Una scelta importante per la diocesi di Roma e per la congregazione di San Luigi Orione.
Ecco perché.
SANTA MARIA SALUS POPULI ROMANI
Memoria liturgica e storia
Don Flavio Peloso
Una delle novità introdotte dal nuovo Calendario proprio della diocesi di Roma[1] è l’istituzione della memoria liturgica di Santa Maria Salus Populi Romani da celebrarsi il 4 giugno di ogni anno. È memoria della devozione antica di Roma legata all’icona custodita nella basilica di Santa Maria Maggiore da dieci secoli, ma la scelta è legata al voto e alla salvezza del popolo romano durante la seconda guerra mondiale.
È da 80 anni che nel Centro Don Orione di Roma – Monte Mario si celebra questa ricorrenza significativa della storia recente di Roma, fissata anche nella memoria visiva da quando, il 5 aprile 1953, fu eretta la grande statua di Maria Salus Populi Romani popolarmente conosciuta come la “Madonnina”.
Memoria liturgica di Santa Maria «Salus Populi Romani»
Il cardinale Vicario di Roma Angelo De Donatis ha motivato la scelta della memoria mariana nella sua Lettera di presentazione del Calendario proprio del 5 luglio 2023. Egli collega la devozione a Maria «Salus Populi Romani» alle note vicende del voto e della liberazione di Roma nel 1944.
“Come memoria mariana per la Diocesi è stata scelta la memoria di Santa Maria «Salus Populi Romani», da celebrare il 4 giugno. Per comprendere meglio questa scelta desidero richiamare brevemente la storia. Il 24 aprile 1944, mentre l’Urbe viveva l’incubo dalla devastazione nazista, Papa Pio XII rivolse al popolo romano una paterna esortazione perché si affidasse a colei che era onorata col titolo di Salus populi Romani. In risposta a questo invito del Pontefice alcuni sacerdoti e fedeli laici proposero di chiedere ai romani di pronunciare un voto cittadino. Il voto venne pronunciato nella chiesa di Sant’Ignazio il 4 giugno 1944. Nel pomeriggio del 5 giugno, rivolgendo la parola alla grande folla che si era radunata spontaneamente in piazza San Pietro il papa disse: «Con indicibile riconoscenza noi veneriamo la Ss.ma Madre di Dio e Madre nostra, Maria, che al titolo e alle glorie di Salus populi Romani ha aggiunto una nuova prova della sua benignità materna, che rimarrà in perenne memoria negli annali dell’Urbe».[2] La domenica successiva, 11 giugno 1944, il voto fu ripetuto in tutte le parrocchie di Roma”.
Maria Salus populi Romani
Nella basilica di Santa Maria Maggiore (sec. IV), il più antico santuario mariano di Roma e di tutto l’occidente, ogni anno, nell’ultima domenica di gennaio, viene celebrata la festa della Traslazione dell’icona Salus populi Romani, in rendimento di grazie per questa sacra immagine cui sono legate numerose vicende miracolose.
Si tratta di un’icona molto antica, attribuita a san Luca, e di fatto datata tra il IX secolo e il XII. Rappresenta Maria con il figlio in braccio, che con una mano benedice e con l’altra tiene il libro. Si tratta di una Madonna Odigitria, cioè Colei che indica la via che è il Figlio. Nella mano sinistra Maria tiene un fazzoletto, pronta ad asciugare le lacrime di chi piangente si rivolge a lei per chiedere aiuto.
La devozione a Maria Salus populi Romani è rimasta sempre molto viva nei secoli. I romani vedono in quest’icona la loro Madonna, la Madonna di Roma, l’icona mariana più amata e onorata, considerata come uno scudo della città. Ad essa si rivolsero per presentarle tutte le loro necessità, specialmente durante pestilenze, calamità naturali o guerre, quando veniva portata in processione per le vie della città.
Davanti alla Salus populi Romani hanno trovato eco gli avvenimenti più importanti della vita religiosa e civile di Roma.[3] Non sorprende quindi che Papa Pio XII, “romano di Roma”, avesse una particolare devozione versa la Salus populi Romani e ad essa orientasse il voto con cui i romani implorarono la salvezza della città nel 1944, quando in essa stava per consumarsi lo scontro frontale tra gli eserciti tedesco e degli alleati.
