CHIESA DI SAN ROCCO A TORTONA. Ricordi orionini

L'Oratorio San Rocco è una chiesa del 1500, testimone di una storia di fede e di bene. Anche san Luigi Orione e gli orionini vi scrissero qualche pagina di generosità: la Messa domenicale di Don Orione, la stampa di un foglio con il commento al Vangelo, l'ospitalità ai Padri Cavanis, don Domenico Sparpaglione.

RICORDI ORIONINI
DELLA CHIESA DI SAN ROCCO, A TORTONA

Don Flavio Peloso

 

L’Oratorio di San Rocco, a Tortona, fu fatto costruire dalla Confraternita della Misericordia, che si occupava dell’assistenza ai carcerati e ai condannati a morte. La loro sede, intorno al 1586, era nella chiesa parrocchiale di San Michele.
Col passare del tempo i confratelli decisero di costruirsi un proprio oratorio. I lavori cominciarono nel 1622 e nel 1626 l’oratorio dedicato ai Santi Rocco e Sebastiano cominciò a essere officiato.

Nel 1725 fu terminata la facciata, con un portico a tre arcate, sormontato da un finestrone a lunetta. Internamente, la chiesa è a navata unica terminante in un’abside semicircolare, con ricca ornamentazione barocca.  Una balaustra in marmi policromi separa la navata dal presbiterio. L’altare maggiore, intarsiato in marmi di varie tonalità, fu ultimato nel 1757. Le volte della chiesa vennero decorate nel 1936 da due frescanti tortonesi, Domenico Fossati e Pietro Mietta.


Gli Orionini a San Rocco

Nel 1900, a celebrare nella chiesa di San Rocco furono incaricati gli Orionini della vicina Casa Madre o Paterno. Don Sterpi assunse la cappellania di San Rocco già nel 1913- 1915. D'inverno la chiesa era freddissima. Un mattino, durante la Messa gli si gelò il vino - Sangue di Cristo e dovette assumerlo solido prendendolo con le dita.

Nella seconda metà del novembre 1917, Don Orione aprì le porte dei suoi istituti tortonesi per accogliervi i profughi di Venezia, sfollati dopo la rotta di Caporetto dell’ottobre 1917, a lui raccomandati dal cardinale Pietro La Fontaine. I vecchi dell'ospizio Giustinian trovarono ospitalità nel Probandato, dietro al Paterno; la comunità delle Clarisse della Giudecca, nella casa delle Piccole Suore Missionarie della Carità, a San Bernardino; i Chierici dei Padri Cavanis furono sistemati presso la chiesa di San Rocco.


I Padri Cavanis da Venezia a Tortona

Don Sterpi fu infaticabile e generoso nel trovare soluzioni perché i poveri sfollati sentissero meno il disagio dell'allontanamento dalle loro sedi. Trovò buono anche il campanile di San Rocco ed il corridoio adiacente ove collocò il gruppo dei Padri Cavanis: il padre Enrico Perazzoli, quattro chierici e due novizi.
In un primo tempo, essendo trentini, sudditi austriaci, essi rimasero in Venezia con permesso di Soggiorno degli stranieri in Italia, ma dopo l'invasione dell'ottobre 1917, furono costretti ad abbandonare la città.[1] Alla richiesta di accoglienza a Tortona, Don Orione rispose immediatamente: «Sono ben felice e reputo una grazia di Dio poterli subito accogliere».[2]

Arrivarono da Venezia a Tortona il 22 gennaio 1918. Nelle lettere dei giorni seguenti leggiamo: «Alla stazione di Tortona ci aspettava il P. Orione, che ci accolse con paterna bontà... Il P. Orione ci fece proprio l'impressione di un santo. Ha sempre timore che ci manchi qualche cosa. Ha la prudenza dei santi». «Un giorno Don Orione ci disse: Quasi, quasi vi domando perdono d'avervi messi qui, e pensava di darci luogo in casa grande. Ma ormai ci siamo adattati serenamente a tutto, tanto più che siamo vicini ad un uomo come Don Orione, che ha per noi una benevolenza incredibile».

