Questo sito utilizza cookie per le proprie funzionalità e per mostrare servizi in linea con le tue preferenze. Continuando a navigare si considera accettato il loro utilizzo. Per non vedere più questo messaggio clicca sulla X.
Celebrazioni del 70° della morte di Don Orione a Sanremo" /> Messaggi Don Orione
thumb
Autore: Fulvio Ferrari

Alcuni elementi storici essenziali per comprendere il rapporto tra Don Orione e la città di Sanremo e l’importanza della città nello sviluppo della Piccola Opera della Divina Provvidenza.

Video delle Celebrazioni del 70° della morte di Don Orione a Sanremo


DON ORIONE E SANREMO


Cenni di storia di Don Fulvio Ferrari


Le notizie e gli studi sull’argomento sono tanti e la documentazione abbondante. La fonte più accessibile è senz’altro il volume Don Orione e Sanremo 1899-1990, pubblicato nel 1990 a cura di Don Giovanni Venturelli, postulatore della Piccola Opera della Divina Provvidenza, in occasione del cinquantesimo anniversario della morte di Don Orione.
La prefazione di questo volume, scritta da Mons. Giacomo Barabino allora titolare della diocesi riassume tutti i temi che saranno oggetto di questo articolo. Ne trascrivo una parte: “Le opere della Divina Provvidenza, avviate da Don Orione in Sanremo e realizzate in anni lontani nella sofferenza e nella povertà – Convitto San Romolo, Noviziato dell’Opera, Pensionato Villa S. Clotilde e più recentemente il Piccolo Cottolengo – si presentano tutte come monumenti di fede e risposte generose alle necessità degli uomini e dei tempi. Sono attuazioni legate e offerte alla nostra diocesi dal disegni di Dio, che ha voluto fondere e accompagnare mirabilmente l’esistenza di Don Orione e di Don Carlo Sterpi con la vita e il ministero del grande Vescovo Mons. Daffra e dei suoi Successori, uomini illuminati per vedere i bisogni dei tempi e capaci di progettare e realizzare delle risposte, con zelo pastorale e coraggiosa fiducia in Dio Provvidenza”.


L’invito a Sanremo nel 1899

La iniziale presenza di Don Orione e dei suoi Figli, con le istituzioni conseguenti sorte nella città di Sanremo le dobbiamo in particolare al Vescovo Mons. Daffra, che Don Orione amava ricordare come suo rettore in seminario di Tortona e che in seguito riconosceva e definiva “benefattore, protettore, consigliere e padre dei Figli della Divina Provvidenza”. Mons. Daffra a sua volta diceva: “Don Orione è mio. Che conforto e quante benedizioni attira su San Remo!”. Mettiamo quindi subito in evidenza, come riportato da Mons. Barabino, che la presenza di Don Orione a Sanremo è voluta da Mons. Daffra, vescovo della diocesi di Ventimiglia dal 1892 al 1932.

