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Messaggi Don Orione
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Nella foto: Don Flavio Peloso. Roma, 8 giugno 2023
Autore: Don Flavio Peloso

Testo della relazione di Don Flavio Peloso al Convegno dei Gruppi studi Orionini, Roma, 8 giugno 2023.
Come insegna Papa Francesco, “La sinodalità esprime la natura della Chiesa, la sua forma, il suo stile, la sua missione. E quindi parliamo di Chiesa sinodale”. Il testo della relazione di Don Flavio Peloso propone una riflessione su cosa ciò comporti nel vivere oggi il carisma orionino. Quali conversioni di prassi e quali contributi specifici possono venire dalla Piccola Opera della Divina Provvidenza?


SINODALITÀ CUM PETRO ET SUB PETRO

La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa:

quale contributo della Piccola Opera della Divina Provvidenza?

            Don Flavio Peloso

 

VIDEO

 

            L’importante passaggio di storia della Chiesa che stiamo vivendo con Papa Francesco rimette al centro dell’attenzione il nostro “amore al Papa”.[1] Quale amore al Papa, tipico di Don Orione e del carisma di fondazione, siamo chiamati a vivere in questo cambio di modello di esercizio del Papato? Come vivere il “quarto voto di speciale fedeltà al Papa” nel contesto della sinodalità della Chiesa?

            Rispondere a queste domande porta a rinnovare lo spirito e l’apostolato della congregazione orionina. L’amore al Papa e la specifica modalità di viverlo e di esprimerlo sono infatti al cuore della fedeltà creativa della Famiglia orionina al proprio carisma.

        Due premesse.

  1. Quando parliamo di amore al Papa dobbiamo pensare più a “come dobbiamo essere” prima che a “cosa dobbiamo fare”. Nell’esperienza e nell’insegnamento di Don Orione è un amore mistico prima che operativo, frutto dell’esperienza della Chiesa come Corpo di Cristo.
  2. Papa Francesco ha affermato con la perentorietà dell’autorità pontificia: “Il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio”.[2] Non è solo una strategia ma una modalità stabile del cammino della Chiesa.


Ebbene, pensando a quale amore al Papa in una Chiesa sinodale è illuminante un’espressione classica della tradizione cara a Don Orione e richiamata più volte da Papa Francesco nel presentare la sinodalità: IN ECCLESIA, CUM PETRO ET SUB PETRO.
Papa Francesco ha indicato come la sinodalità (syn odos, cammino [fatto] insieme) non è una novità storica e teologica ed ha avuto la sua attuazione alta e paradigmatica nel “Concilio Vaticano II costituisce la tappa più recente del dinamismo della Tradizione, nella quale l’episcopato cattolico si è posto in ascolto per discernere il cammino che lo Spirito indicava alla Chiesa. I Padri hanno esercitato la loro potestà collegiale in modo solenne cum Petro et sub Petro nel concilio ecumenico”.[3]


Sinodalità modus vivendi et operandi della Chiesa

Sinodalità è un termine adoperato per definire «lo specifico modus vivendi et operandi della Chiesa Popolo di Dio».[4] È entrato nel vocabolario ecclesiale con una certa frequenza solo da poco tempo, ma la realtà intesa è molto più antica, vissuta in contesti e forme storiche diverse. La sinodalità non è una moda, uno slogan o il nuovo termine da usare o strumentalizzare nei nostri incontri.
“La sinodalità esprime la natura della Chiesa, la sua forma, il suo stile, la sua missione. E quindi parliamo di Chiesa sinodale. Non lo dico sulla base di un’opinione teologica, neanche come un pensiero personale, ma seguendo quello che possiamo considerare il primo e il più importante “manuale” di ecclesiologia, che è il libro degli Atti degli Apostoli”.[5]

Nella sinodalità interagiscono, a vario titolo e in diverso modo, i rapporti fra uno, alcuni e tutti:[1] uno (l’autorità è sempre personale, il Papa, il Vescovo, il Superiore…); alcuni (organismi partecipativi, consigli, sinodi, collegi…); tutti, tutto il popolo di Dio coinvolto. L’esercizio del ministero dell’autorità nella Chiesa è personale, collegiale e comunitario.[6]