I Padri Cavanis restarono per 10 mesi a San Rocco. Poi, finita la guerra mondiale il 4 novembre 1918, «P. Enrico e i 6 giovani trentini, il 14 novembre, partirono da Tortona, città ospitale dove la Divina Provvidenza era stata larga di benefici spirituali e temporali... Gli esempi di quelli esemplari religiosi e il contatto, i colloqui, la famigliarità edificanti e impressionanti del santo fondatore Don Orione, furono di grande ammaestramento e ammirazione, così da ringraziare la Provvidenza che disponendo la prova dell'esilio, condusse però là dove il loro spirito ne avrebbe guadagnato in virtù... Dire del gran cuore di Don Orione e dei suoi Figli nei 10 mesi di carità squisita usata loro, non è possibile».[3]
Il nome di Don Orione e di Tortona restarono benedetti presso i Padri Cavanis ed entrarono a far parte della loro storia di Congregazione.


Il foglio domenicale con il commento al Vangelo

“Negli anni della prima guerra mondiale, come nel periodo immediatamente successivo, Don Orione riservava a sé la Messa domenicale nell'oratorio di San Rocco, per avere occasione di spiegare il Santo Vangelo a un buon numero di uomini. Per diversi anni pubblicò i suoi Vangeli domenicali in un foglio a quattro facciate con l’immancabile sussidio, oltre che dei sacri testi, di molte osservazioni manzoniane tolte o dai Promessi sposi o dalla Morale cattolica o dagli Inni.[4]
Don Gaetano Piccinini conferma: “Ricordo, come fosse ieri, gli anni difficili del 1916-1917 a Tortona, quando, con la benedizione del Vescovo, per vari mesi Don Orione redigeva e faceva stampare un fogliettino volante col testo del Vangelo domenicale e con una vivacissima spiegazione. Mandava noi suoi ragazzi a distribuirlo per le vie, le piazze, le case, perché almeno il Vangelo festivo entrasse nelle famiglie”.[5]

Fu un’iniziativa di avanguardia per quell’epoca, quando non esistevano ancora foglietti domenicali e commenti.
C’è da avere presente che l’Oratorio di San Rocco non era sede di parrocchia ed era frequentato soprattutto da uomini, forse un poco lontani dalla pratica religiosa, critici, bisognosi di catechesi semplice ma ben fondata.[6] Forse per meglio prepararsi a rispondere alle esigenze di quell’uditorio e certamente perché “gli stava troppo a cuore far giungere una buona parola il più lontano possibile”,[7] Don Orione in quel periodo scrisse i propri commenti al Vangelo - non era sua consuetudine - e li fece stampare inizialmente in formato 22x33 e poi 17x25, nella sua tipografia “San Giuseppe” di Tortona. Il foglio era ben curato ed aveva per titolo Il Vangelo, riportava il brano del Vangelo della domenica e il commento di Don Orione.[8]


Don Orione ebbe cara questa chiesa

Udendo le campane di San Rocco, Don Orione fece osservare ai chierici del Paterno: “A Tortona avete sentito suonare a festa; a San Rocco, nella chiesa che noi ufficiamo, si pratica la sua devozione”.[9] “Il Beato Cafasso fu a Tortona e fu alla Chiesa di San Rocco”.[10]

Presso la chiesa si riunivano anche gli affiliati della Conferenza di San Vincenzo. “La Conferenza (di San Vincenzo) ha per assistente ecclesiastico, nominato da Sua Eccell. Mons. Vescovo, il Rev.mo Sig. Canonico Don Lorenzo Ratti. Essa si riunisce ogni domenica nella Sala sovrastante l’atrio della Chiesa di San Rocco, gentilmente concessa. I membri onorari fanno un’elargizione una o più volte all’anno, secondo la loro possibilità e possono segnalare i casi pietosi da soccorrersi”.[11]

Sono conservate alcune minute autografe di Don Orione con gli orari delle celebrazioni. “Chiesa San Rocco. Domenica, 7 corr., e nei giorni seguenti lunedì e martedì, si faranno in questa Chiesa, che ricorda la fede e la pietà degli antichi Tortonesi, le Sante Quarant’Ore. Orario delle Funzioni: Esposizione del SS. Sacramento con Messa ore 8; Messa grande ore 10; Predica con benedizione ore 20”.[12]


