Cenni storici dell'amore di Don Orione verso i Papi e del rapporto dei Papi con Don Orione e la sua Piccola Opera della Divina Provvidenza.
I PAPI DI DON ORIONE
PIO IX (1846-1878)
Pochi sanno che fu il beato Luigi Orione a promuovere con tenacia e fervore la causa di beatificazione di Pio IX il cui percorso, iniziato il 3 febbraio 1907, si è concluso con la beatificazione avvenuta a San Pietro, il 3 settembre 2000.
Ancora chierico, Don Orione preparò una pubblicazione, Il martire d’Italia, con la quale intendeva mostrare il valore del Sommo Pontefice e smascherare i tanti travisamenti ideologici e politici sulla sua persona e sul suo operato. “Pio IX – scriveva Don Orione - fu la più grande figura del secolo nostro, lo strenuo debellatore della rivoluzione travisata in tutte le forme, l’amico e il benefattore dei popoli, l’invitto atleta della verità e delle giustizia: le sue opere saranno immortali, ed il suo lungo pontificato, di ben 32 anni, formerà nella storia della Chiesa e della Patria una delle epoche più luminose”.
Respingendo le accuse che ancora circolavano secondo le quali Pio IX abbia tradito l’Italia, avendo chiamato i Francesi a difesa di Roma, il Beato ribatteva: “Se invocò le armi degli Stati cattolici, fu solo per purgare la eterna città dagli stranieri e dai settari, che si erano calati da ogni paese per profanarla; né Pio IX diede allo straniero, per averlo alleato, un palmo solo di terra italiana, né diede in mano ad alcuno le porte o le chiavi d’Italia per allargare il proprio Stato”.
Anche se molte e autorevoli richieste erano state fatte, a Papa Leone XIII non parve opportuno aprire la causa di canonizzazione di Pio IX, essendo aperto il conflitto tra Chiesa e Stato in Italia. Alla sua morte, Don Orione fu forse il primo a intervenire presso il neo-eletto Papa Pio X, nel 1904, incoraggiandolo ad aprire la causa: “Mio Beatissimo Padre, prostrato ai Vostri piedi benedetti umilmente Vi supplico di degnarVi dare mano alla Causa del Santo Padre Pio IX e Vi conforto a volerlo glorificare. Alle obiezioni che sorgeranno, la Madonna SS. oggi misericordiosamente mi ha detto che risponderete: Malgrado tutto, è il Pontefice dell’Immacolata”.
La grande stima e devozione di Don Orione verso Pio IX poté poi esprimersi anche nel prezioso servizio come Vice-Postulatore della sua causa. Infatti, nel 1927, fu chiamato ad affiancare Mons. Antonio Cani. Alla morte di Mons. Cani, però, non fu nominato Postulatore, come molti si aspettavano, anche perché, in concomitanza con la avvenuta Conciliazione, l’11.2.1929, la causa fu nuovamente sospesa per volontà di Pio XI. Così, Don Orione, il 7 marzo successivo, scriveva al nipote del defunto Mons. Cani: “Sono stato a Roma ultimamente per fare le consegne di ogni documento che si riferisce a detta Causa. Fui alla Congregazione dei Riti e anche dal Santo Padre”.
Don Orione continuò a promuovere la devozione verso Pio IX: ne parlò, ne scrisse, ne raccolse e diffuse le reliquie. Parlando ai novizi di Villa Moffa, il 4 dicembre 1937, spiegava le difficoltà che aveva incontrato, e stava incontrando la Causa di Pio IX con l’intervento del demonio: “La Causa di Beatificazione di Pio IX ha avuto un arresto. Il demonio tenta di impedire che la Causa di Beatificazione continui, perché non vuole la glorificazione del Papa dell’Immacolata”.
Flavio Peloso
LEONE XIII (1878-1903)
Don Orione, ancora giovane chierico, recatosi a Roma latore della prima lettera pastorale di S. E. Mons. Daffra, Vescovo di Ventimiglia, non poté vederlo per difficoltà di protocollari. Più tardi riuscì ad avvicinare il grande pontefice, ormai vecchissimo, e riceverne la benedizione al termine di una udienza nella quale il Vescovo di Ventimiglia lo aveva preso al suo seguito.
Durante il regno di questo Papa l’Opera dell’umile sacerdote Tortonese fece i primi passi e compì il suo decennale con l’approvazione canonica vescovile. Leone XIII la benedisse espressamente e ne seguì i primordiali sviluppi con particolare riguardo agli Eremiti. Il vescovo di Orvieto in una lettera del 1900, riguardante la colonia agricola di S. Pietro, così riferiva al venerato Fondatore: «Mi è graditissima cosa ripeterLe a Suo conforto, alcune delle auguste espressioni di particolare benevolenza rivolte dal S. Padre all’Opera della Divina Provvidenza, parlando a S. Em. il Card. Vannutelli: Si, bisogna aiutarli questi Eremiti della Divina Provvidenza, bisogna aiutarli!»
A Don Orione, trentenne, fu concessa una memorabile udienza dal Papa Leone XIII, il 10 gennaio 1902. Fu la prima udienza ed il giovane Fondatore volle esporre al Papa i suoi sentimenti e i suoi progetti per la incipiente Piccola Opera della Divina Provvidenza per la quale stava stendendo le Costituzioni. Don Orione stesso racconta l'avvenimento scrivendo al suo Vescovo, Mons. Bandi. "Per essere tranquillo gli ho detto tutto quello che sentiva riguardo al fine e a certi dubbi che mi tenevano sospeso su certi punti delle Regole, ed Egli sentì tutto, mi disse quello che il Signore vuole che si faccia, che dirò a Vostra Eccellenza a voce; gli presentai la Regola che Egli benedisse. Sentita la volontà del Santo Padre e lietissimo e consolatissimo di non aver sbagliato nei criteri costitutivi della Regola, presentai la Regola; la benedisse, la toccò, mi mise più di una volta la mano sulla testa, battendola, confortandomi; mi disse tante cose; anche di mettere nelle Regole di lavorare per l'unione delle Chiese d'Oriente: "è questo, mi disse, un altissimo mio consiglio". (Scritti 72, 187; cfr. 70,172; 41,12; DO III, 327).