Come si arrivò al voto della città di Roma
Nella Lettera del cardinale Vicario è accennata la storia del voto alla Madonna della città di Roma. Vi si dice che “alcuni sacerdoti e fedeli laici proposero di chiedere ai romani di pronunciare un voto cittadino”. Ebbene, questo articolo si propone di ricostruire con documenti d’archivio i fatti che portarono al voto sottoscritto da oltre un milione di romani nel 1944.
La proposta partì, il 12 marzo 1944, da “alcuni sacerdoti e fedeli laici” dell’associazione Amici di Don Orione di Roma, radunati nella chiesa di Santa Caterina a Magnanapoli. Erano esponenti qualificati del laicato cattolico,[4] animati da Don Gaetano Piccinini, preside dell’Istituto San Filippo Neri in via Appia Nuova. Fu il prof. Riccardo Moretti[5] a lanciare l’idea del voto: “Sono tanti e tali i guai in cui ci dibattiamo - disse -, che non v’è che un rimedio: ricorrere alla Madonna, come fece Don Orione nel 1917, quando fece fare un voto al popolo a Tortona”.[6] È da ricordare che Roma, dopo lo sbarco dell’esercito alleato ad Anzio, il 22 gennaio 1944, stava subendo la fase più violenta dell’occupazione tedesca, con arresti, torture, deportazioni, culminata nella strage delle Fosse Ardeatine, il 24 marzo, quando furono fucilate 335 persone.
Essendo l’iniziativa del voto tanto impegnativa per tutta la popolazione, Riccardo Moretti, Ferruccio Lantini e don Gaetano Piccinini ebbero l’incarico di andare a presentare e a chiedere consiglio sul progetto di voto al Sostituto alla Segreteria di Stato, mons. Giovanbattista Montini, poi Papa Paolo VI, amico di Don Orione.[7] Questi, dopo avere incontrato i tre referenti, decise di partecipare all’incontro degli Amici di Don Orione del 4 aprile seguente. Così fu. Egli tenne un bel discorso su “Don Orione e il coraggio del bene”.[8] Dopo la Messa, Mons. Montini assicurò che – leggiamo nel Verbale dell’incontro - “riserbatamente avrebbe passato a chi di dovere il nostro pio desiderio e consigliò di muoverci con la Chiesa gerarchica prendendo contatto col Rev.mo padre Gilla Gremigni nella sua duplice funzione di Camerlengo dei Parroci e Direttore Generale di Azione Cattolica. Pochi giorni fa ci ha fatto sapere che si continui pure sulla via intrapresa, ché poi il Santo Padre dirà quello che si dovrà fare”.[9]
L’intervento di Pio XII
L’intervento del Santo Padre non si fece attendere. Il 24 aprile, Pio XII rivolse una accorata e paterna esortazione ai fedeli invitando il popolo romano ad affidarsi ancora una volta a Maria. Questo il passaggio centrale.
“E poiché l'immane conflitto già si è avvicinato a questa alma città, le cui tristissime condizioni si ripercuotono profondamente nel trepido animo nostro, noi aprendo le braccia paterne a questa prediletta porzione del gregge di Cristo, non possiamo a meno di esortarla in modo particolare affinché come nel passato ogni volta che il popolo romano fu percosso e atterrito da pubbliche calamità, si rifugiò supplicando all'ara di Colei che ha il titolo di «Salus Popoli Romani» e sperimentandone molte volte il valido patrocinio, così anche nel presente si volga fiducioso alla Santissima Madre di Dio, e promettendo con fermezza di animo il rinnovamento dei costumi cristiani, non solo implori nelle preghiere e nella penitenza pace, concordia e prosperità, ma la supplichi altresì di voler tener lontano dal centro del mondo cattolico, che rifulge di tante gloriose memorie, questa minacciosa tempesta, impedire che nuovi lutti si aggiungano ai suoi cittadini e che non siano arrecati danni ai venerandi monumenti della religione dell'arte, che in certo modo appartengono a tutto il mondo civile”.[10]
Pio XII, nella sua Lettera, invitò a rivolgersi a Maria «Salus Populi Romani», come in passato, con espressioni che costituiscono la base giustificativa di un voto popolare (“il popolo romano… si volga fiducioso alla Santissima Madre di Dio, e promettendo con fermezza di animo”).