Il 3 giugno del 1899 Mons. Ambrogio Daffra scriveva a Don Orione: “Dopo tante suppliche e gemiti allo Spirito, al sacro Cuore e alla nostra buona madre SS.ma, per ottenere una grazia, leggi questa mia, deponila sull’altare avanti al SS.mo Sacramento, prega e mi favorirai una risposta, secondo l’ispirazione che ti darà l’amorevole nostro Gesù. In Sanremo ho acquistato una casa grandiosa e intendo adoperarla per un uso pio. Siccome in città vi hanno fiorenti scuole comunali: ginnasio, liceo, e ancora le tecniche, non ardirei al presente di erigere altre scuole, ma solamente un Convitto o, come oggi lo vogliono chiamare, un pensionato. I signori benpensanti della città me lo domandano, ed abbisogna un Convitto per allevare, custodire e condurre alle scuole pubbliche i convittori.
Dal confine nostro italiano fino ad Alassio (60 Km), non v’è un Convitto per raccogliere la gioventù, benché a Ventimiglia, Sanremo, Porto Maurizio ed Oneglia sorgano ginnasi. Nessun Collegio abbiamo e però a San Remo si provvederebbe alla gioventù con l’istituzione ideata e anche, posto il fondamento, si potrebbe dar opera a oratori festivi o altre pie fondazioni. Il Convitto si potrebbe tenere a tutto conto dell’Istitutore, con date condizioni; ovvero sarebbe tenuto per conto del Vescovo ed il Superiore agirebbe a nome del Vescovo medesimo. Facilmente si converrebbe dopo un abboccamento.
Eccoti, carissimo, l’oggetto della presente. Vorresti tu prendere la direzione del Convitto? Hai sacerdoti ed istitutori a tal effetto? Per ora non parlo di scuole interne: col tempo si potrà fare anche questo passo. Se pertanto vuoi accettare la mia proposta e puoi disporre del personale, scrivimi. Intesi appena sulle basi, ci vedremmo. O a Genova, per le feste di San Giovanni Battista, o tu verresti a Ventimiglia, visiteresti il locale e si verrebbe ad una deliberazione. A mezzo della stampa se ne darebbe un avviso e col cominciare dell’anno scolastico, in ottobre, si aprirebbe pure il Convitto. Pensa bene, mio caro, e prega. Poi mi favorirai una risposta. Benedico a te, ai tuoi Sacerdoti ed allievi e con affettuosi saluti ti sono dev.mo in Gesù Cristo. + Ambrogio Vescovo”.

Per comprendere questa lettera così personale, confidenziale e affettuosa di Mons. Daffra nei confronti di Don Orione è necessario scrivere due righe di biografia di entrambi.


Mons. Ambrogio Daffra

Vi è una esauriente biografia scritta da Don Giacomo Simonetti, Parroco di S. Maria degli Angeli, in occasione dell’anno santo dal titolo “Mons. Ambrogio Daffra, Vescovo di Ventimiglia”. A noi interessano per questo tema, solo il periodo in cui Mons. Daffra e Don Orione sono venuti a contatto.
Mons. Daffra era nato l’11 gennaio del 1841 a Canneto, nei pressi di Broni, in diocesi di Tortona. Nell’anno 1854, a 13 anni, entrò in Seminario e fu ordinato sacerdote il 17 dicembre 1864. Fece dapprima il vice parroco per 6 mesi nella parrocchia di Barbaniello poi fu subito nominato parroco di S. Maria nella cittadina di Sale. Fu quindi parroco a Gavazzana, Retorbido e Campoferro nei pressi di Voghera. Nel 1874 fu nominato direttore spirituale del Seminario di Tortona. Aveva solo 33 anni. I seminaristi erano circa 250. nel 1880 fu annoverato tra i canonici della Cattedrale e nel 1886 il Vescovo, Mons. Capelli lo nominò rettore del Seminario. E’ qui che Mons. Daffra si incontra con Don Orione.


L’incontro nel seminario di Tortona nel 1889

Il racconto è dello stesso Don Orione.
“Era Rettore allora del seminario un Canonico di santa vita e di grande zelo e anche di vasta cultura religiosa e letteraria, filosofica e teologica: un santo Rettore… Era di ottobre, il 16 ottobre. I chierici non erano ancora tornati dalle vacanze, ed io ero entrato per primo in Seminario per ricever la benedizione dell’abito, prima che venissero i chierici, che dovevano tornare nel pomeriggio…
Mi trovavo già in cappella, così, nei primi banchi… Passò qualche minuto; poi il Rettore del Seminario entrò silenzioso, mi toccò le spalle, mi prese per mano, con atto paterno – quell’atto non me lo dimenticherò mai – come prendeva Don Bosco. Avevo con me una veste; il Rettore mi condusse ai piedi dell’altare della cappella del Seminario, salì all’altare, accese due candele, prese la mia veste e il colletto e li depose a un angolo dell’altare, poi prese il rituale e l’aspersorio dell’acqua benedetta, che già si trovava là sopra, e benedisse la veste e il colletto e, pronunciando le parole della formula prescritte dalla sacra liturgia, mi tolse la giubba e mi vestì dell’abito da chierico.
Non mi disse molte parole, mi tradusse la formula canonica che la Chiesa adopera nel dare l’abito al chierico, e mi disse di essere un bravo chierico e poi, fatto sacerdote, di essere un bravo sacerdote; mi raccomandò molto la devozione a Maria come arra di difesa da tutti i pericoli”
(cfr. Don Orione, vol. 1 p. 417).