Leone XIII non suggerì di sua iniziativa a Don Orione di sviluppare l'aspetto ecumenico del suo carisma, ma confermò la validità di questa finalità, già espressa negli abbozzi di Costituzioni fin dal novembre del 1900! Ricordando questo “altissimo consiglio”, Don Orione, nella sua richiesta di approvazione vescovile dell’11 febbraio 1903, precisava che "Per volontà espressa del S.Padre, poi, è proprio di questo Istituto di coadiuvare, nella sua piccolezza, l'opera della Divina Provvidenza col faticare e sacrificarsi a togliere la confusione dei tabernacoli, e a far ritornare alla piena dipendenza e unità col beato Pietro le chiese separate..." (SDO I, 50).
Flavio Peloso
PIO X (1903-1914)
Il 24 novembre 1894, entrando come patriarca a Venezia, il cardinal Giuseppe Sarto riassumeva il fine della sua missione pastorale con lo stesso motto paolino che, l’anno prima, il chierico Luigi Orione aveva scelto come programma della sua Opera: “Instaurare omnia in Christo, riunire in Cristo tutte le cose”. La iniziale, fortuita coincidenza d’intenti, segno dell’affinità spirituale di quelle due grandi anime, fornisce la chiave d’interpretazione delle relazioni e degli incontri successivi.
Il primo contatto avvenne per via epistolare. Il card. Giuseppe Sarto aveva condotto a Venezia il giovane musico Lorenzo Perosi. Onorandolo della sua amicizia, lo aveva talvolta ospite a tavola e compagno in qualche partita a tarocchi. Il padre di Lorenzo, maestro di cappella del Duomo di Tortona, temendo che il Cardinale gli viziasse il figliolo, confidò i suoi timori al chierico Orione. Questi, senza pensarci due volte, scrisse una lettera al Porporato, pregandolo di non volere avviare il promettente “Maestrino” verso un brutta china. Appena spedita la lettera, si pentì d’aver fatto una “predichetta” del genere al Patriarca, e si augurava che l’impulsivo intervento venisse presto dimenticato. Ma... gli scritti restano!
Quando una decina d’anni dopo, fu ricevuto per la prima volta in udienza dall’ex patriarca di Venezia, neoeletto Papa, si sentì mancare quando lo vide estrarre dal breviario la celebre lettera. Il santo Pontefice non se l’era avuta a male; anzi, assicurò di averne ricavato del bene: “Una lezione di umiltà è buona anche per Papa” commentò e sarebbe lungo enumerare le dimostrazioni di fiducia e di affetto di Pio X verso Don Orione, dopo quell’udienza. Dobbiamo limitarci ad un succinto florilegio.
Gli orfani del terremoto di Messina erano stati raccolti dal Patronato Regina Elena, presieduto dalla Contessa Spalletti e dominato da elementi palesemente anticlericali. L’educazione cristiana dei piccoli era messa, in tal modo, in grave pericolo. Ricevendo in udienza Don Orione, che era accorso a Messina per occuparsi appunti degli orfani. il Papa gli diede una perentoria consegna: “Ti farai due volte il segno della croce e, poi, vai dalla Spalletti e vedi di portarle via tutti gli orfani”.
Don Orione seppe rispondere con tale tatto al desiderio del Pontefice da farsi nominare vicepresidente del Sottocomitato del Patronato a Messina, strinse rapporti di stima e cordialità con la Contessa Spalletti e riuscì a collocare gli orfanelli in Istituti di piena fiducia per la loro educazione.
Nella martoriata città c’era molto da ricostruire anche dal lato religioso. Mancava il vicario generale dell’Archidiocesi. Parte del clero era perito nel terremoto, ma c’erano ancora monsignori del luogo che avrebbero ricoperto volentieri quell’ufficio. Pio X provvide diversamente. In un’udienza concessa all’Arcivescovo e ai seminaristi di Messina, ospitati a Roma per la continuazione dei loro studi, indicando loro Don Orione, che era inginocchiato ai suoi piedi, disse: “Vi presento il vostro Vicario generale”. Inutili le resistenze dell’interessato, che per tre volte insistette: “Padre Santo, sono un ignorante”. Il Pontefice, di rimando, ripeté anche lui tre volte: “Lo puoi fare!”. Non restava che ubbidire, e Don Orione dovette fermarsi te anni a Messina, vicario generale dell’Archidiocesi.
Finito il triennio messinese, quasi a premio di quella onerosa obbedienza, Don Orione desiderava emettere la professione perpetua nelle mani del Pontefice. Voleva sottolineare, con quell’atto, lo spirito della Congregazione, votata ad essere “tutta cosa del Papa”. Osò manifestare tal desiderio nella prima udienza dopo il servizio prestato a Messina. Pio X si mostrò subito compiacente e alla richiesta di quando si sarebbe potuto compiere la cerimonia: “Anche subito” rispose. Don Orione si butta in ginocchio, tutto confuso. Quando però sta per emettere la professione, si ricorda di una formalità perché i voti potessero avere il loro valore canonico: “Santità, ci vorrebbero due testimoni - osserva trepidante -, a meno che la Santità vostra non si degnasse dispensare”. E Pio X: “Da testimoni faranno il mio e il tuo Angelo custode!”. Non si poteva pensare a testimoni più qualificati per assistere a quell’atto solenne!