Particolarmente problematica nell’attuazione sinodale è la partecipazione comunitaria, l’ascolto di tutti, perché non si tratta di realizzare un generico ascolto generico, ma attuare ed elaborare l’ascolto per ricavarne il sensus fidelium. È qui che si possono inserire operazioni di manipolazione in senso ideologico o democratico estranee al sensus fidelium.[7]

Per discernere il sensus fidelium autentico da altre forme di soggettivismo e di democraticismo, Papa Francesco richiama due atteggiamenti indispensabili: la parresìa della parola e la docilità dell’ascolto.[8]

La sinodalità è una grande responsabilità. Bisogna dire tutto ciò che si sente con parresia. Bisogna dire tutto quello che nel Signore si sente di dover dire: senza rispetto umano, senza pavidità. E, al tempo stesso, si deve ascoltare con umiltà e accogliere con cuore aperto quello che dicono i fratelli. Con questi due atteggiamenti si esercita la sinodalità. E fatelo con tanta tranquillità e pace, perché il Sinodo si svolge sempre cum Petro et sub Petro, e la presenza del Papa è garanzia per tutti e custodia della fede”.[9]

Un’esperienza pubblica di sinodalità si è realizzata al Sinodo sulla Famiglia del 2015. Le tensioni e divergenze anche su temi importanti sfociarono in fiducia e sicurezza proprio perché, come riferì Francesco: “Tutto è avvenuto “cum Petro et sub Petro”, cioè con la presenza del Papa, che è garanzia per tutti di libertà e di fiducia, e garanzia dell’ortodossia. E alla fine con un mio intervento ho dato una lettura sintetica dell’esperienza sinodale”.[10]

Quindi, la sinodalità non comporta una svalutazione del Primato del Papa[11] o la una democratizzazione della ricerca della verità, la relativizzazione della fedeltà dottrinale o allo sfaldamento dell’unità pastorale. La visione di Chiesa sinodale non intacca il primato del Papa e il suo ruolo di “conferma dei fratelli” (Lc 22, 32) ma lo inserisce in una dinamica di unità articolata di Chiesa.


Primato del Papa e comunione della Chiesa

Per noi, essere “papalini” significa tanto sostenere il primato del Papa[12] quanto promuovere la comunione della Chiesa mediante le opere di carità.
Da una parte, ci è richiesta una nuova e vigorosa concentrazione papalina, aumentata dal fatto che nel contesto culturale attuale si confonde sinodalità con democraticità, si tende a ridurre a dinamica sociologica l’unità organica sociale e spirituale della Chiesa. “Il cammino della sinodalità che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio” presuppone e rilancia il valore teologico e pastorale del Primato del Papa in una esperienza comunionale di Chiesa.

Il primato del Papa è al servizio della comunione della Chiesa e la comunione della Chiesa ha bisogno del primato del Papa. Dunque, primato e comunione costituiscono un’unità inscindibile. Come unità inscindibile, nel carisma orionino, c’è tra l’amore al Papa-Chiesa e l’amore al popolo-poveri, tra il IV voto di speciale fedeltà al Papa e il IV voto di carità.
Ciò è chiaramente espresso nella nota formula carismatica già presente nel “Piano e programma” dell’11 febbraio 1903 e oggi riportata all’art.5 delle Costituzioni:

“Fine speciale della Congregazione è diffondere la conoscenza e l'amore di Gesù Cristo, della Chiesa e del Papa, specialmente nel popolo; trarre ed unire con un vincolo dolcissimo e strettissimo di tutta la mente e del cuore i figli del popolo e le classi lavoratrici alla Sede Apostolica, nella quale, secondo le parole del Crisologo, il beato Pietro vive, presiede e dona la verità della fede a chi la domanda.
E ciò mediante l'apostolato della carità fra i piccoli e i poveri, con quelle istituzioni ed opere di misericordia spirituale e corporale più atte alla educazione e formazione cristiana della gioventù più bisognosa e del popolo”. (…) Ad omnia in Christo instauranda, ut fiat unum ovile et unus pastor”.[13]

