Presentato all'Universitā Cattolica di Milano il libro antologico di Don Aurelio Fusi.
Don Flavio Peloso
Per comprendere il contenuto e il valore dell’opera di Don Aurelio Fusi “Don Orione, la Sede apostolica e i Vescovi d’Italia” ritengo utile dare una informazione sull’interesse storico e culturale di Don Orione nel tessuto della Chiesa e sullo stato degli studi riguardanti questo ambito di indagine e di divulgazione.
Santi così ne nascono uno o due in un secolo
È da circa tre decenni che è venuto emergendo sempre più il rilievo sociale ed ecclesiale di Don Orione per le sue relazioni con fatti, problemi e persone della scena pubblica del suo tempo. Con la sua vita santa e socialmente incarnata, Don Orione ha dato insegnamenti e realizzato iniziative di grande importanza per la storia civile ed ecclesiastica del secolo XX.
Sono aspetti ancora poco esplorati e da far conoscere.
L’allora Prefetto della Congregazione delle Cause dei “Santi”, il cardinale José Saraiva Martins,in un Convegno a Genova del 2003 poco prima della canonizzazione di Don Orione, disse che “santi così (e intendeva eminenti per santità e per coinvolgimento sociale ed ecclesiale) ne nascono uno o due in un secolo”.
Papa Benedetto XVI ha confermato questa osservazione scrivendo, nell’ Enciclica “Deus caritas est” n.40, che “Figure di Santi come Francesco d'Assisi, Ignazio di Loyola, Giovanni di Dio, Camillo de Lellis, Vincenzo de' Paoli, Luisa de Marillac, Giuseppe B. Cottolengo, Giovanni Bosco, Luigi Orione, Teresa di Calcutta — per fare solo alcuni nomi — sono “modelli insigni di carità sociale per tutti gli uomini di buona volontà”. Benedetto, nel suo breve elenco di santi della carità sociale nel corso della storia della Chiesa, scelse Luigi Orione per la prima parte del ‘900 e Teresa di Calcutta per la seconda metà.
A simile convinzione giunse anche Giovanni Paolo II nell’omelia della Beatificazione: “E' impossibile sintetizzare in poche frasi la vita avventurosa e talvolta drammatica di colui che si definì, umilmente ma sagacemente: "il facchino di Dio". Però possiamo dire che egli fu certamente una delle personalità più eminenti di questo secolo”.
Da meglio conoscere la dimensione storico-culturale
Contemporaneamente a simili affermazioni sulla rilevanza storico-sociale del nostro Santo, mi pare di dover far notare che la dimensione della sua vita meno conosciuta è, sorprendentemente, proprio quella pubblica, quella delle sue relazioni e delle iniziative incisive nell’ambito sociale ed ecclesiale.
Mentre è piuttosto nota la sua figura di “padre dei poveri e benefattore dell’umanità dolorante e abbandonata”, secondo l’espressione di Pio XII; mentre è abbastanza studiata e divulgata la sua esperienza e l’insegnamento spirituale-carismatico, cioè la sua santità, fascino primo della sua ricca personalità; è rimasta piuttosto in ombra tutta quella rete di relazioni, di pensieri e di azioni che hanno legato il Santo della carità ai problemi, alle tensioni e ai progetti della Chiesa e della società del Novecento.
La cosa, per quanto possa sembrare strana, ha alcune spiegazioni. Mi pare di poterne individuare tre.
La prima. La dimensione della santità di Don Orione è stata talmente prevalente e affascinante da catalizzare l’interesse di studio e di devozione – e di questo non c’è che da rallegrarsene – altri aspetti per quanto rilevanti restarono in secondo piano.
La seconda. La limitata attenzione agli aspetti storico-culturali è dovuta anche al fatto che gli studiosi, interni ed esterni alla Famiglia orionina, avvicinando Don Orione – “una delle più geniali espressioni della carità cristiana” (Giovanni Paolo II) - non hanno sospettato in lui, così modesto e riservato, una vita intellettuale e relazionale così vasta e rilevante. Lo si sapeva uomo di grande passione apostolica e caritativa, uomo pratico e operativo e meno uomo di ampie e lungimiranti visioni e progettualità.