Il voto a Maria Salus Populi Romani
Gli Amici di Don Orione accolsero e ripresero le indicazioni la Lettera del Papa del 24 aprile e redassero una loro lettera in risposta all’appello del Santo Padre nella quale davano forma al “voto” della cittadinanza romana. È datata “Roma 26 – IV – 1944. Festa della Madonna del Buon Consiglio e del Patrocinio di S. Giuseppe”.[11]
Qualche giorno dopo, il 4 maggio, scrissero anche a padre Gilla Gremigni, Camerlengo dei parroci di Roma, allegando il testo per la richiesta del voto che corrisponde quello della lettera già inviata al Santo Padre.[12] Riportiamo il testo.
“Lettera del mese Mariano 1944 diretta al S. Padre.
Beatissimo Padre.
Con la venerata lettera del 24 aprile al Vostro segretario di Stato, con la quale avete rivolto caldo e paterno invito ai romani, perché durante il mese di maggio offrono speciali preghiere alla Santa Vergine per l'incolumità dell'Urbe e la pace del mondo, Vi siete ancora una volta dimostrato «Defensor Civitatis».
In fervida e grata corrispondenza all’appello del Padre comune, la cittadinanza romana, quando nulla può attendersi dagli uomini, ma tutto da Dio, è mossa da vivo e spontaneo desiderio di implorare, secondo l’antica tradizione, la materna pietà e il potente aiuto della Madonna e quindi intende fare solenne e particolare voto di ricondurre la propria vita a cristiana austerità di costumi e di fondare, in conformità di quelle che saranno, beatissimo Padre, le vostre sante direttive, una concreta opera di bene e di fraterna carità, che resti come perenne e vivente testimonianza della fede, dell’amore e della riconoscenza di tutto il popolo verso la gran Madre di Dio, «Salus Populi Romani».[13]
Su questo nostro proposito invochiamo, prostrati alla Vostra Cattedra di Verità, la vostra Paterna benedizione”.
Approvato il testo di richiesta del voto da diffondere tra i cittadini romani, iniziò l’opera di stampa e divulgazione dei volantini. Per l’efficace e rapida diffusione dei fogli da firmare servì una vecchia pedalina, una stampante a pedale presente all’Istituto San Filippo di Via Appia, mentre fu decisiva l’azione capillare dei circa suoi 2000 alunni. Quei fogli, debitamente firmati, costituirono l’adesione al voto e furono fatti pervenire alla Segreteria di Stato dalle singole persone o tramite gli Amici di Don Orione. Ne pervennero un milione e centomila.[14]
Nel frattempo, gli eventi bellici che interessavano la città di Roma stavano precipitando, come cronache e studi storici documentano. Proprio al mattino del 4 giugno 1944, le truppe alleate avevano occupato il santuario della Madonna del Divino Amore e premevano per entrare in città, dove l’esercito tedesco era deciso e preparato ad una resistenza ad oltranza.
In questo contesto, alle 17 del 4 giugno, nel momento di maggior timore per le sorti della città, il Decano dei Parroci padre Gilla Gremigni leggeva nella chiesa di Sant’ Ignazio – dove era stata portata per sicurezza l’immagine della Madonna del Divino Amore dal 20 maggio precedente[15] - la formula della promessa per la salvezza di Roma.
“Oggi, festa della Santissima Trinità, i cattolici romani, rispondendo con cuore filiale all’invito ad essi rivolto dal loro Vescovo e padre, Sua Santità il Papa Pio XII, di offrire alla Santa Vergine, Madre di Dio e Madre degli uomini, particolari preghiere per l’incolumità di Roma, e per la pace del mondo, piamente e fervidamente terminato il mese sacro a Maria, nelle penosissime contingenze che stringono di ferro e fuoco la città Eterna, mossi dal vivo spontaneo desiderio d’implorare secondo le ricche sante tradizioni dei loro maggiori, la materna pietà e il potentissimo aiuto della gran Madre di Dio, fanno solenne promessa dinanzi alla venerata effige della Madonna del Divino Amore, così cara ai fedeli romani,
“1) di ricondurre la propria vita a cristiana austerità di costumi,
2) di contribuire alla fondazione di un’opera di religione e di carità, in modo che rimanga nei secoli memoria della pietà riconoscente del popolo romano verso la Madonna Santissima”. [16]
4 giugno 1944
Quel 4 giugno fu teso e movimentato da continui spostamenti e concentrazione di truppe tedesche in vari punti della città. Il cannoneggiare delle artiglierie fu continuo. Si pensava ad un aspro scontro con le truppe alleate. Invece, alle 19 circa, le prime truppe alleate cominciarono a entrare in città, da sud est, senza trovare la minima resistenza da parte dei tedeschi, i quali nel contempo incominciarono a ritirarsi prendendo la via del nord. Roma tenne il respiro. Lo scambio degli eserciti in città si protrasse nella notte senza alcuno scontro né violenza. Il fatto aveva dell’incredibile. Si pensò al voto e all’intervento della Madonna a salvezza di Roma. [17]
Il 5 giugno 1944, verso le 17, una gran folla si riversò in piazza San Pietro spinta da un moto di fede e di riconoscenza. Il Papa si affacciò e tenne un discorso, facendo riferimento alla grazia ricevuta da Maria Salus Populi Romani.
