TERESA DEL BAMBINO GESU' (santa)

Nella camera detta “dei ricordi”, nella Casa Madre di Tortona, non pochi visitatori amano sostare con devozione ed interesse davanti al grande quadro a olio di Santa Teresa di Gesù Bambino, donato a Don Orione, ancora nel 1904, dal Prof. Luigi Costantini di Roma. Teresa era mancata solo sette anni prima, nel 1897. Don Orione personalmente abbia voluto che nel quadro subito venisse aggiunto un tenue raggio di luce in fronte all’umile religiosa. Segno di venerazione e preludio di riconoscimento di autentica santità da parte della Chiesa che venne vent'anni dopo: fu beatificata nel 1923 e canonizzata nel 1925.

La devozione di Don Orione fissata in un quadro

Flavio Peloso

“Nel 1904, quando nessuno, o pochissimi, pensava ancora alla canonizzazione di Santa Teresa del Bambino Gesù, il prof. Luigi Costantini,[1] dopo aver letto la “Storia di un'anima” ne fece venire dalla Francia - non era ancora tradotta - 50 copie per distribuirle, e da un giovane pittore fece ritrarre in un quadro ad olio la celestiale figura della giovane Carmelitana

Un fascio di luce sul volto di Teresa

Don Orione, che era legato al professor Luigi Costantini da intima amicizia, fece aggiungere nella pittura un raggio di luce che venendo dall'alto illumina il volto di Santa Teresa. Presentivano forse queste due anime le glorie della canonizzazione.[2]
Il quadro ora si venera in una cappella di via Appia Nuova, nella parrocchia di Ognissanti affidata ai Figli della Divina Provvidenza, che ebbero il professor Costantini carissimo in vita e che diedero posto nella loro tomba, per suo desiderio, alle sue spoglie mortali”.[3]

“Quando uscì l’autobiografia di Santa Teresa del Bambino Gesù – allora quasi sconosciuta – ce la lesse a mensa; ricordo che lasciò molta impressione. Costantini ne fece fare, allora, sebbene ella non fosse ancora nemmeno beata, un quadro, che piaceva a Don Gaspare e a Don Orione e che restò fra noi a Sant’Anna; poi fu portato nella Cappella provvisoria dei Cessati Spiriti, che dipendeva, allora, dalla nostra Parrocchia di Ognissanti. È il noto quadro – che ancora si conserva - nel quale Don Orione consigliò che si dipingesse un raggio, che illuminasse il volto della santa Suora: presagio, per lui, della sua futura glorificazione da parte della Chiesa, avvenuta parecchi anni dopo”.[4]

Il quadro fu dipinto dal pittore Cleto Luzzi[5], nel 1904 ancora ventenne, che faceva parte di un gruppo di giovani poveri e talentuosi accolti fino al 1908 nell’appartamento di Luigi Costantini in Via Ottaviano e poi affidati a Don Orione. Assieme a Costantini quei giovani frequentavano la casa di Sant’Anna dei Palafrenieri e Don Gaspare Goggi. Tra di essi c’erano Ezio e Giovanni Carabella musici e compositori, Annibale Bucchi violinista, Cleto Luzzi pittore, Ugo Annibaldi, Toto Dionisio, Giovannino Felci.

Don Orione ebbe sempre caro questo quadro riproducente Suor Teresa del Bambin Gesù e del Santo Volto, come si legge in fondo allo stesso, che attualmente si trova al Paterno in Tortona: un quadro ad olio donatogli dal prof. Luigi Costantini nel 1904, quando la giovane suora era morta di tubercolosi da appena sette anni. 
Sotto il quadro, che si trova nella stanza dei ricordi, vicina a quella di Don Orione, c’è la seguente scritta a mano da parte di Don Rizzi: “Quadro ad olio fatto dipingere dal prof. Costantini verso il 1904 e dallo stesso regalato a Don Orione. Quel tenue raggio di luce, che piove sul volto della vergine carmelitana, venne fatto aggiungere da Don Orione, il quale, così, con il prof. Costantini intravide la fulgidissima gloria della santa della semplicità e della confidenza”.

Il confratello  don Antonio Ruggeri ricordava: “Don Orione e l’amico prof. Costantini, entrambi devoti della Santa Teresa del Bambino Gesù (ma che tale non era ancora dichiarata), concertarono perché un loro comune amico, il pittore Marvasi, facesse piovere dall'alto un fascio di luce sul volto di Teresa. Quel quadro rimase per molti anni a Roma, nella casa di via delle Sette Sale, sede dello studentato dei chierici di Don Orione. Il racconto relativo all’intervento del pittore Marvasi veniva ripetutamente rievocato da Don Silvio Parodi che fu direttore di quella casa all’inizio degli anni ‘30”.[6]
Nel ricordo di Don Ruggeri, raccolto a molta distanza di tempo, c’è qualche confusione. Don Orione conobbe il pittore Gustavo Marvasi solo nel 1931, mentre il quadro con il fascio di luce risale certamente al 1904, prima che Teresa di Lisieux fosse riconosciuta beata (1923) e santa (1925). La notizia certa di un intervento del Marvasi nell’opera fa pensare che sia lui l’autore della copia, negli anni ’30, del quadro del 1904; la copia risulta di buona fattura; è conservata attualmente al Paterno di Tortona.