Infine, una terza ragione di un certo ritardo dello studio delle azioni e relazioni pubbliche di Don Orione è dovuto al fatto che queste – per la loro natura e per lo stile di operare del nostro Protagonista – sono rimaste assai discrete e in gran parte sconosciute, perché Don Orione stesso non le ha divulgate, salvo che in discorsi confidenziali come le “buone notti” o discorsi a tavola, quando egli raccontava ai suoi discepoli fatti e pensieri personali di vita, un po’ come nei tischreden di Martin Lutero e, più recentemente, di don Giuseppe Giussani. Però molti documenti, corrispondenze e testimonianze di quei fatti e relazioni sono rimasti custoditi, con estrema cura e riservatezza, nell’archivio generale della Piccola Opera della Divina Provvidenza di Roma ora bene accessibile.
Il volume Don Orione, la Sede apostolica e i vescovi d’Italia
In questo contesto degli studi su Don Orione, si colloca la pubblicazione che è oggetto del nostro interesse oggi: Don Orione, la Sede apostolica e i vescovi d’Italia, frutto di una lunga indagine d’archivio. È uno studio originale e costituisce un’autentica sorpresa per la mole delle relazioni e la quantità dei contenuti di interesse storico.
“Devo far conoscere Don Orione agli intellettuali del nostro tempo. Aiutatemi! Datemi documenti”. Era diventato un assillo negli ultimi anni di vita di Don Giuseppe De Luca, grande figura di sacerdote e di uomo di cultura del ‘900, sensibilissima antenna di quanto di culturalmente rilevante si muoveva nel mondo cattolico.
Questa medesima preoccupazione ha animato Don Aurelio Fusi nella sua meticolosa ricerca documentale e nella stesura del libro: far conoscere le relazioni di Don Orione con Papi, Santa Sede e Vescovi. Ricordo che alcuni anni fa, nell’affidargli il compito di Postulatore, gli chiesi proprio questa ricerca, allora finalizzata alla richiesta di istituzione della memoria liturgica di san Luigi Orione nel Calendario universale. Don Fusi ebbe gli archivi aperti e gli archivisti disponibili a coadiuvarlo e si mise all’opera.
Elaborò un primo già vasto elenco di relazioni con Papi e Vescovi e Diocesi, ma si appassionò tanto al tema da non volerlo pubblicare subito perché, vedendo l’ampiezza delle relazioni e l’interesse dei contenuti, decise di continuare e di approfondire la ricerca anche durante il suo mandato di superiore provinciale.
Ora abbiamo tra le mani il risultato della sua passione e della sua àlacre lavoro. Il testo, di 712 pagine, è di tipo scientifico, presenta un censimento, documentato e riflettuto, delle tante azioni e relazioni di rilevanza storica, sociale ed ecclesiale di cui Don Orione fu protagonista. Agli studiosi risulterà meglio come Don Orione costituisca un soggetto interessante in sé ma anche una fonte di notizie utili su altri temi e persone da lui attinti durante la prima parte del Novecento.
Nel suo studio, l’Autore ha privilegiato la prospettiva panoramica-descrittiva rispetto a quella analitica, offrendo però, specialmente per le relazioni con alcune figure più importanti, anche linee di valutazione e confronti con il più ampio contesto civile ed ecclesiale italiano.
La logica serrata dell'Amore
Don Orione, con il crescere della sua fama, esplosa pubblicamente a livello italiano soprattutto dopo i terremoti di Reggio e Messina (1908) e della Marsica (1915), divenne un punto di riferimento per molti protagonisti ecclesiastici e civili in Italia. Vescovi, Prelati della Curia romana e gli stessi Pontefici trovarono in lui consiglio e collaborazione intraprendente per il bene di persone e di categorie sociali svantaggiate, o scartate come direbbe Papa Francesco. La loro fiducia era ancor più piena conoscendo l’appassionato e carismatico amore al Papa, ai Vescovi e alla Chiesa di Don Orione.
C'è da chiedersi come Don Orione abbia potuto contemporaneamente curare la nascente congregazione che aveva bisogno continuo di lui, come una creatura incerta e ai primi passi, esercitare un ministero sacerdotale a tutto campo tanto intenso; farsi carico di opere di carità sempre precarie in regime di Provvidenza ed essere presente e sagace verso persone, situazioni e problemi sociali che entravano nell’orbita della sua carità.