Infine, potremmo giustamente affermare che la “fraterna” amicizia, fra il Supremo Pastore della Chiesa e il più umile dei suoi sacerdoti, continuò oltre la morte. A Don Orione che non riusciva ad ottenere dal suo Vescovo il permesso di andare in Sudamerica, Pio X aveva offerto la possibilità di essere missionario nella Patagonia... romana, affidandogli la cura spirituale di un quartiere che stava sorgendo fuori Porta San Giovanni, a Roma, con l’incarico di costruire la chiesa parrocchiale da dedicarsi a Tutti i Santi. I lavori per la chiesa iniziarono nel marzo 1914 e, il 2O agosto successivo, Pio X moriva.
Qualche giorno dopo trovarono, sul suo tavolo di lavoro, una busta con una cospicua somma di denaro e la scritta: “Per la Chiesa di Tutti i Santi di Don Orione”.
Antonio Lanza
BENEDETTO XV (1914-1922)
Delineate la fisionomia e fissati gli scopi e i mezzi per corrispondere alla sua missione, durante il pontificato di Pio X, la Congregazione fondata da Don Orione ha continuato negli anni successivi il suo cammino, provato ma fiducioso, durante gli anni difficili della guerra e del dopoguerra. Il Papa della pace benedisse soprattutto l’attività missionaria della Piccola Opera iniziata proprio nel primo anno del suo governo. Don Orione ebbe molti incontri personali con Benedetto XV e questi lo aiutò concretamente negli sviluppi della Piccola Opera.
Momento eccezionale per la dimostrazione di affetto e stima di Benedetto XV verso Don Orione si ebbe in occasione del XXV di Messa del Fondatore. L’anniversario cadeva il 13 aprile; il 12 arrivò a Villa Moffa, dove Don Orione aveva programmato di celebrare il suo giubileo sacerdotale, nel silenzio e nel raccoglimento, quella cara data, il seguente telegramma: “S. Padre, che avrebbe voluto Ella celebrasse domani Santa Messa con calice da lui donato, si riserva farglielo avere quando la saprà in domicilio stabile, e intanto Le invia Benedizione Apostolica e felicitazioni per giubileo. Card. Gasparri”. Sappiamo che Don Orione celebrò il XXV accanto al chierico Basilio Viano, moribondo.
Per ritirare il calice, Don Orione andò in udienza privata: “Il S. Padre, il 3 maggio, quando fui in udienza privata, mi disse che la festa pel XXV di Messa voleva che si facesse in Roma. Spero che non faranno delle sciocchezza in occasione della consacrazione della chiesa di Ognissanti”.
Ma il culmine delle attenzioni del Santo Padre giunge con la lunga lettera autografa, che resterà immortalata sugli Acta Apostolicae Sedis (vol. XII, 2.8.1920, n. 8). Vi si legge: “Diletto Figlio, salute ed Apostolica Benedizione. Quantunque tu non ignori quale sia l’affetto Nostro verso di te, tuttavia Noi non vogliamo lasciar passare l’occasione del 25° del tuo Sacerdozio senza darti un attestato della Nostra benevolenza. Perché avendo tu speso tutti questi anni non soltanto per te, ma per il bene comune, come fa il vero Sacerdote, in guisa che il tuo zelo per la salvezza delle anime, valicando i confini della tua Diocesi, si affermò, per quanto era in te, in un perenne vantaggio della Santa Chiesa, ben giusto e conveniente che Noi, per primi ci congratuliamo teco in questa fausta circostanza, che rinnovella il ricordo del tuo fecondo apostolato. Noi pertanto, a render vieppiù solenne e gioconda questa data ti inviamo in dono un calice da Messa, e di più, ben volentieri ti diamo facoltà di impartire, entro quest’anno, in tutte le Case della tua Congregazione, quando in ciascuna di esse celebrerai il tuo giubileo, la Benedizione Papale, con l’Indulgenza plenaria, da lucrarsi dai presenti, secondo le consuete condizioni della Chiesa”.
Benedetto XV morì il 22 gennaio 1922. La dolorosa notizia giunse a Don Orione in Brasile: “Appresi la notizia della morte d’in treno, perché a Petropolis, a un’ora da Rio de Janeiro, suonavano a morte tutte le campane”. “Dunque il nostro Santo Padre è morto! Caro e povero Santo Padre! Ci voleva molto, molto bene; ed è la più grande perdita per la Chiesa e, umanamente parlando, la più grande perdita per la piccola nostra Congregazione”.
Flavio Peloso
PIO XI (1922 – 1939)
Sotto il governo del Pontefice delle missioni la Piccola Opera si impone nella molteplicità delle sue istituzioni di carità, di apostolato missionario, di educazione e di insegnamento, in Italia e all’estero. Sono gli anni del più intenso lavoro rivolto alla organizzazione interna ed esterna della Congregazione. La persona stessa del venerato Fondatore, soprattutto con i frequenti viaggi e la permanenza di quasi tre anni in America, è oggetto della più schietta ammirazione.
Pio XI ha visto D. Orione più volte ai suoi piedi, anche insieme ai suoi figli, particolarmente in occasione dei Giubilei per una più intima consacrazione di se stesso alla Chiesa, per le mani stesse del Vicario di Cristo. Molti nostri missionari hanno invocata da Lui la benedizione confortatrice prima di lasciare la Patria.
In una udienza collettiva così Pio XI riassumeva la sua augusta considerazione per la Congregazione: «Dire Piccola Opera della Divina Provvidenza, è parlare di cosa che non è più piccola, ma di già consolante. Sta bene che nel nome stesso quegli che di tale Opera fanno parte conservino l’espressione del sentimento dell’umiltà che sempre li accompagna e, anzi, tutti deve accompagnare nelle opere da compiere. Grande, avevamo detto poco prima con D. Orione è la provvidenza di Dio! Grande in tutte le opere sue, grande pure nella Piccola Opera se piccola essa si può ancora dire! E veramente è bene però che ci accompagni il sentimento della nostra pochezza, del nostro nulla espresso nel termine Piccola Opera. Dio basta a tutto, sovrabbondantemente, noi non bastiamo niente: - sine me nihil potestis facere. – Ed è per questo che il Signore si serve qualche volta di noi per cosa mirabile, perché ci vede consapevoli di nulla potere».
