VITA RELIGIOSA - Scelte prioritarie nella missione della Chiesa oggi

Padre Bartolomeo Sorge, Gesuita, Direttore del Centro “San Fedele” (Milano) e della rivista “Aggiornamenti sociali”. Estratto dalla Relazione tenuta al Convegno del Movimento Laicale Orionino, il 10.10.1997.

I consacrati (sacerdoti e laici, uomini e donne), a motivo della loro peculiare vocazione, sono interpellati in modo del tutto particolare dalle sfide, dai problemi e dai fermenti che - come abbiamo visto - caratterizzano oggi la missione evangelizzatrice della Chiesa. Pertanto i consacrati sono chiamati a compiere in forma specifica le scelte prioritarie che la Chiesa indica a tutti.
Movendo proprio da questa premessa ecclesiologica, la recente esortazione apostolica post-sinodale Vita consecrata indica concretamente agli Istituti religiosi quali siano i principali ‘areopaghi’ della nuova evangelizzazione, quali siano le scelte apostoliche prioritarie da compiere; e, mentre ribadisce la necessità che i consacrati agiscano sempre in fedeltà dinamica al proprio carisma, nello stesso tempo sottolinea l’urgenza - indistintamente per tutti gli Istituti - di condividere il proprio carisma con i fedeli laici, esplorando nuove vie di collaborazione, specialmente nei campi nei quali i laici hanno una loro specifica competenza, come la scuola, la cura degli infermi e degli emarginati (VC 54-56).
Questa necessaria cooperazione con i laici, a cui la Chiesa oggi invita, non va vista come una mera strategia imposta dalla diminuzione delle vocazioni. Costituisce invece, essa pure, un vero e proprio ‘segno dei tempi’: lo Spirito, attraverso le circostanze storiche, ci conduce a compiere scelte che altrimenti non avremmo il coraggio di compiere.
Infatti, noi oggi - grazie al Concilio - siamo coscienti che la Chiesa ha un’autentica dimensione laicale, che essa si può definire ‘tutta laicale’, nel senso che la intera comunità cristiana è responsabile - come ‘popolo di Dio’ - nei confronti del mondo. Cio nonostante continuiamo a considerare di fatto i laici come ‘ausiliari’ e li trattiamo ancora da minorenni.
Eppure la Chiesa del terzo millennio sarà la Chiesa del laicato maturo!
Ecco perché gli Istituti religiosi e di vita consacrata sono esortati ad aprire ai laici la propria specifica spiritualità, il proprio carisma, le proprie opere.
Non è difficile, a questo punto, rilevare la straordinaria consonanza che c’è tra gli orientamenti operativi del recente Magistero della Chiesa, e quelli indicati profeticamente da Don Orione sulla Pagine utili:
vocazione laicale.