Oggi, l’impegno per l’unità della Chiesa ha un nome: sinodalità.
Siamo in tempi diversi da quelli di Don Orione e ci sono sensibilità culturali ed ecclesiali diverse. Però, Don Orione e la Chiesa nel suo tempo, ebbero un forte senso del popolo cristiano, dell’ascolto, del dialogo, della condivisione. Non si parlava allora di sinodalità, ma era forte la visione evangelica di Chiesa come Corpo mistico di Cristo[14] che implicava comunione, corresponsabilità e partecipazione di tutti.[15] La Piccola Opera, in epoca di sinodalità, ha molto da imparare dall’atteggiamento di rispetto ed empatia popolare di Don Orione, dalle sue esperienze di collaborazione con i laici, dalla sua intercettazione e sostegno dei costumi, tradizioni ed espressioni della spiritualità popolare.

 

Sentire Ecclesiam

 

È proprio di Don Orione - ed è un’evidenza biografica-carismatica - non solo il sentire cum Ecclesia, ma il sentire Ecclesiam. Don Orione la sentiva, la viveva la Chiesa, la soffriva come organismo vivente (il Corpo di Cristo; la santa Madre Chiesa; la dolce e pallida Sposa di Cristo…), “carne della mia carne”.[16] Per questo aveva “un amore dolcissimo e senza limiti devoto al caro Santo Padre” e, insieme, un sacro rispetto e zelo, “alla san Paolo”, per il popolo cristiano e per il suo progresso civile e morale.

“Quanto si sente e si tocca, direi la verità delle espressioni di Paolo, che cioè, come il mistico Corpo di Cristo, la Chiesa, è uno, e tutte le membra di questo Corpo, pur essendo molte, sono un sol Corpo: - così pel suo dolce Cristo visibile in terra, pel Papa, la Chiesa si sente, ed è, una, santa cattolica e apostolica: la stessa per ogni dove, per ogni plaga, inscindibilmente e unita, pel Papa, al suo capo, Cristo. Mirabile unità, vitale e organica, della santa chiesa! Noi, pel battesimo, e pel Papa, non formiamo più che un corpo solo, vivificato dall’unico e medesimo Spirito Santo: un solo ovile, sotto la guida di un solo pastore, il Papa!”. [17]

Il sentire Ecclesiam è la fonte della “sinodalità” che Papa Francesco afferma essere “la natura della Chiesa, la sua forma, il suo stile, la sua missione”. Chi incontra gli Orionini e le Opere orionine deve percepire il loro sentire Ecclesiam prima ancora di capire e sapere della Chiesa. La sintonia con la Chiesa è se opera, se si manifesta negli atteggiamenti, nei pensieri, nel parlare, nell’agire sinodale. Chi incontra gli Orionini, personalmente o nelle opere – cristiano o no – deve percepire l’istinto e culto del fratello e l’istinto e pratica della comunione-collaborazione. Sono le due esperienze a tutti comprensibili che, in sé stesse, evangelizzano il Padre e la Chiesa.

Ricordiamo che la sinodalità della Chiesa non è solo funzionale alla sua missione (fare meglio, fare insieme), ma – ancor più, secondo le parole di Papa Francesco – è condizione di più pieno ascolto dello Spirito e intelligenza del futuro.