E all’ultimo gruppo di missionari nostri ricevuti in udienza il 7 maggio 1938 a Castelgandolfo: «Una paterna benedizione dava il Sommo Pontefice, secondo tutte le loro intenzioni e per il presente e per l’avvenire ai figlioli carissimi che erano andati a Sua Santità dall’altare dei loro santi sacrifici e dei loro voti sacerdotali prima di avviarsi alle missioni, poiché da loro la grande famiglia della Chiesa, che è la famiglia di Dio, attende nuovi progressi e nuovi incrementi. Per far ciò essi non hanno che da imitare gli esempi del loro Padre spirituale, il dilettissimo Don Orione, dedicandosi egli con ogni generosità e grandezza d’animo alla missione sublime alla quale Dio li ha chiamati…»
L’ultimo telegramma inviato il 6 febbraio 1939 a Pio XI nel fausto anniversario della sua assunzione al soglio pontificio, è un ardente messaggio di affetto: «Beatissimo Padre, siamo i vostri figli più piccoli, più poveri, i figli della Divina Provvidenza. Ci stringiamo cor unum et anima una ai Vostri augusti piedi come a quelli di Gesù. Vi gridiamo tutto il nostro amore dolcissimo di figliuoli, preghiamo umilmente Iddio di consolarVi tanto tanto. Vorremmo poter dare la vita per conservarVi lunghi, felici anni, o Padre Santo. DegnateVi benedirci, perché seguiamo sempre in tutto la Vostra voce».
Giovanni Venturelli
PIO XII (1939-1958)
Pio XII morì il 9 ottobre 1958. Era stato eletto il 12 marzo 1939. Il suo ventennio di pontificato fu segnato storicamente dagli orrori della II guerra mondiale, scatenatasi proprio il 1° settembre dell’anno della sua elezione, e dalla lunga fase di ricostruzione civile, morale ed economica che ne seguì.
Don Orione salutò con particolare gioia la elezione di Pio XII: “Al S. Padre ho inviato questo telegramma: I piccoli Figli della Divina Provvidenza sono tutti prostrati ai vostri augusti piedi, o dolce Cristo in terra , in veneratione et exultatione magna...” (Scr 19, 316).
Nel 1934, il Fondatore aveva vissuto con il Card. Eugenio Pacelli, poi Pio XII, il viaggio in nave dall’Italia e il trionfo di fede delle celebrazioni del Congresso Eucaristico internazionale di Buenos Aires, nel 1934. Don Orione, ricordando quei giorni, scrisse: “Il Cardinale Legato mi trattò con un’amabilità indescrivibile” (Scr 18, 18).
Alla prima possibilità, Don Orione andò a fare visita al nuovo Papa. Ne dà informazione in una lettera del 21 settembre 1939: “Sono andato a Castel Gandolfo su d’un’auto del Vaticano, condotto gentilmente da Mgr. Confalonieri. Sua Santità mi accolse con volto aperto, pieno di singolare benevolenza e, usando espressioni di molto affetto, mi porse a baciare la mano, cercando di sottrarre il piede. Insistette che sedessi e subito, quasi non dandomi il tempo di umiliare a lui gli omaggi e la devozione mia, nonché di tutti i Figli della Divina Provvidenza e di esprimergli la gioia che sentivo di trovarmi ai piedi del Vicario di Gesù Cristo. Entrò a ricordare il viaggio fatto sullo stesso piroscafo in America e quei giorni veramente indimenticabili del Congresso Eucaristico. Verso la congregazione nostra dimostrò il più grande affetto e paterno interessamento. L’udienza durò 27 minuti; e fui io a cercare ripetutamente di abbreviare e concluderla. L’udienza non poteva essere più paterna né più consolante di così” (19, 303). E’ nota una scena, quasi un’icona-testamento lasciataci da Don Orione. Era il 28 ottobre del 1939. Don Orione è inginocchiato a lato dell’auto del Papa che sosta sulla Via Appia di ritorno da Castel Gandolfo, circondato da confratelli e da 1200 allievi dell’Istituto “San Filippo”. Il Papa si sporge. Don Orione gli prende la mano, la bacia e se la calca sul capo chinato con gesto umile, riconoscente, credente.
Il 27 dicembre successivo, informato dal card. Canali che cinque nostri religiosi avrebbero prestato servizio presso il Centralino telefonico, Don Orione comunica “il Santo Padre ne è rimasto molto contento” (19, 257).
“Dare consolazioni al Papa e ai Vescovi”, così il Fondatore espresse lapidariamente il suo e della Congregazione. E dove non arrivava con le opere, si spingeva con il desiderio e la preghiera. Come fece nell’ultimo telegramma a Pio XII, il 12 marzo 1940, giorno della sua morte e anche primo anniversario dell’elezione del Papa: “Come già Gregorio Magno veda Vostra Santità Angelo riporre spada et grande divina luce verità nella carità di Cristo diffondersi dalla tomba dei Beati Apostoli su universa terra”.
Pio XII, saputo della morte di Don Orione, lo definirà “padre dei poveri e insigne benefattore dell’umanità dolorante e abbandonata”.
Peloso Flavio
GIOVANNI XXIII (1958-1963)
I santi tra loro si riconoscono. Roncalli era allora un giovane Monsignore appena arrivato da Bergamo a Roma. Don Orione non aveva ancora quella fama di santità e di apostolo della carità che crebbero successivamente. I due si incontrarono nel 1921 e ne nacque una amicizia santa ricostruita in un articolo apparso nel numero di settembre di “Messaggi di Don Orione” (n.102).
Fu Mons. Loris Capovilla, nel 1960, a raccontare e a documentare il simpatico episodio del primo incontro tra i due campioni della santità.
