LA CASA MADRE O PATERNO. Breve storia

Storia sintetica della Casa in cui Don Orione visse e diede vita alla Piccola Opera della Divina Provvdenza.
LA CASA MADRE O PATERNO
Breve storia dagli inizi ad oggi
Don Flavio Peloso
L’antico edificio di Via Emilia 63 fu destinato dal vescovo Igino Bandi ad ospitare un gruppetto di Oblati diocesani, sacerdoti alle dirette dipendenze del Vescovo per missioni e compiti pastorali nella Diocesi. Se ne fece l’inaugurazione il 14 maggio 1894 e tenne un applaudito discorso il giovane chierico Luigi Orione, di 22 anni. Certo era lontano dall’immaginare che questo edificio sarebbe diventato sua casa. Egli la denominò “Casa della Divina Provvidenza”, ma è conosciuta anche come “Paterno” in riferimento al Convitto Paterno che vi ospitò agli inizi e “Casa Madre” in relazione alle altre Case della Congregazione.
I primi passi dell’Opera: da San Bernardino a Via Emilia 63
Il 15 ottobre 1893, Luigi Orione, chierico di 21 anni, chiuso il primo Oratorio, aveva aperto il primo Collegetto di San Bernardino, in affitto per 400 lire. Lo denominò “Piccola Casa della Divina Provvidenza” essendo, come istituzione scolastica, un “Convitto Paterno”.[1]
L’anno successivo, 1894, già dovette traslocare in sede più ampia per poter accogliere il gran numero di ragazzi che fecero richiesta. Affittò per 10 anni, il fatiscente e semiabbandonato convento “Santa Chiara”, in via Emilia, da tempo passato al Comune e adibito a Caserma militare.
Nel 1904, alla scadenza del decennio di affitto, il Comune fece sapere che non intendeva rinnovare il contratto avendo in progetto una nuova sistemazione urbanistica che comportò la demolizione del complesso “Santa Chiara” e la costruzione dell’attuale Palazzo Frascaroli con i suoi bei portici.
Don Orione dovette di nuovo cercare casa. Provvidenzialmente, mons. Bandi gli prospettò la possibilità di acquistare la Casa Oblatizia di Via Emilia 63, che era di proprietà della Diocesi, donato da Mons. Claudio André, Vicario Generale.[2] Il progetto della comunità di Oblati era venuto meno e l’edificio, preparato per loro, era stato in parte affittato a privati e in pessime condizioni di manutenzione. La somma richiesta per la Casa era ingente per Don Orione, ma la Providenza gli fece arrivare le 25.000 lire che poi mons. Bandi destinò alla costruzione del seminario di Stazzano.
L’edificio fu messo a disposizione di Don Orione già nell’agosto 1904[3] cosicché a metà ottobre si aprì in questa sede l’anno scolastico, pur continuando ad usufruire di qualche ambiente del “Santa Chiara”.[4] Però, solo il 14 giugno 1905 si firmò il compromesso di acquisto “per lire 25.000, col patto che cessando Don Milanese di essere parroco, la Chiesa sia aggregata alla Congregazione”.[5] Il 24 giugno 1905, mons. Bandi inoltrò al S. Padre la domanda di vendere la Casa Oblatizia all’Opera della Divina Provvidenza e di unire e cedere alla stessa Opera il beneficio parrocchiale con la relativa Chiesa di San Michele.[6] Il successivo 4 luglio, Pio X benignamente concedeva quanto era stato richiesto. L’atto di acquisto fu firmato il 15 novembre 1905.
