezioso da diffondere umilmente e tenacemente nella nostra società affinché non cada nella miseria, ma conservi ragionevolezza e amorevolezza.
“Con Cristo tutto si eleva, tutto si nobilita: famiglia, amore di patria, ingegno, arti, scienze, industrie, progresso organizzazione sociale. Senza Cristo, tutto si abbassa, tutto si offusca, tutto si spezza: il lavoro, la civiltà, la libertà, la grandezza, la gloria del passato, tutto va distrutto, tutto muore!”: è Don Orione che scrive questo nel maggio 1917.
Fiduciosi sempre, a testa alta e con le maniche rimboccate, siamo figli della Divina Provvidenza: “Allarghiamo il nostro orizzonte, eleviamo il nostro spirito a tutto ciò che è luce, che è vita, che è bello, buono, vero, santo. Rifulga sul mondo la divina figura di Cristo e torni a risorgere nei cuori” (Don Orione).
Il nostro dono al mondo, alla vita familiare e alla vita civile, è innanzitutto Cristo, il suo Vangelo da noi espresso con la vita (meglio possibile). Tutto ciò che è nel Vangelo è divinamente universale, è semplice nella verità, è alto, umano ed eterno. “Instaurare omnia in Christo”!