“Era l’anno 1921. Da qualche mese il giovane prete bergamasco aveva preso dimora nell’Urbe. (…) Perché Monsignor Roncalli, in un pomeriggio di primavera desiderasse incontrare Don Orione, cosa avesse da dirgli o da chiedergli, non so con esattezza. So che il suggerimento di incontrare Don Orione glielo diede Benedetto XV. E Giovanni XXIII ricorda, come fosse ieri, la sua passeggiata fuori Porta S. Giovanni, l’ingresso all’Istituto, l’indicazione del portiere di recarsi in cortile. In un angolo, un gruppo di ragazzi giocava con un prete. Questi volse lo sguardo, si distaccò un attimo dai suoi amici e chiese:
- “Monsignore, cerca qualcuno?”
- “Si, vorrei parlare con Don Orione”, rispose Mons. Roncalli.
- “Don Orione sono io. Abbia pazienza qualche minuto: termino la partita; mi lavo le mani e sono da lei”.
Queste parole, dette con tanto garbo, con sguardo sorridente, impressionarono il giovane prelato di allora, da poco arrivato a Roma dalla sua Bergamo. Fu così che il futuro Papa Giovanni ammirò Don Orione, quasi cinquantenne, mentre stava giocando a piastrelle fattosi fanciullo con i fanciulli.
L’episodio gli rimase tanto impresso che Mons. Roncalli, tornato a casa, se lo annotò in un suo quaderno. Infatti, Mons. Capovilla, nell’esaminare quaderni ed agende con note autografe, ha ritrovato un appunto dell’incontro di Ognissanti: “28 marzo 1921. Lunedì di Pasqua. Nel pomeriggio visito con mgr. Guerinoni la chiesa e le opere Parrocchiali di Ognissanti, fuori porta San Giovanni; e converso lungamente con Don Orione, del quale si può ben dire: contemptibilia mundi eligit Deus ut confundat fortia. Ciò che nel mondo è stolto, Dio lo ha scelto per confondere i forti (1 Cor 1, 27)”.
Tale stima e amicizia non si spense mai.
Douglas Hyde, scrittore e fondatore del partito comunista inglese, volendo scrivere una biografia di Don Orione (God’s Bandit), si presentò a Roncalli, Patriarca di Venezia, e gli chiese: “Vorrei mi dicesse subito, senza fermarsi a meditare sulle parole, quale era, fra le sue (di Don Orione) qualità quella che a lei pareva precipua”. Il Patriarca rispose prontamente, con parole vive, cordiali, sentite: “Don Orione era l’uomo più caritatevole che io abbia mai conosciuto. La sua carità superava quella di qualunque altra persona di cui avessi letto o sentito parlare: andava oltre i limiti normali. Era convinto che si potesse conquistare il mondo con l’amore”.
Don Giuseppe Zambarbieri, superiore generale degli Orionini, subito dopo la morte di Giovanni 23°, commentava: “Come ci consola la certezza che vedremo il nostro Santo Padre nella gloria degli altari, e quanta forza ci viene dalla speranza che continuerà ad essere, così e sempre più validamente, nostro Protettore!...". Quella previsione si è avverata il 3 settembre 2000 con la beatificazione di Papa Giovanni 23°.
Flavio Peloso
PAOLO VI (1963-1978)
Dobbiamo a Mons. Franco Costa l’incontro «genovese» cui il Santo Padre paolo VI si riferiva quasi sempre quando parlava di Don Orione. Un incontro «rivelatore», che dovette lasciare un solco ben profondo se rimase così vivo nell’animo pur col passare degli anni. Ancora nell’udienza dell’8 febbraio sc. – due giorni dopo il riconoscimento delle virtù eroiche di Don Orione – il Papa, rivolgendosi al gruppo di nostri religiosi che partecipavano al corso di formazione permanente, diceva… «abbiamo avuto la consolazione straordinaria di conoscerlo in una nostra visita a Genova: parlò con un candore così semplice, così disadorno, ma così sincero, così affettuoso, così spirituale che toccò anche il mio cuore, e rimasi meravigliato di quella trasparenza spirituale che emanava quest’uomo così semplice e umile».
Quella prima conoscenza diede l’ardire al giovane Mons. Montini, negli anni Trenta, di intessere una collaborazione discreta e fattiva con Don Orione per un’opera tanto delicata. E’ venuto alla luce da un significativo carteggio autografo conservato nell’Archivio Don Orione di Roma: una dozzina di lettere indirizzate al beato Don Luigi Orione, a partire dall’anno 1928. Quasi tutte hanno per argomento l’aiuto a sacerdoti in difficoltà – lapsi, come erano chiamati allora – da sovvenire e da indirizzare al bene. La stima e devozione personali di Montini verso Don Orione nacque certamente in questo tempo.
Quanta bontà poi verso il Piccolo Cottolengo Milanese, nel decennio in cui l’Arcivescovo Montini resse la Chiesa Ambrosiana, quando – ogni anno e di solito proprio il giorno di Sant’Ambrogio - veniva a visitare i nostri poveri, i mutilatini, la comunità parrocchiale di San Benedetto. Tenne lui stesso il 30 marzo del ’58, nell’Aula Magna dell’Università Cattolica, la commemorazione del 25° del nostro Istituto, benedicendo i passi umili e buoni di Don Orione perché erano arrivati anche a Milano.
Sono di quel periodo le soste in preghiera al nostro Santuario di Tortona e in cripta e la sua visita a Sanremo dove indugiò a lungo in ginocchio nella cameretta del transito di Don Orione…
Elevato alla Cattedra di San Pietro, non solo continuò a volerci bene, ma – con quella squisita sensibilità che gli è stata universalmente riconosciuta – si può dire non abbia tralasciato occasione per dimostrare il suo affetto al venerato fondatore e alla nostra famiglia religiosa, a cominciare dalla benedizione, in Vaticano, della pietra fondamentale per la Casa dei giovani lavoratori, che egli stesso aveva desiderato e sollecitato nel complesso del Piccolo Cottolengo Milanese. Molto grato per la prontezza con cui era stato accolto il suo invito, scriveva il 31 maggio 1963: «…Sono lieto di sapere che il pensionato per giovani lavoratori entra nei piani della grandiosa «piccola Opera della Divina Provvidenza» di Milano; penso che Don Orione dal cielo lo benedirà. Per Sant’Ambrogio, 7 dicembre, nel pomeriggio, a Dio piacendo, se altri impedimenti non sorgeranno, verrò, come altre volte in tale data luminosa, al Piccolo Cottolengo Milanese…».