La Congregazione poté così acquistare la Casa, ma l’edificio, allora costituito solo di pianterreno e primo piano, non era sufficiente per tutti i convittori. Si dovettero fare urgenti lavori di ristrutturazione per “mettere la Casa Oblatizia in una condizione un po’ abitabile e decente”, come scrisse a mons. Bandi.[7] “La Divina Provvidenza ha già fatto molto, molto di più le toccherà ancora fare. La Casa è piccola; ma Dio, a suo tempo, la allargherà e non lascerà di aiutarci, se avremo i piedi e la testa e tutto il cuore fissi e piantati nel Signore”.[8]
Fu elevato un secondo piano per ottenere due capaci camerate, una sul lato lungo via Emilia e l’altra sopra il porticato del primo piano.[9] “Il piano fatto sulla Casa Oblatizia mi è venuto quasi 18 mila lire, con pavimento e serramenti”.[10]
La Madre della Divina Provvidenza
“Maria Santissima è la celeste Fondatrice della Congregazione – affermò più volte Don Orione -. Lo ritengo per dei fatti straordinari avvenuti agli inizi della Piccola Opera e nel corso di questi anni. Molte volte la Santa Madonna intervenne direttamente”.[11]
Nelle vicende di questa Casa Madre, oltre alla storia concreta e documentata sopra descritta, c’è una storia spirituale altrettanto vera e documentata. Riguarda la Madonna, autentica protagonista, che Don Orione riteneva “la vera padrona della Casa”, la “Madre e celeste Fondatrice”.[12]
Abbiamo ricostruito le circostanze dell’acquisto di questa casa. Ma Don Orione raccontò anche altro. Già dal 1901, quando stava per scadere il contratto del “Santa Chiara”, ed egli passava per l’orto tra la Casa Oblatizia si trovava a pensare: “Oh, se la Madonna mi concedesse questa Casa per i miei figli!”. Un giorno, prese una statuetta della Madonna, la chiuse tra due coppi e – riferì – “ho seminato la Madonna in un angolo dell’orto”. Poi sappiamo come andò tutto a buon fine con l’acquisto nel 1905. Anni dopo, avvenne che l’eremita fra Colombano, zappando nell’orto, scoperse quel… tesoro. “Io, in verità – ammise Don Orione – avevo dimenticato la cosa, mentre la Casa era passata in nostra proprietà. Era la Madonna che si era impadronita della Casa e l’aveva passata dalle mani del Vescovo nelle mie mani. Essa è la vera Madre e Padrona di questa Casa!”.[13]
Anche le 25.000 lire per l’acquisto della casa sono state una imprevedibile grazia della Madonna, alla quale Don Orione espresse un originale ringraziamento. “Tra i ponteggi e le travature dei lavori in corso pose il quadro della Madonna del Buon Consiglio. Attaccai i 25 biglietti da mille e li disposi a raggiera attorno a quel quadro”.[14]
Quando si stavano per eseguire i lavori iniziali di sistemazione dell’edificio, Don Orione raccomandò di non toccare “lo scalone, perché si è degnata passarci la Madonna”.[15]
Fin dagli inizi, la venerò come Madonna della Divina Provvidenza e, appena finiti i restauri dell’edificio, Don Orione volle che l’antica statua tornasse a signoreggiare nella nuova Casa madre.[16]
Così la presentò nel 1933. “La statua è un dono dell’Avvocato Serra di Novi Ligure. Nel 1893 fu portata, a spalle, dalla Casa Oblatizia, dov’era stata provvisoriamente collocata, al Collegio di S. Bernardino, apertosi in quell’anno. Aveva una spada che le trafiggeva il petto: i giovani, in un trasporto di devozione figliale, le strapparono quel segno di dolore, lo spezzarono e l’arsero, intendendo nel cuore di Lei deporre soltanto delle consolazioni. Un incendio che distrusse l’altare a cui sovrastava, risparmiò la statua per l’intervento di D. Orione, allora chierico, il quale ne ebbe seriamente ustionato un braccio. Seguì la Congregazione in alcune sue tappe. Da S. Bernardino passò a S. Chiara, fu per qualche tempo a S. Remo, poi ritornò a Tortona”.[17]
Il Convitto Paterno
Don Orione diede al nuovo Istituto dedicato alla educazione della gioventù il nome di Convitto Paterno, rifacendosi a una tipologia di scuola privata prevista dalla Legge Casati del 1859. Lui ne era il direttore, ma il Convitto era “Paterno”, cioè dei “Padri”, dei genitori, che si associavano per costituire una scuola. Nelle intestazioni ufficiali, però, Don Orione usò sempre la denominazione “Casa della Divina Provvidenza”.