“Ascoltarsi; parlarsi e ascoltarsi. Non si tratta di raccogliere opinioni, no. Si tratta di ascoltare lo Spirito Santo: «Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese» (Ap 2,7). Avere orecchi, ascoltare, è il primo impegno. Si tratta di sentire la voce di Dio, cogliere la sua presenza, intercettare il suo passaggio e soffio di vita.
Non abbiate paura di entrare in dialogo e lasciatevi sconvolgere dal dialogo: è il dialogo della salvezza. Preparatevi alle sorprese. C’è un episodio nel libro dei Numeri (cap. 22) che racconta dell’asina di Balaam che diventerà profetessa di Dio. Questa storia ci insegna ad avere fiducia che lo Spirito farà sentire sempre la sua voce. Anche un’asina può diventare la voce di Dio, aprirci gli occhi e convertire le nostre direzioni sbagliate. Se lo può fare un’asina, quanto più un battezzato, una battezzata, un prete, un Vescovo, un Papa”.[18]


La sinodalità si realizza in movimento

Nel concetto e nella pratica della sinodalità è intrinseco, oltre al significato di comunione, anche il significato di cammino. “La parola sinodo contiene tutto quello che ci serve per capire: camminare insieme. La Chiesa va avanti, cammina insieme, è sinodale. È lo Spirito il grande protagonista della Chiesa”.[19] E proprio per questa condizione d’essere, “dobbiamo attuare un’ermeneutica pellegrina, cioè in cammino – Quando la Chiesa si ferma, non è più Chiesa, ma una bella associazione pia che ingabbia lo Spirito Santo. Gustav Mahler sosteneva che la fedeltà alla tradizione non consiste nell’adorare le ceneri ma nel custodire il fuoco”.
È originale questa espressione “ermeneutica pellegrina” ma è immediatamente comprensibile. Non mi pare abbia una storia precedente a Papa Francesco. Se la Chiesa è pellegrina, in sinodo, ha bisogno di una ermeneutica pellegrina di discernimento del cammino. Chi cammina discerne e chi discerne cammina. L’affossamento della sinodalità è una Chiesa seduta, senza movimento, conservatrice. Il movimento unisce.

“Ho saputo che, ancora vivente il Fondatore, in certi luoghi vi chiamavano “i preti che corrono”, perché vi vedevano sempre in movimento, in mezzo alla gente, con il passo rapido di chi ha premura. “Amor est in via”, ricordava san Bernardo, l’amore è sempre sulla strada, l’amore è sempre in cammino. Con Don Orione, anch’io vi esorto a non rimanere chiusi nei vostri ambienti, ma ad andare fuori”.[21]

            Chi più contribuisce alla sinodalità della Chiesa - al di là delle parole, comprese queste mie - è chi fa più “movimento” spirituale e pastorale, movimento di accoglienza e di incontro, di servizio e di preghiera.

            Tutti abbiamo presente l’impeto di vocabolario e di vita di Don Orione circa il movimento: "dobbiamo camminare alla testa dei tempi", “ci chiamano i preti che corrono, e tali dobbiamo essere”, “non dobbiamo farci rimorchiare”, “Avanti, avanti, non dobbiamo morire né in chiesa né in sacrestia”, “non voglio né buddisti né mussulmani”, “dobbiamo essere i garibaldini della carità”, “adesso hanno messo il passo romano (nel tempo del fascismo)… e noi? Noi dobbiamo andare con passo apostolico”, “dobbiamo essere gli avanguardisti della Chiesa”.


            Sicurezza di battere le vie della Provvidenza[22]

            Un’ultima considerazione sull’esperienza di Don Orione può esserci utile per vivere la “sinodalità cum Petro et sub Petro”.

            Risulta ovvio che la fedeltà-unità al Papa e ai Pastori della Chiesa di Don Orione, la sua ortodossia e ortoprassia non furono soffocamento o imbrigliamento nel camminare avanti, "alla testa dei tempi", ma furono garanzia e "sicurezza di battere le vie della Provvidenza", come diceva. Questa sicurezza gli diede coraggio pionieristico, d'avanguardia. Possiamo ricordare a riguardo le sue molte relazioni con il mondo modernista (con Ernesto Buonaiuti, con Romolo Murri, Genocchi, Padre Semeria, Brizio Casciola, il Fogazzaro...) e con personalità della cultura e della vita pubblica che battevano vie di pensiero e di azione indipendenti o anche ben diverse da quelle della Chiesa e dei suoi Pastori. Si inoltrò nelle questioni del mondo operaio, nelle nuove problematiche del femminismo, in nuovi modelli educativi e scolastici, persino in nuove soluzioni di governo economico.