Nel giugno, invece, la sua elezione a Sommo Pontefice. E allora a fine novembre volle riserbarci un’udienza tutta per noi e benedire da Pontefice la prima pietra che sarebbe stata collocata dal suo successore il Card. Colombo, il giorno di Sant’Ambrogio.
Oh, il meraviglioso suo discorso del 30 novembre 1963! Aveva concluso così: «…Vedo un’altra causa di intensa gioia in quanti condividono la stima per le opere di Don Orione… Uno spirito le sorregge: uno spirito che è quello di Don Orione, diciamo meglio, quello di Cristo, che ama tutti gli indigenti, li assiste nelle loro necessità e suscita energie, risorse e mezzi là dove non sembrerebbero, umanamente parlando, possibili; mentre la carità fa germogliare, quasi con prodigi perenni, sempre nuovi intenti e programmi. La vivezza di questo spirito, la fiamma di soprannaturale ardore che guida le gesta di Don Orione: ecco, mi sembra, la cosa che deve allietarci tutti e che ci sprona ad implorare con fiducia il divino aiuto per la istituzione nascente, per quelle che sono a Tortona, a Milano, nelle Americhe, e che dappertutto ancora verranno, col nome benedetto, di questo pioniere, di questo araldo dell'amore cristiano, a coronare il grande rigoglio di apologia evangelica da lui promosso. Senza dubbio le promettenti fatiche ci daranno non soltanto la consolazione di vedere ma quella di parteciparvi e di essere, e proprio con l’insigne apostolo della carità, anche noi discepoli, anche noi seguaci, anche noi benedetti da Dio».
Non si può rileggere oggi senza commozione quel discorso stupendo, come tutti quelli che pronunciò agli amici romani nel 1944, agli amici della Don Orione Home di Boston nel 1960, e ogni volta che venne al Piccolo Cottolengo Milanese.
Celebrò la prima Messa in italiano proprio nella nostra Chiesa di Ognissanti (7 marzo 1965) con la visita all’Istituto San Filippo, quando gli abbiamo offerto per i poveri il calice d’oro donato dai genovesi a Don Orione.
Avrebbe desiderato tanto beatificare lui Don Orione. Lo aveva detto fin dal 1965, nella Basilica di San Pietro, ai nostri Amici che il 2 maggio conchiudevano con il desideratissimo incontro col Papa il loro convegno internazionale. Sorridendo, aveva esclamato: «…Saremmo quasi tentati di dire che fra gli Amici di Don Orione siamo iscritti anche noi. E cioè, abbiamo noi stessi avuto la fortuna d’incontrarlo vivente. Commemoriamo con questi Amici, e con quanti altri nel mondo a questo nome guardano e benedicono, il 25° della sua morte pia e buona, nella speranza che la Chiesa possa riconoscere in lui quello che tutti comunemente dicevano quando lo incontravano vivente: “E’ un santo! È un santo!”. E Dio voglia davvero che questo titolo gli sia ufficialmente e qui riconosciuto!”.
Giuseppe Zambarbieri
GIOVANNI PAOLO I (1978)
Il Cardinale Albino Luciani sulla cattedra di Pietro fu per molti una sorpresa. E la sorpresa fu ancora più grande alle sue prime mosse da Papa, tutte improntate alla più semplice umiltà. Alla prima apparizione dalla loggia di San Pietro, il giorno seguente l’elezione, lasciò da parte il “Noi” maiestatico, e iniziò a raccontare con tono famigliare: “Ieri mattina io sono andato alla Cappella Sistina a votare tranquillamente. Mai avrei immaginato quello che stava per succedere…”. Non volle portare il “triregno”. Decise che la prima solenne cerimonia non fosse chiamata di “intronizzazione” ma di “inizio del servizio pastorale”. Quasi con ingenua dolcezza si intratteneva con i fedeli nelle udienze generali, intrecciando dialoghi, ricordi di vita quotidiana e buona dottrina come farebbe ogni buon catechista o parroco.
Nell’ammirazione verso questo Papa, per gli Orionini c’era un elemento di famigliarità e di affetto in più. Il Patriarca di Venezia, infatti, era noto per essere stato molto vicino alla casa per handicappati di Chirignago (VE). Un suo gesto impressionò il clero veneziano e l’intera Famiglia orionina. Per quell’opera benefica egli aveva donato un suo anello prezioso ed aveva invitato il suo clero a compiere simili gesti. Da Patriarca di Venezia affabilmente sempre accondiscese ad ogni richiesta della Sua presenza agli Artigianelli, a Marghera, Parrocchia di San Pio X, a Mestre Istituto “Berna”.
Commemorando Don Orione a Ca’ Giustinian, il 9.12.1972, raccolse in concise e semplici parole un bel ritratto della figura di Don Orione: “La diocesi di Venezia esprime a mio mezzo la sua profonda riconoscenza per tante opere di bene a favore del popolo, di giovani, studenti, operai. A favore di tutti noi sta poi la vita luminosa di Don Orione, la sua posizione esemplare davanti a Dio, ai suoi fratelli poveri, alla Chiesa ed a Venezia”.
Infine, durante le trasmissioni televisive dal Vaticano, in quei 33 giorni, lo sguardo correva a lato o sullo sfondo delle immagini per scorgere il suo Segretario personale, un prete molto giovane, longilineo, anch’egli non abituato alla solennità vaticane: Don Diego Lorenzi, un Orionino. Gli era stato segretario personale per oltre 2 anni a Venezia ed ora, l’aveva seguito in Vaticano. Del "suo" Papa conservo ricordi bellissimi.