L’Oratorio festivo
La Casa della Divina Provvidenza prese subito tre direttrici di attività. La più importante era il Convitto Paterno con scuola. Tutti gli ambienti furono destinati a ricavare più posti possibili per l’accoglienza dei ragazzi. Lo stesso Don Orione. Nei primi quattro anni, si adattò a passare le ore della notte in un “bugigattolo” di passaggio del corridoio al primo piano.
La seconda attività subito avviata fu quella dell’Oratorio festivo con 500/700 ragazzi che lo frequentavano. Erano tante le attività: il gioco nel cortile, istruzione religiosa, la fanfara, le recite teatrali.[18]
La Tipografia San Giuseppe
Nel 1905, prese avvio anche la Tipografia San Giuseppe, completata poi dalla Legatoria.[19] Fu costituita con l’acquisto dell’intera Tipografia “Francesco Scala” di Alessandria, arricchita con nuove attrezzature e con l’innovativa macchina Ideale della ditta Nebiolo.
Iniziò con il tipografo Egidio Vezzuli, [20] con direttore Don Giuseppe Zanocchi e una dozzina di primi allievi. Prima della costruzione dell’ala sud dell’edificio, la Tipografia era nello stanzone a pianterreno tra il cortile e l’orto.[21] Schiere di allievi si succedettero; molti erano gli orfani dei terremoti di Reggio e Messina e della Marsica. Acquisto sempre più la stima per la qualità e la puntualità di stampa. Crebbero assai le commissioni di lavoro.
La Tipografia ebbe importante ruolo nella vita della Casa come integrazione professionale nell’educazione dei ragazzi. La Congregazione e la Città se ne servivano per la pubblicazione di riviste, libri e fogli religiosi, e altro.[22]
Continuò la sua attività fino al giugno 1992, quando, subentrate nuove tecnologie e condizioni di mercato; si trovò a dover chiudere.
L’apostolato della stampa
Don Orione ebbe spiccata capacità e una speciale passione nell’utilizzo dei mezzi di comunicazione per finalità apostoliche e caritative. Ricordiamo che nel 1895, a soli 23 anni, pubblicò il suo primo giornale La Scintilla,[23] cui fece seguito, nel 1898, il bollettino L’Opera della Divina Provvidenza. Già nel 1905 diede avvio alla prima Tipografia San Giuseppe e molte altre seguirono in Italia e poi nel mondo.
Si accostò anche all’uso della radio, attraverso la quale diffuse vari messaggi durante la sua permanenza in America Latina (1934-1938). Sorprende venire a sapere che, nel 1938, costituì a Tortona l’Ufficio Stampa della Congregazione con finalità e dinamiche moderne.[24]
“La stampa è una grande forza – scrisse -. È il grande oratore che parla di giorno, che parla di notte, che parla nelle città e parla nelle borgate, fin sui monti e nelle valli dimenticate. Dove non arriva la stampa? Non è la stampa che crea l'opinione pubblica, che trascina alla pace e alla guerra? Oh, quanto male ha fatto la cattiva stampa! Ma quanto bene fa la stampa, quando‚ in buone mani, quando è posta a servizio di Dio, della Chiesa, della Patria!”[25]
Negli anni della guerra e dopo, Don Orione celebrava nella chiesa di San Rocco e “redigeva e faceva stampare un foglietto volante col testo del Vangelo domenicale e con una vivacissima spiegazione e mandava noi suoi ragazzi a distribuirlo per le vie, le piazze, le case, perché almeno il Vangelo festivo entrasse nelle famiglie”.[26]
Il Paterno diventa seminario
La “Casa della Divina Provvidenza”, continuò dunque nei primi due decenni con le tre attività tipiche di Convitto Paterno, di Oratorio e di Tipografia.
Un importante cambio si ebbe nel 1927.