Stima e fiducia vicendevole

Don Orione ebbe sempre una stima grandissima per Mons. Daffra e tra i due nacque un dialogo profondo e confidente.
Il rettore lo presentò al prefetto con queste parole: “E’ un bravo giovane che viene dai salesiani di Torino” e in seguito, quando a causa della brama di mortificazione, era fatto oggetto di scherno dai compagni, ne prendeva le difese con il medesimo prefetto, che non sapeva capacitarsi delle “stranezze” del giovane chierico: “Se fa lo strano, non te ne preoccupare, lascia fare”. Parole che significavano non solo stima, ma piena comprensione da parte del superiore.
Don Orione si avvalse della direzione spirituale del Rettore fino al gennaio 1893, quando prese possesso della diocesi di Ventimiglia essendo stato nominato vescovo nel giugno precedente. I due rimasero in contatto specialmente tramite corrispondenza. Ecco allora spiegato l’invito di Mons. Daffra rivolto a Don Orione, che nel frattempo era stato ordinato sacerdote (1895) e il tono della lettera. La stima era reciproca. Don Orione definì Mons. Daffra “una delle figure più luminose di sacerdote che io abbia mai conosciuto” e non perdeva occasione per tesserne l’elogio.


Le difficoltà degli inizi

La lettera inviata da Mons. Daffra a Don Orione lo trovò impreparato a tale richiesta. Don Orione volle pensarci qualche giorno e fece pregare i suoi. Poi rispose con una lunga lettera di cui riporto solo qualche passo (Don Orione e Sanremo, p.9)
“Ed è cosa saggia che sia un semplice Convitto, e il bene non sarà meno grande… Così non mancherebbe il personale per ciò che riguarda gli istitutori: siamo più di 80 già con abito e quasi tutti dalla filosofia in su, e ci sono buoni soggetti che farebbero tanto bene. Ma Lei sa, o carissimo Monsignore, che noi siamo in tutto e per tutto – anche nei desideri, per così dire – nelle mani del nostro carissimo vescovo”.


Qui è necessaria una spiegazione. E’ vero che Don Orione ha già fondato la Congregazione, ma questa non è ancora stata riconosciuta. Perciò i preti e i chierici non appartengono ancora a Don Orione, ma sono nelle disposizioni del Vescovo di Tortona il quale ha messo a disposizione di Don Orione un fabbricato (il Paterno). E non sembra che il Vescovo di Tortona sia molto propenso a consentire che sacerdoti, che lui ritiene suoi, vadano a prestare servizio in altre diocesi.
Ci fu altra corrispondenza tra Don Orione e Mons. Daffra. Poi i due si incontrarono a Genova alla fine di giugno.
In luglio, sia Don Orione a Tortona, che il Vescovo a Chiavari ne parlarono con Mons. Bandi, il quale evidentemente non seppe dire di no, anche se non voleva cedere sull’invio di sacerdoti, ben comprendendo però che per la direzione del Convitto fosse necessario un sacerdote.
Don Orione si recò a Sanremo il 13 agosto e visitò l’edificio. Da Ventimiglia, lo steso giorno, scrive al suo collaboratore Don Sterpi: “Carissimo fratello in Gesù, fai stampare gli indirizzi dei parroci della diocesi di Ventimiglia! Qui le cose si mettono molto bene, fui già a Sanremo, luogo bellissimo! Pregate. Gesù vi benedica!”.
Di quel viaggio è conservata una minuta con parole di Don Orione: “E quando, dai golfi e dalle baie sinuose, mi apparve Sanremo illuminata, quasi città che posi i piedi tra le onde del mare e reclini la testa sulle balze della collina sparsa di lumi, ho pregato ancora!..”.
Mons. Daffra insiste sull’iniziativa e scrive anche a Don sterpi: “Fa anche tu mio caro Don sterpi la parte tua. Sono sicuro che, se anche in Liguria si conoscerà l’Opera della Provvidenza, le sarà aperto un vasto campo d’azione..”.
Evidentemente Mons. Daffra era anche profeta.
Anche il segretario vescovile Don Gamaleri scrive a Don Orione: “Da Ventimiglia, 27 agosto 1899. Sanremo aspetta l’opera tua; affretta dunque i tuoi passi e vieni, portando teco buon numero di confratelli e di figli..”. Le autorità cittadine, informate del progetto ne sono entusiaste.