“Roma, ieri ancora trepidante per la vita dei suoi figli e delle sue figlie, per la sorte di incomparabili tesori di religione e di cultura, con dinnanzi agli occhi lo spettro terrificante della guerra e di inimmaginabili distruzioni, guarda oggi con nuova speranza e con rafforzata fiducia alla salvezza”.
E dopo aver elevato espressioni di fede e di adorazione a Dio, proseguì:
“Con indicibile riconoscenza noi veneriamo la Ss.ma Madre di Dio e Madre nostra, Maria, che al titolo e alle glorie di «Salus Popoli Romani» ha aggiunto una nuova prova della sua benignità materna che rimarrà in perenne memoria negli anni dell’Urbe”. [18]
Con queste parole il Papa riconobbe come grazia di Maria «Salus Populi Romani» la liberazione pacifica di Roma avvenuta pacificamente e con la completa incolumità di persone e cose.[19]
La domenica successiva, 11 giugno 1944, Pio XII si recò a Sant’Ignazio, ove era ancora esposta l’immagine della Madonna del Divino Amore, per manifestare la pubblica riconoscenza per l’ottenuta salvezza di Roma e per impetrare la pace per l’Italia e il mondo.
Il 14 giugno, festa del S. Cuore, il Card. Vicario, Marchetti Selvaggiani dispose che anche in tutte le parrocchie della città si tenesse una funzione speciale di ringraziamento, durante la quale si sarebbe rinnovato il «Voto» del 4 giugno.
Fu veramente una bella pagina di fede della Chiesa di Roma culminata con il voto e con la liberazione della città.
Il voto fu a Maria «Salus Populi Romani» o alla «Madonna del Divino Amore»?
Il fatto che il voto sia stato letto “davanti” alla popolare immagine della Madonna del Divino Amore fece pensare a molti che esso fosse un voto “alla” Madonna del Divino Amore.[20] Però nel testo firmato dal milione di Romani il voto è diretto a Maria «Salus Populi Romani» e, nel suo Discorso del 5 giugno, Pio XII riconobbe l’incolumità di Roma come “una nuova prova” della benignità materna di Maria «Salus Populi Romani».[21]
Il voto fu fatto a Maria «Salus Populi Romani» davanti alla Madonna del Divino Amore.
Ciò precisato, va detto che i “titoli” mariani indicano diverse e convergenti espressioni dell’unica devozione verso Colei che Gesù ci ha dato per Madre.
Erano tre le promesse oggetto del voto: “ricondurre la propria vita a cristiana austerità di costumi” e “la fondazione di un’opera di religione e di carità”.
La conversione del cuore e dei costumi è la più impegnativa e coinvolgente tutto il popolo romano ed è anche la più difficile ad essere verificata nell’adempimento. Ma certo allora ci fu un impegno e un fervore di ripresa e di rinnovamento cristiano. È un adempimento che va continuamente attualizzato: non è un’opera, è un atteggiamento.
La realizzazione di un’opera di religione e di carità ebbe due epicentri: a Castel di Leva con il Santuario del Divino Amore e a Roma Monte Mario con il Centro Don Orione.
Castel di Leva
Finità la guerra, il servo di Dio Don Umberto Terenzi aveva a cuore la rinascita del Santuario della Madonna del Divino Amore, iscritto nella tradizione della pietà popolare romana. Le offerte seguite al voto del 1944 gli fecero sperare di poter presto realizzare un nuovo e più spazioso Santuario e di sviluppare le opere di carità che in parte già esistevano. Insuperati problemi economici e burocratici gli impedirono di realizzare il Santuario.