In seguito alla famosa “Circolare della questua delle Vocazioni” di Don Orione,[27] la Casa cominciò riempirsi di ragazzi aspiranti al sacerdozio e alla vita religiosa, (probandi) tanto da dover aprire una succursale nell’edificio di fronte, in Via Mirabello. Fu necessario, anzi, aprire altre sedi di probandato: la “Casa Panzarasa” di San Bernardino, a Tortona, la Casa di Voghera nell’ex convento dei Frati; l’Istituto Gaspare Goggi di Montebello (Pavia).
Poi, negli anni 1932-1935, al Paterno rimasero soltanto i chierici liceali con scuola interna. Quando, nel 1936, fu per loro costruito l’“Istituto Filosofico S. Tommaso” con sede a Villa Moffa (Cuneo), la Casa Madre continuò ad ospitare i molti chierici teologi che frequentavano la teologia presso il Seminario Vescovile di Tortona.
Poi, nell’ottobre 1940, fu costituito l’“Istituto Teologico” con sede nel Villaggio della Carità di Genova – Camaldoli. La Casa Madre, per alcuni anni, continuò ad ospitare il gruppo di chierici entrati da adulti, detti Carissimi, ai quali veniva impartita scuola e formazione adatta alla loro età.
Nell’atto di acquisto della Casa oblatizia, nel 1905, il vescovo Bandi aveva stabilito di “di unire e cedere alla stessa Opera della Divina Provvidenza il beneficio parrocchiale, colla relativa Chiesa sotto il titolo di S. Michele Arcangelo, esistente in Tortona, aderente alla Casa di cui trattasi, (…) e ciò non appena la parrocchia predetta venisse vacante o per morte o per rinuncia dell’attuale investito”.[28]
Don Orione spiegò: “Io non avrei mai acquistato la Casa Oblatizia, cioè questo convitto Paterno, se avessi saputo di venirmi a cacciare in una Casa senza Chiesa. Fu allora che Monsignor Bandi mi disse che avrei avuto la Parrocchia di San Michele ed è Lui che si incaricò di scrivere a Roma”.[29]
La parrocchia passò de facto alla Congregazione soltanto dopo la morte del parroco diocesano Don Carlo Milanese, avvenuta il 2 maggio 1934, sempre in ottimi rapporti di amicizia e di collaborazione con Don Orione e con la comunità del Paterno. Il primo parroco orionino fu don Candido Garbarino di Torriglia (GE), al quale succedette don Camillo Bruno e poi don Mario Tosetti, don Mario Tambornini, don Enzo Frisino, don Angelo Pellizzari, fino ai più recenti don Antonio Lecchi, don Maurizio Macchi, don Renzo Vanoi.
Durante la guerra
Durante gli anni della guerra, la Casa Madre fu la “Direzione generale” della Congregazione; vi risiedeva il superiore generale Don Carlo Sterpi, il vicario Don Carlo Pensa ed altri sacerdoti.
Oltre alle attività proprie, divenne il centro di una rete di solidarietà e di aiuto alla popolazione del territorio nei turbolenti e contrastati anni della guerra. Diede protezione ad ebrei e a quanti si trovavano in pericolo di vita; Don Lorenzo Nicola e Don Venturelli allestirono due squadre di pronto soccorso di chierici che entravano in azione in occasione di bombardamenti o di altri eventi disastrosi. Tragiche pagine di storia tortonese come i bombardamenti di Novi, di Tortona, di Villalvernia,[30] l’eccidio del Castello li ebbero come benefici protagonisti.[31]
Nel 1944, giunse il Decreto di approvazione pontificia della Congregazione e, nel 1946, il nuovo superiore generale Don Carlo Pensa provvide al trasferimento della Direzione generale da Tortona a Roma, in Via Sette Sale 22, nell’attesa che fosse pronta la nuova Casa Generalizia di Via Etruria 6.
Fino ai nostri giorni
Nel dopoguerra continuarono le due attività principali della Tipografia San Giuseppe e della Parrocchia di S. Michele. La casa ha ospitato in questi ultimi decenni gruppi di giovani in formazione e svolto piccole attività di accoglienza.