I ricordi di Don Sparpaglione

Don Domenico Sparpaglione riferì che, negli anni ’20, “noi insegnanti orionini del Dante, non avendo né al Dante né al Paterno «una pietra su cui posare il capo» andavamo a dormire in una stanzetta della confraternita di san Rocco oltre piazza Mazzini, dove non c’era riscaldamento invernale all’infuori di quello prodotto dai giornali e dalla carta straccia che vi bruciavamo alla sera; e malgrado questa mirabolante civiltà dei consumi, al mattino ci svegliavamo intirizziti dal freddo e trovavamo i catini di tolla colmi e gonfi di ghiaccio. Ma chi si lamentava? Era perfetta letizia”.[13]

Il noto studioso manzoniano era insegnante al Dante e celebrava spesso a San Rocco, quando non poteva Don Orione. “Erano anni molto laboriosi e sereni, che ricordo tanto volentieri specialmente per le messe domenicali e festive nella chiesa di san Rocco, dove convenivano gli uomini della città e dei paesi della collina tortonese per l’adempimento del precetto stipandosi in coro, in sacrestia e nel corridoio longitudinale. Le donne occupavano la parte centrale.

Quando doveva assentarsi incaricava me di sostituirlo e col tempo mi trovai praticamente cappellano di san Rocco. Dopo la comunione s’intonavano le litanie e si dava la benedizione eucaristica. Impegnai quel “buon figlio” genialoide di Barbarossa che parlava diverse lingue e fu incaricato di accompagnare all’organo la funzione. Se non ché il parroco di S. Maria Canale, dal quale la cappella dipendeva, proibì il suono dell’organo, forse un po’ ingelosito dalla frequenza massiccia dei fedeli a san Rocco. Le cose andavano benissimo con viva soddisfazione del vecchio baffuto priore Rescia e dei colleghi della Confraternita dei Neri di san Giovanni Decollato, sorta in antico per l’assistenza dei condannati a morte, che egli presiedeva ma che non volevano saperne di indossare la divisa né in chiesa né in processione.

Quando nell’agosto del 1933, mi ammalai di pleurite, una domenica fu a trovarmi il capo della confraternita di San Rocco, dove io ero solito dire la messa festiva, il bravo Rescia, candido di baffi e di capelli, dalla faccia maschia bruciata dal sole. Era accompagnato da Don Orione. Sfoderò due belle bottiglie di barbera e mi augurò di tornare quanto prima alla celebrazione delle funzioni nell’oratorio tanto caro agli uomini cattolici di Tortona, i Ghibaudo, i Re, gli Agosta, lo zio Enrico, assiduo al mio capezzale”.[14]


La chiesa di San Rocco con la sua storia pluricentenaria, entrò dunque anche nell’orbita della carità di Don Orione con quelle opere di misericordia spirituale e corporale che andarono ad aggiungersi a quelle proprie della Confraternita della Misericordia di visitare i carcerati e seppellire i morti.

 


[1] Prendiamo le notizie principalmente da U. Del Debbio - M. Janeselli, San Luigi Orione e il Padri Cavanis, “Charitas”, periodico dell’Istituto Cavanis, 1980, n.2-3, pp.1-9.

[2] Lettera al superiore P. Augusto Tormene; Scritti 35, 180.

[3] San Luigi Orione e i Padri Cavanis, cit.

[4] Summarium ex processu, 145 e 371.

[5] Summarium ex processu, 522.

[6] Ciò probabilmente determina anche il carattere apologetico che trapela sovente nei commenti. 

[7] Testimonianza di Don Giovanni Venturelli, Summarium ex processu, 961.

[8] I testi dei vangeli domenicali commentati da Don Orione si trovano in Scritti 82, 1-44; mentre minute e appunti di questi commenti sono raccolti nelle prime 150 pagine del volume 111 degli Scritti. Alcuni sono presenti in Don Orione. Meditazioni sul Vangelo, a cura di Flavio Peloso, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo, 2004.

[9] Parola XI, 291.

[10] Parola XII, 59.

[11] Scritti 83, 2.

[12] Scritti 75, 278 e anche 111, 49.

[13] Summarium ex processu, 522.

[14] Domenico Sparpaglione, Miniera dei ricordi, ADO.