BENEDETTO XVI: dottrina, amabilità e santità
RAI News 24: Sara Nesci intervista Don Flavio Peloso in occasione della morte di Benedetto XVI (2 gennaio 2023)
RAI News 24: Sara Nesci intervista Don Flavio Peloso in occasione della morte di Benedetto XVI (2 gennaio 2023)
Sara Nesci intervista Don Flavio Peloso all'uscita dall'omaggio a Benedetto XVI, esposto nella Basilica di San Pietro, il 2 gennaio 2023.
Papa Benedetto XVI è stato un padre prima che un maestro, una luce di vita, una perla di fede e di civiltà.
Ha avuto un grande riflesso non solo nella Chiesa ma nel mondo, perché sempre ha cercato quel dialogo tra fede e ragione che è il vero ponte e l'evangelizzazione della fede cristiana nel mondo civile. Per questo ha sempre riscosso molta attenzione, stima e apprezzamento a tutti i livelli e a tutte le istanze sociali.
Ricordo quei momenti informali alla Congregazione per la Dottrina della Fede - lui prefetto ed io officiale - quando si prendeva il caffé insieme e si stava un poco a conversare. Godeva ed era espansivo in questi momenti, stava con noi, ascoltava cose di vita quotidiana, commentava. Ricordo la sua amabilità, la sua mitezza e la sua dolcezza oltre alla sua grande dottrina e fede.
Ven. FRATE AVE MARIA: “A chi ben pensa tutti i beni di quaggiù diventano vili”, aveva scritto sopra un teschio un disingannato che per troppi anni si lasciò ingannare da quel mondo traditore che, qual reo mugnaio, promette sempre fior di farina, e di fior di farina è invece cosparsa la bocca di ogni suo sacco. Ma sotto, poi, non si trova che crusca e segatura
1885 : Luigi Orione entra nel convento francescano dei Frati Minori riformati di Voghera (Alessandria), per interessamento di don Francesco Milanesi, già viceparroco a Pontecurone. |
Ho ascoltato dal Prof. Stefano Zamagni, noto economista dell’Università di Bologna, una storiella che egli inserì nel suo discorso sull'attuale crisi economica e relazionale del mondo, dovuta all'economia dell'avidità autocentrica. Eccola. Un ricco cammelliere arabo lasciò in eredità ai suoi tre figli 11 cammelli: al maggiore lasciò la metà dei cammelli, al secondo ne lasciò un quarto e al terzo un sesto. Nel dividersi l'eredità, sorsero seri problemi e i tre fratelli entrarono in una lite furibonda fino a rischiare di arrivare ai coltelli. Infatti, gli 11 cammelli non erano dividibili né a metà, né a un quarto, né a un sesto. E ciascuno pretendeva di avere un cammello in più per sé. Sapendo del problema, un altro cammelliere, amico di famiglia, si presentò ai tre fratelli e donò loro un suo cammello, gratuitamente. Avendo 12 cammelli, i tre fratelli poterono avere facilmente ciò che spettava a ciascuno di loro secondo giustizia: il primo ebbe i suoi 6 cammelli (la metà), il secondo ebbe 3 cammelli (un quarto), il terzo ebbe 2 cammelli (un sesto). A conti fatti, si accorsero poi che 6 + 3 +2 dava per risultato 11, 11 cammelli, e ne avanzava ancora uno. Così, risolti i loro problemi con giustizia, decisero di ridare il cammello a colui che l'aveva donato esprimendogli la loro riconoscenza. E vissero felici e contenti i tre fratelli è colui che aveva donato un cammello. "La favola insegna che..." concludeva i suoi racconti Fedro. Cosa insegna questa storia? In questa storia curiosa è riassunta la grande affermazione dell'enciclica "Caritas in veritate": il dono è un bene economico. Il cammelliere con il dono di un cammello ha sbloccato la giustizia inceppata dall’avidità e ha riavuto il suo cammello con, in più, la gratitudine dei fratelli. Mentre l’avidità conduce alla cecità e al blocco dei beni, la gratuità è il motore della giustizia economica e sociale. E la convinzione di molti economisti – ha concluso il prof. Zamagni - che l'attuale entropia economico-sociale è frutto dell'avidità e che solo una ragionevole gratuità potrà rimettere in moto lo sviluppo economico. |