Un’importante opera di revisione e ammodernamento dell’edificio del Paterno fu attuata negli anni 1991-1995. Salvaguardando l’integrità della parte storica, si ricavarono camere e servizi al 2° piano di Via Emilia; si provvide a nuova cucina e refettorio; si rinnovarono gli impianti della Cappella e delle Camerette del 1° piano; nel 2° piano sopra la Cappella furono preparati gli ambienti per la nuova Sede della Provincia Religiosa S. Marziano qui trasferitasi nel novembre 1995.
Quando nel 2021 la sede e la chiesa della Parrocchia da San Michele passò a San Bernardino la casa perse la sua vitalità propria e rimase “reliquia storica” della vita di Don Orione e degli inizi della Congregazione, meta di visitatori e devoti.
Per volontà del Capitolo generale del 2022 e con il successivo progetto attuativo, la Casa della Divina Provvidenza è stata destinata a Centro di cultura e di formazione al carisma di Don Orione per l’intera Famiglia orionina.
A tale scopo è stata costituita una comunità internazionale di religiosi residenti e sono stati realizzati alcuni interventi strutturali per trasformare gli uffici del 2° piano in appartamento della comunità religiosa, ricavare alcune altre stanze per l’accoglienza, sistemare il cortile con entrata in Via Mirabello, oltre alla revisione degli impianti sanitari ed elettrici.
Oggi il Paterno è in grado di ospitare e di offrire corsi di formazione residenziali e altre attività formative; accoglie visitatori e devoti, singoli e in gruppi; è disponibile per iniziative delle case orionine e delle parrocchie.
Il valore del Paterno
“Tortona è per noi la nostra Porziuncola”,[32] disse Don Orione, “che significa cosa piccola, luogo sacro”. Questa casa è Casa madre ed ha un valore sacramentale nel suo insieme, anche se la cappella e la cameretta di Don Orione emergono per pregnanza storica e fascino. Questa casa è una reliquia che mette in contatto con la grazia degli eventi che ebbero qui per protagonisti il Signore, la Madonna, san Luigi Orione. Qui Don Orione ha ricevuto e trasmesso il suo (di Dio) carisma.
Lo scopo di venire a visitare e a sostare nella Casa Madre è quello di evocare l’esperienza di Don Orione che parla ancora, fa del bene, aiuta a guardare alle vicende umane d’oggi con sguardo alto, luminoso, per ricercare le tracce della Divina Provvidenza e dare così senso all’agire: “Chi conduce e fa tutto è la mano di Dio”, “e dove la mano dell’uomo finisce, dove la mano dell’uomo non arriva, là comincia la mano di Dio”.[33]
[1] Flavio Peloso, A Tortona, nella casa di San Bernardino, “la culla della Congregazione”, “Don Orione Oggi”, 2/2003, p. 8-10.
[2] Si veda più avanti il racconto di Don Orione della “Madonna seminata” tra due coppi nell’orto della Casa oblatizia.
[3] Don Ignazio Goggi, nell’aprile 1904, informa Don Orione che si trova a Roma che “Col 1° Maggio si prenderà possesso della Casa Oblatizia”, Scritti 80, 18.
[4] Don Orione tornò da Roma, ove era rimasto direttore per un anno, e vi lasciò Don Gaspare Goggi. Don Carlo Sterpi invece prese la direzione del Convitto San Romolo di Sanremo.
[5] Lettera di Don Orione a Don Sterpi; Scritti 10, 78. Informò “La Sig. Zurletti di Alessandria ci dà L. 20.000 a fondo perduto, al 4% sua vita naturale durante”. Altre 3.500 vennero da Don Innocenzo Zanalda con un interesse bassissimo; Scritti 30, 84.