Finalmente, il permesso di Mons. Bandi

Non arrivava però il permesso del vescovo di Tortona. Alla lettera di Don Orione del 16 agosto non risponde. Don Orione gliene consegna una lunghissima in data 20 agosto a Torino. In un passaggio vi si legge: “Tuttavia, sentite bene, o mio caro e Veneratissimo Vescovo, se Voi mi dite di no, è no! Ma, se Voi tacete, io sento di dover accettare, perché mi pare che Gesù mi prema (il cuore) di accettare, e Vi dico così benché senta fin vergogna di dirvi questo…”.

Il 24 ottobre era pronto il regolamento scritto da Don Orione e portava a chiusura una bella approvazione di Mons. Daffra: “Aderendo alle preghiere ed agli inviti di molte famiglie, che lamentavano la mancanza di un Collegio o Convitto maschile, in questa Diocesi, per affidare il tesoro dei loro figli a mani sicure, e ad un tempo, in loro vicinanza, abbiamo posto l’occhio sull’Opera della Divina Provvidenza istituita in Tortona. E’ una società recente di ottimi educatori – già conosciuta in Piemonte, in Lombardia ed in Sicilia, - che nella educazione della gioventù dà ottimi risultati.
Fu istituita ed è retta da un santo e sapiente Sacerdote, Don Luigi Orione, tutto fatto per la gioventù a guida dell’educatore per eccellenza Don Bosco di s.m., e, per la conoscenza profonda di lui e delle opere sue, gli abbiamo affidato il Convitto San Romolo in Sanremo…”.

La lettera continua con altre espressioni di elogio e termina assicurando della vigilanza del vescovo su tale istituzione.


Don Carlo Sterpi, primo direttore

Primo direttore del Convitto fu Don Orione, almeno come garanzia sulla carta; in realtà il direttore nei primi anni fu Don Carlo Sterpi, primo collaboratore e primo successore di Don Orione.
L’inizio dell’attività fu stentato. All’apertura del Convitto, 3 ottobre 1899, si presentarono solo due ragazzi…due fratellini di Sanremo. Don Sterpi ne scrive a Don Orione in tono sconsolato.
I motivi di una partenza così modesta sono presto elencabili: incertezza durante il periodo estivo, desiderio di Mons. Daffra di utilizzare subito i locali, incerto permesso dato dal Vescovo di Tortona, propaganda fatta in ritardo, regolamento severo. Da notare che Don Orione esigette che l’impronta educativa fosse data dai suoi collaboratori e perciò rifiutò, in principio, di accogliere studenti espulsi da altri collegi.
In dicembre i ragazzi sono dodici. In primavera Don Sterpi si reca a Tortona e porta con sé alcuni giovani desiderosi di farsi sacerdoti.