Il pontificato di Papa Luciani durò il tempo di un sorriso, 33 giorni. La notte del 28 settembre se ne andò in punta di piedi, semplicemente. “Dopo la sua morte non è andato nessuno a prendere le cose che aveva lasciato, perché non aveva lasciato niente”, è stato scritto.
Flavio Peloso
GIOVANNI PAOLO II (1978 - 2005)
Di quell'estate dei tre pontefici che si avvicendarono nella sede di Pietro appartiene anche l’immagine di Giovanni Paolo II e di quel suo “se mi sbaglio, mi corrigerete” che mostrò un pastore che volle fin dal primo apparire togliere le distanze – anche quella della lingua diversa - per essere nel cuore della gente. Era il 16 ottobre 1978. Della sua presenza, delle sue parole, della sua preghiera è stata arricchita la storia nel passaggio dal secondo al terzo millennio.
Per noi, Giovanni Paolo II è il Papa della beatificazione di Don Orione. Era il 26 ottobre 1980. Ebbe parole audaci e personalissime sul nuovo beato che egli ben conosceva.
“Don Luigi Orione ci appare come una meravigliosa e geniale espressione della carità cristiana. Possiamo dire che egli fu certamente una delle personalità più eminenti di questo secolo per la sua fede cristiana apertamente vissuta. Ebbe la tempra e il cuore dell'Apostolo Paolo, tenero e sensibile fino alle lacrime, infaticabile e coraggioso fino all'ardimento, tenace e dinamico fino all'eroismo, affrontando pericoli di ogni genere, avvicinando alte personalità della politica e della cultura, illuminando uomini senza fede, convertendo peccatori, sempre raccolto in continua e fiduciosa preghiera, talvolta accompagnata da terribili penitenze”.
Giovanni Paolo II sorprese nuovamente tutti quando, il giorno dopo la solenne beatificazione di Don Orione, ricevendo in udienza particolare sacerdoti, suore e devoti orionini, confidò: “Penso che questo Papa venuto dalla Polonia abbia in paradiso un nuovo Patrono che intercede per lui, e che - nella luce del Regno a cui apparteniamo e al quale tendiamo - sostiene il suo servizio, le sue iniziative e la sua umana debolezza in questo posto al quale è piaciuto alla Divina Provvidenza di metterlo, di chiamarlo. Questa mia grande fiducia nella intercessione del Beato Don Orione desidero proclamarla davanti a tutti voi che siete figli e figlie spirituali, davanti a voi tutti che siete i miei compatrioti”.
C’è un ricco patrimonio di discorsi e messaggi indirizzati da Papa Woityla alla Piccola Opera della Divina Provvidenza (cfr. “Sui passi di Don Orione”, p.27-40). Visitò varie nostre opere: il Piccolo Cottolengo genovese (22.9.1985), il Centro Don Orione di Monte Mario (8.6.1986), il santuario dell’Incoronata di Foggia (24.5.1987), le parrocchie Romane di “Ognissanti” (3.3.1991) e “Mater Dei” (11.11.2001).
Ha avuto parole di profonda comprensione del carisma di Don Orione: “Egli volle dimostrare che si può stare con la Chiesa e con i poveri. Costatò che nella società scristianizzata esiste un solo linguaggio comprensibile, che smuove i cuori: il linguaggio della carità. E comprese che "la causa di Cristo e della Chiesa non si serve che con una grande carità di vita e di opere, la carità apre gli occhi alla fede e riscalda i cuori d'amore verso Dio. Opere di carità ci vogliono: esse sono l'apologia migliore della fede cattolica. In lui, dunque, l'amore alla Chiesa e al Papa e l'amore ai poveri costituiscono le due punte dell'unica fiamma apostolica che divorava il suo cuore senza confini”.
Ha incoraggiato il cammino fedele degli Orionini sulle orme del Fondatore: “Seguendo l'intuizione carismatica di Don Luigi Orione, la vostra Famiglia religiosa contribuisce efficacemente all'opera evangelizzatrice della Chiesa, mediante una preziosa testimonianza di carità fra i poveri e i bisognosi”.
Giovanni Paolo II ha parlato e scritto di Don Orione con parole illuminanti per il cammino della Congregazione. E’ venuto più volte in casa nostra: al Piccolo Cottolengo di Genova (21 Settembre 1985), al Centro Don Orione di Monte Mario (8 Giugno 1986), al Santuario dell’Incoronata di Foggia (26 maggio 1987), alla Parrocchia di “Ognissanti” (3 Marzo 1991) e alla Parrocchia “Mater Dei” (11 novembre 2001) di Roma.
E' stato il Papa che ha proclamato "santo" Don Orione, il 16 maggio 2004, definendolo "stratega della carità". La ìppassione per Cristo fu l’anima della sua vita ardimentosa, la spinta interiore di un altruismo senza riserve, la sorgente sempre fresca di una indistruttibile speranza. Quest’umile figlio di un selciatore proclama che «solo la carità salverà il mondo» e a tutti ripete che «la perfetta letizia non può essere che nella perfetta dedizione di sé a Dio e agli uomini, a tutti gli uomini».
Dopo un lento declino della salute, Giovanni Paolo II si spense il 3 aprile 2005.
BENEDETTO XVI (2005-2013)
Il 28 febbraio, alle ore 20, Papa Benedetto XVI ha terminato il suo servizio di successore di Pietro come Vescovo di Roma e dunque anche come Pontefice. Era iniziato alle ore 17 del 19 aprile 2005. Nella decisione della sua rinuncia, atto imprevisto e inusuale da 7 secoli, c’è un’espressione radicale della sua grande umiltà e del suo senso di responsabilità, un atto di amore e di interesse per la Chiesa da parte dell'"umile lavoratore nella vigna del Signore", a motivo dell’ingravescente aetate, l’età che diventa sempre più pesante.