La nuova “casa della Madonna” sorse invece, rapidamente, nell’ultimo decennio del secolo scorso e fu inaugurata il 4 luglio 1999 da san Giovanni Paolo II. Nella sua omelia il santo Papa disse: “Con la dedicazione di questo Santuario viene oggi sciolto parzialmente un voto che i romani fecero alla Madonna del Divino Amore. Oggi il Santuario è una realtà e sta per essere completata anche l’opera di carità: una casa per anziani”.
Roma – Monte Mario
L’opera di carità fu la prima ad essere realizzata da parte dei promotori del voto, cioè dalla Congregazione di Don Orione.
Già la sera del 16 luglio 1944, a poco più di un mese di distanza dal voto e dalla liberazione, giunse alla direzione dell’Opera Don Orione una telefonata dal Vicariato con la richiesta alla Congregazione di assumere gli edifici della “Gioventù Italiana del Littorio”, in Via della Camilluccia a Monte Mario.
Nell’edificio A si erano installati gli inglesi con una infermeria e la stazione radio, ma gli ambienti erano in gran parte occupati da una settantina di ragazzi trascurati e sbandati. Nell’edificio B, non ancora finito, senza pavimenti e infissi, gli americani avevano collocato il loro archivio logistico con mappe, carte topografiche e altro. Fu deciso dal generale Clark, governatore di Roma, il passaggio della proprietà alla Congregazione orionina per realizzarvi un’opera di assistenza agli orfani. L’ordine fu poi firmato dal presidente del Consiglio Ivanoe Bonomi.[22]
L’8 settembre 1944, gli orionini iniziarono la loro opera educativa e scolastica. Nel Centro Don Orione di Monte Mario trovarono subito cura centinaia di orfani e poi mutilatini. Divennero migliaia e migliaia nel corso dei decenni i ragazzi che vi trovarono famiglia e preparazione ad un futuro dignitoso. Ancora oggi quell’attività benefica continua con nuove forme.
E l’opera di culto? Sulla cima di Monte Mario prospiciente la città, in magnifica vista, ove sorgeva l’Istituto per orfani e mutilatini, si pensò di costruirvi un santuario alla Madonna Salus Populi Romani.[23] Siccome nel dopoguerra c’erano grandi ristrettezze economiche, si volle collocarvi almeno una statua della Madonna visibile a tutta la città.
Il famoso scultore Arrigo Minerbi, ebreo nascosto e salvato nell’istituto orionino San Filippo, disse: "Datemi del rame e vi farò io grande statua". Si rinnovò l’epopea dei “galoppini della Madonna” che, nel 1944 raccolsero le firme per il voto ed ora il rame per l’adempimento del voto. Percorsero in lungo e in largo le vie e le piazze della città per trovare pentole rotte, casseruole, e qualunque oggetto di rame in disuso per realizzare la statua alla Madonna. Fu raccolto tanto rame per una grande statua. Lo scultore Minerbi si mise all’opera. Al momento di dare forma al volto della Vergine - come egli confidò - decise di ispirarsi al volto della sacra Sindone pensando al detto popolare “i primogeniti matrizzano” (assomigliano alle madri). Ne venne la grande e bella statua, ricoperta con la tecnica dei fogli d'oro, alta 9 metri, su un piedistallo di 18 metri, con una mano che indica il cielo e l'altra protesa in avanti, accogliente.
Al mattino di Pasqua del 5 aprile del 1953, la Madonnina “Salus Populi Romani” apparve sulla collina di Monte Mario, bellissima, luminosa, richiamo di destini eterni e di provvidenza terrena per la città e la sua gente.[24]
Con l’istituzione della memoria liturgica diocesana di Maria Salus Populi Romani, questa statua e questo luogo, vengono ad assumere un’ulteriore nuova importanza e significato per la città e per la diocesi di Roma, unitamente alla basilica di Santa Maria Maggiore, sede dell’icona di Maria Salus Populi Romani, e al santuario del Divino Amore, davanti alla cui immagine là venerata fu fatto il voto.
[1] Il Calendario proprio per la Diocesi di Roma è stato approvato con Decreto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti del 25 aprile 2023 (Prot. 254/22).
[2] Parole di Sua Santità Pio XII al popolo romano in Discorsi e radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, 29-30.
[3] Cfr Stanisław Ryłko, La Madonna di Roma, “L'Osservatore Romano” del 26 gennaio 2018.