Il primo noviziato della Congregazione

In ottobre del 1900 Mons. Daffra gli offre in Taggia una chiesa grande con annesso monastero e giardino: in un locale di 16 stanze con corridoi e altri vani. Don Orione rinuncia perché non ha sacerdoti. Ha molti chierici che lo seguono, ma non ha ancora l’approvazione diocesana per la sua opera.
Mons. Bandi mette condizioni ultimative: o si allestisce un noviziato regolare in diocesi di Tortona o non se ne parla più.
La soluzione venne da sé. Nel cortile del Convitto vi era una casetta dei signori Parodi G.B. detto Bacicìn e di sua moglie Clemenza, chiamata dai ragazzi “mamma Clemenza”. Il figlio era stato console in Equador e aveva costruito una bella residenza nel rione S. Martino con annessa Chiesa in onore della Madonna SS. della Mercede, che per molti anni fu officiata dai nostri sacerdoti. Don Sterpi ottenne di poter usare la casetta in affitto e pensò di erigervi il noviziato.
Mons. Bandi accettò la proposta e Mons. Daffra benedisse ufficialmente il noviziato in data 21 novembre 1900. Dunque è qui a Sanremo che viene eretto il primo noviziato dell’Opera.
La casetta dei Parodi è piccola, ma per tutti gli atti comuni, preghiera, mensa, i novizi si recavano al Convitto.
Tra i primi novizi, nel 1901, ci fu anche il Servo di Dio Don Gaspare Goggi, già professore e poi collaboratore santo e stimato da Don Orione. In quell’anno, 1900, i convittori erano saliti a 67.
Il Noviziato risulta troppo piccolo e la commistione con i ragazzi del Convitto non favorisce il raccoglimento. Si prende in affitto una casetta dietro il Santuario della Costa (31 luglio 1901).


Lo sviluppo del Convitto San Romolo

Per l’anno 1901 interviene lo stesso Don Orione a dirigere la propaganda per l’ammissione al Convitto. E’ una pagina interessante che qui per motivi di spazio non possiamo riportare (cfr Don Orione e Sanremo, p.30). Ne riporto solo una riga: “La propaganda di detti manifesti dovrà essere fatta nel più breve tempo possibile e sia larghissima e spietatamente ben fatta, uso socialisti”.
All’inizio dell’anno scolastico1902-1903 i ragazzi sono talmente tanti che Don sterpi è costretto ad allontanarli.
Il 21 marzo 1903, festa di S. Benedetto abate, è un giorno di grande letizia: la Piccola Opera viene giuridicamente approvata dall’autorità ecclesiastica. Mons. Bandi, di passaggio a Sanremo, firma il decreto di approvazione diocesana steso da Don Gaspare Goggi.
Un ulteriore legame di Don Orione con la nostra città.

Difficoltà economiche
Il 24 novembre del 1903 Mons. Daffra scrive da Ventimiglia a Don Sterpi, in quei mesi a Tortona, una lunga lettera. Ne riporto qualche stralcio “Oh! In che duri cimenti si trova il nostro Don Orione! Il Signore come lo sottopone a dure prove…Non venga mai meno la confidenza in Dio. Se potessi aiutarvi io stesso, farei. Ma, sai?, ancora la settimana scorsa, facendo i conti, ogni anno per la benedetta casa di S. Remo, solamente per interessi, devo pagare £ 3050.”.
E il successivo 26 dicembre: “Il vedervi poi – in confidenza – così nell’opere gravati da debiti, caro Don Carlo, pare a me che da tutti si dovrebbe studiare un po’ di economia. Fidiamoci della Provvidenza, ma non la tentiamo….”. La lettera continua con un lungo elenco di spese e suggerimenti che invitano ad aumentare le rette. Il tono è confidenziale e talune espressioni non devono fare impressione.

Approvazione dell’Opera in Diocesi di Ventimiglia
Qualche mese dopo, il 25 aprile del 1904 approva nella sua diocesi l’Opera della Divina Provvidenza.
Fu provvidenziale per la Congregazione questa approvazione perché le conferiva un respiro più ampio e le garantiva una finalità diversa da quella prospettata da Mons. Bandi. Inoltre era una iniezione di fiducia in un periodo di grave emergenza economica.

