Comunicare il Vangelo
Editoriale
COMUNICARE IL VANGELO
"Devo far conoscere Don Orione agli intellettuali del nostro tempo. Aiutatemi! Datemi documenti”. Era diventato un assillo di Giuseppe De Luca, grande figura di sacerdote e di letterato.
Ad animare il modesto servizio dei Messaggi di Don Orione sta la medesima convinzione: presentare la vita sorprendente, santa e intraprendente di Don Orione è una autentica forma di comunicazione del Vangelo nel mondo della cultura.
Comunicare il Vangelo è il compito fondamentale della Chiesa. La Chiesa antica comunicò il Vangelo con un’attività missionaria e catechistica semplice, senza particolari strategie di evangelizzazione. La conversione del mondo antico fu il frutto della vita di fede divenuta visibile e attraente nella vita dei cristiani e nella comunità della Chiesa. Il Vangelo fu comunicato da esperienza a esperienza e nient’altro.
“Soltanto l’intreccio tra una verità in sé evidente e la verifica di questa verità nella vita può far risplendere quell’evidenza propria della fede attesa dal cuore umano”, ha osservato il cardinale J. Ratzinger. I santi sono la più convincente verifica del Vangelo. Di qui proveniva l’entusiasmo di Don De Luca nel presentare Don Orione al mondo a lui noto degli intellettuali.
Ancora oggi la migliore evangelizzazione viene dai santi. Viene da quelle persone – dalla nonna in casa al collega in ufficio – che spesso testimoniano e annunciano la vita nuova, bella, alternativa, portata da Cristo con il loro semplice comportamento, con il loro atteggiamento sereno, carico di gusto della vita derivato dalla loro fede. Certo, poi, ci vuole anche il prete, il catechista, la teologia, ma uno diventa cristiano non per il catechismo, ma per la testimonianza di altri cristiani. Dapprima ci si imbatte in una vita bella. Poi, dallo stupore di questo incontro, nascono domande sulla verità e sulla grazia che alimentano quella vita. Sarebbe un’illusione pensare di supplire alla vita di grazia con metodi, parole e moderne tecniche di persuasione da marketing.
Lo ricordava anche Don Orione ai suoi discepoli: “Oggi è la commemorazione di S. Paolo che annunziò l'Evangelo, non in sapienza di parola, affinché non fosse resa vana la croce di Cristo, ma predicò Cristo Crocifisso, scandalo ai Giudei, follia per i Gentili; ma la follia di Dio è più sapiente degli uomini, e l'impotenza di Dio più forte di tutti gli uomini. E la nostra predicazione sia quale S. Paolo la volle, quale la vuole la S. Chiesa, non in persuasive parole di umana sapienza, ma dimostrazione di Spirito e di divina potenza, perché la fede nostra, come dice l'Apostolo, non poggia in sapienza d'uomini, ma in potenza di Dio” (Scritti 19, 267).
Lasciare che la vita parli non significa rinunciare a pensare o a “rendere ragione della speranza che è in noi” (1Pt 3,13). Quello che conta però, per comunicare il Vangelo ancora oggi, è essere e incontrare persone che sappiano fare intuire che c’è qualcosa d’altro. Ecco il punto: Don Orione faceva e fa pensare ad Altro. “Pensavo egli fosse uno dei molti che si danno alle opere, riuscendo nella Chiesa quel che nel mondo riescono i grandi impresari. Così io pensavo sulle prime di Don Orione – scrive Don De Luca –. Se non che via via che a lui mi feci vicino, scopersi che in lui la sua azione non era tutto; per quanto vastissima, era il meno. Il più in lui era altro; ed era non soltanto il più, era il tutto” (Elogio di Don Orione, p.114).
Questo numero 109 dei MdO è caratterizzato dal contributo di Vincenzo Alesiani sulla profonda consonanza, di tempra e di cuore, di Don Orione con l’apostolo Paolo. Sono linee profonde e sicure per ripensare alla nostra spiritualità oggi. Il 25 ottobre, ricorre il centenario della nascita di Don Carlo Gnocchi, il sacerdote milanese “padre dei mutilatini”; come illustra Concetta Giallongo, egli visse sulla scia di Don Orione facendone propri gli ideali, servendosi della collaborazione dei suoi religiosi per iniziare le sue opere, fino a desiderare di entrare a far parte della sua congregazione. Un’altra pagina di sagacia apostolica di Don Orione viene ricostruita da Flavio Peloso nel suo I sacramenti in articolo mortis ad Alessandro Fortis.