Papa Wojtyla aveva dato con coraggio ammirevole la sua testimonianza di fede nella sofferenza della malattia. Papa Ratzinger con umile coraggio ha dato la testimonianza dell'assunzione dei limiti della vecchiaia e di amore al ministero per il quale non si sentiva più adeguato.
Nella lettera inviata a Benedetto XVI, subito dopo l’annuncio delle sue dimissioni, ho scritto a nome di tutta la Famiglia Orionina: “In questo momento in cui si accinge a passare il timone della barca della Chiesa in altre mani, possa esserLe di conforto la stima, la preghiera e l’impegno di tanti cristiani e dei figli e figlie di Don Orione sparsi nel mondo ma uniti nel vincolo di devozione e di speciale fedeltà professato con un quarto voto”.
L’affetto e la vicinanza della Famiglia orionina nel momento del congedo di Benedetto XVI è stata particolarmente corale e intensa: c'era una rappresentanza di 500 Orionini all’ultima udienza, in Piazza San Pietro, il 27 febbraio 2013. All’udienza, mi trovavo vicino al palco del Papa, consapevole di partecipare a un grande evento; il mio sguardo passava continuamente dal Papa, lì a 20 metri, alla folla che rappresentava tutta la cristianità. "Qui si può toccare con mano che cosa sia Chiesa – ha detto Benedetto XVI - non un’organizzazione, un’associazione per fini religiosi o umanitari, ma un corpo vivo, una comunione di fratelli e sorelle nel Corpo di Gesù Cristo, che ci unisce tutti". È il senso mistico di Chiesa a cui ci ha educato Don Orione.
Il 28 ottobre pomeriggio, l’elicottero che trasportava a Castel Gandolfo Benedetto XVI ha sorvolato la Curia generale; eravamo sul terrazzo un gruppetto di Confratelli. Quello è stato l’ultimo saluto al Papa.
Come Famiglia Orionina abbiamo tanti motivi di riconoscenza.
Il Card. Joseph Ratzinger ebbe Il primo vero contatto con la Congregazione orionina con la visita al Centro per orfani e disabili di Roma - Monte Mario, in occasione della festa di Don Orione, il 12 marzo 1987. Si celebrava anche la “Giornata della vita”. Da lì, Ratzinger lanciò il messaggio e la sfida di civiltà contenuti nell'Istruzione “Donum vitae ” sul rispetto della vita, da lui firmata pochi giorni prima. Ricordo bene quella Messa, con il presbiterio accerchiato da carrozzelle di disabili e da giornalisti accorsi per l'occasione. Io mi dicevo: Ecco, questa è l'opera di Don Orione, dare sostanza di carità alla verità annunciata dal Papa e dai Pastori della Chiesa.
“Dio benedica questo luogo e tutti coloro che lo visitano e lo abitano”, scrisse il Card. Joseph Ratzinger in visita al santuario dell’Incoronata di Foggia, il 22 ottobre 1985. Dopo la conferenza tenuta il giorno precedente nella Cattedrale di Foggia, il Cardinale visitò il Santuario accompagnato dal vescovo di Foggia, Mons. Salvatore Giorgi, e dal suo segretario Mons. Joseph Clemens, intrattenendosi amabilmente con i confratelli e i piccoli seminaristi.
Un ulteriore elemento di contatto con la Famiglia orionina è stato il fatto che due Orionini, prima io (dal 1987 al 1992) e poi don Alessandro Belano (dal 1993 fino al 2005) siamo stati suoi collaboratori nella Congregazione per la Dottrina della Fede, di cui il card. Ratzinger era Prefetto.
Ricordo quei benedetti cinque anni trascorsi alla Congregazione della Dottrina della Fede, illuminati e vivificati dalla Sua presenza come Prefetto. Ricordo tante Sue parole e gesti, durante i congressi settimanali come durante la pausa caffè, che costituiscono per me un patrimonio di umanità e di fede. Anche negli anni del Pontificato, mi ha sempre commosso il suo ricordo personale e il delicato interessamento riandando agli anni trascorsi con Lui e ringraziava.
Ratzinger – Benedetto XVI conosce discretamente e ammira San Luigi Orione in quanto “santo della carità” e anche per il suo ruolo nelle vicende della Chiesa. Ricordo che apprezzò molto il libro “ Don Orione negli anni del modernismo ” per l'equilibrio del nostro Santo tra fermezza papalina e carità verso chi era in difficoltà con la Chiesa.
Poi, da Papa, direi che la conoscenza di Don Orione e della Famiglia Orionina è cresciuta ancora di più.
Non potremo dimenticare quando Benedetto XVI, eletto Papa da soli due mesi, fu con noi, nella sala Paolo VI, per la Festa del Papa del 28 giugno 2005. Fu amabilissimo e generoso di tempo e di attenzioni. Rivolse un bel discorso caloroso, paterno e ricco di contenuti.
Ci fece la sorpresa di citare San Luigi Orione nella sua enciclica Deus Caritas est, al n. 40, come rappresentativo dei santi della carità sociale del ‘900.
In occasione della Festa del Papa del 2008, il 25 giugno, fu Benedetto XVI a benedire la statua di San Luigi Orione posta in una nicchia della basilica di San Pietro, il 25 giugno 2008.
In vista del 13° Capitolo generale del 2010, ci scrisse in autografo la frase di Don Orione “Solo la carità salverà il mondo”, slogan e convinzione di Don Orione ed emblematico anche del pensiero di Papa Benedetto XVI.
Ricorderemo soprattutto la sua gioiosa e luminosa visita a Centro di Monte Mario per la benedizione della Madonnina e per l'incontro con i Padri Capitolari, il 24 giugno 2010. Ci lasciò uno splendido discorso che costituisce la sua eredità alla Piccola Opera della Divina Provvidenza.
Flavio Peloso