Passaggio di proprietà del S. Romolo
La casa è gravata da debiti. Mons. Daffra è favorevole alla vendita della casa e alla cessione dei debiti a Don Orione. Se li assuma lui e gestisca la casa in proprio. In cambio darà 60.000 lire. Nel marzo del 1906 vengono versate le prime 6000 lire e firmata la caparra. L’atto di passaggio vero e proprio avverrà l’11 giugno 1910 con convenzione stipulata da Mons. Daffra, il Vicario Don Filippo Borea, il Canonico Don Luigi Gamaleri, il Can. Domenico Nuvoloni da una parte e don Sterpi a nome di Don Orione dall’altra.
La vita del convitto continua negli anni con grande soddisfazione.

Acquisto di Villa Santa Clotilde (1922)
La storia l’abbiamo ampiamente raccontata in altre occasioni, ma ne diamo qui alcuni accenni essenziali.
Vi erano in quel periodo a S. Remo molti stranieri benestanti che frequentavano le loro chiese: erano anglicani, russi ortodossi, luterani. Ognuno frequentava la propria chiesa: non facevano adepti. Erano invece molto attivi i valdesi, specie per l’attività svolta da Ugo Janni. Il Vescovo ne parla con Don Orione in visita al convitto nei primi di dicembre del 1922, rattristato “nel vedere San Remo assalita dai protestanti e le chiese nostre divenire templi evangelici”.
Don Orione viene a sapere che lo Janni ha messo gli occhi su Villa S. Clotilde e intende comprarla. Va anche lui a vedere la casa. Nota una statua della Madonna sulla facciata con una scritta ai suoi piedi: “Posuerunt me custodem”. Don Orione fa una preghiera: “Bella guardia state facendo alla casa che vi hanno affidato, se essa sta per cadere in mano dei protestanti!...Oh santa Madonna, fatevi onore a custodire bene questo luogo: i protestanti il meno che potranno fare è di metterVi una corda al collo e di farVi precipitare… Ed io, invece, voglio che qui si cantino le vostre lodi…”.
Decide che non ripartirà da San Remo senza prima averla comprata. Poi prega, incontra persone finché non riesce ad ottenere la cifra per comprarla. L’atto d’acquisto viene firmato l’8 dicembre.

Gli ultimi tre giorni di Don Orione a Sanremo
Se dal punto di vista estetico Sanremo aveva sorpreso Don Orione fin dalla prima visita, non era però il luogo che avrebbe scelto per chiudere i suoi giorni. Avrebbe preferito un luogo più periferico e una casa più povera. Ubbidisce ai medici e a Don Sterpi e nella mattinata del 9 marzo giunge a Sanremo. In quei 3 giorni scrive lettere, riceve persone, prega. La sera del 12 marzo risponde ad una telefonata da Roma: gli si chiede di ricoverare una vecchietta trovata in pessime condizioni lungo la strada. Risponde di sì. E’ l’ultimo “sì” di Don Orione agli uomini.
Alle ore 22,45, con le parole “Gesù… Gesù…. Vado” chiude la sua giornata terrena.
I primi funerali si svolgono a Sanremo nella chiesa di N. S. degli Angeli.

Il Piccolo Cottolengo Sanremese

L’attuale sede del Piccolo Cottolengo esisteva già, in forme e con fini diversi, da alcuni secoli.