            Avanti, dunque, nella Chiesa sinodale – o nella Chiesa che è sinodo, cammino insieme - perché "solo la Chiesa è sicura di battere le vie della Provvidenza e, solamente seguendo Lei, possiamo essere tranquilli che, sebbene queste vie possano sembrarci oscure, sono sempre rette… È giunta l’ora di prendere posizione netta - al nostro posto! - attivi, umili e fedeli ai piedi della Chiesa e del Papa”. [23] Sarà così che, in un contesto come l’attuale di pensiero debole e di obiettivi incerti, troveremo “un coraggio superiore di gran lunga alle forze che sentiamo” per affrontare nuove sfide e per “gettarci nel fuoco dei tempi nuovi”.

 

 


[1] Cf Lettere circolari Quale amore al Papa?, “Atti e Comunicazioni della Curia generale” n. 216, 2005, 3-15; Orionini in cammino nella Chiesa di Papa Francesco, idem, 2013, n.242, p. 221-238.

[3] Lettera Apostolica Traditionis Custodes, 16 luglio 2021.

[4] Commissione Teologica Internazionale, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, n. 6; documento approvato da Papa Francesco, in data 2 marzo 2018.

[5] Discorso di Papa Francesco all’incontro di sacerdoti e laici della Diocesi di Roma, 18 settembre 2022. Ci sono altri significati che si innestano nella sinodalità pur senza esserne sinonimi: comunione (che «esprime la sostanza profonda del mistero e della missione della Chiesa» [CTI, n. 6]), collegialità (riferito a una caratteristica dell’episcopato), conciliarità (nel dialogo ecumenico è la forma possibile di cammino insieme con le chiese ancora divise), partecipazione e, si può aggiungere a quest’ultima, anche corresponsabilità.

[6] Cfr il già citato La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, n.64. Così si espresse già nel 198 il documento di Lima del Consiglio Ecumenico delle Chiese dal titolo Battesimo, Eucaristia, Ministero, n. 26.

[7] L’importante documento della Commissione Teologica Internazionale, Il sensus fidei nella vita della Chiesa (2014) descrive “il sensus fidelium come un dono dello Spirito Santo «concesso al tempo stesso sia alla gerarchia sia al corpo tutto intero dei fedeli» (n.43). “Il consensus fidelium è un criterio sicuro per determinare se una particolare dottrina o una prassi particolare appartengono alla fede apostolica. Il sensus fidei fidelium fa riferimento all’istinto di fede della Chiesa stessa” (n.3). Ha una storia antica il concetto e la pratica di sensus fidelium, già riconosciuto durante i periodi patristico e medievale.

[8] Sono due atteggiamenti spirituali, cioè in relazione allo Spirito Santo, e non solo psicologici, umani. Altre indicazioni sull’autentico sensus fidelium sono contenute nella parte III del sopra citato documento: Il sensus fidei fidelium nella vita della Chiesa.

[11] Il 18 luglio 1870, venne promulgata la Costituzione Pastor Aeternus approvata dal Concilio Vaticano I che definì due dogmi della Chiesa cattolica.

Il primato di giurisdizione del Vescovo di Roma. “Proclamiamo dunque ed affermiamo, sulla scorta delle testimonianze del Vangelo, che il primato di giurisdizione sull’intera Chiesa di Dio è stato promesso e conferito al beato Apostolo Pietro da Cristo Signore in modo immediato e diretto (…) Chiunque succede a Pietro in questa Cattedra, in forza dell’istituzione dello stesso Cristo, ottiene il Primato di Pietro su tutta la Chiesa… Tutti, pastori e fedeli, di qualsivoglia rito e dignità, sono vincolati, nei suoi confronti, dall’obbligo della subordinazione gerarchica e della vera obbedienza, non solo nelle cose che appartengono alla fede e ai costumi, ma anche in quelle relative alla disciplina e al governo della Chiesa, in tutto il mondo”.