1. La formazione spirituale e culturale

Il primo orientamento, sul quale la Chiesa oggi insiste in vista della nuova evangelizzazione, è quello della formazione spirituale e culturale.
Giovanni Paolo II, movendo dal presupposto che ‘l’impegno formativo non cessa mai’ (VC 65) e che ‘il rinnovamento della vita consacrata dipende principalmente dalla formazione’ (VC 68), chiede a tutti gli Istituti di vita consacrata di dare la precedenza assoluta alla formazione spirituale e culturale, sia dei consacrati sia dei fedeli, scorgendovi l’areopago’ decisivo per la nuova evangelizzazione; e dedica al tema della formazione una delle sezioni più ampie della sua esortazione apostolica: sette interi paragrafi (VC 65-68).
Questa preoccupazione educativa della Chiesa di oggi coincide esattamente con quanto don Orione chiede ai suoi figli, invitandoli a considerare la formazione spirituale e culturale, propria e altrui, come una delle forme più alte di carità: ‘La carità deve stare alla base di tutto, e non solo sotto forma di carità corporale e spirituale, ma anche dottrinale’ (Sui passi di Don Orione, Ed Dehoniane 1996, p. 172).
Perciò si può dire che, per gli orionini, l’impegno per la formazione spirituale e culturale riveste un valore di natura carismatica: ‘La nostra Congregazione dev’essere non solo una forza spirituale, di bene in tutto il mondo, un soffio più vivo e fervido di bene nel solco della carità. Ma più volte vi ho detto che la nostra Congregazione dev’essere anche una forza dottrinale, una forza anche dal lato scientifico: e questo fu sempre un mio desiderio, un mio volere’ (Sui passi 173).
Di conseguenza i laici orionini, in fedeltà dinamica al carisma della Piccola Opera della Provvidenza, sono impegnati in prima persona a perseguire una ‘soda formazione religiosa e cristiana, una sana cultura, una ben intesa pietà’, a ‘studiare i problemi sociali: famiglia, scuola, stampa, moralità, diritti e libertà della Chiesa, rapporti tra capitale e lavoro, leggi, giustizia, amministrazione della cosa pubblica, per Instaurare omnia in Christo, per ‘trovare o almeno intendere e applicare la soluzione cristiana dei molteplici problemi che interessano la vita privata e pubblica’, per ‘arare Cristo nella società’ (Don Orione. Intervista verità, Ed. San Paolo, 1997, p.124s).


2. La scelta dei poveri

Accanto a quello della formazione spirituale e culturale, la Chiesa ritiene che l’areopago fondamentale’ della nuova evangelizzazione sia l’opzione preferenziale per i poveri, proclamata da Cristo stesso agli inizi del suo ministero nella sinagoga di Nazaret e mantenuta viva dalla Chiesa di tutti i tempi come missione propria. Questa scelta - insiste oggi la Chiesa - si deve tradurre da parte dei consacrati nella effettiva condivisione delle situazioni di emarginazione, rendendosi presenti e insediando le proprie comunità nelle zone di maggior miseria; aprendosi ad accogliere e ad accompagnare nel cammino della loro promozione umana e spirituale i nuovi poveri della società del benessere: emarginati e oppressi, rifugiati e immigrati; drogati e ammalati di AIDS, anziani abbandonati e ragazze madri lasciate a se stesse, sradicati e disperati (VC 82).
Anche su questo punto la sintonia del carisma orionino ovviamente è perfetta: ‘La Piccola Opera della Divina Provvidenza - scrive don Orione - nata per i poveri, a raggiungere il suo scopo, essa pianta le sue tende nei rioni e sobborghi i più miseri, che sono ai margini delle grandi città industriali, e vive, piccola e povera, tra i piccoli e i poveri (...). Al popolo essa va, più che con la parola, con l’esempio e l’olocausto di una vita dì e notte immolata con Cristo all’amore e alla salvezza dei fratelli’ (Intervista 75).
Infatti, per don Orione, la carità tradotta nella scelta dei poveri rende visibile il Dio invisibile: ‘Al popolo come sveleremo Cristo? Con la carità! Come faremo amare Cristo? Con la carità! Come salveremo, noi, i fratelli e i poveri? Con la carità! Con la carità che si fa olocausto ma che tutto vince, con la carità che unifica e instaura ogni cosa in Cristo’. (Intervista 64).
Si può dunque affermare che l’essenza del carisma orionino stia nel binomio dirompente carità-povertà: ‘Se voi mi chiedete qual’è la nota che ci deve differenziare da tutte le altre congregazioni, vi dico che è la dinamite della carità. Dobbiamo essere dinamici - e non marmotte - nella carità verso i più umili e più abbandonati dei nostri fratelli... chi non sente questa volontà di essere qualche cosa di molto spinto, nell’amor di Dio e del prossimo, se ne vada’ (Sui passi 175).
Di qui l’invito forte agli orionini, affinché ‘sposino’ la povertà.
‘Che cosa vuol dire - si chiede don Orione - sposare la povertà? (...) Vuol dire fare voto di povertà? Più! Vuol dire praticare la povertà? Più! Vuol dire rimanere attaccato alla povertà? Più! più! più! Sposare la povertà vuol dire far della vita olocausto per i poveri, per gli umili (...). Vuol dire incarnare in noi la vita dei più poveri, dei più abbandonati, dei più reietti, dei più afflitti’ (Intervista 76).