La lunga storia dell'edificio: da monastero ad ospedale
Sappiamo che in principio fu convento Agostiniano. La prima pietra del convento fu posata il 26 luglio 1644 e nel 1651, a lavori ultimati, vi s’installarono i frati Nicoliti (questo il nome degli agostiniani). Questi frati furono ben visti dalla popolazione e si resero famosi per le predicazioni. I buoni rapporti tra i Nicoliti e la popolazione di Sanremo cessarono però nel 1753, al momento della rivoluzione di Sanremo contro Genova. Un gruppo di soldati genovesi, respinto dalla zona costiera mentre tentava di entrare in città, si diresse verso le alture della Madonna della Costa e riuscì a penetrare nella città attraverso la “Porta Soprana” che erano riusciti a farsi aprire con un inganno. I sanremesi, a torto o a ragione, incolparono i frati (il cui convento era poco lontano dalla porta) di tradimento, sì che dopo pochi anni di vita grama, osteggiati dalla popolazione e, pare, da altri religiosi, i frati Nicoliti abbandonarono il convento che loro stessi avevano eretto e abbandonarono la città.
Il territorio di Sanremo si trovava alloro sotto la diocesi di Albenga e il vescovo pensò di trasformare il vecchio convento abbandonato in seminario, ma nel 1832 il territorio, con i paesi viciniori, passò alla diocesi di Ventimiglia e di conseguenza non se ne parlò più. Nel XVIII secolo si trovavano a Sanremo un discreto numero di lebbrosi, frutto di traffici marittimi con l’Oriente o discendenti di ammalati sbarcati “in antiquo” da vascelli saraceni e abbandonati sulle coste vicine. Durante la notte accadeva che quegli infelici si rifugiassero in un locale a piano terra sulle sponde del torrente S. Lazzaro, attualmente ricoperto dal selciato di Via Fiume.
Nel 1836, re Carlo Alberto di Savoia, sostando a Sanremo in occasione di un suo viaggio a Nizza, vide tutti quei lebbrosi e ne provò compassione. Diede pertanto una cospicua somma al sindaco della città perché si edificasse un lebbrosario. Fu così che si aggiunse un’ala al vecchio convento, quella che costeggia la salita al santuario della Madonna della Costa.
Dal 1848 sulla facciata del Piccolo Cottolengo è in risalto la gran croce mauriziana incentrata dallo scudo sabaudo che troneggia nel timpano sovrastante l’ingresso principale.
Nel 1858, Vittorio Emanuele II, volendo continuare l’opera intrapresa dal padre, trasformò il rimanente edificio in ospedale, perché quello esistente accanto alla chiesa degli Angeli, creato da Napoleone I, era divenuto troppo angusto per ospitare i degenti. Vittorio Emanuele II, nel portare a termine l’opera intrapresa dal padre volle donare (1872) una pregevole pala d’altare raffigurante i santi Maurizio e Lazzaro nell’atteggiamento di prestare aiuto ai lebbrosi. Attualmente questo quadro si trova nella cappella dell’ospedale Borea alla sinistra di chi entra in chiesa passando dal corridoio dopo la portineria.
Nel 1934 il comune decise di costruire un nuovo ospedale, l’attuale Borea, che fu inaugurato nel 1937. Già però dal 1936 vi erano stati trasferiti i degenti per cui il vecchio ospedale risultava abbandonato. Vi trovarono sede vari enti e durante la guerra anche reparti delle forze armate. Si pensò anche di trasferirvi i detenuti del forte S. Tecla e il dibattito in città divenne serrato.

Nasce il Piccolo Cottolengo Sanremese
Fu a questo punto (siamo nel 1941) che ad un nostro concittadino, ex allievo del S. Romolo, di nome Carlo Alberto, venne in mente di informare Don Sterpi, che si trovava allora a Tortona, dell’opportunità di acquistare l’edificio per instaurarvi una sede del grande apostolo della carità Don Luigi Orione. L’amico Carlo Alberto era cognato di Don Biagio Marabotto, primo sacerdote di Sanremo dell’Opera di Don Orione e responsabile delle case della congregazione in Polonia.
Don Sterpi ne fu entusiasta e incoraggiò Carlo Alberto nell’impresa, arrivando fino a proporre, se fosse stato necessario, di permutare il glorioso convitto San Romolo. Carlo Alberto e gli amici di Sanremo si diedero da fare e in breve lasso di tempo furono estromesse le forze armate e liberati i locali dai vari enti.
A questo punto vi fu una inattesa richiesta da parte del consiglio di amministrazione delle Opere Pie Riunite che, valutato diversamente il valore dell’immobile pretendevano denaro contante. Dopo un momento di panico, un’inattesa quanto provvidenziale offerta in denaro da parte di una munifica persona mise in condizione Don Sterpi di disporre della somma necessaria per l’acquisto £ 982.322,00.