[4] Nei Verbali degli Incontri degli Amici di Don Orione, precisi e bene scritti, conservati nell’Archivio Don Orione di Roma, risultano presenti il prof. Riccardo Moretti, l’on. Ferruccio Lantini, padre Stefano Ignudi, sen. Alfonso Bartoli, padre Vincenzo Ceresi, Don Brizio Casciola, Leone Castelli, Carmine Caiola, Cesidio Lolli, Don Pirro Scavizzi, Giorgio La Pira, Romolo Ferlosio, Arturo Possenti, Domenico Leva, Giuseppe Ceccarelli, Giovanni Viola, Gabrielli, Matta, Emma Leoni, Anna Bearzi, march. Letizia del Gallo Roccagiovine, marchesa Maria Teresa Gorini Pacelli, Anna Maria Festa, Maria Cerveatri, contessa Vittoria Blumestihl, contessa Maria Teresa Nomis di Cossilla, Ginevra Tirelli, e altri.
[5] Riccardo Moretti, “La Piccola Opera della Divina Provvidenza”, 1961, n.12, p.115-118.
[6] Dai Verbali degli incontri degli Amici di Don Orione di Roma, 12 marzo 1944; Archivio Don Orione. Don Gaetano Piccinini è stato protagonista degli avvenimenti e ne ha lasciato dettagliata testimonianza nel libro Roma tenne il respiro, Roma, 1953, di 362 pagine.
[7] Flavio Peloso, Paolo VI “amico di Don Orione”, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2015.
[8] Il testo è riportato in Flavio Peloso, Paolo VI “amico di Don Orione”, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2015, 75-78. Notizie dell’incontro anche in Roma tenne il respiro 99-110.
[9] Dai Verbali degli incontri degli Amici di Don Orione di Roma, 4 aprile 1944. Cfr Resoconto di Don Gaetano Piccinini al superiore generale Don Carlo Sterpi, maggio 1944; Archivio Don Orione.
[10] La Lettera di Pio XII è indirizzata al cardinale Luigi Maglione, Segretario di Stato, in latino, quindi con il massimo di ufficialità; AAS 36 (1944) 145-147. Fu ripresa in “L’Osservatore Romano” del 24-25 aprile 1944: Il Sommo Pontefice indice speciali supplicazioni durante il mese di Maggio per la pace del mondo. Particolare invito ai Romani a pregare per l’incolumità dell’Urbe.
Questo il testo latino: “[…] Quoniam vero immane bellum ad almam hanc Urbem prope accessit, atque eius adflictissimae res condicionesque trepidum pulsant animum Nostrum, temperare Nobis non possumus quin dilectissimam hanc Dominici gregis partem paterno pectore amplexantes, eam peculiari modo compellemus, ut quaemadmodum per superioris aetatis decursum, quotiescumque Romana plebs publicis fuit perculsa ac perterrita calamitatibus, ad illius aram supplicando confugit, quae «Salus Popoli Romani» appelatur, aeiusque praesentissimum patrocinium saepenumero experta est, ita fidelis in praesens quoque sanctissimam Dei Matrem adeat, christianorum morum redintegrationem colenti firmoque animo polliceatur, ac non modo pacem, tranquillitatem prosperitatemque precando poenitendoque imploret, sed id etiam obsecrando obstentandoque ab ea contendat, ut nempe ab hac principe catholici nominis urbe, quae tot gloriis memoriisque refulget, ingruens prohibeatus maiorum procella, ut novi ne addantur suis civibus luctus, neve praeclaris hisce religionisque monumentis, quae ad quamlibet excultam gentem quodammodo pertinent, indignae inferantur ruinae. […]”.
[11] La Lettera è presente trascritta nei Verbali degli incontri degli Amici di Don Orione con la annotazione: “Lettera inviata a S.S. Papa Pio XII dalla cittadinanza romana (formulata nella casa degli orfani di Via Induno 1, nei giorni 24-25 aprile dai Sigg. prof. Moretti, S.E. Lantini, prof. La Pira, Ceccarelli, Leva, Possenti)”.
[12] La lettera è conservata trascritta nei Verbali degli incontri degli Amici di Don Orione, 4 maggio 1944.
[13] Roma tenne il respiro 117-118.