3. I giovani

Un altro orientamento operativo, su cui la Chiesa insiste moltissimo sono i giovani. Infatti, i giovani e la famiglia sono la chiave di volta sia dell’opera di evangelizzazione, sia nella costruzione della civiltà dell’amore. Dalla formazione cristiana e dalla educazione culturale e umana dei giovani dipende in misura decisiva il futuro della società e della Chiesa. Va fatto dunque ogni sforzo per ‘riprendere con nuovo impegno, là dove è possibile, la missione dell’educazione con scuole di ogni tipo e grado (...), pronti a entrare nelle strutture educative statali’ (VC 97), per dedicarsi ‘alla promozione della cultura, al dialogo fra cultura e fede (...), perché la luce di Cristo penetri ogni settore umano e il fermento della salvezza trasformi dall’interno il vivere sociale, favorendo l’affermarsi di una cultura permeata di valori evangelici’ (VC 98).
E’ esattamente l’urgenza che don Orione avvertiva profondamente: in una società ‘che, per molti lati, non sembra più cristiana’ - scrive -, occorre puntare tutto sui ragazzi e sui giovani: ‘Ciò che ancora si può e si deve salvare, per ricondurre a Dio la nostra società sconvolta, sono i fanciulli. Essi sono la società dell’avvenire: il sole o la tempesta dell’avvenire’ (Intervista 84). ‘La piccola nostra congregazione - sottolinea - è nata da un Oratorio festivo: un Oratorio di giovanetti è stata la pietra angolare della nostra istituzione’ (Intervista 83); e si preoccupa che venga assicurata la fedeltà al suo sistema educativo originale, che definisce ‘paterno-cristiano’ (Intervista 89).


4. La donna

Ormai in tutti i recenti documenti del Magistero, si pone l’accento sulla necessità dell’impegno dei laici per la nuova evangelizzazione; in particolare però ritorna in modo nuovo il discorso sulla necessità della presenza e dell’apporto responsabile della donna. ‘Il futuro della nuova evangelizzazione - afferma, per esempio, l’esortazione apostolica Vita consecrata - (...) è impensabile senza un rinnovato contributo delle donne’ (VC 57); proprio per questo, la Chiesa oggi ritiene che sia ‘urgente compiere passi concreti’ e aprire alle donne ‘spazi di partecipazione in vari settori e a tutti i livelli, anche nei processi di elaborazione delle decisioni’ (VC 58).
E’ urgente, cioè, riconoscere non solo a parole, ma nei fatti, il ruolo proprio e insostituibile che le donne sono chiamate a svolgere nella Chiesa e nella società.
Purtroppo siamo ancora molto lontani dal loro effettivo inserimento, anche in ruoli decisionali, nonostante le continue affermazioni verbali e di principio.
Eppure ormai dovremmo essere tutti persuasi che, come non ci può essere nuova evangelizzazione senza un laicato maturo, così essa non vi sarà senza il contributo responsabile delle donne.
Fa impressione, perciò, vedere quanto questa preoccupazione per il ruolo delle donne nella Chiesa e nella società fosse già presente in don Orione.
Egli non esita a denunciare con parole forti i ritardi incomprensibili dei cattolici nel comprendere l’importanza della questione femminile: ‘Il femminismo - scrive - è una parte, e importantissima, della questione sociale, e il nostro torto di cattolici è quello di non averlo compreso subito. Fu grande errore (...). Troppa poco gente ancora comprende la questione femminista. Confessiamolo francamente, noi cattolici abbiamo trattato il femminismo con una leggerezza deplorevole’. (Intervista 125) Che cosa possono fare oggi i laici orionini per prendere sul serio un problema così decisivo per il futuro della nuova evangelizzazione?