Chiunque tenti di descrivere la vulcanica e continua eruzione delle azioni di Don Orione oppure il tessuto vasto e forte delle sue relazioni si avvicina inevitabilmente al magma incandescente della sua vita mistica, al coefficiente di trascendenza, come uno storico definì, con laico rispetto, la grazia di Dio. Giovanni Paolo II, nell’omelia della Beatificazione disse più esplicitamente che “Dalla sua vita, tanto intensa e dinamica, emergono il segreto e la genialità di Don Orione: egli si è lasciato solo e sempre condurre dalla logica serrata dell'Amore!”.
Questo è il segreto, la fonte, la ragione del donarsi di Don Orione. Il cardinale Ildefonso Schuster disse che era "un'anima totalmente posseduta da Dio".
Le relazioni di Don Orione ebbero sempre una matrice spirituale e una finalità apostolica e furono tanto più forti e durature quanto più anche le personalità della Chiesa e della società con cui entrava in contatto erano ispirate da ardore spirituale e apostolico.
Invitando a profittare dei risultati dello studio di Don Fusi, vorrei accennare ad alcuni temi, problemi e progetti che hanno portato all’incontro di Don Orione con molti dei Vescovi e Papi presentati nel libro e che fanno parte del vocabolario storico-biografico di Don Orione.
Focus su alcune relazioni
Sono 8 i Papi della vita di Don Orione: da Pio IX, del quale fu poi anche Vice Postulatore, a Leone XIII con il quale ebbe la prima udienza papale per presentargli l’abbozzo delle Costituzioni, e poi San Pio X, “il nostro Papa e benefattore” come lo definì più volte, per il quale testimoniò al Processo di canonizzazione, passando per la collaborazione con Benedetto XV e la grande stima e vicinanza di Pio XI; con Pio XII ci fu poco più del tempo di un ultimo saluto, perché il 12 marzo 1940 Don Orione concluse la sua giornata terrena. Ma relazione ebbe anche con San Giovanni XXIII incontrato quand’era giovane monsignore a Ognissanti e con San Paolo VI, con il quale visse una relazione intensa e discreta nell’aiuto ai preti lapsi.
Don Fusi presenta ben 301 Vescovi entrati nell’orbita di Don Orione e nel campo dell’attività pastorale e caritativa. Di ciascuno offre un cenno biografico, notizie della relazione con Don Orione e bibliografia.
Vanno innanzitutto ricordati tutti quei Vescovi incontrati da Don Orione nel cammino di fondazione e di espansione della Congregazione. Dal vescovo Igino Bandi di Tortona, che seppe riconoscere la bontà e l’ispirazione di quel suo giovane chierico fondatore a 21 anni, ordinandolo sacerdote quando di anni ne aveva 23 benedicendo l’abito tale di 6 suoi giovani aspiranti. Nei primi sviluppi furono determinanti anche Ambrogio Daffra di Sanremo che lo chiamò ad aprire una istituzione in quella città, Giovanni Blandini a Noto, Pietro La Fontaine, vescovo e poi cardinale patriarca di Venezia, il card. Ildefonso Schuster di Milano. Ancora vivente Don Orione, la congregazione giunse in molte diocesi d’Italia e in molte altre fu invitata. La “benedizione del Vescovo” era la garanzia imprescindibile per ogni suo passo di nuove opere e iniziative.
Il terremoto calabro-siculo (1908 con 100.000 morti) coagulò le relazioni del nostro santo con Papa Pio X, il card. Merry del Val e un nugolo di Vescovi che si spesero per confortare e rialzare le popolazioni disastrate: La Fontaine di Cassano Ionio, Morabito di Mileto, D’Arrigo di Messina, Blandini di Noto, Cottafavi, Delegato pontificio, e altri Vescovi d’Italia che mandavano aiuti o accoglievano orfani affidati da Don Orione, allora Vicario generale della diocesi e Vicepresidente del Patronato Regina Elena. Simile epopea di solidarietà si rinnovò dopo il terremoto della Marsica (1915, 28.000 morti) ove conobbe Pio Marcello Bagnoli, vescovo dei Marsi, e Aurelio Bacciarini, poi vescovo di Lugano.