Don Orione, morto a Sanremo, ha fatto nascere il Piccolo Cottolengo Sanremese
C’è da riferire un aneddoto raccontato da Don Sterpi ai suoi collaboratori.
“Si è fatto l’ acquisto del Mauriziano il giorno di S. Lorenzo (10 agosto 1942). Ho trovato a Genova l’Ing. Paolo Marengo – che fu per anni a Tortona con noi – e gli ho detto: Le tue medaglie hanno fatto fortuna.. Abbiamo di fatto acquistato la caserma – un vecchio ospedale trasformato adesso in caserma – nel quale è stato Marengo per qualche tempo, come soldato e come ufficiale, e dove gli avevo detto di andar seminando delle medaglie della Madonna, per le camerate e i cortili, recitando il Rosario con l’intenzione che venisse poi a noi.
E’ una cosa meravigliosa, in bella posizione, vicino alla Madonna della Costa… Sappiamo che Don Orione non voleva andare a San Remo, perché là diceva che non ci sono i poveri, e i poveri ce li ha portati lui dopo la sua morte… Qualche persona ha già dato qualche offerta, e la sorella di don Biagio Marabotto mi ha scritto che, quando la cosa potrà rendersi pubblica, sarà una esplosione di gioia che uscirà da tutti i Sanremesi… Noi siamo cullati dalla Divina Provvidenza, siamo come le navi in mare con il vento a poppa…, la Provvidenza ci spinge… L’essere deceduto a San Remo il nostro fondatore Don Orione ha fatto nascere il Piccolo Cottolengo Sanremese“.


L'inaugurazione del 12 marzo 1943
Al momento dell’acquisto la casa era in condizioni pietose, sia nei muri che negli impianti e nelle suppellettili. Mancavano le braccia e mancavano i mezzi. La guerra infuriava.
Al momento dell’inaugurazione, 12 marzo 1943, III anniversario della morte di Don Orione, la casa è in condizioni appena sufficienti per cominciare a operare con una certa regolarità. All’inaugurazione erano presenti le massime autorità della Congregazione ed elette rappresentanze: il Senatore Cavazzoni, l’On. Boggiano Pico, l’Avv. Revelli e tanti altri. La benedizione dei locali fu impartita dal vescovo diocesano Agostino Rousset.
Nel 1967, a 25 anni dall’acquisto furono eseguiti notevoli lavori di ammodernamento ad opera del Direttore di allora, Don Cicuttini su progetto dell’Ing. Piero Verrando.
Il 14 dicembre 1971 veniva posta la prima pietra per l’edificazione del settore femminile, a ricordo del centenario della nascita di Don Orione (23 giugno 1872). Questo padiglione venne inaugurato il 12 marzo 1974, presente il vescovo diocesano mons. Verardo, il direttore generale Don Zambarbieri e le massime autorità cittadine e dell’Opera Don Orione.
L’11 febbraio 1997 veniva approvato il progetto di amplificazione e ristrutturazione globale del Piccolo Cottolengo Sanremese. I lavori si sono protratti per 10 anni, fino all’aprile del 2008.
Oggi, tutto è concluso e funzionante, i reparti pieni di ospiti, e tra le corsie, quasi a ricordo delle medaglie seminate dall’Ing. Marengo nel 1941, continua ogni giorno dagli altoparlanti a risuonare l’Ave Maria: “Ave Maria e avanti!".

 

Lascia un commento
Code Image - Please contact webmaster if you have problems seeing this image code  Refresh Ricarica immagine

Salva il commento

thumb
Buonanotte del 3 dicembre 2024