5. La comunicazione sociale

Infine, nel contesto dell’impegno educativo, uno degli areopaghi più importanti per la nuova evangelizzazione è il mondo degli strumenti della comunicazione sociale, dato che essi ‘hanno assunto una capacità di irradiazione cosmica mediante potentissime tecnologie, in grado di raggiungere ogni angolo della terra; bisogna educare al retto uso di tali mezzi e possibilmente a farne areopaghi privilegiati per l’annuncio del Vangelo: ‘Come nel passato le persone consacrate hanno saputo porsi con ogni mezzo al servizio dell’evangelizzazione, affrontando genialmente le difficoltà, così oggi sono interpellate in modo nuovo dall’esigenza di testimoniare il Vangelo attraverso i mezzi della comunicazione sociale.
Oggi i mass media non si possono più considerare soltanto come ‘strumenti’ particolarmente efficaci, da mettere al servizio della nuova evangelizzazione.
Infatti, la comunicazione di massa è divenuta una vera e propria ‘cultura’, creando la civiltà dell’immagine, che induce a guardare più che a leggere, a registrare più che a scrivere. La comunicazione sociale ha portato, cioè, a un nuovo modo di comprendere il mondo, la vita, l’uomo: più ‘intuito’ che ‘dedotto’, più ‘sperimentato’ che ‘ragionato’.
Perciò, giustamente Giovanni Paolo II afferma che ‘l’impegno nei mass media non ha solo lo scopo di moltiplicare l’annunzio: si tratta di un fatto più profondo, perché l’evangelizzazione stessa della cultura moderna dipende in gran parte dal loro influsso. Non basta, quindi, usarli per diffondere il messaggio cristiano e il Magistero della Chiesa, ma occorre integrare il messaggio stesso in questa ‘nuova cultura’, creata dalla comunicazione sociale.
E’ un problema complesso, poiché questa cultura nasce, prima ancora che dai contenuti, dal fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare con nuovi linguaggi, nuove tecniche e nuovi atteggiamenti psicologici’ (RM 37).
Certo, don Orione non disponeva delle conoscenze e degli strumenti di oggi; proprio per questo, è notevole l’intuizione di cui dà prova sottolineando l’importanza della diffusione delle idee a livello di massa, che allora avveniva soprattutto attraverso la comunicazione scritta. ‘La stampa - egli dice - è una grande forza: è l’oratore che parla di giorno e di notte, nelle città e nelle borgate, fin sui monti e nelle valli dimenticate. (...) Con la stampa popolare porteremo Cristo al popolo e il popolo a Cristo. (...) Valerci di tutto (...lettere, scienze, arti), di tutto servirci, tutto tesoreggiare agli alti fini della gloria di Dio, della propagazione del Vangelo e della cristiana civiltà, della difesa della Chiesa, della Patria, della famiglia, delle anime’.(Intervista 70s)
Queste, dunque, sono le scelte prioritarie a cui sono chiamati i laici orionini, per rispondere alle sfide del terzo millennio, portando così il contributo del proprio carisma all’impegno di tutta la Chiesa per una nuova evangelizzazione.
Tuttavia, al di là di tutte le iniziative doverose e necessarie, il contributo sostanziale degli orionini - come di tutti i consacrati - rimarrà sempre quello della ‘indole profetica della loro testimoninanza di santità e di radicalità del dono di carità.
Dunque, anche per i laici orionini, il primo grande impegno deve essere quello di realizzare nella propria vita e nella propria azione apostolica la sintesi in cui si esprime l’essenza stessa del carisma della Piccola Opera della Divina Provvidenza e che don Orione definiva efficacemente così: ‘Amare Dio e amare i fratelli: due fiamme di un solo sacro fuoco. Ed è di questo fuoco che vogliamo vivere e consumarci; questo è il fuoco che deve trasformarci’. (Sui passi 156)