[14] Roma tenne il respiro 121-123. Nel Resoconto di Don Gaetano Piccinini, cit., leggiamo che nell’organizzare l’iniziativa, era stato stabilito che “La lettera preparata da inviarsi al Santo Padre venga firmata da un numero maggiore possibile di persone d’ogni età: nessuna pressione si faccia e si ricevano solo quelle firme che vengono apposte con tutta spontaneità dettate dalla fiducia in Dio e nella Vergine e dalla convinzione che il soprannaturale vince il naturale e l’umano”. E poi riferisce: “Queste lettere, ogni giorno, con molte firme, ascendono al S. Padre. C’è anzi il suo cameriere cav. Fagiani che gliele reca direttamente”.
[15] L'icona della Madonna fu portata a Roma il 24 gennaio 1944, dapprima nella chiesetta della Madonna del Divino Amore, in vicolo del Divino Amore, e poi, in maggio, dato l'enorme afflusso di fedeli, fu trasferita in San Lorenzo in Lucina e, infine, nella più ampia chiesa di Sant'Ignazio di Loyola a Campo Marzio.
[16] S. Ignazio in onore della Madonna del Divino Amore, “L’Osservatore Romano” del 4 giugno 1944. Il contenuto del voto riprende quello della lettera al Santo Padre del 26 aprile 1944 e presente nel testo dei volantini firmati dai romani in adesione al voto.
[17] Roma tenne il respiro 150 e 161-163. Unica notizia di intervento umano – che nulla toglie alla sorpresa dell’improvviso e inspiegabile mutamento dell’atteggiamento del Comando tedesco – riguarda l’incontro di Papa Pio XII con l’ambasciatore tedesco in Vaticano, a notte fonda, al quale fu chiesta la tregua di Dio per Roma.
[18] La incolumità di Roma attuata secondo i voti del Santo Padre. La riconoscenza del popolo di Roma al Defensor Civitatis, “L’Osservatore Romano” del 6 giugno 1944; Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, VI, Quinto anno di Pontificato, Tipografia Poliglotta Vaticana, 29-30.
[19] Pio XII manifestò anche nel Discorso al Sindaco e ai Rappresentanti della città di Roma, ricevuti il 12 luglio 1944, il medesimo convincimento che “per un particolare intervento della Provvidenza divina si è venuto allontanando da quest’alma città il pericolo di essere trasformata in un teatro di guerra, sterminatrice delle memorie più sacre e care all’intero mondo civile”; Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, VI, p. 79-80.
[20] Circolano addirittura versioni del testo del voto dove alla promessa di “concorrere alla fondazione di un’opera di religione e di carità” fu aggiunto “che dovrebbe testimoniare in Castel di Leva la ineffabile materna assistenza della Madonna del Divino Amore”. Questa versione del testo modificato si trova, per esempio, nel libro del 1953 di Pierluigi Pietra, La Madonna del Divino Amore. Il suo Santuario. La sua opera, p.83-84, come anche in un recente articolo di Don Domenico Parrotta, 75° anniversario della salvezza di Roma nel Bollettino del Santuario del Divino Amore (2019, febbraio) p.17, il quale come fonte cita la Positio super virtutibus di Don Umberto Terenzi (doc. IV, 13).
[21] A dire la grande devozione di Pio XII verso Maria Salus Populi Romani giova ricordare che, durante l'Anno Mariano del 1954, egli incoronò l'immagine di Maria Salus Populi Romani, fatta portare in San Pietro da Santa Maria Maggiore, alla cui protezione materna attribuì la salvezza di Roma dalla guerra. Con l’Enciclica “Ad Caeli Reginam”, dell’11 ottobre 1954, aveva istituito la festa liturgica della «beata Maria vergine regina», fissandola al 31 maggio.
[22] La definitiva assegnazione avvenne con il Decreto del Presidente della Repubblica Luigi Einaudi del 17 aprile 1948, con modifica del 5 aprile 1950.
[23] Un bel progetto dell’architetto Pier Luigi Nervi, a fine anni ’50, non fu realizzato a causa di controversie politiche e burocratiche; cfr Patrizia Martinez, Il trono della Madonna di Monte Mario, “Messaggi di Don Orione” 42 (2010), n. 131, 19–33.
[24] Papa Benedetto XVI, il 24 giugno 2010, fu pellegrino alla Madonnina di Monte Mario per benedirne la statua dopo il suo restauro. Nel suo discorso disse che la “statua è memoria di eventi drammatici e provvidenziali, scritti nella storia e nella coscienza della Città” e “segno di familiare presenza nella vita quotidiana”; “L’Osservatore Romano”, 25 giugno 2010, p.8.