Durante la “crisi modernista”, Don Orione, saldo nella verità ed efficace nella carità, costituì una carta di comunione che la Santa Sede e molti Vescovi giocarono per sanare fratture, recuperare persone e promuovere la sana (ed equilibrata) dottrina mediando tra gli opposti manicheismi. Aveva la fiducia personale di Pio X e del segretario di Stato Merry del Val; contava su di lui il Sant’Ufficio e il card. De Lai. Fu in relazione con il card. Gasparri per cercare di recuperare la comunione ecclesiastica di Ernesto Buonaiuti, scomunicato vitando, con il card. Ferrari di Milano per la reintegrazione di Brizio Casciola. Si interessò di Romolo Murri, di P. Giovanni Semeria, di Gallarati Scotti, di padre Ghignoni, di Giovanni Genocchi, di Antonio Aiace Alfieri, di Antonio Fogazzaro.
L’azione sociale, rispondente agli indirizzi della Rerum novarum (1891) e di una pastorale rivolta al popolo, “fuori di sacrestia”, secondo lo slogan di Leone XIII, fece trovare insieme il Fondatore tortonese con i Vescovi più illuminati e intraprendenti sul campo della collaborazione nelle iniziative sociali, educative, caritative. Possiamo ricordare in particolare il vescovo tortonese Bandi, Radini Tedeschi di Bergamo, il beato Scalabrini di Piacenza, Geremia Bonomelli di Cremona, Elia Dalla Costa di Padova e poi Firenze.
Don Orione si interessò della soluzione della dolorosa e imbarazzante Questione romana che rischiava di arenarsi nell’accettazione dello stato di fatto, senza il riconoscimento dei diritti violati e da ristabilirsi dello Stato pontificio. Diede un apporto convinto e concreto alla Conciliazione tra Stato e Chiesa. Fece parte di una Commissione che, nel 1923, in discrezione elaborò una ipotesi di soluzione consegnata poi al card. Gasparri, segretario di Stato. Facevano parte di quel gruppo anche Padre Semeria, Padre Genocchi, Don Minozzi e l’on. Fulvio Milani, allora Sottosegretario al Ministero di Grazia e Giustizia. Non solo. Don Orione scrisse una ardita lettera a Benito Mussolini, datata 22 settembre 1926, invitandolo a prendere iniziativa per riavviare le trattative perché, scrisse, “spetta al Governo italiano stendere nobilmente la mano al vinto… per finire l’amaro e funesto dissidio che è tra la Chiesa e lo Stato”. Nello scrivere questa lettera era in stretto accordo con Pio XI e il card. Gasparri.
Un capitolo poco conosciuto della vita di Don Orione, motivo di stretto e confidenziale rapporto con tanti Vescovi, fu l’aiuto ai “preti lapsi”. Quest’attività di sostegno spirituale, umano e pratico prese avvio, o almeno prese evidenza documentale, con la collaborazione da lui avuta con mons. Giovanni Battista Montini, a partire dal 1928, quando era ancora minutante della Segreteria di Stato. Furono un’ottantina i Vescovi che ricorsero a lui per la soluzione di qualche caso in diocesi. Don Orione giunse persino a organizzare una casa per sacerdoti con particolari difficoltà, a Varallo Sesia (Vercelli).
Ho accennato ad alcuni ambiti di attività e di relazione con la Santa Sede e i Vescovi italiani. Ma ci furono tante questioni particolari che videro Don Orione, sagace e attivo, a fianco della Santa Sede e dei Vescovi. Penso, ad esempio, come per sciogliere la matassa intricata di Padre Pio da Pietrelcina durante il decennio 1923-1933, Don Orione incoraggiato da Papa Pio XI, collaborò con mezza Curia romana, dal card. Gasparri a Merry del Val, ai cardinali Perosi, Silj, Sbarretti, Pompili e con i vescovi Gagliardi, Bevilacqua, Valbonesi, Cesarano, Bruno, Cuccarollo, Rossi. Erano in gioco la verità e la santità di Padre Pio, ma anche la verità e santità della Chiesa minacciata da alcuni ecclesiastici indegni. Ne fu implicato anche padre Agostino Gemelli sul quale sono stati resi pubblici recentemente interessanti documenti. Pio XI, dopo l’azione determinante per evitare un grave scandalo nella Chiesa, commentò: “Don Orione ha sudato sette camicie, ma ha dato delle consolazioni al Papa”.
Siamo a Milano e non può mancare almeno un accenno agli Arcivescovi ambrosiani. Don Orione parlò spesso del beato Andrea Carlo Ferrari (1894-1921) ma a farli incontrare fu la questione della reintegrazione di Don Brizio Casciola, uomo di spicco della cultura italiana e pioniere dell’ecumenismo, coinvolto nel modernismo e per questo sospeso “a divinis”. Don Orione intervenne presso il Cardinale il quale accettò di promuoverne la reintegrazione “a condizione che lasciasse la diocesi ambrosiana”. Così fu e Don Brizio Casciola divenne un aggregato della Congregazione.