La fiducia nell'intercessione della Santa
Don Orione manifestò in alcune occasioni la fiducia nell’intercessione di Santa Teresa di Gesù. Volle fosse portata una statua al confratello Don Pelizza, ammalato: “Spero avrete portata in automobile Santa Teresa a Don Pelizza. Essa lo guarirà, ve lo ripeto! Preghiamo! Se Don Pelizza guarisce (e non lo voglio dubitare, anzi non ne dubito affatto) faremo in Roma una Chiesa a Santa Teresina del Bambino Gesù ed io e Don Pelizza porteremo mattoni e calce ai muratori”[7]
In altra occasione chiese a Don Opessi: “Preparatemi molte S. Reliquie. Vedete se ne trovate di S. Teresina”.[8](

Il suo cuore missionario
Esortando i suoi confratelli e chierici all’ardore apostolica, ma ben fecondato di preghiera, Don Orione additava l’esempio di Santa Teresa del Bambino di Gesù, proclamata “patrona delle missioni”.
Il 2 gennaio 1938, fa osservare: “Quando uno non lo può fare personalmente l’apostolato, lo fa con l’orazione, con l’invocare l’aiuto di Dio. Ed ecco perché il grande Papa Pio XI prende un’umile suora del Carmelo, Santa Teresina, e la fa Patrona delle Missioni. Che idee belle e luminose del Papa! Ma non sempre e da tutti si può fare così come Santa Teresa del Bambin Gesù: si fa così quando si ama Dio, si ama la Chiesa, si amano le anime”.[9]
In un’altra esortazione ai chierici, il 3.5.1939, riflette con loro: “Vedete, il nostro Santo Padre ha voluto che Santa Teresa del Bambino Gesù – che visse in chiostro e che è morta giovanissima, - fosse la patrona delle Missioni mentre essa non è mai stata in Missione… In verità essa ha meritato di essere proclamata patrona dei missionari per l’ardente fuoco di carità che portava nel suo cuore e per le preghiere incessanti che essa faceva per gli infedeli. Anche voi, per adesso, limitatevi a fare come Santa Teresa: a pregare per i fratelli più bisognosi di luce, di fede e di pane”.[10] 

Ma la sintonia di Don Orione verso la Santa della “piccola via” si manifestò soprattutto nella condivisione di alcuni tratti essenziali della spiritualità. Quante volte con intenzionale ripetitività, propria del suo stile, Don Orione ritornò sui termini “piccolo, umile, semplice”, concetti che costituiscono proprio i cardini della spiritualità della Santa di Lisieux.

 

[1] Cfr Giovanni Venturelli, Un amico santo di Don Orione. Il Prof. Luigi Costantini, sacerdote nell’anima, “La Piccola Opera della Divina Provvidenza”, gennaio 1968, 7-10.
[2] Teresa di Lisieux fu beatificata il 29 aprile 1923 e canonizzata il 17 maggio 1925
[3] “La Piccola Opera della Divina Provvidenza”, 1932, febbraio, p.1-2. Del prof. Costantini e del quadro riferisce L’Osservatore Romano del 7 gennaio 1932.
[4] Documentazione Goggi, ADO, 522.
[5] Cleto Luzzi (Roma 1884-1952) studiò all’Istituto di Belle Arti di Roma sotto la guida di due grandi maestri, Francesco Jacovacci e Giulio Aristide Sartorio. Negli anni ’30 si trasferì in Oriente (Siam, Cambogia, India, Indocina, Birmania); a Bangkok fu direttore della Reale accademia di Belle Arti e di pittore di corte (1929) e contemporaneamente titolare della cattedra di Belle Arti dell’Accademia Inglese di Roma. Di impostazione tradizionale e classica si aprì successivamente alle impostazioni e gusti della pittura orientale. Predilesse l’arte sacra che gli procurò fama e importanti commissioni di opere.
[6]  Giovanni Marchi, Santa Teresa di Lisieux, "Don Orione oggi", 1997, novembre, 6-7. 
 [7] Lettera del 23 aprile 1926, Scritti 81, 254.
[8] Lettera del 13 marzo 1928, Scritti 24, 156.
[9] Parola VIII, 5.
[10] Parola IX, 265.