[6] È un testo importante dal punto di vista amministrativo, ma anche per il fatto che il Vescovo presenta e accredita autorevolmente l’Opera della Divina Provvidenza. Questo il contenuto specifico delle richieste al Papa: “I – di potere alienare alla pia Opera stessa una Casa degli Oblati del Sacro Cuore di Gesù, per abitazione dei membri dell’Opera della Divina Provvidenza. II – di potere impiegare la somma della Casa alienata, in lire venticinque mila, ad esonerazione dei pesi gravanti pel Seminario Diocesano di Stazzano; III – di unire e cedere alla stessa Opera della Divina Provvidenza il beneficio parrocchiale, colla relativa Chiesa sotto il titolo di S. Michele Arcangelo, esistente in Tortona, aderente alla Casa di cui trattasi, (…) e ciò non appena la parrocchia predetta venisse vacante o per morte o per rinuncia dell’attuale investito; riservando all’Ordinario la nomina, sopra presentazione del Superiore dell’Opera della Divina Provvidenza, di uno dei membri della stessa all’ufficio di parroco, e la rimozione del medesimo “ad nutum Episcopi”; Archivio Don Orione, cart. Bandi V, III.
[7] Lettera del 17 agosto 1904; Scritti 59, 192.
[8] Scritti 102, 149.
[9] Notizie e documenti sull’acquisto in Dal Santa Chiara alla Casa Oblatizia, DOPO IV, 181-197; Cf Lettera a Don Francesco Milanese, Scritti 44, 87; 61, 36; Paolo Clerici, Il difficile acquisto della “Casa Paterno”, “Messaggi di Don Orione” 38 (2006), n. 121, 5-38.
[10] Lettera del 12 marzo 1907 a don Milanese, Scritti 65, 309/b
[11] Parola del 12 novembre 1939, XI, 236.
[12] È molto ricorrente nel parlare di Don Orione questa definizione.
[13] ADO C. 10,1; DOLM 97-98
[14] Il quadro della Madonna del Buon Consiglio nel 1907 fu destinato alla Cappella di Sanremo e, dal 1941, si trova ora al Paterno.
[15] Lettera a Don Gaspare Goggi del 26 agosto 1905; Scritti 30, 91. È la scala ove ancor oggi troneggia una statua della Madonna.
[16] Fu la prima statua della Madonna venerata nel primo Collegetto delle 400 lire ed era stata portata temporaneamente nella Cappella del convitto San Romolo di Sanremo.
[17] Scritti 106, 227.
[18] Ne riferisce L’Opera della Divina Provvidenza del 1905.
[19] Per il reparto legatoria si distinse il proto Guido Serventi, trasferito in seguito alla “Emiliana” di Venezia dallo stesso Don Orione per avviare la stessa arte.
[20] La Tipografia si avvalse sempre di ottimi Proto, come Paolo Ferrari e Pierino Regalzi.
[21] Scritti 40, 30.
[22] Michele Busi, «La tipografia “San Giuseppe” di Tortona», “Messaggi di Don Orione” 38 (2006), n. 120, 39–64. «La tipografia “San Giuseppe” ha compiuto settant’anni», “Don Orione”, giugno 1976, 10-11.
[23] Albino Cesaro, Settant’anni fa «La Scintilla», “La Piccola Opera della Divina Provvidenza”, luglio 1965, 143–144.
[24] Lettera per la costituzione dell’Ufficio Stampa, 22 febbraio 1938, Scritti 33, 21; 82, 81.
[25] Scritti 82, 81.
[26] Testimonianza di don Gaetano Piccinini, Summarium, 522. Molte di quei commenti al Vangelo sono riportati in Don Orione. Meditazioni sul Vangelo, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2004.
[27] Lettera ai Parroci del 15 agosto 1927, Lettere II, 21-27. Tornò a ripetere l’iniziativa con la lettera del luglio 1931; Scritti 62, 30-33.
[28] Lettera di richiesta di Bandi e Rescritto di approvazione di Pio X in ADO, cart. Bandi V, III.
[29] Parola IV, 465.
[30] Flavio Peloso, Villalvernia: un’epopea di solidarietà dei chierici orionini, “Il Popolo”, Tortona, 7 giugno 2001, 10.
[31] Luigi Piccardo, Probandato e Paterno di Tortona nei difficili anni della guerra, “Don Orione”, dicembre 1974, 4–5.
[32] Parola Va, 57.
[33] Scritti 89, 186.