Pochi furono i contatti anche con l’arcivescovo Eugenio Tosi (1922-1929), soprattutto in occasione di alcuni grandi pellegrinaggi popolari guidati da Don Orione a Milano.
Il beato Alfredo Ildefonso Schuster, arcivescovo di Milano dal 1929 al 1954, fu uno dei principali estimatori e promotori di Don Orione. Fu protagonista, fin dal primo concepimento, del Piccolo Cottolengo Milanese. Così il beato Schuster raccontò: «Venne da me Don Orione - novembre 1932 -, domandando il permesso di edificare una casa, ed io ragionavo con la mia testa: “Ma Don Orione e i soldi? Lei ne ha pochi e io niente. Come faremo?”. “Guardi, io domando semplicemente la Sua benedizione e il permesso di incominciare quest’opera”. Era tanta la venerazione che sentivo per Don Orione che dissi: “Faccia pure”. Non erano passati cinque o sei mesi, ritornò bel bello sorridendo: “Il terreno l’ho comperato”.
Questo apologo degli inizi del Piccolo Cottolengo Milanese fu raccontato a viva voce del cardinale Schuster. A distanza di un anno, il 4 novembre 1933, il Piccolo Cottolengo già apriva le porte nel vecchio convento del Restocco, nella periferia di Milano. Il card. Schuster volle poi la cerimonia della benedizione e posa della prima pietra del nuovo e attuale Piccolo Cottolengo Milanese “farla nel giorno stesso del grande Vescovo di Milano e farla lui, alle ore 14, dopo il Pontificale di Sant’Ambrogio in Duomo.
Egli iniziò così una tradizione poi continuata dall’arcivescovo Giovanni Battista Montini e da Giovanni Colombo e più saltuariamente dagli altri successori. L’Arcivescovo Schuster molto contribuì a che il Piccolo Cottolengo divenisse veramente “Milanese” coinvolgendo nella sua stima e simpatia la Città.
Fu tanta la sua devozione che, morto Don Orione il 12 marzo 1940, il card. Schuster volle e riuscì a ottenere dalle autorità civili che la sua Salma fosse portata a Milano, da Sanremo e diretta a Tortona, per i solenni funerali nella basilica di Santo Stefano. Fu un evento che stupì Milano per l’enorme concorso di folla devota. Schuster lo ricordò ancora nell’ultima sua visita ai chierici del seminario di Venegono, dopo 14 anni. “Voi desiderate un ricordo da me – disse ai seminaristi –. Altro ricordo non ho da darvi che un invito alla santità. La gente pare che non si lasci più convincere dalla nostra predicazione, ma di fronte alla santità, ancora crede, ancora si inginocchia. La gente pare che viva ignara delle realtà soprannaturali, indifferente ai problemi della salvezza. Ma se un santo, vivo o morto passa, tutti accorrono al suo passaggio. Ricordate le folle intorno alla bara di Don Orione? Non dimenticate che il diavolo non ha paura dei nostri campi sportivi e dei nostri cinematografi: ha paura, invece, della nostra santità”.
La relazione tra san Luigi Orione e san Giovanni Battista Montini - Paolo VI iniziò già nel 1928 con una intensa e discreta collaborazione nell’aiuto ai “preti lapsi” che si trasformò in stima, amicizia e devozione. Montini – Paolo VI fu una delle personalità ecclesiastiche che più hanno compreso e fatto conoscere nella Chiesa il genio della santità di Don Orione. Da cardinale di Milano e da Papa a Roma, si definì più volte “amico di Don Orione”, avendo avuto la grazia di conoscerlo personalmente.
Concludo con il richiamo al carisma di Don Orione e della sua Piccola Opera della Divina Provvidenza - "unire i piccoli, i poveri, il popolo alla Chiesa e al Papa per instaurare omnia in Christo e ciò mediante le opere di carità" – per dire che questo volume di Don Fusi “Don Orione, la Sede Apostolica e i Vescovi Italiani” documenta che l’Instaurare omnia in Christo, ieri come oggi, significa instaurare in Ecclesia e cum Ecclesia, e con il suo centro visibile di unità, il Papa e i Vescovi uniti con lui.