L’infallibilità papale. “Proclamiamo e definiamo dogma rivelato da Dio che il Romano Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando esercita il suo supremo ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i cristiani, e in forza del suo supremo potere Apostolico definisce una dottrina circa la fede e i costumi, vincola tutta la Chiesa, per la divina assistenza a lui promessa nella persona del beato Pietro, gode di quell’infallibilità con cui il divino Redentore volle fosse corredata la sua Chiesa nel definire la dottrina intorno alla fede e ai costumi: pertanto tali definizioni del Romano Pontefice sono immutabili per se stesse, e non per il consenso della Chiesa”.

Doveva seguire un altro documento per completare il quadro ecclesiale con le prerogative dell’episcopato e della “comunità dei fedeli”. Il Concilio Vaticano I fu però sospeso in seguito alla guerra franco-prussiana, iniziata il 19 luglio 1870, e alla “presa di Roma” del 20 settembre 1870 e così rimase un “Concilio monco”; il completamento avvenne nel Vaticano II.  

[12] Don Orione riconosceva nel Papa non solo con il contenuto dogmatico definito nel Concilio Ecumenico Vaticano I, ma nel senso ampio: “l’eletto, per opera dello Spirito Santo, a guidare il tuo popolo nelle vie della salvezza, il sommo rappresentante della tua autorità, l’interprete infallibile della tua parola, nostro pastore e maestro”; comprende il ruolo e anche la persona del Papa, comprende l’adesione all’insegnamento e alle decisioni ma anche ai desideri; è sostegno di mente, cuore e opere. Si veda a tal riguardo la preghiera per la fedeltà al Papa voluta da Don Orione; Comunità Orionina in preghiera, p.37-39.

[13] Il medesimo carisma è presente anche nelle Costituzioni delle Piccole Suore Missionarie della Carità (1989) art.3, nella Regola di vita dell’Istituto Secolare Orionino (1997) art.1, e nello Statuto del Movimento Laicale Orionino (2012), art. 3.

[14] “La dottrina sul Corpo mistico di Cristo che è la Chiesa (cfr. Col. 1, 24), dottrina attinta originariamente al labbro stesso del Redentore, pone nella vera luce il gran bene (mai abbastanza esaltato) della nostra strettissima unione con sì eccelso Capo”: è l’incipit dell’Enciclica Mystici Corporis di Pio XII (1943).

[15] Nella Chiesa italiana possiamo ricordare tutto il movimento e l’organizzazione sociale dell’Opera dei Congressi che vide collaborare Vescovi, clero e laicato spinti dall’impulso della Rerum Novarum di Leone XIII. È in questo tempo che nasce il concetto e l’impegno del “laicato cattolico” come parte attiva e impegno proprio nel campo sociale.

[16] Lettera del 29 giugno del 1937; Scritti 52, 70.

[17] Lettera del 29 giugno del 1937; Scritti 52, 70.

[18] Discorso del 18 settembre 2022, cit.

[19] Ibidem.

[20] Ibidem.

[21] “L’Osservatore Romano”, 27–28 maggio 2016, 8. Papa Francesco proseguiva: “C’è tanto bisogno di sacerdoti e religiosi che non si fermino solo nelle istituzioni di carità – pur necessarie – ma che sappiano andare oltre i confini di esse, per portare in ogni ambiente, anche il più lontano, il profumo della carità di Cristo. Non perdete mai di vista né la Chiesa né la vostra comunità religiosa, anzi, il cuore deve essere là nel vostro «cenacolo», ma poi bisogna uscire per portare la misericordia di Dio a tutti, indistintamente”.

[22] Una strada “battuta” è una strada frequentata, percorsa abitualmente.

[23] L’espressione è contenuta in uno scritto di Don Orione con il titolo Al nostro posto, pubblicato sulla rivista “La Madonna”, Anno II, n.3, 31 marzo 1905. Del testo si conservano alcune minute autografe: Scritti 57, 155-156; 91, 102; 61, 215-216.

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